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Autore: vampiredrug    13/09/2014    20 recensioni
La storia è (molto) liberamente tratta dall'omonimo film del 2003.
Castiel è un giovane redattore in una rivista per ragazze, Dean un brillante e fascinoso pubblicitario all'interno di una grande agenzia. Si incontreranno per motivi esclusivamente lavorativi (il primo ha solo dieci giorni per scrivere un importante articolo, l'altro deve vincere una scommessa ad ogni costo) ben decisi a non farsi coinvolgere, ma i sentimenti ci metteranno lo zampino...
- Dean Winchester. - disse infine, tendendo la mano a Castiel.
- Affascinante…- mormorò quest’ultimo, stringendola brevemente e osservandolo con la testa inclinata da un lato, studiandolo.
- Bè… grazie. - disse Dean, compiaciuto, con il sorriso di chi è assuefatto a complimenti del genere.
- Intendevo il cognome. - specificò Castiel con un piccolo ghigno malefico, sgretolando quel sorriso - Castiel Novak.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Balthazar, Castiel, Dean Winchester, Gabriel
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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11. STICKY SWEET [1]
 
 
“Is it true what they say,

Are we too blind to find a way?

Fear of the unknown clouds our hearts today.

Come into my world,

See through my eyes.

Try to understand,

Don’t want to lose what we have
We’ve been dreaming

But who can deny,

It’s the best way of living

Between the truth and the lies…”
 
(Within temptation - See who I am)
 
 
 
 
GIORNO CINQUE, redazione di Grace, ore 8.42
 
 
 
Il mattino seguente Balthazar, arrivando in ufficio col suo solito cappuccino da asporto, si stupì non poco nel trovare Castiel già al proprio posto, chino sul computer e intento a pestare sulla tastiera come se ce l’avesse con l’intero pianeta.
 
Dirottando la propria traiettoria raggiunse il cubicolo dell’amico, appoggiandosi alla sua scrivania e prendendo placidamente un sorso dal bicchiere di Starbucks.
 
- Ehi Cassy! - salutò allegro - Che ci fai qui in anticipo? Hai dormito in ufficio? -
 
Castiel rialzò gli occhi dal monitor, mostrando la faccia di uno che non solo non aveva dormito in ufficio, ma che non aveva dormito per niente.
 
- Ciao Balth. - salutò senza calore.
 
L’altro scrutò preoccupato gli occhi arrossati e stanchi, il colorito cereo e i capelli più sconvolti che mai.
 
- Ma… cosa diavolo ti è successo? Sembri uno che è stato masticato, risputato e poi schiacciato da un tir, giusto per sicurezza. -
 
Il più giovane si strinse nelle spalle abbassando lo sguardo, apparentemente incurante delle proprie condizioni o di qualsiasi altra cosa.
 
- Credo… credo di avercela fatta. - mormorò cercando di abbozzare un sorriso convincente ma fallendo miseramente - Con Dean. - specificò poi a titolo del tutto gratuito, come se a Balthazar non fosse bastato uno sguardo per farsi un quadro piuttosto dettagliato della situazione.
 
- Lui ti ha…? - chiese, lasciando in sospeso la frase.
 
- Mollato? - concluse per lui Castiel.
 
- Veramente… io intendevo “mandato affanculo”, ma sì, il concetto è quello.
 
- No, non proprio… ma non credo che lo rivedrò più. Mai più. - mormorò il redattore a voce sempre più bassa.
 
- Quindi in pratica mi stai dicendo che il tuo articolo sarà un successo, giusto? Mi pareva! Effettivamente, avrei dovuto intuirlo dal tuo incontenibile entusiasmo… - commentò l’amico, senza nemmeno tentare di celare il sarcasmo, che l’altro non parve comunque cogliere.
 
- Bè, in realtà… non so se si possa parlare di successo, avrei dovuto passare altri cinque giorni con lui… non so se potrò scrivere l’articolo. - specificò Castiel, sconsolato.
 
Balthazar scosse il capo. La situazione era peggiore di quanto avesse inizialmente sospettato.
 
- No Cassy, in realtà, avresti voluto passare altri cinque giorni con lui. - insinuò, pungente, in attesa d’una reazione da parte del collega che confermasse le sue teorie.
 
Castiel invece non sembrò essere intenzionato a collaborare, fingendo di non capire.
 
- Che intendi dire? -
 
- Intendo dire, pulcino, che in questi cinque giorni hai accumulato la quantità media di follia e incoerenza che una donna riversa su un uomo in cinque anni. Non è certo il materiale per l’articolo che ti manca… ti manca Dean. - replicò Balthazar, spazientito e per nulla intimorito dallo sguardo poco amichevole con cui l’altro lo stava fissando.
 
Prima che Castiel avesse modo di suggerirgli l’uso creativo che poteva fare delle sue opinioni non richieste, però, il cellulare posato sulla scrivania cominciò a vibrare, diffondendo nell’ufficio ancora deserto le note di “Sweet Cherry Pie” [2] e facendo defluire il sangue dal suo volto già pallido.
 
- Che suoneria di classe… - commentò Balthazar.
 
- È… è Dean. - mormorò con un filo di voce, fissando il telefono come se fosse una bomba.
 
- Appunto. -
 
- Che cosa… cosa vorrà? - domandò allarmato Castiel, osservando alternativamente Balthazar e il cellulare, che non aveva alcuna intenzione di smettere di squillare.
 
- Probabilmente notificarti che è stata emessa un’ordinanza restrittiva nei tuoi confronti, ma ti suggerirei di rispondere prima che riattacchi. -
 
Castiel ubbidì, riluttante, stringendo il telefono con le mani tremanti e accettando la chiamata.

- … Dean? - mormorò dopo una breve esitazione.


Dall’altro capo della linea giunse una voce perfettamente tranquilla.
 
- Ehi, Cass. Disturbo? -

- No? Cioè, ehm, no. Cosa c’è, Dean? È  successo qualcosa? - chiese l’altro, sulle spine.
 
- No, perché? - replicò l’altro, serafico - Avevo solo voglia di sentire la tua voce. Ieri sera sei scappato via talmente in fretta da non lasciarmi neppure il tempo di salutarti, perciò… buongiorno. -
 
 ‘Ok, chiaramente Dean soffre di amnesia selettiva. Oppure quando me ne sono andato è scivolato giù dal divano, ha battuto la testa fortissimo e ora ha un trauma cranico da record.’
 
- B-buongiorno a te… immagino. - balbettò incerto, in tono vagamente interrogativo.
 
