2. So perfect.
Tori non avrebbe potuto desiderare un inizio migliore.
Non appena era arrivata in quel College, aveva subito capito che la sua vita passata sarebbe diventata spazzatura. Si era guardata intorno e il suo sguardo si era posato su così tanti ragazzi della sua età, su così tanti possibili amici e compagni che non aveva pensato nemmeno un istante di aver sbagliato ad accettare quella borsa di studio. L’Exeter College sembrava essere un sogno diventato realtà.
Era in Inghilterra.
Lontana da casa.
Sola, pronta per rifarsi
la sua vita da normale diciassettenne che era.
“Sì” aveva pensato, guardando il sole splendere sul prato verde e pieno di ragazzi del College.
“Oggi
è proprio un buon inizio”.
Si era diretta verso la segreteria,
sapendo che lì le
avrebbero consegnato la chiave della sua stanza. Si era messa in fila e
nel
frattempo si era concessa qualche istante per guardarsi intorno. La
struttura
dell’edificio era molto elegante, vi era il parquet e il
legno scricchiolava
leggermente a causa del continuo andare e venire dei ragazzi
nell’atrio.
Davanti agli occhi le passavano ragazzi diversi sia per
nazionalità che per
aspetto e, nell’attesa che arrivasse il proprio turno, si era
messa a
immaginare la storia di ognuno di quei ragazzi, le amicizie, gli
amori…
“Piantala Tori” si era poi detta, infuriata con sé stessa.
“Sei
venuta qui per rifarti una vita, basta pensare
all’amore!”.
Era così immersa nei proprio pensieri, quando lo sguardo le era caduto quasi per caso su un ragazzo che in quel momento stava parlando con la segretaria, qualche posto più avanti a lei nella fila.
Era di spalle, quindi
non era riuscita a vederlo in volto, eppure le aveva subito dato
l’idea di un
ragazzo carino e solare. Lo vedeva dai suoi movimenti, così
diretti ma allo
stesso tempo imprecisi. Già dal fatto che non avesse una
valigia, ma solo uno
zaino, la incuriosiva. Per non parlare poi del fatto che sembrava aver
dormito
sotto un ponte per quanto, anche se solo di spalle, appariva
disordinato!
“Chissà,
magari
sarebbe simpatico come amico…”.
La parola amico non fece altro che
deprimerla ancora di più.
Però, aveva fatto una promessa con sé stessa: per
un po’, un bel po’, basta
ragazzi. Basta relazioni. Basta attese angosciose quando lui non
rispondeva.
Basta notti passionali.
“Basta
ragazzi e
relazioni Tori, hai promesso!” si era detta.
Aveva poi rialzato lo sguardo e, con suo grande dispiacere, il ragazzo carino se ne era andato.
Sospirando, Tori si era rimessa in
fila e,
arrivato il suo turno, aveva mostrato il modulo e preso la chiave. Si
era poi
diretta verso le scale, non potendo fare a meno di pensare a quel
ragazzo.
“Chissà
se riuscirò a
rivederlo… magari potrei avvicinarmi a lui in mensa, non mi
sembrava che
conoscesse qualcuno”.
Non aveva fatto nemmeno in tempo ad
incavolarsi con sé
stessa, che era andata a sbattere contro qualcuno. Dopo un attimo di
smarrimento, aveva sentito la ragazza con cui si era scontrata
chiederle scusa.
-O cielo, scusami tanto! Non so
proprio cosa mi sia preso
oggi, sei la seconda persona che quasi butto a terra!-.
Tori aveva ribattuto, imbarazzata
–No, guarda che è colpa
mia che non ti ho vista, scusami tu!-.
La ragazza che aveva davanti era
carina, non c’era dubbio, e
sembrava anche simpatica.
-Diciamo che non ci siamo viste. Io
sono Rio Castle tu?- le
aveva chiesto lei, sorridendo amichevole.
-Io Tori Meadows- aveva risposto
Tori, lieta di poter
cambiare argomento.
-Piacere Tori- aveva detto Rio,
arrotolandosi i lunghi
capelli azzurri sulla spalla destra.
