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Autore: gaccia    13/09/2014    4 recensioni
Isabella, ricca e potente, proprietaria delle Industrie Explosion di Boston se la vedrà con Edward, testardo e indomabile responsabile dell'azienda vinicola di famiglia a Sonoma. Un detto latino recitava In Vino Veritas (nel vino la verità) leggete se è vero
Genere: Generale, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Ciao a tutti!

Incredibile ma vero! Non potete credere ai vostri occhi ma è proprio così! Altro capitolo postato con il contagocce.

Questa volta l’ispirazione ci ha messo poco più di un mese, ma è tornata per farmi nuovamente variare questa storia.

Ormai non cambierò più. Questo capitolo è già abbastanza impegnativo di suo, senza che metta altre cose a vorticare in mezzo al pantano.

 

Pertanto, bando alla ciance e lascio che a parlare siano i fatti descritti nel capitolo.

BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

 “Sei tu che hai cercato di violare i nostri sistemi informatici!” esclamò fissando Edward.

 

Il silenzio avvolse e annullò l’eco di questa affermazione. Si udivano solo i respiri di Isabella che guardava il volto stupito di Edward.

Non c’erano possibilità di errore: nessuna risposta uguale ammissione di colpa. Era lui l’hacker che li stava tormentando da giorni.

“Come ho potuto essere così stupida! Sapevi chi ero io, cosa rappresentavo… hai cercato di circuirmi da quando siamo arrivati! Ti sei introdotto nei nostri sistemi per ottenere informazioni… per rovinarmi!” le accuse venivano lanciate con un tono di voce sempre più stridulo, finché, finalmente, il rosso si mosse per bloccare quello che pareva essere uno schiaffo da far atterrare sulla sua guancia.

 

“Maledizione, Bella!” sbottò agguantando tutti e due i polsi e sporgendosi su di lei, facendola coricare sul letto, tra i fogli stampati. “Non avresti dovuto saperlo in questo modo, ma sappi… ti giuro che io non ho fatto niente contro di te, anzi, ti ho difeso da Cosmopolitan che voleva introdurre un virus nei tuoi sistemi” sospirò. “Devi credermi”.

 

Isabella lo ascoltò fissandolo con rabbia, verso lui e se stessa.

“Come potrei crederti? Che prove hai per convincermi a pensare che non volevi danneggiarmi?” chiese ancora urlando.

“Ho solo cercato informazioni su di voi quando vi ho incontrati. Sapevo che doveva arrivare qualcuno che si era interessato alla nostra ipoteca. Me lo aveva appena confidato il direttore della banca. Ho solo fatto due più due. Devi credermi, volevo solo difendere la tenuta ma non ho fatto niente per danneggiarti”.

La fissava serio. Occhi negli occhi, cercando di comunicarle le parole anche con il corpo, sdraiato su di lei che si strattonava, provando a liberarsi dal suo peso.

“Non è vero!” sibilò stravolta dall’ira.

 

Non riusciva a connettere. L’umiliazione del tradimento e la rabbia per essersi fidata le stavano stritolando l’anima.

Non si accorgeva neanche di essere completamente bloccata sotto il corpo di Edward, voleva solo picchiarlo, graffiargli la faccia e tirare calci fino a farlo diventare… niente.

Le ci vollero alcuni minuti prima di riprendere fiato e connettere le sue funzioni, captando finalmente quello che stava accadendo: Edward la stava baciando e lei era completamente immobile. Anzi, stava partecipando al bacio sporgendosi contro di lui.

Spalancò gli occhi inorridita e il ragazzo alzò il viso e la fissò serio. “Ti sei calmata? Posso parlare adesso?” sussurrò, timoroso di interrompere la quiete e far scatenare di nuovo la ragazza sotto di lui.

Già era difficile resisterle quando erano in verticale, adesso che se la trovava cedevole e morbida sotto di lui, era un inferno. Il suo letto non avrebbe più avuto lo stesso significato.

Isabella deglutì prima di assentire con un furioso ordine. “Spiegati”.

“Isabella… posso lasciarti? Voglio che tu mi ascolti senza interrompere e senza tentare di picchiarmi” continuò il ragazzo, azzardando lentamente a lasciarle i polsi e tornare a sedersi dall’altra parte del materasso.

La principessa di Boston sospirò e annuì, stringendo le labbra in una linea rigida e incrociando le braccia a difesa del suo cuore che batteva fortissimo.

 

“Hai ragione, sono entrato nei tuoi sistemi informatici. Devo dire che mi aspettavo di fare un po’ più di fatica, invece è stato fin troppo semplice. Quasi un insulto per quanto mi riguarda” borbottò Edward tentando un timido sorriso sghembo e passandosi una mano tra i capelli ramati.