- Sei in ufficio? Sono appena passato da casa tua a portarti un paio di ciambelle ma il tuo portiere mi ha detto che sei uscito prestissimo, hai molto lavoro da sbrigare? -
 
- Io… sì, sì. Lavoro. Tanto. Tantissimo lavoro. Sei… sei davvero passato da casa mia? -
 
- Uhmmmm… sì, denunciami. Confesso, però, che le mie intenzioni non erano del tutto disinteressate… - ridacchiò Dean - In realtà speravo di scroccare il bacio del buongiorno… mi mancano le tue labbra su di me. - mormorò a in tono caldo dopo una breve pausa, sbriciolando un paio di neuroni al povero Castiel.
 
- Mi… mi dispiace di non esserci stato, uh, zucchino. - farfugliò il redattore, cercando di riprendere un minimo controllo della situazione, o quantomeno del proprio cervello in frantumi, anche se disorientato dalla piega surreale di quella conversazione.
 
- Colpa mia, avrei dovuto chiamare prima ma – ehi! – mi conosci, sono un ottimista! Magari ci si vede più tardi, mh? - replicò Dean in tono conciliante.
 
- Sì… ehm, i-immagino di sì. A dopo, Dean. - si congedò debolmente Castiel, sempre più confuso, chiudendo la chiamata e scuotendo lentamente il capo.
 
Balthazar gli rivolse un’occhiata piuttosto eloquente, sollecitandolo a vuotare il sacco.


- Allora? Si può sapere cos’è successo? -
 
- Lui… non ha… cioè, questo è… questo… è un miracolo di Natale, Balth. - mormorò il redattore fissando il vuoto con occhi leggermente vitrei.
 
- Siamo in giugno, Cassy. - replicò l’altro, asciutto.
 
- Lo so. Ma Babbo Natale mi vuole bene. - asserì Castiel in tono convinto.
 
- Cosa diavolo stai blaterando? Mi vuoi raccontare cosa ti ha detto Dean? Lasciami indovinare… ti ha perdonato? -
 
- Peggio. - specificò il più giovane in tono funereo - Non si è nemmeno arrabbiato. È come se per lui non fosse accaduto nulla! Se non lo conoscessi, comincerei a pensare che sia un po’ tonto. -
 
- Quello potevo dirtelo anch’io. - commentò caustico Balthazar, esaminandosi le unghie con noncuranza.
 
- E perché, scusa? - chiese Castiel con sincero candore, esasperando l’espressione dell’altro, che rivolse uno sguardo plateale al soffitto.
 
- Oh, andiamo! Uno che dopo quattro uscite non prova nemmeno a scoparti dev’essere tonto per forza! - esclamò.
 
- Balth! - lo zittì Castiel, arrossendo scandalizzato, guardandosi freneticamente attorno.
 
Per sua fortuna l’ufficio era ancora deserto, fatta eccezione per loro due.
 
- Dai Cassy, nemmeno tu puoi essere tanto ingenuo… è un uomo, mica una novizia appena uscita dal convento! E poi, anche se non nutro alcun interesse per ciò che hai da offrire, sono consapevole di che razza di bocconcino tu sia… per chi apprezza l’articolo, almeno. Se fossi etero probabilmente ti saresti già fatto tutte le donne dell’ufficio… o meglio, loro si sarebbero già fatte te, a giudicare da come ti guardano. -
 
- Non è affatto vero! - ribatté Castiel, offeso - Le ragazze mi vogliono bene! -
 
- Sicuramente … - concesse Balthazar con un ghigno perfido - … Ma te ne vorrebbero molto di più dall’interno delle tue mutande. -
 
- Ti odio Balth. - mugugnò l’altro in tono risentito, fissando il collega con aria truce, fermamente intenzionato a non dargli ulteriore spago.
 
- Senti, non puoi pretendere di portare in giro impunemente quegli occhioni blu, quelle labbra, quei tuoi assurdi capelli da letto e pensare che le persone non ti notino… - spiegò l’amico con un sospiro stanco, passandosi una mano fra le ciocche color sabbia.
 
- Ma che… che dici? -
 
- Dico che sei bello, Cassy. Segui il labiale. Bello. Non carino, non attraente, non “un tipo”. Inequivocabilmente e spudoratamente bello. Hai questa specie di… fascino arruffato da cucciolo, l’unico a non notarlo sei tu. Hai una percezione tutta tua di ciò che ti sta intorno, e con “tutta tua” intendo completamente distorta, proprio per questo sono pronto a scommettere che quello che hai fatto ieri sera, quello che consideri un comportamento raccapricciante, di sicuro sarà stato a malapena sopra le righe. E da questo si desume il perché Dean ti ha richiamato. Probabilmente per lui è ordinaria amministrazione. -
 
- Ma… - provò ad intromettersi Castiel.
 
- No, Cassy, ascoltami. - lo interruppe l’altro - Devi capire una cosa… -
 
- Balth, no. - lo interruppe a propria volta il più giovane in tono fermo, posandogli una mano sul braccio per ottenere la sua piena attenzione e prendendo un lungo respiro - Lascia che ti spieghi… -
 

 
Quindici minuti dopo, al termine di un imbarazzante riassunto della serata precedente, partito dalla cena e culminato in “Principessa Samantha”, Castiel si stiracchiò sulla poltroncina girevole, allungando le gambe e intrecciando le mani sullo stomaco con aria vagamente soddisfatta.
 
Era stato piuttosto liberatorio raccontare tutto a Balthazar.
 
Bè… quasi tutto.

- Allora? Che dici? Mi sono comportato come un sociopatico oppure è la mia “percezione distorta delle cose”? - domandò, mimando il gesto delle virgolette con le dita.
 
Balthazar tacque per un po’, serio, apparentemente riflettendo.
 
- Chi credi di prendere in giro, pulcino? - chiese quindi, scettico.
 
- Eh? -
 
- Non penserai sul serio che mi beva una balla del genere? -
 
- Ma… ma non è una balla! - replicò Castiel sulla difensiva - E tu non penserai davvero che potrei inventare una cosa tanto umiliante? -
 
- Correggimi se sbaglio, Cassy, perché non posso aver davvero capito bene… eri in ginocchio fra le sue gambe e quell’idiota ti ha fermato mentre stavi per fargli un POMPINO? - sbottò dopo un po’, trapassando il collega con lo sguardo in cerca di un qualsiasi segno di cedimento, mentre la sua voce saliva man mano di tono fino a raggiungere gli ultrasuoni.
 
- Maledizione Balth! Potresti urlare un po’ più forte? Nel palazzo di fronte non hanno sentito! - ringhiò l’altro.
 
- Oh, ma per favore! Se anche avessero sentito, la penserebbero come me! - replicò Balthazar, irritato oltre i livelli di guardia - Se realmente è andata come dici, e francamente stento a crederci, la soluzione è una sola. -
 
- Ovvero? -
 
- Deve avercelo microscopico. - sentenziò con aria saccente.
 