-Senti, io sto andando in camera mia.
Visto che le camere
femminili sono tutte nella stessa area del College, ti va se ci andiamo
insieme?-.
Tori aveva annuito, contenta.
-Io devo andare al secondo piano,
camera 124- aveva detto
allora Rio.
Tori aveva controllato la propria
chiave e, con un sorriso
felice e un po’ sorpreso, aveva esclamato –Ma
è anche la mia!-.
Rio allora si era messa a ridere e,
dopo averle messo un
braccio intorno alle spalle, le aveva detto –E allora
cerchiamo questo
benedetto 124, compagna di stanza!-.
Tori era scoppiata a ridere e da
lì avevano iniziato a
parlare.
Rio era perfetta.
Era bella e sensuale, sapeva di esserlo e godeva nel vedere che gli altri ne erano consapevoli. Ciò nonostante, era tutto fuorché stupida. Aveva un carattere forte, era decisa e volenterosa, difficilmente impressionabile.
Parlò a Tori del proprio passato, di come fosse riuscita a vincere quella borsa di studio grazie alla sua passione, la matematica, e di come non vedesse l’ora di farsi una vita da sola e senza “quel rompipalle di mio fratello”. Tori si era sentita così onorata di essere messa al corrente di un po’ della vita passata dell’amica che non aveva potuto non ricambiare. Così, aveva spiegato a Rio dei problemi che abitavano la sua famiglia, di come i suoi genitori fossero separati da sette anni e di come aveva sentito il bisogno di avere un’esperienza tutta sua del mondo.
Non se
l’era sentita di dirle tutto, ma si era ripromessa di farlo
in futuro. Anche se
Rio le era simpatica, la conosceva da sì e no qualche ora!
Avevano parlato e, dopo aver
sistemato le valigie, Rio le
aveva detto –Senti, ho un appuntamento nella mensa
all’ora di pranzo. Ci
vogliamo avviare?-.
Tori aveva annuito ed ora era con Rio
davanti all’ingresso
della mensa, in preda ad un attacco di panico.
“Oddio
è lui!”
pensò, a metà tra l’euforico e il
terrorizzato.
Perché davanti a lei,
accanto a quello che sembrava il
fratello maggiore di Rio, vi era il ragazzo carino che aveva visto alla
segreteria!
Respirando, si costrinse a calmarsi e
ad osservarlo meglio.
Sentendosi leggermente avvampare, Tori dovette ammettere una cosa.
Quel ragazzo non era carino.
Era davvero bello!
Era alto e magro, la sovrastava
almeno di otto centimetri e
aveva un fisico asciutto e leggermente muscoloso. I capelli erano neri
e corti
e sul lato destro del viso scendevano in una lunga frangia rossa, che
si
divideva in due “spuntoni”. Erano estremamente
disordinati, come se fosse
appena sceso dal letto, e gli davano un’aria da piantagrane
che Tori trovò da
subito adorabile. Aveva la carnagione abbronzata e gli occhi erano
rossi, di un
color cremisi che le ricordava quello del sole al tramonto. Non
indossava nulla
di speciale, una semplice maglietta a maniche corte bianca, dei jeans e
delle
Sneakers piuttosto malridotte, eppure per Tori era perfetto.
“Ma
da dove è uscito
questo tizio?” si ritrovò a pensare,
quasi ipnotizzata.
Un colpo di tosse, seguito da una
risatina, la riportò alla
realtà. Con imbarazzo, si accorse che anche il ragazza la
stava fissando, così,
ignorando l’espressione furba di Rio, gli porse la mano.
-Piacere- disse, cercando di non far
tremare la propria
voce.
-Io sono Tori-.
Il ragazzo ci mise qualche secondo a
capire che si era
rivolta a lui e quando se ne accorse, raccolse in fretta lo skate da
terra e
gliela strinse.
-Ciao, sono Yuma-.
Yuma.
“Che
bel nome…”.
In quel momento Rio si intromise.
-Tori, lui invece è mio
fratello. Reginald, ti presento
Tori-.
