Ciao a tutti!
Incredibile
ma vero! Non potete credere ai vostri
occhi ma è proprio così! Altro capitolo postato
con il contagocce.
Questa volta
l’ispirazione ci ha messo poco più di
un mese, ma è tornata per farmi nuovamente variare questa
storia.
Ormai non
cambierò più. Questo capitolo è
già
abbastanza impegnativo di suo, senza che metta altre cose a vorticare
in mezzo
al pantano.
Pertanto,
bando alla ciance e lascio che a parlare
siano i fatti descritti nel capitolo.
BUONA LETTURA!
---ooOoo---
“Sei tu che hai
cercato di violare i nostri
sistemi informatici!” esclamò fissando Edward.
Il silenzio
avvolse e annullò l’eco di questa affermazione. Si
udivano solo i respiri di
Isabella che guardava il volto stupito di Edward.
Non
c’erano
possibilità di errore: nessuna risposta uguale ammissione di
colpa. Era lui
l’hacker che li stava tormentando da giorni.
“Come
ho
potuto essere così stupida! Sapevi chi ero io, cosa
rappresentavo… hai cercato
di circuirmi da quando siamo arrivati! Ti sei introdotto nei nostri
sistemi per
ottenere informazioni… per rovinarmi!” le accuse
venivano lanciate con un tono
di voce sempre più stridulo, finché, finalmente,
il rosso si mosse per bloccare
quello che pareva essere uno schiaffo da far atterrare sulla sua
guancia.
“Maledizione,
Bella!” sbottò agguantando tutti e due i polsi e
sporgendosi su di lei,
facendola coricare sul letto, tra i fogli stampati. “Non
avresti dovuto saperlo
in questo modo, ma sappi… ti giuro che io non ho fatto
niente contro di te,
anzi, ti ho difeso da Cosmopolitan che voleva introdurre un virus nei
tuoi
sistemi” sospirò. “Devi
credermi”.
Isabella lo
ascoltò fissandolo con rabbia, verso lui e se stessa.
“Come
potrei crederti? Che prove hai per convincermi a pensare che non volevi
danneggiarmi?” chiese ancora urlando.
“Ho
solo
cercato informazioni su di voi quando vi ho incontrati. Sapevo che
doveva
arrivare qualcuno che si era interessato alla nostra ipoteca. Me lo
aveva
appena confidato il direttore della banca. Ho solo fatto due
più due. Devi
credermi, volevo solo difendere la tenuta ma non ho fatto niente per
danneggiarti”.
La fissava
serio. Occhi negli occhi, cercando di comunicarle le parole anche con
il corpo,
sdraiato su di lei che si strattonava, provando a liberarsi dal suo
peso.
“Non
è
vero!” sibilò stravolta dall’ira.
Non
riusciva a connettere. L’umiliazione del tradimento e la
rabbia per essersi
fidata le stavano stritolando l’anima.
Non si
accorgeva neanche di essere completamente bloccata sotto il corpo di
Edward,
voleva solo picchiarlo, graffiargli la faccia e tirare calci fino a
farlo
diventare… niente.
Le ci
vollero alcuni minuti prima di riprendere fiato e connettere le sue
funzioni,
captando finalmente quello che stava accadendo: Edward la stava
baciando e lei
era completamente immobile. Anzi, stava partecipando al bacio
sporgendosi
contro di lui.
Spalancò
gli occhi inorridita e il ragazzo alzò il viso e la
fissò serio. “Ti sei
calmata? Posso parlare adesso?” sussurrò, timoroso
di interrompere la quiete e
far scatenare di nuovo la ragazza sotto di lui.
Già
era
difficile resisterle quando erano in verticale, adesso che se la
trovava
cedevole e morbida sotto di lui, era un inferno. Il suo letto non
avrebbe più
avuto lo stesso significato.
Isabella
deglutì prima di assentire con un furioso ordine.
“Spiegati”.
“Isabella…
posso lasciarti? Voglio che tu mi ascolti senza interrompere e senza
tentare di
picchiarmi” continuò il ragazzo, azzardando
lentamente a lasciarle i polsi e
tornare a sedersi dall’altra parte del materasso.
La
principessa di Boston sospirò e annuì, stringendo
le labbra in una linea rigida
e incrociando le braccia a difesa del suo cuore che batteva fortissimo.
“Hai
ragione, sono entrato nei tuoi sistemi informatici. Devo dire che mi
aspettavo
di fare un po’ più di fatica, invece è
stato fin troppo semplice. Quasi un
insulto per quanto mi riguarda” borbottò Edward
tentando un timido sorriso
sghembo e passandosi una mano tra i capelli ramati.
Il fatto di
vederlo così compiaciuto di sé stesso fece
nuovamente saltare la mosca al naso
a Bella. “Scusa se non ci siamo premuniti prima contro dei
delinquenti della
tua risma ma questo non era mai stato necessario”
sbottò sarcastica.