- Finiscila! - sbottò Castiel, visibilmente risentito - Ti garantisco che, da quel poco che ho visto, non c’era proprio niente di piccolo, là sotto… -
 
L’altro ridacchiò, di fronte al fervore con cui l’amico difendeva l’onore di MiniDean.
 
- Allora ce l’ha brutto. O storto. Magari ne ha due. - insinuò con un ghigno, solo per il gusto di irritare l’amico.
 
- Balth! -
 
- Va bene, va bene... sto scherzando! - si arrese il maggiore.
 
- E comunque non è questo il problema… -
 
- Problema? Non capisco a che problema ti riferisci, Cassy. -
 
- Scusa, dov’eri negli ultimi venti minuti? Sicuro di aver capito bene tutto quello che gli ho fatto  e soprattutto che gli ho detto? -
 
- Se io avessi labbra come le tue ad un centimetro dal mio uccello, credimi, non farei molto caso a ciò che dici… -
 
Castiel arrossì all’inverosimile, un po’ per l’imbarazzo ma soprattutto per la furia che gli stava letteralmente offuscando il cervello.
 
- Balthazar! Insomma! Vuoi essere serio per un minuto? -
 
- Dio, come sei permaloso… ma certo che ho capito. Io capisco sempre. Ti sei comportato come la più insopportabile stronza del pianeta e lui ti ha richiamato. Amen. E la cosa ridicola è che ti sei limitato semplicemente a leccargli un po’ i capezzoli. Insomma… wow. Devi essere veramente un mago con quella lingua. Potrei essere tentato, Novak… - sogghignò Balthazar ammiccando in direzione dell’amico, che sbuffò esasperato.
 
- Sei disgustoso, Balth. Disgustoso e inopportuno. Tutto qui quello che hai da dire? -
 
- Bé… sì. Voglio dire… stai frequentando un manzo niente male, e senza dover fare niente di degradante per la tua dignità – insomma… quasi – stai ricavando quintali di materiale per l’articolo. In più lui ti ha pure richiamato. In pratica hai appena ricevuto la tua lettera per Hogwarts e invece di fare i salti di gioia e correre a comprare un fottuto gufo, te ne stai a mugugnare definendo tutto questo “un problema”. Lo sai qual è il vero problema, qui? - domandò
 
Il redattore, nel rispondergli seccamente, tradì una certa irritazione.
 
- No che non lo so, Balth. Per quanto ti conosca bene, ancora non ho imparato a leggerti nel pensiero. - blaterò, chiaramente sulla difensiva.
 
- Ok, se preferisci far finta di niente… - commentò l’altro con la tipica aria casuale e “nonpuòfregarmenedimeno” che riusciva ogni volta a colpire nel segno, facendo infuriare Castiel.
 
- Non sto facendo finta di niente, semplicemente non capisco dove vuoi andare a parare! - sbottò infatti quest’ultimo, avvertendo la poca pazienza residua sgretolarsi sotto il peso delle illazioni dell’amico.
 
- Non capisci o hai scelto non capire? - insinuò l’altro - Di sicuro fingere di non esserci cascato con tutte le scarpe è meno doloroso, lo so, ma-
 
- Non so di cosa tu stia parlando. - tagliò corto Castiel, improvvisamente consapevole di stare camminando su un terreno minato e di aver perso ogni traccia di credibilità.
 
Balthazar sospirò, fissandolo intensamente negli occhi per qualche istante, e Castiel poté leggere nel suo sguardo un miscuglio di pena, accusa e sincero affetto.
 
- Dean ti è entrato sotto la pelle, Cassy, che tu voglia ammetterlo o meno. - mormorò in tono conciliante - Non sei mai stato bravo a mentire, men che meno a te stesso… sono consapevole che a questo punto non vorresti perderlo, o dover fare in modo che ti scarichi, e immagino benissimo quanta fatica ti costi non poter essere te stesso quando sei con lui, ma ormai ti sei spinto troppo oltre con questa faccenda… -
 
Il giornalista non smentì né confermò, ma il suo sguardo mesto e imbarazzato parlò per lui.
 
- So esattamente cosa ti frulla in quella testolina in questo momento, amico mio, ma se anche rinunciassi a scrivere l’articolo, oltre a metterti in seri guai con Pamela come giustificheresti a lui il tuo cambio di atteggiamento? Alla meno peggio penserebbe che sei da rinchiudere, mentre se invece dovesse chiedere spiegazioni, e io al posto suo lo farei, cosa potresti raccontargli? Confesseresti tutto? Lo sai come finirebbe, in ogni caso, vero? -
 
L’altro tentennò.
 
- Ma io… magari… - replicò debolmente, senza nemmeno sapere come proseguire, perché Balthazar aveva ragione su tutta la linea.
 
- Andiamo, Cassy… lo sai anche tu in fondo, vero? Qui non si tratta più di scegliere fra perdere il lavoro o perdere Dean, ma fra perdere il lavoro e perdere entrambi. Ormai ti sei esposto troppo, non puoi far altro che stringere i denti e andare avanti, mi dispiace. -
 
Castiel chinò il capo in silenzio, sconfitto dalla logica del collega.
 
- Temo… temo che tu abbia ragione. E io detesto che tu abbia ragione, Balth. Solo in un mondo perverso e malato, tu hai ragione. - borbottò a capo chino, senza essere realmente arrabbiato con l’amico, che non aveva fatto altro se non metterlo di fronte alla cruda realtà.
 
Balthazar strisciò rumorosamente una sedia sul pavimento, sedendosi di fronte al più giovane, che con la testa incassata fra le spalle, i capelli che sparavano da tutte le parti e gli occhi colmi di dispiacere sembrava così… vulnerabile.
 
Si abbassò cercando d’intercettare il suo sguardo, posandogli una mano sul ginocchio per richiamare la sua attenzione.
 
- Cassy, lo sai che non appena avrai mollato Dean dovrai trovarti un altro al massimo entro ventiquattr’ore, vero? - mormorò in tono pacato.
 
- C-cosa? E perché mai? - domandò l’altro, levando su di lui uno sguardo smarrito.
 
Solo l’idea, il pensiero, l’ipotesi di dover dare il benservito a Dean (anzi, di farselo dare, ma la sostanza non cambiava) proprio ora che per qualche strano miracolo gli era stata concessa una seconda opportunità, lo gettava  nel più totale sconforto, figuriamoci la prospettiva di ributtarsi subito nella mischia e dover cercare qualcun altro… lui non voleva qualcun altro, voleva Dean, maledizione!
 
- Lo sai, il perché. - asserì Balthazar, inarcando un sopracciglio e trapassandolo con lo sguardo.
 