A malincuore, Tori fu costretta a
spostare lo sguardo da
Yuma al ragazzo accanto a lui.
-Reginald- le disse questo.
-Piacere- rispose lei.
Anche Reginald era un bel ragazzo,
anche se per lei non
aveva niente a che vedere con Yuma. Il fratello di Rio era alto,
perfino più
alto dell’amico ed era anche lui magro e asciutto. Aveva la
carnagione pallida
uguale a quella della sorella e gli occhi erano scuri, a
metà tra il viola e il
blu.
-Bene!- esclamò Rio,
riempiendo il silenzio che si era
creato.
-Direi che è ora di
mangiare, non trovate?-.
Yuma scoppiò a ridere e
Tori non poté non sospirare. Dio,
quant’era bello!
-Sempre diretta, eh?- la
stuzzicò il ragazzo, circondando le
spalle di Rio con il braccio che non reggeva lo skate.
Tori sentì il suo cuore
riempirsi di invidia, notando
l’affinità che c’era tra la sua amica e
Yuma, ma subito la soffocò.
“Insomma
Tori,
calmati! Mica è una tua proprietà, può
fare il carino con chi gli pare e piace!”.
Rio rise.
-Ehy Tsukumo,
cos’è tutta questa confidenza?-.
Per fortuna, Reginald interruppe
quell’attimo di amicizia.
-Se avete finito, io direi di
avviarci verso un tavolo. Non
vorrete mangiare in piedi, vero?- domandò, con tono ironico.
Yuma lo guardò e
annuì, non smettendo di sorridere.
-Andiamo!- esclamò.
Toccò a Tori scegliere il
tavolo per il pranzo e la ragazza,
volendo fare bella figura con Yuma, scelse uno dei tavoli migliori, uno
di
quelli vicino all’enorme finestra che fungeva da parete.
Si sedettero tutti e quattro e Tori
si vide accanto il volto
sorridente di Yuma. Si strofinò le mani, cercando di
eliminare il sudore che vi
si era formato.
-Chi va a prendere da bere e da
mangiare?- chiese Rio.
-Se ti va posso farti questo
favore…-.
La ragazza si girò di
scatto, per poi saltare al collo del
ragazzo dalla voce profonda.
-Durbe!- strillò,
felicissima.
Quest’ultimo la strinse in
un abbraccio fraterno, mentre
Reginald replicava –Sorellina, se continui così
finirai per strozzarlo…-.
Durbe replicò, sorridendo
–Fa niente, Reginald. Ormai ci
sono abituato-.
-Giustissimo- disse Rio, staccandosi
dal ragazzo.
-A proposito, presentazioni! Lui
è Yuma e lei invece è Tori,
la mia compagna di stanza- li indicò.
Yuma disse –Tranquilla Rio,
già ci conosciamo-.
Tori invece fu costretta ad alzarsi e
a stringere la mano
del ragazzo snocciolando il solito –Piacere-.
Non appena si risiedette sulla
propria sedia, vide Durbe
allontanarsi, probabilmente per prendere il cibo e le bevande.
-Allora Tori, da dove vieni?-.
La domanda improvvisa di Yuma la fece
sobbalzare.
“Mi
sta parlando!” pensò,
al culmine dell’imbarazzo.
-Da New York- rispose, cercando di
non far vedere quanto
fosse emozionata.
Il volto del ragazzo si
illuminò.
-Wow, deve essere davvero forte
vivere nella Grande Mela,
veh?-.
Le parlava in modo schietto, diretto,
senza aspettarsi che
fosse un genio o qualcos’altro. La guardava negli occhi e
cercava di metterla a
proprio agio. Tori non poté non amarlo per questo.
-Beh, di certo non è come
vivere in un paesino di montagna-
scherzò, acquisendo pian piano sicurezza –ma dopo
un po’ ci si abitua. Certo,
c’è rumore e la maggior parte delle volte ti senti
perso in mezzo a così tante
persone, ma è pur sempre la mia città e la amo
per quella che è. Inoltre ha i
suoi vantaggi, non trovi? Vivere in una grande città come
New York, intendo-.
