Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-Gi-Oh! ZEXAL
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Autore: HinataMadd    13/09/2014    7 recensioni
-and nobody said it was easy-.
Yuma ha diciotto anni ed è un ragazzo come tanti.
Ama uscire con gli amici, correre ed esibirsi sul suo amato skateboard.
Tutto gli sembra perfetto, fino a quando un evento non sconvolge la sua vita.
Tori ha diciassette anni ed è una ragazza come tante.
Ama uscire con gli amici, fare shopping e osservare ragazzi carini.
Tutto le sembra perfetto, fino a quando un evento non sconvolge la sua vita.
Un College inglese, un gruppo di amici inseparabili e un amore incredibile.
-e nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile-.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kotori /Tori, Rio, Ryoga/Shark, Un po' tutti, Yuma/Yuma
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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2. So perfect.

 

Tori non avrebbe potuto desiderare un inizio migliore.

Non appena era arrivata in quel College, aveva subito capito che la sua vita passata sarebbe diventata spazzatura. Si era guardata intorno e il suo sguardo si era posato su così tanti ragazzi della sua età, su così tanti possibili amici e compagni che non aveva pensato nemmeno un istante di aver sbagliato ad accettare quella borsa di studio. L’Exeter College sembrava essere un sogno diventato realtà. 

Era in Inghilterra.

Lontana da casa. 

Sola, pronta per rifarsi la sua vita da normale diciassettenne che era.

“Sì” aveva pensato, guardando il sole splendere sul prato verde e pieno di ragazzi del College.

“Oggi è proprio un buon inizio”.

Si era diretta verso la segreteria, sapendo che lì le avrebbero consegnato la chiave della sua stanza. Si era messa in fila e nel frattempo si era concessa qualche istante per guardarsi intorno. La struttura dell’edificio era molto elegante, vi era il parquet e il legno scricchiolava leggermente a causa del continuo andare e venire dei ragazzi nell’atrio. Davanti agli occhi le passavano ragazzi diversi sia per nazionalità che per aspetto e, nell’attesa che arrivasse il proprio turno, si era messa a immaginare la storia di ognuno di quei ragazzi, le amicizie, gli amori…

“Piantala Tori” si era poi detta, infuriata con sé stessa. 

“Sei venuta qui per rifarti una vita, basta pensare all’amore!”.

Era così immersa nei proprio pensieri, quando lo sguardo le era caduto quasi per caso su un ragazzo che in quel momento stava parlando con la segretaria, qualche posto più avanti a lei nella fila. 

Era di spalle, quindi non era riuscita a vederlo in volto, eppure le aveva subito dato l’idea di un ragazzo carino e solare. Lo vedeva dai suoi movimenti, così diretti ma allo stesso tempo imprecisi. Già dal fatto che non avesse una valigia, ma solo uno zaino, la incuriosiva. Per non parlare poi del fatto che sembrava aver dormito sotto un ponte per quanto, anche se solo di spalle, appariva disordinato!

“Chissà, magari sarebbe simpatico come amico…”.

La parola amico non fece altro che deprimerla ancora di più. Però, aveva fatto una promessa con sé stessa: per un po’, un bel po’, basta ragazzi. Basta relazioni. Basta attese angosciose quando lui non rispondeva. Basta notti passionali.

“Basta ragazzi e relazioni Tori, hai promesso!” si era detta.

Aveva poi rialzato lo sguardo e, con suo grande dispiacere, il ragazzo carino se ne era andato. 

Sospirando, Tori si era rimessa in fila e, arrivato il suo turno, aveva mostrato il modulo e preso la chiave. Si era poi diretta verso le scale, non potendo fare a meno di pensare a quel ragazzo.

“Chissà se riuscirò a rivederlo… magari potrei avvicinarmi a lui in mensa, non mi sembrava che conoscesse qualcuno”.

Non aveva fatto nemmeno in tempo ad incavolarsi con sé stessa, che era andata a sbattere contro qualcuno. Dopo un attimo di smarrimento, aveva sentito la ragazza con cui si era scontrata chiederle scusa.