- Non è come credi. - affermò flebilmente Castiel, fermamente aggrappato alla propria maschera di disinteresse, anche se ormai era chiaro ad entrambi quanto fosse superfluo continuare con quella ridicola farsa.
 
L’altro annuì, indulgente.
 
- Va bene. Come vuoi. Ma non ti sto rimproverando, Cassy. Sono solo… dispiaciuto. Dopo tanto tempo incontri finalmente qualcuno che ti fa battere il cuore e quel qualcuno è off-limits. È una cosa frustrante, e orribile, lo capisco, ma forse… forse avresti dovuto fermarti quando ancora eri in tempo, non credi? Dovevi inventare una balla, dire a Pamela che Dean era sparito dopo il primo appuntamento, che era entrato nei corpi di pace o che era finito sotto la metro, qualsiasi cosa pur di non continuare con questo stillicidio. Ricordi? Questa storia non mi è piaciuta fin dal primo istante, e non perché io sia buono d’animo e non approvi iniziative del genere, ma perché tu sei una persona troppo ingenua per riuscire a portare a termine un compito simile senza rimanere scottato. Non avrei mai dovuto permetterti d’invischiarti in questa stronzata, mi dispiace tanto… - mormorò, stringendo la presa sul ginocchio del redattore.
 
Anche se Castiel odiava doverlo ammettere, Balthazar aveva detto il vero: in fondo l’unico da biasimare per essersi fatto coinvolgere, prima da Pamela e poi da Dean, invece di mantenere il professionale distacco che la situazione avrebbe richiesto, era lui stesso.
Aveva messo in piedi una complessa trama basata su bugie e falsità, sfruttando Dean per puro opportunismo, credendo con la protervia tipica degli ingenui che da un casino simile fosse davvero possibile uscire indenni… mentre invece stava già soffrendo terribilmente solo immaginando di dover dire addio al ragazzo più fantastico che avesse mai conosciuto.
 
E se lo meritava, oh, se se lo meritava!
Si meritava ben altro.
 
Aveva rinnegato tutti i propri principi per un articolo - uno stupidissimo, frivolo e crudele articolo! - aveva sacrificato la propria integrità professionale e morale per fare carriera e ora si ritrovava con un pugno di mosche… anzi, peggio: con un pezzo che non era emotivamente in grado di portare a termine e un uomo magnifico con la data di scadenza stampata in fronte alla stregua di un cartone del latte.
 
Si era confezionato uno stupido travestimento di menzogne, e ora non poteva far altro che indossarlo ed andare al ballo…
 
- Oddio… cos’ho fatto… sono un’idiota, Balth… - mormorò disperato, arrendendosi all’evidenza e passandosi stancamente le mani tra i capelli con aria sconsolata, scatenando ancor più “l’effetto pulcino” nell’amico che, intenerito, gli batté delicatamente una mano sulla spalla cercando di confortarlo.
 
- Ehi… è per questo che ti ho suggerito di trovarti immediatamente un altro. - spiegò con voce insolitamente dolce, tendendo la mano a Castiel e aiutandolo a rimettersi in piedi - Sai come si dice, no? Chiodo scaccia chiodo… ogni giorno in Africa una gazzella si alza e muore… bah, non me li ricordo mai questi stupidi modi di dire, ma il succo è che per dimenticare dovrai mettere immediatamente della distanza tra te e Dean, e direi che un metro e ottanta, un metro e novanta circa, dovrebbero essere più che sufficienti… - aggiunse quindi con un minuscolo ghigno malizioso, cercando di far sorridere l’amico.
 
- Balth… - mormorò quest’ultimo, gli angoli della bocca appena sollevati in un abbozzo di sorriso.
 
- … Oppure potrebbero bastare anche una ventina di centimetri di-
 
- Smettila! - lo rimproverò Castiel, stavolta ridendo apertamente, colpendo il collega con un pugno scherzoso alla spalla per poi afferrarlo e tirarselo contro, in un abbraccio che valeva più di mille parole.
 
Rimasero aggrappati uno all’altro per qualche istante, poi Balthazar si sciolse dalle braccia dell’amico tossicchiando imbarazzato, chiudendo la questione con qualche goffa pacca sulle spalle.
 
- Andrà tutto bene, Cassy. In qualche modo ne uscirai, ne usciremo, esiste una vita al di là di Dean Winchester, te lo giuro. - dichiarò, sperando che la propria sicurezza, per osmosi, passasse al giovane redattore che in questo momento lo stava osservando con gli occhioni blu colmi di speranza.
 
Castiel annuì docilmente, credendoci con tutte le proprie forze.
 
- Qualunque cosa succeda, io e Gabe siamo qui per te, lo sai. Ora cerca di stare tranquillo e fatti forza per affrontare la serata. Lo farai per me? -
 
Castiel annuì di nuovo e Balthazar gli arruffò ulteriormente i capelli.
 
- Bravo il mio angioletto. -
 
- Scusate… Balth ha deciso di passare al lato gaio della forza o forse uno di voi due sta morendo? - esordì una voce petulante alle loro spalle - Giustificherebbe almeno in parte la disgustosa scenetta a cui sono stato costretto ad assistere… -


Nel voltarsi contemporaneamente in direzione della porta, gli altri due scorsero Gabriel, appoggiato allo stipite e intento a leccare pigramente via la glassa da un cupcake, che li osservava col suo tipico ghigno beffardo.
 
- Saremmo noi quelli  disgustosi? Hai della crema sul colletto. O perlomeno, mi auguro che quella sia crema… - mormorò Castiel, sarcastico.
 
- Uhhhh, come siamo irritabili, principessa! Sei rotolato giù dal letto dalla parte sbagliata stamattina? Mi sono perso qualcosa? - domandò, avvicinandosi e scrutando alternativamente sia gli amici con aria sospettosa, mentre Castiel implorava l’altro di tacere con uno sguardo disperato scuotendo impercettibilmente il capo.
 
Balthazar annuì altrettanto impercettibilmente, facendo tirare al redattore un sospiro di sollievo.
 
- No, non ti sei perso niente, stavo solo dando qualche consiglio sentimentale a Cassy. - minimizzò - Nulla di serio. -
 
- Non sei autorizzato a dare consigli sentimentali, Balth. Per farlo, occorre innanzitutto averceli, dei sentimenti. - commentò acidamente l’altro, stizzito per essere stato evidentemente tenuto all’oscuro di fatti salienti ed escluso da una conversazione che sembrava piuttosto seria - Cassy dai, non puoi davvero accettare consigli da… da questo qui! Non è in grado di gestire una relazione nemmeno col navigatore satellitare della sua auto, una volta ho sentito distintamente la voce preregistrata mandarlo a farsi fottere! Giuro! -
 
- Sempre meglio che credere di avere una profonda e seria relazione con qualsiasi cosa respiri, caro il mio fidanzato seriale! E qui, se c’è qualcuno che sta per essere mandato a farsi fottere, ti assicuro che non sono io… - sibilò Balthazar nel portarsi davanti a Gabriel, ergendosi in tutta la propria altezza e piantandosi le mani sui fianchi nell’osservarlo con fare minaccioso da almeno dieci centimetri di dislivello.
 