Lui le sorrise, con uno di quei
sorrisi che facevano pensare
a Tori al sole caldo sulla pelle.
-Puoi dirlo forte!- le disse, con
energia.
Tori sorrise, contenta.
-Tu invece? Da dove vieni? Non sembri
un ragazzo inglese…-.
Lui le rispose, ridendo –No
infatti, sono Giapponese. Vengo
da una piccola città della costa, Heartland-.
Tori rimase senza parole.
-Dal Giappone!? Wow,
è… è… lontano. Beh, MOLTO
lontano.
Eppure parli bene l’inglese…-.
Lui le sorrise, questa volta con aria
furba.
-L’inglese si studia anche,
sai…-.
Di colpo, Tori divenne paonazza.
“Stupida,
stupida!”.
Vedendo il suo imbarazzo, Yuma
scoppiò a ridere, facendola
diventare ancora più rossa.
-Tranquilla, era uno scherzo! Lo
studio l’inglese, ma anche
studiandolo non riuscirei mai a parlarlo così. No, mia madre
è americana e a
casa mia si parlava sia il Giapponese che l’Inglese-.
Tori fu tentata di mandarlo a quel
paese, ma riuscì a
trattenersi e a sorridere.
“
E quindi gli piace
scherzare…”.
Per almeno la decima volta da quando
lo aveva visto, Tori si
ritrovò a pensare a quanto fosse bello quel ragazzo.
-Comunque- disse, cercando di evitare
quei pensieri – perché
dici “si parlava”? In fondo starai via da casa solo
fino alle vacanze di
Natale…-.
Non appena finì di
parlare, si diede dell’idiota. Yuma
infatti si era rabbuiato e la luce nei suoi occhi era scomparsa,
così come il
sorriso che fino a pochi attimi prima animava il suo viso.
Stava per risponderle, quando Durbe
arrivò proprio in quel
momento dicendo –Cibo e coca per tutti!-.
Tori vide, non senza
curiosità, che Yuma si rianimò
all’istante, probabilmente contento di avere una scusa per
non finire il
discorso.
-Grande Durbe!- esclamò,
sfregandosi le mani.
-Cosa c’è di
buono?-.
Reginald sorrise ironico, prendendo
la forchetta di plastica
vicino al suo piatto e tastando la massa di cibo informe che vi era
all’interno.
-Solo la coca, direi-.
Rio lo guardò con
disapprovazione.
-Insomma fratello, così
non migliori affatto la situazione.
Né Yuma né Tori hanno mai mangiato in una mensa,
non puoi condizionarli in
questo modo, non trovi?-.
Poi si rivolse ai due ragazzi.
-Non ascoltate Reginald, è
il solito disfattista. Provate ad
assaggiare, magari vi piacerà-.
Con sorpresa e rassegnazione Tori
notò che nonostante il suo
bel discorso, l’amica non aveva toccato il proprio piatto,
anzi lo aveva
allontanato con il dito.
“Certo
che Rio è
davvero un personaggio. Un personaggio davvero furbo” non
poté fare a meno
di pensare la ragazza, scuotendo leggermente la testa.
Dal canto suo Yuma sembrava non
dubitare affatto delle
parole di Rio e Tori si ritrovò a desiderare di poter avere
la sua stessa
fiducia nel prossimo.
-Benissimo!- disse il ragazzo,
impugnando la forchetta.
-Vediamo com’è
il famoso “cibo della mensa” di cui parlano
tutti-.
E detto questo, prese una porzione di quello che sembrava purè e se lo mise in bocca. Seguendo il suo esempio, anche Tori si fece coraggio e ne prese una piccola porzione. Quella roba le ricordava l’aglio, l’olio di fegato di merluzzo, la sabbia del mare e un budino scaduto.
Tutto mischiato insieme.
Poggiò la forchetta sul
tavolo e si premette una mano sullo
stomaco, disgustata.
Cercando di non vomitare, disse piano
–Rio, ma cosa diavolo
c’è qui dentro?-.