Il fatto di vederlo così compiaciuto di sé stesso fece nuovamente saltare la mosca al naso a Bella. “Scusa se non ci siamo premuniti prima contro dei delinquenti della tua risma ma questo non era mai stato necessario” sbottò sarcastica.

“Mi meraviglia… comunque non è questo il punto. Mi sono introdotto nei tuoi sistemi per cercare notizie su come impedire alla Explosion di rilevare la nostra ipoteca e mettere le mani sulla mia tenuta. Ci sto sputando il sangue da una vita e da quattro anni ho definitivamente rinunciato ai miei sogni e alle mie aspirazioni per questo mucchio di piante e terra. Non voglio che il mio sudore vada perduto se posso impedirlo.

Ti giuro che ho fatto solo questo. Ho scoperto che il vero padrone sei tu e non quel Jacob. Sei stata in gamba a distogliere l’attenzione da te. Credo sia stato necessario per il fatto che sei una giovane e bellissima donna…” si interruppe facendo un ampio sorriso per mitigare l’imbarazzo che stava provando ad aver detto quelle ultime parole.

Perché era questo che pensava di Isabella: era davvero bellissima. Forse non la più bella che lui avesse mai visto. C’erano state ragazze stratosferiche che sembravano corpi celesti portati dagli angeli e depositati sulla terra per il gaudio dei comuni mortali, ma lei era diversa. Era bella ed era vera, concreta, arguta e… bellissima. Almeno per lui.

 

“Come fai a fare tutto questo? Non c’è neanche un computer in questa stanza e non mi sembra di aver visto chissà cosa nello studio di tuo padre” obiettò Bella lanciando uno sguardo alle carte sparse ancora sulle lenzuola stropicciate.

Edward si alzò e le tese una mano. “Vieni, ti mostro il mio regno” la invitò indicando la porta di uscita della camera.

A pochi passi da loro, sul corridoio comune, si apriva un’altra camera, piena di apparecchiature elettroniche sparse sulle due scrivanie e una libreria piena di CD e fascicoli che copriva una intera parete.

“Questo è il mio studio. È qui che tengo i miei computer e tutti i miei tesori”.

Sulla parete accanto alla porta erano appesi la laurea in informatica e alcuni corsi frequentati da Edward con il massimo profitto. Era davvero un piccolo genio della tastiera.

 

“Adesso spiegami cosa è quel fumetto che hai lasciato nei miei sistemi e come faccio per farlo togliere” ordinò Bella, accomodandosi sul piccolo divano posizionato sotto le attestazioni di studio.

Edward ridacchiò e indicò uno schermo “Quello dici? Non posso. Io e Cosmo stiamo ancora lottando. Io sto proteggendo i tuoi sistemi con il mio scudo… vedi? Il mio simbolo l’hai riconosciuto!”

“Allora dì al tuo amico di smetterla! Altrimenti vi farò arrestare tutti e due!” sbraitò Isabella alzandosi come una furia. Il fatto che lui fosse divertito la faceva irritare ancora di più. Il suo scherzetto era costato migliaia di dollari e ore di lavoro per i suoi dipendenti e non si sarebbe risolto con delle sentite scuse. Voleva la testa del responsabile e avrebbe avuto anche la bellissima testa del ragazzo che le stava davanti. Al diavolo la sua attrazione per lui. La sua azienda era più importante di una semplice infatuazione per  dei pettorali definiti, dei bicipiti muscolosi e un sorriso da urlo.

 

“Mi piacerebbe davvero. Odio dovermi impegnare in queste lotte. Non si dimostra niente a nessuno e si rischia solo di essere scoperti e messi in galera” rispose.

“Ti è mai successo?” chiese allora curiosa Isabella.

“Ci sono andato vicino un paio di volte, quando ho cercato di entrare nei sistemi del governatore della California e di una banca… ma ho intuito subito il problema e sono riuscito a sparire”.

“Come mai il simbolo dei Gemelli?”.

Dopo l’iniziale sfuriata, Isabella si era accorta che non poteva risolvere nulla in quel modo e che lui stava solo cercando di aiutarla contro questo fantomatico Cosmopolitan. La curiosità di scoprire ancora di più su questo nuovo mondo, dove Edward era ancora più affascinante con l’aria del ragazzo pericoloso, le fece cambiare indirizzo di domande.

“Tutti noi abbiamo un nick. Io non sapevo quale usare e mi è venuto in mente quello. Gemini. Ti piace?” chiese infine sorridendo in modo disarmante.

“Sei poi riuscito ad entrare in quei sistemi?”.