Questi affondò un dito al centro del torace dell’amico, pronto a ribattere con una battuta salace, ma notando con la coda dell’occhio Castiel, che li osservava con aria stremata e palesemente incapace di sopportare oltre, ebbe il buon gusto di lasciar perdere, e dopo un eloquente scambio di sguardi con Balthazar si sedette docilmente sul bordo della scrivania del collega, tossicchiando e piluccandosi la giacca coperta di briciole per darsi un tono.
 
- Dunque Cassy… - riprese Balthazar, come nulla fosse successo - … Non prestare attenzione a ciò che dice Gabe, visto il momento delicato, è fondamentale: devi dare retta solo ed esclusivamente all’eminenza grigia del gruppo. -
 
- All’emi-che? - chiese Gabriel, nuovamente offeso.
 
L’altro sollevò gli occhi al cielo, spazientito.
 
- Eminenza. Eminenza grigia. Visto? - sottolineò a beneficio di Castiel, per poi rivolgersi nuovamente a Gabriel - Se non conosci nemmeno il significato di eminenza grigia, non puoi certo rappresentare una fonte attendibile di consigli, Gabe. Non so nemmeno come tu possa avere una rubrica su una rivista a tiratura nazionale, sei praticamente analfabeta! -
 
- L’unica cosa grigia che hai, Balth, sono quei quattro peli che ti crescono sulla testa e che ti ostini a tingere per sembrare più giovane! - replicò sprezzante Gabriel - Biondo naturale dei miei stivali… -
 
- Come osi, nano diabetico? - sbottò l’altro, punto sul vivo.
 
- Ha parlato Capitan Perossido… - commentò impassibile il collega, ridacchiando sotto i baffi.
 
Ma proprio mentre Balthazar cominciava ad accarezzare l’idea di soffocare l’amico con ciò che restava del cupcake, ficcato in gola a forza, Castiel s’intromise con voce stanca.

- Ragazzi, scusate, per quanto trovi delizioso osservarvi mentre vi ricoprite d’insulti e pianificate il reciproco omicidio, non potremmo tornare a me per un attimo? Ho bisogno d’aiuto, e per mia sfortuna ho solo voi due su cui poter contare, cosa che già di per sé è una tragedia. Cosa. Devo. Fare. Con. Dean. Ditemelo, ditemelo adesso, vi prego, perché francamente sono esausto e a corto di idee… -
 
Entrambi gli amici chinarono il capo in silenzio con aria colpevole, come bambini turbolenti rimproverati dall’insegnante.
Balthazar aggrottò la fronte, apparentemente immerso in una riflessione particolarmente complessa, illuminandosi dopo qualche istante.
 
- Responsabilità. - dichiarò con enfasi, mentre gli altri due scambiavano sguardi dubbiosi.
 
- Un po’ criptico, non ti pare? - mormorò il redattore, poco propenso a giocare agli indovinelli.
 
- Cos’è che in genere fa scappare un uomo? -
 
I colleghi lo guardarono come se fosse un idiota.
 
- Se lo sapessi, non sarei in questa situazione. - replicò asciutto Castiel.
 
- E io non ne ho idea, in genere sono le donne che scappano da me. - aggiunse Gabe.
 
- Ok. - borbottò l’altro, esasperato - Rendiamo la cosa più semplice. Cos’è che fa scappare me? -
 
- Uhm… - mormorò Gabriel, fingendo di pensarci su - Lo spauracchio di un impegno duraturo, le dichiarazioni d’amore, le presunte gravidanze, le calze con le scarpe aperte, l’arrivo dei genitori di lei in città, i regali fatti in casa, la cellulite. Che altro… - sogghignò, prendendosi una rivincita e incitando con lo sguardo Castiel a fare lo stesso.
 
- La biancheria. - suggerì il redattore, osservando di sottecchi gli occhi di Balthazar ridursi a due fessure cariche d’odio.
 
- Giussssto! La biancheria non coordinata, la passione per Celine Dion, l’uso improprio del congiuntivo, gli sbaffi di mascara sulle tue lenzuola da trecento dollari, la proposta di trascorrere insieme il Natale, i vezzeggiativi… il pudore… dimentico qualcosa? - domandò con aria ingenua, alzando e abbassando ripetutamente le sopracciglia mentre Castiel compiva sforzi sovrumani per non mettersi a sghignazzare.
 
- Ridete, ridete… - mugugnò Balthazar - Almeno, io, ho le idee ben chiare su quello che mi piace e su ciò che voglio in un rapporto. Chi di voi due può dire lo stesso? - insinuò, notando Castiel rabbuiarsi di nuovo ed affrettandosi a cambiare discorso, pentendosi immediatamente delle proprie parole indelicate - E comunque non siamo qui per parlare di me, ma vedo che non siete per niente ricettivi… il succo del mio discorso è che, per indurre alla fuga Dean, visto che il ragazzo si è rivelato un osso duro, l’unica cosa che resta da fare è metterlo di fronte a delle responsabilità. Delle vere responsabilità. E con “vere”, intendo dire “rifilargli un essere vivente”. -
 
Castiel lo squadrò con espressione nervosa, inclinando il capo come ogni volta che non capiva qualcosa.
 
- Dimmi… dimmi che non mi stai suggerendo di andare a rapire un bambino a Central Park… -
 
Balthazar liquidò l’ipotesi con un cenno della mano.
 
- Non essere drammatico Cassy! Basterà molto meno, ricorreremo al bambino solo come ultima spiaggia. - dichiarò imperturbabile, senza per questo risultare granché rassicurante - Tu non preoccuparti, ci penso io, conosco un negozietto… -

- Ah, no. NO. - dichiarò categorico l’altro, sollevando entrambe le mani, come a voler respingere anche fisicamente l’idea - L’ultima volta che mi hai detto “accompagnami a fare shopping, conosco un negozietto…” siamo finiti in un seminterrato raccapricciante in una zona della città non segnata sulle mappe, dove vendevano le cose più disturbanti che abbia mai visto! -


- Ehi! Non parlare così del mio sexy-shop preferito! - ribatté l’altro, risentito - In ogni caso intendevo un altro tipo di negozio, nulla d’illegale, è anche qui vicino, se Glicemia ci copre con Pamela possiamo andare e tornare in un batter d’occhio. - propose, accennando a Gabriel, che per tutta risposta gli mostrò elegantemente il dito medio.
 