-O cielo, scusami tanto! Non so proprio cosa mi sia preso oggi, sei la seconda persona che quasi butto a terra!-.

Tori aveva ribattuto, imbarazzata –No, guarda che è colpa mia che non ti ho vista, scusami tu!-.

La ragazza che aveva davanti era carina, non c’era dubbio, e sembrava anche simpatica.

-Diciamo che non ci siamo viste. Io sono Rio Castle tu?- le aveva chiesto lei, sorridendo amichevole.

-Io Tori Meadows- aveva risposto Tori, lieta di poter cambiare argomento.

-Piacere Tori- aveva detto Rio, arrotolandosi i lunghi capelli azzurri sulla spalla destra.

-Senti, io sto andando in camera mia. Visto che le camere femminili sono tutte nella stessa area del College, ti va se ci andiamo insieme?-.

Tori aveva annuito, contenta.

-Io devo andare al secondo piano, camera 124- aveva detto allora Rio.

Tori aveva controllato la propria chiave e, con un sorriso felice e un po’ sorpreso, aveva esclamato –Ma è anche la mia!-.

Rio allora si era messa a ridere e, dopo averle messo un braccio intorno alle spalle, le aveva detto –E allora cerchiamo questo benedetto 124, compagna di stanza!-.

Tori era scoppiata a ridere e da lì avevano iniziato a parlare.

Rio era perfetta.

Era bella e sensuale, sapeva di esserlo e godeva nel vedere che gli altri ne erano consapevoli. Ciò nonostante, era tutto fuorché stupida. Aveva un carattere forte, era decisa e volenterosa, difficilmente impressionabile. 

Parlò a Tori del proprio passato, di come fosse riuscita a vincere quella borsa di studio grazie alla sua passione, la matematica, e di come non vedesse l’ora di farsi una vita da sola e senza “quel rompipalle di mio fratello”. Tori si era sentita così onorata di essere messa al corrente di un po’ della vita passata dell’amica che non aveva potuto non ricambiare. Così, aveva spiegato a Rio dei problemi che abitavano la sua famiglia, di come i suoi genitori fossero separati da sette anni e di come aveva sentito il bisogno di avere un’esperienza tutta sua del mondo. 

Non se l’era sentita di dirle tutto, ma si era ripromessa di farlo in futuro. Anche se Rio le era simpatica, la conosceva da sì e no qualche ora!

Avevano parlato e, dopo aver sistemato le valigie, Rio le aveva detto –Senti, ho un appuntamento nella mensa all’ora di pranzo. Ci vogliamo avviare?-.

Tori aveva annuito ed ora era con Rio davanti all’ingresso della mensa, in preda ad un attacco di panico.

“Oddio è lui!” pensò, a metà tra l’euforico e il terrorizzato.

Perché davanti a lei, accanto a quello che sembrava il fratello maggiore di Rio, vi era il ragazzo carino che aveva visto alla segreteria!

Respirando, si costrinse a calmarsi e ad osservarlo meglio. Sentendosi leggermente avvampare, Tori dovette ammettere una cosa.

Quel ragazzo non era carino.

Era davvero bello!

Era alto e magro, la sovrastava almeno di otto centimetri e aveva un fisico asciutto e leggermente muscoloso. I capelli erano neri e corti e sul lato destro del viso scendevano in una lunga frangia rossa, che si divideva in due “spuntoni”. Erano estremamente disordinati, come se fosse appena sceso dal letto, e gli davano un’aria da piantagrane che Tori trovò da subito adorabile. Aveva la carnagione abbronzata e gli occhi erano rossi, di un color cremisi che le ricordava quello del sole al tramonto. Non indossava nulla di speciale, una semplice maglietta a maniche corte bianca, dei jeans e delle Sneakers piuttosto malridotte, eppure per Tori era perfetto.

“Ma da dove è uscito questo tizio?” si ritrovò a pensare, quasi ipnotizzata.