Il sorriso del ragazzo si allargò ulteriormente. C’era riuscito e con meno fatica del previsto.

 

Isabella si accasciò nuovamente sul divanetto. “Edward, cosa devo fare con te?”. Era una domanda retorica che manifestava tutto il suo disagio per la situazione.

Lui fece spallucce. “Dipende da cosa vuoi. Adesso stavamo cercando di capire che mosse aveva intenzione di fare mio zio. Non c’è nulla che tu possa fare per la mia attività di ‘infiltrato’ e, prima che tu me lo chieda, non posso impedire a Cosmo di rompere le scatole, perché non so neanche chi sia. Non ci conosciamo tutti nell’ambiente e, come comprenderai bene, la segretezza è fondamentale. Con lui ho fatto un patto: una tregua di tre giorni, di cui uno è già passato. Poi lui passerà all’attacco e ti conviene contattare qualche buon ingegnere informatico se vuoi sopravvivere. Io da qui potrò fare ben poco” rispose Edward, sedendosi accanto alla ragazza e passandole un braccio sulle spalle.

“Non c’è niente da temere da me. Come ti ho detto, volevo solo trovare delle informazioni per proteggere la mia tenuta, ma non farei mai del male a te e non danneggerei volontariamente la tua azienda. Rispetto il tuo lavoro in questo campo, come spero che tu rispetta il mio”. La sua voce era bassa, roca e carezzevole all’orecchio e Bella sospirò sconfitta.

 

Gli credeva. Credeva a tutto quello che le aveva detto e questo non aveva nulla a che fare con l’irrequietezza che la sua vicinanza le causava in quel momento.

“Va bene” cedette “Cerchiamo di capire cosa vuole tuo zio, poi verrai con me a Boston e sistemerai il problema dei sistemi informatici”.

“Mi vuoi ricattare? Guarda che non ho intenzione di finire in prigione per quello” indicò lo schermo che continuava a danzare sotto i loro occhi “E tu non puoi dimostrare niente. Come ti ho detto, sono bravo a far scomparire le mie tracce”.

“Stupido. Ti sto offrendo un lavoro. Limitato a questo problema o a tempo indeterminato, questo lo deciderai tu. Carta bianca e tutto il settore a tua disposizione. Budget illimitato, stipendio adeguato” sciorinò la presidente delle Industrie Explosion, nuovamente nel suo ruolo di leader.

Edward boccheggiò un attimo e il suo sguardo si illuminò come quello di un bambino davanti al giocattolo tanto desiderato, poi tornò serio. “Non posso andarmene, almeno sino a quando la tenuta sarà al sicuro e potrò lasciare il comando a Jasper” sospirò.

“Pensaci intanto” sussurrò Bella appoggiando poi la testa sulla spalla del ragazzo.

 

In pochi istanti si sentì avvolgere dalle braccia di Edward, mentre le sue labbra veniva coperte da quelle di lui per un bacio famelico. “Ci penserò” bisbigliò un attimo, staccandosi dal suo viso per poi rituffarsi su quella bocca rosea e morbida che lo stava eccitando di nuovo.

La mente di Isabella sembrava vuota, non sentiva nulla al di fuori delle labbra e delle mani di Edward. Le sensazioni di calore che le stavano scatenando la lasciavano senza fiato e quando sentì le dita infilarsi al di sotto del topo che indossava, per poi risalire lente verso il seno, si sentì bollente di anticipazione sul piacere che avrebbe provato da lì a poco.

Perché ormai lo sapeva, stare con Edward sarebbe stato fantastico ed indimenticabile.

 

Erano ancora ansimanti, quando le labbra di lui si spostarono sul suo collo e… il trillo proveniente dal computer, squillò interrompendoli spaventati.

 

“Che succede?” strillò Bella, più spaventata per l’intensità di quello che stava provando, piuttosto che per l’interruzione brusca.

“Non ne ho idea” rispose Edward correndo al computer e cominciando a schiacciare tasti ad una velocità impressionante.

Isabella si avvicinò incuriosita e lui iniziò a parlare. “Sembra che Cosmo abbia fatto un nuovo tentativo. Però ci deve essere qualcuno in gamba nei tuoi uffici perché non ci sono stati problemi questa volta”. Si rialzò soddisfatto e si sorrisero.

Forse potevano lasciare stare il freddo mondo informatico e dedicarsi a quello più caldo che stavano esplorando poco prima.

 

Ma restava sempre il problema di Phil.

“Cosa credi che dovremo fare adesso con tuo zio?” chiese Isabella.

“Cercherò ancora qualche cosa… adesso scendiamo, prima che vengano a cercarci. Se rimango ancora con te, rischio di non riuscire a tenere le mani ferme e non è il momento” ammise imbarazzato Edward.