- Ok... suppongo… suppongo di non avere altra scelta… - sospirò stancamente Castiel dopo qualche istante d’esitazione, afferrando il trench dallo schienale della propria sedia ed avviandosi con aria rassegnata verso la porta - Ci vediamo dopo, Gabe. -
 

 
Mentre Castiel, troppo stanco e demoralizzato per opporsi, abbandonava definitivamente la strada della normalità sotto l’esperta guida di Balthazar (che una volta arrivati al fantomatico negozietto si dimostrò insistente e persuasivo come il leader di una setta) Dean, nel proprio appartamento in preda ad un lacunoso doposbronza e in mostruoso ritardo, stava facendo una fatica d’inferno anche solo per trovare la strada che dal divano portava al bagno.
Già, perché a differenza del redattore, che non era riuscito a prender sonno divorato da dispiacere e senso di colpa, il pubblicitario non aveva chiuso occhio roso dal sospetto.

Intuito e tenacia non avevano mai difettato in Dean Winchester, e l’avevano spesso fatto primeggiare in campo lavorativo, ma ora il primo gli urlava a gran voce di darsela a gambe prima che Castiel sbroccasse del tutto… e anche la seconda cominciava a dare segni di cedimento.
Dopo la plateale uscita di scena del giornalista, che aveva lasciato Dean in uno stato di stupefatta confusione, quest’ultimo aveva passato quasi due ore arrovellandosi per cercare di dare un senso logico ai repentini cambi d’umore e d’atteggiamento dell’altro, senza per questo arrivare ad una conclusione anche solo vagamente plausibile.
 
Poi, in un evidente raptus autodistruttivo e consapevole che ormai il suo sonno di bellezza era bello che andato, aveva afferrato il telecomando e una bottiglia di whisky: tanto valeva sfruttare quelle ore insonni e recuperare gli episodi di Dottor Sexy M. D. che si era perso, giusto?
 
Giusto.
 
Ma dovrebbe esistere tipo una qualche legge federale a regolamentare la visione compulsiva di mediocri medical-drama abbinata ad alcol e pene d’amore, perché dopo tre ore filate di repliche, mezza bottiglia di Jack, una serie impressionante di teorie cospiratorie e prima di perdere i sensi, le certezze esistenziali di Dean Winchester si erano ridotte a tre:
 
1) Si sarebbe fatto indiscriminatamente buona parte del cast.
2) La causa di ogni male è il lupus .
3) Nulla è come sembra.
 
E quest’ultimo punto, in particolare, sembrava adattarsi perfettamente a Castiel, rimuginò per l’ennesima volta il mattino seguente dopo essersi rapidamente sciacquato, sommariamente sbarbato e vestito alla bell’e meglio, mentre rompeva tre uova nel bicchiere del frullatore e ci versava sopra vodka, latte, sale e salsa Worcestershire [4] cercando di non vomitare.
 
Normalmente in quelle condizioni si sarebbe dato malato, ma nel pomeriggio era prevista la seconda riunione con Crowley a proposito della campagna Harvelle, e non aveva modo di esimersi dall’incombenza.
Per prima cosa perché detestava non avere il pieno controllo della situazione, ma soprattutto perché era quasi certo che, se fosse mancato, poi avrebbe dovuto rimuovere personalmente i resti di Chuck e Garth rimasti incastrati tra le fauci di Ruby e Bela, e sinceramente con la sua dose quotidiana di nausea era già a posto, grazie.
 
Una volta pronto, il bibitone antisbronza “ricetta segreta di zio Bobby” venne travasato in un piccolo thermos che Dean si ficcò sottobraccio prima di uscire di casa in fretta, arraffando al volo le chiavi della moto e meditando di fare una piccola sosta strategica lungo la strada.
 
Lungo la strada si fermò da Missouri a comprare qualche ciambella con l’intenzione di portarla a Castiel, ma una volta giunto al suo palazzo apprese con inaspettato sollievo che il redattore quel mattino era uscito all’alba, o almeno così sosteneva il suo portiere. Felice di poter posticipare l’imbarazzante faccia a faccia di qualche ora, fece comunque una telefonata tattica, giusto per confermare il proprio status di principe azzurro premuroso e tollerante, quindi inforcò nuovamente la moto e filò in ufficio.
 
Il suo arrivo alla King, con quello che ormai non era più ritardo ma quasi ferie, non passò inosservato agli occhi di Chuck, che notatolo passare di soppiatto in corridoio si alzò immediatamente dalla propria scrivania per sgattaiolargli dietro.
 
- Dean! Ma dov’eri finito? - sbottò non appena messo piede nell’ufficio del collega - Non ricordi che oggi c’è la presentazione? Garth si stava facendo venire un attacco di panico, pensava che ci avessi mollati col culo per terra, ho dovuto farlo respirare in una busta… e credo che prima sia anche andato in bagno a vomitare! -
 
- Buongiorno anche a te, Chuck. - mormorò Dean, assorto, come se non lo stesse realmente ascoltando, mentre con estrema calma versava l’intruglio antisbornia in un bicchiere e ne prendeva una bella sorsata, accompagnata da una manciata delle aspirine che teneva nel cassetto della scrivania.
 
Lo sguardo di Chuck cadde sulla brodaglia dal colore sospetto.
 
- Che… che cos’è quella roba? - chiese disgustato, momentaneamente distratto dal nocciolo della questione.
 
Dean abbassò lo sguardo, trattenendo un sorrisetto.
 
- Fidati, non vuoi saperlo davvero. -
 
- E poi, Dean… che hai combinato, amico? Hai un aspetto di merda e… fattelo dire, sembri uno che si è buttato nell’armadio al buio, coperto di colla. - osservò in tono preoccupato, notando il colorito malaticcio e l’azzardato abbinamento giacca verde/camicia bordeaux/jeans blu che aveva preso il posto della studiata trasandatezza vintage sfoggiata in genere dal collega.
 
- Non vuoi sapere neanche questo… - sospirò Dean, passandosi nervosamente una mano sulla nuca e perdendo un poco del proprio distacco.
 
- Castiel? - chiese l’altro, in un barlume d’intuizione - Davvero? È stato Castiel a ridurti così? -
 
- … Più o meno. Ieri sera è stato… uhm… complicato. -
 
‘Per non dire surreale e letale per la mia autostima.’
 
- Dean, ma cosa… cosa stai facendo? Ci conosciamo da quanto, sette anni? E in tutto questo tempo non credo di averti mai visto in queste condizioni… non è da te! -
 
- Lo so, Chuck, lo so. - ribadì l’amico con un sospiro sfinito - Lui… mi sta mandando al manicomio! - sbottò esasperato, sbattendo debolmente un pugno sulla scrivania.
 