Un colpo di tosse, seguito da una risatina, la riportò alla realtà. Con imbarazzo, si accorse che anche il ragazza la stava fissando, così, ignorando l’espressione furba di Rio, gli porse la mano.

-Piacere- disse, cercando di non far tremare la propria voce.

-Io sono Tori-.

Il ragazzo ci mise qualche secondo a capire che si era rivolta a lui e quando se ne accorse, raccolse in fretta lo skate da terra e gliela strinse.

-Ciao, sono Yuma-.

Yuma.

“Che bel nome…”.

In quel momento Rio si intromise.

-Tori, lui invece è mio fratello. Reginald, ti presento Tori-.

A malincuore, Tori fu costretta a spostare lo sguardo da Yuma al ragazzo accanto a lui.

-Reginald- le disse questo.

-Piacere- rispose lei.

Anche Reginald era un bel ragazzo, anche se per lei non aveva niente a che vedere con Yuma. Il fratello di Rio era alto, perfino più alto dell’amico ed era anche lui magro e asciutto. Aveva la carnagione pallida uguale a quella della sorella e gli occhi erano scuri, a metà tra il viola e il blu.

-Bene!- esclamò Rio, riempiendo il silenzio che si era creato.

-Direi che è ora di mangiare, non trovate?-.

Yuma scoppiò a ridere e Tori non poté non sospirare. Dio, quant’era bello!

-Sempre diretta, eh?- la stuzzicò il ragazzo, circondando le spalle di Rio con il braccio che non reggeva lo skate.

Tori sentì il suo cuore riempirsi di invidia, notando l’affinità che c’era tra la sua amica e Yuma, ma subito la soffocò.

“Insomma Tori, calmati! Mica è una tua proprietà, può fare il carino con chi gli pare e piace!”.

Rio rise.

-Ehy Tsukumo, cos’è tutta questa confidenza?-.

Per fortuna, Reginald interruppe quell’attimo di amicizia.

-Se avete finito, io direi di avviarci verso un tavolo. Non vorrete mangiare in piedi, vero?- domandò, con tono ironico.

Yuma lo guardò e annuì, non smettendo di sorridere.

-Andiamo!- esclamò.

Toccò a Tori scegliere il tavolo per il pranzo e la ragazza, volendo fare bella figura con Yuma, scelse uno dei tavoli migliori, uno di quelli vicino all’enorme finestra che fungeva da parete.

Si sedettero tutti e quattro e Tori si vide accanto il volto sorridente di Yuma. Si strofinò le mani, cercando di eliminare il sudore che vi si era formato.

-Chi va a prendere da bere e da mangiare?- chiese Rio.

-Se ti va posso farti questo favore…-.

La ragazza si girò di scatto, per poi saltare al collo del ragazzo dalla voce profonda.

-Durbe!- strillò, felicissima.

Quest’ultimo la strinse in un abbraccio fraterno, mentre Reginald replicava –Sorellina, se continui così finirai per strozzarlo…-.

Durbe replicò, sorridendo –Fa niente, Reginald. Ormai ci sono abituato-.

-Giustissimo- disse Rio, staccandosi dal ragazzo.

-A proposito, presentazioni! Lui è Yuma e lei invece è Tori, la mia compagna di stanza- li indicò.

Yuma disse –Tranquilla Rio, già ci conosciamo-.

Tori invece fu costretta ad alzarsi e a stringere la mano del ragazzo snocciolando il solito –Piacere-.

Non appena si risiedette sulla propria sedia, vide Durbe allontanarsi, probabilmente per prendere il cibo e le bevande.

-Allora Tori, da dove vieni?-.

La domanda improvvisa di Yuma la fece sobbalzare.

“Mi sta parlando!” pensò, al culmine dell’imbarazzo.

-Da New York- rispose, cercando di non far vedere quanto fosse emozionata.

Il volto del ragazzo si illuminò.

-Wow, deve essere davvero forte vivere nella Grande Mela, veh?-.