Anche Yuma aveva posato la forchetta,
per poi esclamare
senza tanti giri di parole –Ma che cazzo ci mettono in questi
piatti?-.
Sia Reginald che Rio sghignazzarono,
mentre Durbe li
guardava con aria divertita.
-Diciamo che è meglio per
voi non saperlo!- disse Rio,
facendo loro l’occhiolino.
Yuma rise piano.
-E bravi fratelli Castle. Sentite,
questa piccola avventura
mi ha fatto passare la fame. Io devo insegnare a Rio come andare sullo
skate e
poi cercare il club di atletica, visto che è essenzialmente
per quello se ora
sono qui…-.
Durbe gli disse –Se vuoi
completare la tua iscrizione alla sede sportiva devi affrettarti,
perché puoi farlo solo fino alle quattro di oggi
pomeriggio e sono già le tre e mezza-.
Forse non avrebbe dovuto dirlo,
pensò Tori.
Yuma infatti saltò in
piedi, nemmeno avesse avuto delle
molle sotto le scarpe.
-Merda! Devo darmi una mossa, allora.
Reginald, vuoi
venire?-.
Il ragazzo annuì,
alzandosi a sua volta.
Vedendo sia Yuma che Reginald stavano
per lasciare il
tavolo, Tori si affrettò ad esclamare –Vengo anche
io! Tanto non ho fame…-.
Yuma le sorrise, offrendole la mano.
-Ottimo!-.
Tori la prese, al settimo cielo,
proprio mentre anche Rio e
Durbe si alzavano.
-Allora veniamo anche noi- disse la
ragazza.
-Devo assicurarmi che Yuma non scappi
dopo essersi iscritto.
Devi ancora insegnarmi ad andare sullo skate, eh!-.
Yuma rise, stringendo la mano di Tori.
-Sempre in gamba, Rio! Ora andiamo,
che altrimenti mi
toccherà studiare per davvero se voglio rimanere in questo
College-.
In neanche dieci minuti, Tori si
ritrovò ansimante davanti
alla sede del circolo sportivo dell’Exeter. La struttura era
imponente, come
del resto quella del College stesso.
La sede in questione era un enorme
edificio del colore della
terracotta. Le finestre erano enormi, senza inferiate e con i vetri
così puliti
che sulla loro superficie rilucevano i sette colori
dell’iride. La porta
d’ingresso era di legno, con un pomo d’ottone e una
targa d’oro con su scritto Sede
Sportiva Exeter College. Non appena
entrarono, i loro passi risuonarono sul pavimento di legno lucido.
Tori si guardò intorno,
estasiata.
“Per
chi ama lo sport,
questo posto è il paradiso!” pensò,
osservando il viso di Yuma.
Il ragazzo sembrava la stesse
pensando esattamente come lei.
Il viso era illuminato di una luce che non aveva niente a che vedere
con quella
del sole che filtrava dalle finestre. Yuma sorrideva e non smetteva un
istante
di guardarsi intorno, quasi fosse diventato improvvisamente un bambino
di
fronte ad un regalo bellissimo.
Tori non poté fare a meno
di sorridere, vedendolo così
felice.
-Ah, ecco la segreteria della sede!-
esclamò Yuma,
riportando la ragazza alla realtà.
Sempre mano nella mano con Tori, si
avvicinò al banco,
seguito da Reginald, Durbe e Rio.
-Buongiorno- li salutò un
simpatico signore di quarant’anni,
con un accenno di calvizie e
una
maglietta piuttosto vecchia dei Queen.
-‘Giorno!- lo
salutò allegramente Yuma.
-Io e il mio amico siamo qui per
completare la nostra
iscrizione al College. Abbiamo vinto una borsa di studio in merito alle
nostre
capacità riguardo lo sport, sa…-.
Il segretario sorrise, comprensivo.
-Capisco. Allora ragazzi, mi servono
i vostri nomi e un
documento ciascuno, oltre che al modulo di iscrizione-.
Sia Yuma e Reginald, affiancatosi
intanto all’amico, gli
diedero quanto richiesto.