“Mi
meraviglia… comunque non è questo il punto. Mi
sono introdotto nei tuoi sistemi
per cercare notizie su come impedire alla Explosion di rilevare la
nostra
ipoteca e mettere le mani sulla mia tenuta. Ci sto sputando il sangue
da una
vita e da quattro anni ho definitivamente rinunciato ai miei sogni e
alle mie
aspirazioni per questo mucchio di piante e terra. Non voglio che il mio
sudore
vada perduto se posso impedirlo.
Ti giuro
che ho fatto solo questo. Ho scoperto che il vero padrone sei tu e non
quel
Jacob. Sei stata in gamba a distogliere l’attenzione da te.
Credo sia stato
necessario per il fatto che sei una giovane e bellissima
donna…” si interruppe facendo
un ampio sorriso per mitigare l’imbarazzo che stava provando
ad aver detto
quelle ultime parole.
Perché
era
questo che pensava di Isabella: era davvero bellissima. Forse non la
più bella
che lui avesse mai visto. C’erano state ragazze
stratosferiche che sembravano
corpi celesti portati dagli angeli e depositati sulla terra per il
gaudio dei
comuni mortali, ma lei era diversa. Era bella ed era vera, concreta,
arguta e…
bellissima. Almeno per lui.
“Come
fai a
fare tutto questo? Non c’è neanche un computer in
questa stanza e non mi sembra
di aver visto chissà cosa nello studio di tuo
padre” obiettò Bella lanciando
uno sguardo alle carte sparse ancora sulle lenzuola stropicciate.
Edward si
alzò e le tese una mano. “Vieni, ti mostro il mio
regno” la invitò indicando la
porta di uscita della camera.
A pochi
passi da loro, sul corridoio comune, si apriva un’altra
camera, piena di
apparecchiature elettroniche sparse sulle due scrivanie e una libreria
piena di
CD e fascicoli che copriva una intera parete.
“Questo
è
il mio studio. È qui che tengo i miei computer e tutti i
miei tesori”.
Sulla
parete accanto alla porta erano appesi la laurea in informatica e
alcuni corsi
frequentati da Edward con il massimo profitto. Era davvero un piccolo
genio
della tastiera.
“Adesso
spiegami cosa è quel fumetto che hai lasciato nei miei
sistemi e come faccio
per farlo togliere” ordinò Bella, accomodandosi
sul piccolo divano posizionato
sotto le attestazioni di studio.
Edward
ridacchiò e indicò uno schermo “Quello
dici? Non posso. Io e Cosmo stiamo
ancora lottando. Io sto proteggendo i tuoi sistemi con il mio
scudo… vedi? Il
mio simbolo l’hai riconosciuto!”
“Allora
dì
al tuo amico di smetterla! Altrimenti vi farò arrestare
tutti e due!” sbraitò
Isabella alzandosi come una furia. Il fatto che lui fosse divertito la
faceva
irritare ancora di più. Il suo scherzetto era costato
migliaia di dollari e ore
di lavoro per i suoi dipendenti e non si sarebbe risolto con delle
sentite
scuse. Voleva la testa del responsabile e avrebbe avuto anche la
bellissima
testa del ragazzo che le stava davanti. Al diavolo la sua attrazione
per lui.
La sua azienda era più importante di una semplice
infatuazione per dei
pettorali definiti, dei bicipiti
muscolosi e un sorriso da urlo.
“Mi
piacerebbe davvero. Odio dovermi impegnare in queste lotte. Non si
dimostra
niente a nessuno e si rischia solo di essere scoperti e messi in
galera”
rispose.
“Ti
è mai
successo?” chiese allora curiosa Isabella.
“Ci
sono
andato vicino un paio di volte, quando ho cercato di entrare nei
sistemi del
governatore della California e di una banca… ma ho intuito
subito il problema e
sono riuscito a sparire”.
“Come
mai
il simbolo dei Gemelli?”.
Dopo
l’iniziale
sfuriata, Isabella si era accorta che non poteva risolvere nulla in
quel modo e
che lui stava solo cercando di aiutarla contro questo fantomatico
Cosmopolitan.
La curiosità di scoprire ancora di più su questo
nuovo mondo, dove Edward era
ancora più affascinante con l’aria del ragazzo
pericoloso, le fece cambiare
indirizzo di domande.
“Tutti
noi
abbiamo un nick. Io non sapevo quale usare e mi è venuto in
mente quello. Gemini.
Ti piace?” chiese infine sorridendo in modo disarmante.
“Sei
poi
riuscito ad entrare in quei sistemi?”.
Il sorriso
del ragazzo si allargò ulteriormente. C’era
riuscito e con meno fatica del
previsto.