Le parlava in modo schietto, diretto, senza aspettarsi che fosse un genio o qualcos’altro. La guardava negli occhi e cercava di metterla a proprio agio. Tori non poté non amarlo per questo.

-Beh, di certo non è come vivere in un paesino di montagna- scherzò, acquisendo pian piano sicurezza –ma dopo un po’ ci si abitua. Certo, c’è rumore e la maggior parte delle volte ti senti perso in mezzo a così tante persone, ma è pur sempre la mia città e la amo per quella che è. Inoltre ha i suoi vantaggi, non trovi? Vivere in una grande città come New York, intendo-.

Lui le sorrise, con uno di quei sorrisi che facevano pensare a Tori al sole caldo sulla pelle.

-Puoi dirlo forte!- le disse, con energia.

Tori sorrise, contenta.

-Tu invece? Da dove vieni? Non sembri un ragazzo inglese…-.

Lui le rispose, ridendo –No infatti, sono Giapponese. Vengo da una piccola città della costa, Heartland-.

Tori rimase senza parole.

-Dal Giappone!? Wow, è… è… lontano. Beh, MOLTO lontano. Eppure parli bene l’inglese…-.

Lui le sorrise, questa volta con aria furba.

-L’inglese si studia anche, sai…-.

Di colpo, Tori divenne paonazza.

“Stupida, stupida!”.

Vedendo il suo imbarazzo, Yuma scoppiò a ridere, facendola diventare ancora più rossa.

-Tranquilla, era uno scherzo! Lo studio l’inglese, ma anche studiandolo non riuscirei mai a parlarlo così. No, mia madre è americana e a casa mia si parlava sia il Giapponese che l’Inglese-.

Tori fu tentata di mandarlo a quel paese, ma riuscì a trattenersi e a sorridere.

“ E quindi gli piace scherzare…”.

Per almeno la decima volta da quando lo aveva visto, Tori si ritrovò a pensare a quanto fosse bello quel ragazzo.

-Comunque- disse, cercando di evitare quei pensieri – perché dici “si parlava”? In fondo starai via da casa solo fino alle vacanze di Natale…-.

Non appena finì di parlare, si diede dell’idiota. Yuma infatti si era rabbuiato e la luce nei suoi occhi era scomparsa, così come il sorriso che fino a pochi attimi prima animava il suo viso.

Stava per risponderle, quando Durbe arrivò proprio in quel momento dicendo –Cibo e coca per tutti!-.

Tori vide, non senza curiosità, che Yuma si rianimò all’istante, probabilmente contento di avere una scusa per non finire il discorso.

-Grande Durbe!- esclamò, sfregandosi le mani.

-Cosa c’è di buono?-.

Reginald sorrise ironico, prendendo la forchetta di plastica vicino al suo piatto e tastando la massa di cibo informe che vi era all’interno.

-Solo la coca, direi-.

Rio lo guardò con disapprovazione.

-Insomma fratello, così non migliori affatto la situazione. Né Yuma né Tori hanno mai mangiato in una mensa, non puoi condizionarli in questo modo, non trovi?-.

Poi si rivolse ai due ragazzi.

-Non ascoltate Reginald, è il solito disfattista. Provate ad assaggiare, magari vi piacerà-.

Con sorpresa e rassegnazione Tori notò che nonostante il suo bel discorso, l’amica non aveva toccato il proprio piatto, anzi lo aveva allontanato con il dito.

“Certo che Rio è davvero un personaggio. Un personaggio davvero furbo” non poté fare a meno di pensare la ragazza, scuotendo leggermente la testa.

Dal canto suo Yuma sembrava non dubitare affatto delle parole di Rio e Tori si ritrovò a desiderare di poter avere la sua stessa fiducia nel prossimo.

-Benissimo!- disse il ragazzo, impugnando la forchetta.

-Vediamo com’è il famoso “cibo della mensa” di cui parlano tutti-.