- Sì ma… come? -
 
- Non lo so… - borbottò Dean in tono lamentoso - Un momento è la creatura più brillante, simpatica e attraente del pianeta, quello successivo il più dispotico e inquietante  pazzoide che io abbia mai conosciuto. Stare con lui è come… come giocare alla roulette russa. Con una pistola caricata a stronzate. A volte è come se stesse… recitando una parte. Lo so che sembra assurdo, ma io sento che non è quello il vero Castiel. L’unico momento in cui sembra essere davvero se stesso è quando… - mormorò, interrompendosi bruscamente nel rendersi conto di aver pensato ad alta voce.
 
- Quando cosa? - lo spronò a continuare Chuck.
 
- … Quando noi… ecco… ci… baciamo. - ammise Dean a bassa voce, arrossendo un po’.
 
- … Ah. - commentò l’altro, cercando di assimilare rapidamente la notizia e di restare impassibile - Quindi voi… ehm… cioè voi… fate roba? - chiese, senza voler realmente conoscere la risposta. Perché un conto è sospettare, un altro è sapere, che cavolo.
 
Dean rialzò la testa, fissandolo stranito - R-roba? No, no, niente… niente roba. Lui non… insomma, no. Non fino ad ora. -
 
- Capisco. Credo. - borbottò l’altro, annuendo sollevato, mentre il collega appariva sempre più a disagio.
 
Insomma, anche se Dean non aveva alcun problema a venire a patti con la propria sessualità e non l’aveva mai negata, parlare di sentimenti e… Cristo Santissimo, baci… in questo modo con un altro uomo era tutt’altro discorso! Per un istante gli sembrò quasi di essere catapultato indietro nel tempo fino ad una sera della propria travagliata adolescenza quando, seduto sotto il portico col fratello che insisteva per fargli “esternare le proprie emozioni”, aveva provato a spiegargli le proprie inclinazioni un po’ più elastiche della media.
 
E – Gesù! – era spaventoso esattamente come allora.
 
Ma prima che uno di loro potesse dire qualcos’altro, rendendo la situazione ancor più imbarazzante, la testa di Garth sbucò dal corridoio, annusando platealmente l’aria.


- È odore di ciambelle, quello che sento? - domandò, entrando e continuando a fiutare come un setter fino ad individuare la scatola con i dolci originariamente indirizzati a Castiel posata sulla scrivania di Dean.
 
- Uh? Sì, sì. - mormorò questi, grato di quella tempestiva interruzione - Serviti pure… -
 
Il collega non se lo fece ripetere due volte e, aperta la scatola con l’entusiasmo d’un bulimico, scelse una ciambella ricoperta da una tale quantità di glassa e zuccherini che avrebbe tramortito persino Gabriel.

- A’hora… - farfugliò a bocca piena - ‘Hom’è ndaha ‘heri fera? -
 
Dean scambiò uno sguardo elusivo con Chuck, prima di rispondere.
 
- Ieri… sera? Uhm, dai, prendi le ciambelle e andiamo al pensatoio, parleremo lì, ho… ho bisogno di concentrarmi per la riunione di oggi! - sentenziò, scattando in piedi forse con un po’ troppa foga e uscendo a testa bassa dall’ufficio, seguito da un perplesso Garth e un rassegnato Chuck.
 
“Il pensatoio”, altro non era che una piccola e accogliente sala relax dotata di ogni confort, in cui Crowley aveva fatto mettere persino un bersaglio per le freccette e un biliardo, naturalmente non per il proprio buon cuore ma perché sapeva benissimo che degli impiegati felici lavorano meglio e di più… infatti, molte delle campagne vincenti di Dean erano state ideate tra una buca e l’altra, con una birra gelata poggiata sul bordo di mogano scuro.
Effettivamente, non fosse stata mattina e non avesse avuto ancora la nausea, Dean si sarebbe fatto volentieri un goccetto mentre si piegava sul tavolo verde e spaccava il triangolo di biglie colorate con un gesto fluido, rilassando le spalle contratte e distogliendo la mente per qualche istante da Castiel, concentrandosi invece su angoli acuti e traiettorie geometriche.
Mentre con precisione millimetrica imbucava una palla dopo l’altra, sotto lo sguardo ammirato degli amici e quello rapace delle segretarie che gli guardavano il sedere al di là delle veneziane socchiuse, riassunse brevemente la disfatta della serata precedente, glissando su Principessa Samantha e su tutto ciò che di sessuale era accaduto fra lui e Cass.
Era già abbastanza umiliante la versione edulcorata della faccenda, grazie mille.
 
- Wow…- mormorò Garth, impressionato, alla fine del racconto - Credo che questa sia stata la tua Waterloo, eh Dean? Immagino tu non sia abituato a fallimenti del genere, anche se… insomma, è un bene che Castiel sia così ritroso, giusto? In pratica sta facendo il tuo gioco! -
 
- Sì, bè… più o meno. - si lasciò sfuggire l’altro a denti stretti, senza mascherare il risentimento, risvegliando la curiosità dell’amico.
 
- Cosa? - chiese, infatti, con una luce sospettosa nello sguardo.
 
- Cosa. - replicò freddamente Dean mentre Chuck, in un angolo, non visto, si ficcava le mani tra i capelli. Dean stava perdendo colpi. Quella storia non poteva finire bene.
 
- Non mi spiego perché te la prenda così, Dean. Capisco che sia uno smacco per il tuo orgoglio, ma in fondo Castiel ti sta spontaneamente evitando di fare cose che assolutamente vorresti non dover fare… o sbaglio? - insinuò Garth, che al pari del collega cominciava a sentire puzza di bruciato in tutta quella faccenda.
 
- M-ma certo! - abbozzò, preso in castagna - Certo… solo che… che mi sta facendo impazzire, ecco! Tu non hai la minima idea, ogni tanto è talmente appiccicoso e volubile e… e pazzo, che sembra un concentrato di tutto ciò che manda fuori dai gangheri un uomo! -
 
Garth ridacchiò e fece per ribattere, ma prima che potesse aprir bocca e suggerire a Dean di non esagerare, una testa arruffata e due occhi blu fecero capolino dalla porta socchiusa della saletta.
 
- Ciao amore! - trillò Castiel con un largo sorriso soddisfatto sul volto, avendo origliato l’ultima parte del discorso.
 
Dean e Chuck impallidirono quasi simultaneamente. Cos’aveva sentito?
 