“A me non dispiacerebbe” rispose Bella sospirando “Però hai ragione. Non è il momento… ma presto” promise poi in un sussurro complice.

Uscirono sorridendo e con le mani intrecciate, scesero la grande scala per giungere al piano terra, dove sentirono delle voci concitate provenienti dallo studio di Carlisle.

Il padre di Edward non poteva presenziare alla vendemmia, visto lo stato nel quale versava la sua salute.

Si guardarono stupiti quando riconobbero la voce di Phil. Che ci faceva alla tenuta?

 

“Carlisle! Non hai fatto niente da quattro anni a questa parte! Non ti darò nemmeno una fetta della torta. Il bottino sarà solo mio! Sono io che mi sono fatto il culo… ho costruito le prove, ho lavorato nell’ombra… e tu cosa hai fatto? Sei stato qui a trastullarti sulla sedia a rotelle a farti scorrazzare dal quella stupida di mia sorella”

“Io non ho fatto niente? E chi ha provveduto a incidere il tubo del carburante dell’aereo dove volavano gli Swan? Tu per caso? Se non sbaglio eri in galera in quel periodo… a Parigi se non ricordo male”.

 

Edward e Isabella si guardarono ancora sconvolti, trattenendo il fiato per quanto avevano sentito.

 

“E tu hai pensato bene di farti avere un attacco di cuore. Comodo essere costretto su una sedia a rotelle. Nessuno ti ha collegato all’incidente… nessuno si è accorto del meccanico che passava nell’hangar. E nessuno può rintracciarti ed incolparti di qualche cosa. È stato un incidente. Adesso dimentica tutto e lasciami incassare il denaro che potrò spremere dalla mia ‘figlioletta’ ritrovata”. Si sentiva il tono malefico della voce di Phil e Bella si strinse le braccia per il freddo che le entrava in petto nel sentire questa cattiveria.

“Io ti ho spianato la strada e ti aiuterò ad eliminare la piccola Swan. Tu mi darai il cinquanta per cento dell’eredità e non dovremo più incontrarci per il resto della vita” ribatté Carlisle.

“Non ci penso nemmeno. Io sarò quello sotto i riflettori, sospettato di tutto. Dovrò studiare attentamente un piano e tu sei totalmente inaffidabile” sibilò Phil, per poi scoppiare a ridere “Ritira quel ferro, non ti serve a nulla e ci perderesti solo tu”.

 

Edward fremeva accanto a Bella. Suo padre e suo zio erano dei delinquenti, degli assassini. Gli veniva la nausea.

 

“Cosa hai intenzione di fare con la ragazza?”

“Ho già manomesso la centralina elettronica della jeep di Renée. Tutti quelli che sono sopra quell’auto moriranno prima di arrivare a Sonoma e sembrerà un vero incidente. Niente sangue, niente sporco. Ne uscirò pulito come un neonato e piangerò la mia carissima ex moglie e la mia figlioletta appena ritrovata. Credo che creperà anche quel antipatico di avvocato se sono fortunato, così non ci saranno più ostacoli”.

 

Appena l’eco di quelle parole si spensero nell’aria, Isabella scattò in piedi e corse verso lo studio spalancando la porta socchiusa. “Maledetti!” urlò avvicinandosi velocemente verso Carlisle.

Edward, dopo un attimo di sorpresa, scattò a sua volta, cercando di trattenere la ragazza che invece era già entrata nella stanza. E appena varcò la porta non poté far altro che urlare il suo nome mentre vedeva suo padre sparare contro Bella.

 

Isabella si sentì colpire al petto. Un dolore atroce e un urlo furono le uniche cose che percepì prima di cadere in un pozzo buio senza fine.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

Carissimi, eccoci alla fine del capitolo.

Colpo di scena? Spero di avervi sorpreso ancora una volta.

Questa storia doveva essere solo una romantica e un esercizio stilistico e si è trasformata in una work in progress e una sfida con me stessa.

 

Vi faccio un ultimo annuncio: il prossimo capitolo sarà… l’epilogo.

Da non crederci vero?

Però sapete che io sono fissata con il 5 e i suoi multipli e questa storia è arrivata al suo capolinea (per stanchezza, ispirazione e bandiera bianca).

Pertanto trovo che non convenga trascinarla ma lasciare un buon epilogo corposo dove tutti i nodi vengano al pettine.

In fin dei conti ho annodato parecchio qui dentro… non trovate?

 

Fatemi sapere quel che ne pensate.

Grazie per l’attenzione.

Alla prossima puntata.

baciotti

  
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