E detto questo, prese una porzione di quello che sembrava purè  e se lo mise in bocca. Seguendo il suo esempio, anche Tori si fece coraggio e ne prese una piccola porzione. Quella roba le ricordava l’aglio, l’olio di fegato di merluzzo, la sabbia del mare e un budino scaduto. 

Tutto mischiato insieme.

Poggiò la forchetta sul tavolo e si premette una mano sullo stomaco, disgustata.

Cercando di non vomitare, disse piano –Rio, ma cosa diavolo c’è qui dentro?-.

Anche Yuma aveva posato la forchetta, per poi esclamare senza tanti giri di parole –Ma che cazzo ci mettono in questi piatti?-.

Sia Reginald che Rio sghignazzarono, mentre Durbe li guardava con aria divertita.

-Diciamo che è meglio per voi non saperlo!- disse Rio, facendo loro l’occhiolino.

Yuma rise piano.

-E bravi fratelli Castle. Sentite, questa piccola avventura mi ha fatto passare la fame. Io devo insegnare a Rio come andare sullo skate e poi cercare il club di atletica, visto che è essenzialmente per quello se ora sono qui…-.

Durbe gli disse –Se vuoi completare la tua iscrizione alla sede sportiva devi affrettarti, perché puoi farlo solo fino alle quattro di oggi pomeriggio e sono già le tre e mezza-.

Forse non avrebbe dovuto dirlo, pensò Tori.

Yuma infatti saltò in piedi, nemmeno avesse avuto delle molle sotto le scarpe.

-Merda! Devo darmi una mossa, allora. Reginald, vuoi venire?-.

Il ragazzo annuì, alzandosi a sua volta.

Vedendo sia Yuma che Reginald stavano per lasciare il tavolo, Tori si affrettò ad esclamare –Vengo anche io! Tanto non ho fame…-.

Yuma le sorrise, offrendole la mano.

-Ottimo!-.

Tori la prese, al settimo cielo, proprio mentre anche Rio e Durbe si alzavano.

-Allora veniamo anche noi- disse la ragazza.

-Devo assicurarmi che Yuma non scappi dopo essersi iscritto. Devi ancora insegnarmi ad andare sullo skate, eh!-.

Yuma rise, stringendo la mano di Tori.

-Sempre in gamba, Rio! Ora andiamo, che altrimenti mi toccherà studiare per davvero se voglio rimanere in questo College-.

In neanche dieci minuti, Tori si ritrovò ansimante davanti alla sede del circolo sportivo dell’Exeter. La struttura era imponente, come del resto quella del College stesso.

La sede in questione era un enorme edificio del colore della terracotta. Le finestre erano enormi, senza inferiate e con i vetri così puliti che sulla loro superficie rilucevano i sette colori dell’iride. La porta d’ingresso era di legno, con un pomo d’ottone e una targa d’oro con su scritto Sede Sportiva Exeter College. Non appena entrarono, i loro passi risuonarono sul pavimento di legno lucido.

Tori si guardò intorno, estasiata.

“Per chi ama lo sport, questo posto è il paradiso!” pensò, osservando il viso di Yuma.

Il ragazzo sembrava la stesse pensando esattamente come lei. Il viso era illuminato di una luce che non aveva niente a che vedere con quella del sole che filtrava dalle finestre. Yuma sorrideva e non smetteva un istante di guardarsi intorno, quasi fosse diventato improvvisamente un bambino di fronte ad un regalo bellissimo.

Tori non poté fare a meno di sorridere, vedendolo così felice.

-Ah, ecco la segreteria della sede!- esclamò Yuma, riportando la ragazza alla realtà.

Sempre mano nella mano con Tori, si avvicinò al banco, seguito da Reginald, Durbe e Rio.

-Buongiorno- li salutò un simpatico signore di quarant’anni, con un accenno di calvizie  e una maglietta piuttosto vecchia dei Queen.

-‘Giorno!- lo salutò allegramente Yuma.

-Io e il mio amico siamo qui per completare la nostra iscrizione al College. Abbiamo vinto una borsa di studio in merito alle nostre capacità riguardo lo sport, sa…-.