-Perfetto Yuma e Reginald- disse loro
il signore, dopo aver
controllato i loro documenti e timbrato la loro iscrizione.
–Ora siete
ufficialmente degli studenti del nostro College. Benvenuti!-.
In risposta alle sue parole, Yuma si
voltò verso l’amico e
gli offrì il pugno.
-Batti, Reginald!-.
Quest’ultimo, dopo averlo
osservato un attimo con
scetticismo, gli batté le nocche, sorridendo e sbuffando
nello stesso tempo.
-Possiamo visitare il centro
sportivo?- domandò Rio curiosa.
Il segretario le rivolse in cenno
d’assenso.
-Allora andiamo!- esclamò
Yuma, tirandosi dietro Tori che,
dal canto suo, era felicissima di essere ancora mano nella mano con
lui.
Attraversarono un lungo corridoio
pieno di coppe e certificazioni,
oltre che di foto di vecchi alunni del College che stringevano medaglie
e premi,
felici della loro vittoria.
Arrivati alla fine del corridoio si
ritrovarono davanti ad
una grande porta, anch’essa di legno. Reginald la spinse
senza esitazione e,
una volta attraversata, l’unica cosa che Tori
riuscì a sentire fu il commento
di Rio, qualche passo dietro di lei.
-Caspita che posto ragazzi!-.
E non scherzava.
Il primo pensiero di Tori vedendo
l’interno del centro, fu
quello dello stadio di football più grande del mondo. Tori
deglutì.
“Si
vede a stento la
fine, cavolo!”.
Loro si trovavano in una posizione
sopraelevata rispetto
all’intero centro. Proprio nel mezzo vi erano quattro enormi
piscine, talmente
grandi da poter essere utilizzate per le Olimpiadi. Ogni piscina era
separata
da un sottile corridoio in pietra e vi erano anche gli spalti per poter
assistere alle competizioni.
Davanti ai due lati verticali della
piscina, vi erano i
campi per gli altri sport. Sul lato destro, ovvero quello rivolto verso
lo
spiazzo sopraelevato in ci si trovavano loro, vi erano due campi da
basket e
due da pallavolo. Sul lato opposto, vi erano invece due enormi campi da
calcio.
Ogni campo aveva i proprio spalti e i propri addetti alle pulizie. E
per
finire, tutti questi campi erano circondati da un’imponente
ed enorme struttura
per l’atletica. Otto enormi gironi circondavano le piscine e
i campi per gli
altri sport, rendendo l’intera struttura ancora
più grande.
Tori sentì Yuma fischiare.
Anche Reginald era rimasto senza
parole. Durbe non sembrava
particolarmente impressionato, anche perché Tori sapeva,
grazie a Rio, che
Durbe non era un amante dello sport e che era in quel College grazie ad
una
borsa di studio riguardo le Scienze.
-Wow… è ancora
meglio di quanto potessi immaginare!- esclamò
Yuma, poggiandosi con la mano libera sulla ringhiera davanti a loro.
-E non è tutto, amico-.
Tutti si voltarono e Tori si vide
davanti un bellissimo
ragazzo.
“Sono
tutti belli in
questa scuola?” si ritrovò a pensare,
con una punta di scetticismo.
Il ragazzo in questione sembrava
più grande, probabilmente
del terzo anno. Non era molto alto per la sua età, ma i
leggeri muscoli
scolpiti sulle braccia e sulle gambe, visibili grazie alla canottiera e
ai
calzoncini, facevano il resto. I capelli erano abbastanza lunghi e
formavano
una zazzera disordinata. Erano scuri con qualche ciuffo biondo, mentre
gli
occhi erano di un violetto scuro.
Anche Rio era rimasta incuriosita
dall’entrata in scena del
ragazzo. Anzi, ne era rimasta folgorata. Non smetteva di osservarlo,
suscitando
sbuffi scocciati da parte del fratello e occhiate risentite da parte di
Durbe.
Tori si ritrovò a
chiedersi quale fosse la chimica tra Durbe
e l’amica, quando la voce del ragazzo la riportò
con i piedi per terra.
-Siete nuovi, eh?-.