Isabella si
accasciò nuovamente sul divanetto. “Edward, cosa
devo fare con te?”. Era una
domanda retorica che manifestava tutto il suo disagio per la situazione.
Lui fece
spallucce. “Dipende da cosa vuoi. Adesso stavamo cercando di
capire che mosse
aveva intenzione di fare mio zio. Non c’è nulla
che tu possa fare per la mia
attività di ‘infiltrato’ e, prima che tu
me lo chieda, non posso impedire a
Cosmo di rompere le scatole, perché non so neanche chi sia.
Non ci conosciamo
tutti nell’ambiente e, come comprenderai bene, la segretezza
è fondamentale. Con
lui ho fatto un patto: una tregua di tre giorni, di cui uno
è già passato. Poi lui
passerà all’attacco e ti conviene contattare
qualche buon ingegnere informatico
se vuoi sopravvivere. Io da qui potrò fare ben
poco” rispose Edward, sedendosi
accanto alla ragazza e passandole un braccio sulle spalle.
“Non
c’è
niente da temere da me. Come ti ho detto, volevo solo trovare delle
informazioni per proteggere la mia tenuta, ma non farei mai del male a
te e non
danneggerei volontariamente la tua azienda. Rispetto il tuo lavoro in
questo
campo, come spero che tu rispetta il mio”. La sua voce era
bassa, roca e
carezzevole all’orecchio e Bella sospirò
sconfitta.
Gli credeva.
Credeva a tutto quello che le aveva detto e questo non aveva nulla a
che fare
con l’irrequietezza che la sua vicinanza le causava in quel
momento.
“Va
bene”
cedette “Cerchiamo di capire cosa vuole tuo zio, poi verrai
con me a Boston e
sistemerai il problema dei sistemi informatici”.
“Mi
vuoi
ricattare? Guarda che non ho intenzione di finire in prigione per
quello”
indicò lo schermo che continuava a danzare sotto i loro
occhi “E tu non puoi
dimostrare niente. Come ti ho detto, sono bravo a far scomparire le mie
tracce”.
“Stupido.
Ti
sto offrendo un lavoro. Limitato a questo problema o a tempo
indeterminato,
questo lo deciderai tu. Carta bianca e tutto il settore a tua
disposizione. Budget
illimitato, stipendio adeguato” sciorinò la
presidente delle Industrie
Explosion, nuovamente nel suo ruolo di leader.
Edward
boccheggiò un attimo e il suo sguardo si illuminò
come quello di un bambino
davanti al giocattolo tanto desiderato, poi tornò serio.
“Non posso andarmene,
almeno sino a quando la tenuta sarà al sicuro e
potrò lasciare il comando a
Jasper” sospirò.
“Pensaci
intanto” sussurrò Bella appoggiando poi la testa
sulla spalla del ragazzo.
In pochi
istanti si sentì avvolgere dalle braccia di Edward, mentre
le sue labbra veniva
coperte da quelle di lui per un bacio famelico. “Ci
penserò” bisbigliò un
attimo, staccandosi dal suo viso per poi rituffarsi su quella bocca
rosea e
morbida che lo stava eccitando di nuovo.
La mente di
Isabella sembrava vuota, non sentiva nulla al di fuori delle labbra e
delle
mani di Edward. Le sensazioni di calore che le stavano scatenando la
lasciavano
senza fiato e quando sentì le dita infilarsi al di sotto del
topo che
indossava, per poi risalire lente verso il seno, si sentì
bollente di
anticipazione sul piacere che avrebbe provato da lì a poco.
Perché
ormai
lo sapeva, stare con Edward sarebbe stato fantastico ed indimenticabile.
Erano ancora
ansimanti, quando le labbra di lui si spostarono sul suo collo
e… il trillo
proveniente dal computer, squillò interrompendoli spaventati.
“Che
succede?” strillò Bella, più spaventata
per l’intensità di quello che stava
provando, piuttosto che per l’interruzione brusca.
“Non
ne ho
idea” rispose Edward correndo al computer e cominciando a
schiacciare tasti ad
una velocità impressionante.
Isabella si
avvicinò incuriosita e lui iniziò a parlare.
“Sembra che Cosmo abbia fatto un
nuovo tentativo. Però ci deve essere qualcuno in gamba nei
tuoi uffici perché
non ci sono stati problemi questa volta”. Si
rialzò soddisfatto e si sorrisero.
Forse potevano
lasciare stare il freddo mondo informatico e dedicarsi a quello
più caldo che
stavano esplorando poco prima.
Ma restava
sempre il problema di Phil.
“Cosa
credi
che dovremo fare adesso con tuo zio?” chiese Isabella.
“Cercherò
ancora qualche cosa… adesso scendiamo, prima che vengano a
cercarci. Se rimango
ancora con te, rischio di non riuscire a tenere le mani ferme e non
è il
momento” ammise imbarazzato Edward.