Il segretario sorrise, comprensivo.

-Capisco. Allora ragazzi, mi servono i vostri nomi e un documento ciascuno, oltre che al modulo di iscrizione-.

Sia Yuma e Reginald, affiancatosi intanto all’amico, gli diedero quanto richiesto.

-Perfetto Yuma e Reginald- disse loro il signore, dopo aver controllato i loro documenti e timbrato la loro iscrizione. –Ora siete ufficialmente degli studenti del nostro College. Benvenuti!-.

In risposta alle sue parole, Yuma si voltò verso l’amico e gli offrì il pugno.

-Batti, Reginald!-.

Quest’ultimo, dopo averlo osservato un attimo con scetticismo, gli batté le nocche, sorridendo e sbuffando nello stesso tempo.

-Possiamo visitare il centro sportivo?- domandò Rio curiosa.

Il segretario le rivolse in cenno d’assenso.

-Allora andiamo!- esclamò Yuma, tirandosi dietro Tori che, dal canto suo, era felicissima di essere ancora mano nella mano con lui.

Attraversarono un lungo corridoio pieno di coppe e certificazioni, oltre che di foto di vecchi alunni del College che stringevano medaglie e premi, felici della loro vittoria.

Arrivati alla fine del corridoio si ritrovarono davanti ad una grande porta, anch’essa di legno. Reginald la spinse senza esitazione e, una volta attraversata, l’unica cosa che Tori riuscì a sentire fu il commento di Rio, qualche passo dietro di lei.

-Caspita che posto ragazzi!-.

E non scherzava.

Il primo pensiero di Tori vedendo l’interno del centro, fu quello dello stadio di football più grande del mondo. Tori deglutì.

“Si vede a stento la fine, cavolo!”.

Loro si trovavano in una posizione sopraelevata rispetto all’intero centro. Proprio nel mezzo vi erano quattro enormi piscine, talmente grandi da poter essere utilizzate per le Olimpiadi. Ogni piscina era separata da un sottile corridoio in pietra e vi erano anche gli spalti per poter assistere alle competizioni.

Davanti ai due lati verticali della piscina, vi erano i campi per gli altri sport. Sul lato destro, ovvero quello rivolto verso lo spiazzo sopraelevato in ci si trovavano loro, vi erano due campi da basket e due da pallavolo. Sul lato opposto, vi erano invece due enormi campi da calcio. Ogni campo aveva i proprio spalti e i propri addetti alle pulizie. E per finire, tutti questi campi erano circondati da un’imponente ed enorme struttura per l’atletica. Otto enormi gironi circondavano le piscine e i campi per gli altri sport, rendendo l’intera struttura ancora più grande.

Tori sentì Yuma fischiare.

Anche Reginald era rimasto senza parole. Durbe non sembrava particolarmente impressionato, anche perché Tori sapeva, grazie a Rio, che Durbe non era un amante dello sport e che era in quel College grazie ad una borsa di studio riguardo le Scienze.

-Wow… è ancora meglio di quanto potessi immaginare!- esclamò Yuma, poggiandosi con la mano libera sulla ringhiera davanti a loro.

-E non è tutto, amico-.

Tutti si voltarono e Tori si vide davanti un bellissimo ragazzo.

“Sono tutti belli in questa scuola?” si ritrovò a pensare, con una punta di scetticismo.

Il ragazzo in questione sembrava più grande, probabilmente del terzo anno. Non era molto alto per la sua età, ma i leggeri muscoli scolpiti sulle braccia e sulle gambe, visibili grazie alla canottiera e ai calzoncini, facevano il resto. I capelli erano abbastanza lunghi e formavano una zazzera disordinata. Erano scuri con qualche ciuffo biondo, mentre gli occhi erano di un violetto scuro.

Anche Rio era rimasta incuriosita dall’entrata in scena del ragazzo. Anzi, ne era rimasta folgorata. Non smetteva di osservarlo, suscitando sbuffi scocciati da parte del fratello e occhiate risentite da parte di Durbe.