Yuma si passò una mano tra
i capelli. Tori si accorse che
tendeva a farlo spesso, specialmente quando era nervoso.
-Già- rispose.
-Sono Yuma Tsukumo- si
presentò, porgendo la mano al ragazzo
davanti a lui.
-Thomas Arclight- rispose
quest’ultimo, stringendola.
Reginald invece non offrì
la mano e si limitò a fargli un
cenno di saluto con la testa.
-Reginald Castle-.
Thomas poi si voltò verso
lei e Rio, che intanto aveva
mollato la mano di Durbe e si stava lisciando i capelli su una spalla.
-Anche voi nuove?- chiese con
interesse.
Prima che Tori potesse aprire bocca,
Rio rispose –Esatto. Io
sono Rio Castle e lei invece è Tori Meadows-.
-Piacere di conoscervi- disse il
ragazzo, anche se non smise
un istante di guardare Rio.
Sentendosi leggermente trascurata,
Tori assistette anche
alle presentazioni tra Durbe e Thomas, per poi chiedere –Cosa
intendevi prima
con “e non è tutto”?-.
Thomas si voltò verso di
lei.
-Beh- iniziò, con un
sorriso furbo –intendevo proprio che
non è tutto qui. Più avanti vi è anche
una struttura più piccola che contiene
due sale di allenamento libero, una sala per la ginnastica artistica,
una sala
per la boxe e infine una per la lotta. Poi ovviamente
c’è la sala che contiene
gli attrezzi e tutto il resto, ma noi la consideriamo più
come uno sgabuzzino-.
Yuma fischiò per la
seconda volta.
-Per essere un College rinomato per
il numero elevato di
“geni” è molto attrezzato
sportivamente!- disse.
Thomas rise piano.
Tori fu sicura di aver sentito Rio
sospirare.
-Amico, se non ci fosse stata questa
struttura io non sarei
qui adesso!-.
Yuma scoppiò a ridere,
mentre batteva il cinque con il
ragazzo.
-Comunque- disse Thomas
–Suppongo che gli sportivi siate tu
e il tuo amico, giusto? In cosa siete specializzati?-.
Yuma annuì, per poi
rispondere –Io corro, faccio atletica,
mentre Reginald qui è bravo a pallanuoto-.
Thomas sorrise con fare amichevole.
-Tu invece?- domandò Rio,
sbattendo leggermente le ciglia.
Thomas le rivolse
un’occhiata furba e diretta allo stesso
tempo.
-Io gioco a basket da quando avevo
sette anni, tesoro-
strizzando poi l’occhio con fare scherzoso.
Tori si ritrovò a
sospirare. A meno che non si sbagliasse di
grosso, avrebbe scommesso che Thomas stesse filtrando con Rio.
“E
ci sta riuscendo
alla grande!” pensò, notando quanto
fosse compiaciuta l’amica di essere
stata appena chiamata “tesoro”.
-Comunque, in questo momento ci sono
i nostri ragazzi che si
stanno allenando. Volete vedere?- domandò loro Thomas.
Yuma si illuminò al suo
solito.
-Sarebbe fantastico amico!-.
Thomas rise, per poi avviarsi verso
le scale che portavano
giù verso i campi da gioco.
-Venite, allora. Vi faccio fare un
giro guidato-.
Dopo aver salutato Durbe, che a
quanto pare voleva
informarsi sul club di Chimica, Tori e gli altri seguirono Thomas.
-Il nostro centro ha avuto una
storia, potremmo dire,
“travagliata”- iniziò a spiegare il
ragazzo.
-Il centro ha finito di essere
ristrutturato solo due anni
fa. Pensate che quando io ero al primo anno come voi, questa imponente
struttura era coperta da un enorme telo verde e dalle impalcature dei
ristrutturatori. Ci dovemmo accontentare di due soli campi
all’aperto, di cui
uno adibito solo ed esclusivamente al calcio. Per cui il campo restante
era
sempre di chi riusciva per primo ad occuparlo. Era sempre una guerra
tra i
diversi club sportivi e a noi di basket ci rompevano continuamente le
palle!-.