“A me
non
dispiacerebbe” rispose Bella sospirando
“Però hai ragione. Non è il
momento… ma
presto” promise poi in un sussurro complice.
Uscirono
sorridendo
e con le mani intrecciate, scesero la grande scala per giungere al
piano terra,
dove sentirono delle voci concitate provenienti dallo studio di
Carlisle.
Il padre di
Edward non poteva presenziare alla vendemmia, visto lo stato nel quale
versava
la sua salute.
Si
guardarono stupiti quando riconobbero la voce di Phil. Che ci faceva
alla
tenuta?
“Carlisle!
Non
hai fatto niente da quattro anni a questa parte! Non ti darò
nemmeno una fetta
della torta. Il bottino sarà solo mio! Sono io che mi sono
fatto il culo… ho
costruito le prove, ho lavorato nell’ombra… e tu
cosa hai fatto? Sei stato qui
a trastullarti sulla sedia a rotelle a farti scorrazzare dal quella
stupida di
mia sorella”
“Io
non ho
fatto niente? E chi ha provveduto a incidere il tubo del carburante
dell’aereo
dove volavano gli Swan? Tu per caso? Se non sbaglio eri in galera in
quel
periodo… a Parigi se non ricordo male”.
Edward e
Isabella si guardarono ancora sconvolti, trattenendo il fiato per
quanto
avevano sentito.
“E tu
hai
pensato bene di farti avere un attacco di cuore. Comodo essere
costretto su una
sedia a rotelle. Nessuno ti ha collegato
all’incidente… nessuno si è accorto
del meccanico che passava nell’hangar. E nessuno
può rintracciarti ed
incolparti di qualche cosa. È stato un incidente. Adesso
dimentica tutto e
lasciami incassare il denaro che potrò spremere dalla mia
‘figlioletta’
ritrovata”. Si sentiva il tono malefico della voce di Phil e
Bella si strinse
le braccia per il freddo che le entrava in petto nel sentire questa
cattiveria.
“Io
ti ho
spianato la strada e ti aiuterò ad eliminare la piccola
Swan. Tu mi darai il
cinquanta per cento dell’eredità e non dovremo
più incontrarci per il resto
della vita” ribatté Carlisle.
“Non
ci
penso nemmeno. Io sarò quello sotto i riflettori, sospettato
di tutto. Dovrò studiare
attentamente un piano e tu sei totalmente inaffidabile”
sibilò Phil, per poi
scoppiare a ridere “Ritira quel ferro, non ti serve a nulla e
ci perderesti
solo tu”.
Edward
fremeva accanto a Bella. Suo padre e suo zio erano dei delinquenti,
degli
assassini. Gli veniva la nausea.
“Cosa
hai
intenzione di fare con la ragazza?”
“Ho
già
manomesso la centralina elettronica della jeep di Renée.
Tutti quelli che sono
sopra quell’auto moriranno prima di arrivare a Sonoma e
sembrerà un vero
incidente. Niente sangue, niente sporco. Ne uscirò pulito
come un neonato e
piangerò la mia carissima ex moglie e la mia figlioletta
appena ritrovata. Credo
che creperà anche quel antipatico di avvocato se sono
fortunato, così non ci
saranno più ostacoli”.
Appena
l’eco
di quelle parole si spensero nell’aria, Isabella
scattò in piedi e corse verso
lo studio spalancando la porta socchiusa.
“Maledetti!” urlò avvicinandosi
velocemente verso Carlisle.
Edward,
dopo un attimo di sorpresa, scattò a sua volta, cercando di
trattenere la
ragazza che invece era già entrata nella stanza. E appena
varcò la porta non
poté far altro che urlare il suo nome mentre vedeva suo
padre sparare contro
Bella.
Isabella si
sentì colpire al petto. Un dolore atroce e un urlo furono le
uniche cose che
percepì prima di cadere in un pozzo buio senza fine.
---ooOoo---
Angolino mio:
Carissimi,
eccoci alla fine del capitolo.
Colpo di
scena? Spero di avervi sorpreso ancora una
volta.
Questa storia
doveva essere solo una romantica e un
esercizio stilistico e si è trasformata in una work in
progress e una sfida con
me stessa.
Vi faccio un
ultimo annuncio: il prossimo capitolo
sarà… l’epilogo.
Da non
crederci vero?
Però
sapete che io sono fissata con il 5 e i suoi
multipli e questa storia è arrivata al suo capolinea (per
stanchezza,
ispirazione e bandiera bianca).
Pertanto
trovo che non convenga trascinarla ma
lasciare un buon epilogo corposo dove tutti i nodi vengano al pettine.
In fin dei
conti ho annodato parecchio qui dentro…
non trovate?
Fatemi sapere
quel che ne pensate.
Grazie per
l’attenzione.
Alla prossima
puntata.
baciotti