Tori si ritrovò a chiedersi quale fosse la chimica tra Durbe e l’amica, quando la voce del ragazzo la riportò con i piedi per terra.

-Siete nuovi, eh?-.

Yuma si passò una mano tra i capelli. Tori si accorse che tendeva a farlo spesso, specialmente quando era nervoso.

-Già- rispose.

-Sono Yuma Tsukumo- si presentò, porgendo la mano al ragazzo davanti a lui.

-Thomas Arclight- rispose quest’ultimo, stringendola.

Reginald invece non offrì la mano e si limitò a fargli un cenno di saluto con la testa.

-Reginald Castle-.

Thomas poi si voltò verso lei e Rio, che intanto aveva mollato la mano di Durbe e si stava lisciando i capelli su una spalla.

-Anche voi nuove?- chiese con interesse.

Prima che Tori potesse aprire bocca, Rio rispose –Esatto. Io sono Rio Castle e lei invece è Tori Meadows-.

-Piacere di conoscervi- disse il ragazzo, anche se non smise un istante di guardare Rio.

Sentendosi leggermente trascurata, Tori assistette anche alle presentazioni tra Durbe e Thomas, per poi chiedere –Cosa intendevi prima con “e non è tutto”?-.

Thomas si voltò verso di lei.

-Beh- iniziò, con un sorriso furbo –intendevo proprio che non è tutto qui. Più avanti vi è anche una struttura più piccola che contiene due sale di allenamento libero, una sala per la ginnastica artistica, una sala per la boxe e infine una per la lotta. Poi ovviamente c’è la sala che contiene gli attrezzi e tutto il resto, ma noi la consideriamo più come uno sgabuzzino-.

Yuma fischiò per la seconda volta.

-Per essere un College rinomato per il numero elevato di “geni” è molto attrezzato sportivamente!- disse.

Thomas rise piano.

Tori fu sicura di aver sentito Rio sospirare.

-Amico, se non ci fosse stata questa struttura io non sarei qui adesso!-.

Yuma scoppiò a ridere, mentre batteva il cinque con il ragazzo.

-Comunque- disse Thomas –Suppongo che gli sportivi siate tu e il tuo amico, giusto? In cosa siete specializzati?-.

Yuma annuì, per poi rispondere –Io corro, faccio atletica, mentre Reginald qui è bravo a pallanuoto-.

Thomas sorrise con fare amichevole.

-Tu invece?- domandò Rio, sbattendo leggermente le ciglia.

Thomas le rivolse un’occhiata furba e diretta allo stesso tempo.

-Io gioco a basket da quando avevo sette anni, tesoro- strizzando poi l’occhio con fare scherzoso.

Tori si ritrovò a sospirare. A meno che non si sbagliasse di grosso, avrebbe scommesso che Thomas stesse filtrando con Rio.

“E ci sta riuscendo alla grande!” pensò, notando quanto fosse compiaciuta l’amica di essere stata appena chiamata “tesoro”.

-Comunque, in questo momento ci sono i nostri ragazzi che si stanno allenando. Volete vedere?- domandò loro Thomas.

Yuma si illuminò al suo solito.

-Sarebbe fantastico amico!-.

Thomas rise, per poi avviarsi verso le scale che portavano giù verso i campi da gioco.

-Venite, allora. Vi faccio fare un giro guidato-.

Dopo aver salutato Durbe, che a quanto pare voleva informarsi sul club di Chimica, Tori e gli altri seguirono Thomas.

-Il nostro centro ha avuto una storia, potremmo dire, “travagliata”- iniziò a spiegare il ragazzo.

-Il centro ha finito di essere ristrutturato solo due anni fa. Pensate che quando io ero al primo anno come voi, questa imponente struttura era coperta da un enorme telo verde e dalle impalcature dei ristrutturatori. Ci dovemmo accontentare di due soli campi all’aperto, di cui uno adibito solo ed esclusivamente al calcio. Per cui il campo restante era sempre di chi riusciva per primo ad occuparlo. Era sempre una guerra tra i diversi club sportivi e a noi di basket ci rompevano continuamente le palle!-.