Tutti, tranne Reginald, risero alla
battuta e Thomas
continuò, sicuro.
-Questa struttura che vedete
è costata quasi sette milioni
di sterline al nostro College ed è la più
rinomata di tutto il Regno Unito. I
lavori sono iniziati nel…-.
-Thomas, non starai per caso
ricominciando con la storia
della sede sportiva vero?-.
Un ragazzo uscì dal campo
di pallavolo, avvicinandosi al
gruppo.
“Carino”
pensò
Tori.
Il ragazzo in questione non aveva
niente a che vedere con la
bellezza di Yuma o di Thomas, ma nel suo insieme risultava molto
gradevole. Era
alto e magro, il primo ragazzo che Tori vedeva senza muscoli. I capelli
erano
corti e mossi, di un colore rosa chiaro, mentre gli occhi erano di un
verde
brillante.
Indossava una camicia rosa, che si
intonava ai capelli, dei
jeans scuri e delle Converse marroni consumate.
Non appena si avvicinò a
Thomas, quest’ultimo sbuffò
fingendosi infastidito.
-No che non lo faccio, Michael. E
comunque sono nuovi:
matricole. Ragazzi, questo ragazzino tutto pelle e ossa che avete di
fronte è
il mio fratellino, Michael Arclight-.
Michael sbuffò
sonoramente, per poi replicare con voce
leggera –Mica tanto pelle e ossa. Solo due ore fa ho mandato
gambe all’aria
quell’ idiota di Mattew con una battuta da fuori campo! Ed
erano mesi che non
mi allenavo seriamente…-.
In risposta alle loro facce confuse,
Thomas precisò –Michael
è il capitano della squadra di pallavolo del nostro
College-.
Yuma si complimentò con il
ragazzo.
-Grande Michael! La pallavolo mi
è sempre piaciuto come
sport, poi mi fai vedere qualche battuta?-.
Notando il suo entusiasmo, Michael si
mise a ridere, per poi
rispondere –Certo, mi piacerebbe. E tu sei…?-.
-Yuma Tsukumo- rispose prontamente il
ragazzo, sorridendo.
Anche Michael sorrise e Tori non
poté fare a meno di pensare
quanto Yuma fosse importante per equilibrare l’umore del
gruppo.
“La
sua energia e la
sua gioia contagiano chiunque gli sia intorno!”.
-Allora- disse Thomas, battendo una
volta le mani per
richiamare l’attenzione
di tutti, -ora
che c’è anche Michael, perché
non…-.
-Thomas!-.
Tori si girò e si vide
venire incontro un ragazzo. Aveva il
costume a grondava ancora d’acqua, segno che era uscito da
poco dalla piscina.
Aveva il fiatone e l’aria stravolta.
-Cosa c’è Leam?
Sei di nuovo scivolato sul bordo della
piscina?- domandò con tono ironico Thomas, salutando il
ragazzo con la mano.
Leam fece una smorfia, respirando per
riprendere fiato.
-Magari fosse solo questo. No,
è lui. Di nuovo…-.
Sia Thomas che Michael si
accigliarono e Yuma ebbe il
coraggio di fare la domanda che sia Tori che gli altri si stavano
ponendo in
quel momento.
-Lui, chi?-.
Il ragazzo di nome Leam fece un
respiro tremante.
-Lui. Vector-.
E così gente, eccomi qui con il secondo capitolo di qesta long ^^ cosa ne pensate? Abbiamo fatto la conoscenza di Thomas e Micahel (amori miei *0*) e Vector è sempre a rompere i... le pizze, ecco. (pizze!? Vabbè -.-"). Comunque, lascio a voi la parola e vi avviso che il prossimo aggoirnamento non sarà velocissimo perché vorrei prima aggiornare "Il segreto dei Cinque Mondi" e sapete com'è... ah, per chi non lo sapesse, io non sono molto "sprint" con quella long... quindi il prosimo aggoirnamento sarà un po' più lungo. Solo questo. E con ciò... a voi la parola!
Benny ^0^