Tutti, tranne Reginald, risero alla battuta e Thomas continuò, sicuro.

-Questa struttura che vedete è costata quasi sette milioni di sterline al nostro College ed è la più rinomata di tutto il Regno Unito. I lavori sono iniziati nel…-.

-Thomas, non starai per caso ricominciando con la storia della sede sportiva vero?-.

Un ragazzo uscì dal campo di pallavolo, avvicinandosi al gruppo.

“Carino” pensò Tori.

Il ragazzo in questione non aveva niente a che vedere con la bellezza di Yuma o di Thomas, ma nel suo insieme risultava molto gradevole. Era alto e magro, il primo ragazzo che Tori vedeva senza muscoli. I capelli erano corti e mossi, di un colore rosa chiaro, mentre gli occhi erano di un verde brillante.

Indossava una camicia rosa, che si intonava ai capelli, dei jeans scuri e delle Converse marroni consumate.

Non appena si avvicinò a Thomas, quest’ultimo sbuffò fingendosi infastidito.

-No che non lo faccio, Michael. E comunque sono nuovi: matricole. Ragazzi, questo ragazzino tutto pelle e ossa che avete di fronte è il mio fratellino, Michael Arclight-.

Michael sbuffò sonoramente, per poi replicare con voce leggera –Mica tanto pelle e ossa. Solo due ore fa ho mandato gambe all’aria quell’ idiota di Mattew con una battuta da fuori campo! Ed erano mesi che non mi allenavo seriamente…-.

In risposta alle loro facce confuse, Thomas precisò –Michael è il capitano della squadra di pallavolo del nostro College-.

Yuma si complimentò con il ragazzo.

-Grande Michael! La pallavolo mi è sempre piaciuto come sport, poi mi fai vedere qualche battuta?-.

Notando il suo entusiasmo, Michael si mise a ridere, per poi rispondere –Certo, mi piacerebbe. E tu sei…?-.

-Yuma Tsukumo- rispose prontamente il ragazzo, sorridendo.

Anche Michael sorrise e Tori non poté fare a meno di pensare quanto Yuma fosse importante per equilibrare l’umore del gruppo.

“La sua energia e la sua gioia contagiano chiunque gli sia intorno!”.

-Allora- disse Thomas, battendo una volta le mani per richiamare  l’attenzione di tutti, -ora che c’è anche Michael, perché non…-.

-Thomas!-.

Tori si girò e si vide venire incontro un ragazzo. Aveva il costume a grondava ancora d’acqua, segno che era uscito da poco dalla piscina. Aveva il fiatone e l’aria stravolta.

-Cosa c’è Leam? Sei di nuovo scivolato sul bordo della piscina?- domandò con tono ironico Thomas, salutando il ragazzo con la mano.

Leam fece una smorfia, respirando per riprendere fiato.

-Magari fosse solo questo. No, è lui. Di nuovo…-.

Sia Thomas che Michael si accigliarono e Yuma ebbe il coraggio di fare la domanda che sia Tori che gli altri si stavano ponendo in quel momento.

-Lui, chi?-.

Il ragazzo di nome Leam fece un respiro tremante.

-Lui. Vector-.

E così gente, eccomi qui con il secondo capitolo di qesta long ^^ cosa ne pensate? Abbiamo fatto la conoscenza di Thomas e Micahel (amori miei *0*) e Vector è sempre a rompere i... le pizze, ecco. (pizze!? Vabbè -.-"). Comunque, lascio a voi la parola e vi avviso che il prossimo aggoirnamento non sarà velocissimo perché vorrei prima aggiornare "Il segreto dei Cinque Mondi" e sapete com'è... ah, per chi non lo sapesse, io non sono molto "sprint" con quella long... quindi  il prosimo aggoirnamento sarà un po' più lungo. Solo questo. E con ciò... a voi la parola!

Benny ^0^

  
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