- C-ciao tesoro… - balbettò Dean, circospetto - Che ci fai qui? -
 
- Oh, sai, mi sentivo così in colpa per non esserci stato stamani, quando sei passato da casa mia, che ho pensato di passare a farti un salutino. - spiegò sorridendo, stringendosi nelle spalle.
 
Rassicurato dal fatto che, a quanto sembrava,  non avesse colto nulla della discussione bruscamente interrotta, Dean si rilassò un poco, appoggiando la stecca al bordo del tavolo e andando incontro al compagno, posandogli una mano sulla spalla e pilotandolo poi in direzione degli amici.

- Cass, ti presento Chuck e Garth, li hai intravisti la volta scorsa ma non te li avevo presentati. Ragazzi, lui è Cass. -
 
Castiel annuì entusiasta, posando a terra la grossa busta di carta che reggeva tra le mani e stringendo tra le proprie quelle degli altri due.
 
- Sono così felice di conoscervi ragazzi! Il mio scoiattolino mi ha parlato tanto di voi e… amore, cattivo, non hanno affatto l’aria sempliciotta come dicevi! - rimproverò Dean, dandogli un affettuoso buffetto.
 
L’altro incassò senza batter ciglio sia il buffetto che l’occhiataccia dei colleghi, sorridendo confuso mentre Castiel se ne stava impalato accanto a lui guardandosi attorno con aria curiosa senza dire una parola.
 
- Bè, Cass… ehm, posso fare qualcos’altro per te? Vuoi una ciambella? - chiese senza pensare, cercando di spazzare l’imbarazzante silenzio che era calato sulla stanza.
 
- Ciambelle? - ripetè scandalizzato il redattore - Ma amore, mi vuoi tutto ciccia e brufoli? Non mangio ciambelle… e non dovresti nemmeno tu, a proposito. Lo sai che il grasso addominale influisce sulla potenza sessuale? - dichiarò serafico affondando un paio di volte l’indice nella pancia di Dean, come se nella stanza non fossero state presenti altre due persone.
 
Che volevano sotterrarsi.
 
- Comunque non sono venuto solo per salutarti. - continuò implacabile, chinandosi e prelevando qualcosa dalla busta sul pavimento - In realtà ti ho portato un regalo! -

Dean deglutì, mentre un brivido di panico strisciava lungo la sua spina dorsale al ricordo della maglietta con l’orsetto ancora appallottolata nel cassetto della propria scrivania, e istintivamente indietreggiò di qualche passo, addossandosi agli amici che seguivano la scenetta con morboso interesse.
 
Era come vedere un incidente stradale al rallentatore.
 
Castiel si riavvicinò al gruppetto raccolto attorno al tavolo verde, e posò sul bordo di legno lucido una scatola di cartone piena di fori.
 
Fori per l’aria.
 
Fori per l’aria che facevano presupporre la presenza di un essere vivente nella scatola.

Dean non fece nemmeno in tempo a domandarsi cosa diavolo nascondesse che già il giornalista l’aveva aperta, estraendone una specie di ammasso di squame e bitorzoli con due occhi enormi e la coda a ricciolo, posandolo al centro del panno verde.
 
Tutti e tre si sporsero guardinghi ad esaminare la creatura.
 
- Cass, ehm, che… che cos’è quell’affare… il cuginetto di Godzilla? - chiese Dean, scrutando non del tutto a proprio agio l’esserino, che proprio sotto ai suoi occhi, cambiò colore, assumendo l’esatta tonalità della superficie su cui era poggiato.
 
- Oh merda! - strepitò istericamente Garth, allontanandosi a ritroso dal tavolo - Altro che Godzilla, questo è un cucciolo di Predator [5]! Oh mio Dio! Moriremo tutti! -

Dean si voltò per dargli uno scappellotto sulla nuca. Non bastavano le follie di Castiel, no, adesso ci si mettevano pure i suoi amici.
 
- Garth, non dire stronzate, e smettila con le maratone di fantascienza, è l’ultima volta che te lo dico! - intimò, esasperato - Questo non è un piccolo Predator, è un… un… cos’è questa… strana… rana, tesoro? - chiese con un sorriso estatico, facendo buon viso a cattivo gioco.

- Dean non essere sciocco, non è una rana, questo è un piccolo camaleonte cornuto. Balthazar mi ha assicurato che è l’ultimissima moda in fatto di animaletti da compagnia, molto più trendy dei cincillà! - trillò Castiel.

- Balthazar, eh? Ricordami di ringraziarlo adeguatamente… - sibilò Dean, mentre il piccolo animaletto verde, dopo essersi guardato in giro a 360° con quegli assurdi occhi periscopici, depositava sul panno altrettanto verde qualcosa di decisamente marrone, per poi spostarsi di qualche centimetro, ondeggiando come un ubriaco.
 
Cercando di trattenere i conati di vomito che quella vista gli procurava, Dean continuò imperterrito a sorridere a Castiel, che a propria volta seguiva i movimenti della bestiola con aria estasiata.
 
- Ohhhh, guarda Dean, Zacky ha fatto la cacca! - cinguettò, orgoglioso come se Zacky avesse vinto il Nobel.
 
- Za… Zacky? - balbettò Dean, cercando nel frattempo di valutare mentalmente il danno, mentre Chuck e Garth tentavano di strisciare via con discrezione per poter andare a sghignazzare liberamente altrove.
 
Tipo in Nicaragua.

- Sì, è il suo nome. Zacky il Camaleonte. In realtà al negozio mi hanno detto che si chiama Zaccaria, ma mi sembrava un po’ troppo serioso per lui, non trovi? Ha un musino così simpatico! -

- Oh. Uh… sì, certo… -

- Che carino… ha fatto la cacca perché si è emozionato nel conoscere il suo nuovo papà! - continuò il redattore, imperturbabile - Quel coso è lavabile, vero? - mormorò poi, accennando distrattamente al feltro del biliardo irrimediabilmente macchiato.


- Io… io non lo so… - farfugliò Dean, completamente nel pallone - … Hai detto papà? -
 
- Bè, sì. Gli animali sono come figli, Dean, e abbiamo il sacro dovere di accudirli come se fossero la nostra progenie. - rispose il giornalista, serissimo.
 
- Abbiamo? - ripetè Dean.
 
- Ma certo, abbiamo! Zacky è il nostro cucciolo, e poi… sarà un po’ come fare le prove per quando avremo un figlio nostro, no? -
 
- Figlio? - gli fece nuovamente eco Dean, sempre più allarmato.
 
Castiel lo rimproverò, stizzito.
 
- Dean, smettila di ripetere tutto quello che dico, è davvero irritante. - lo riprese, sbuffando scocciato - Comunque sì, figlio. Perché… - chiese, minaccioso, riducendo gli occhi a due fessure blu - … tu non ne vuoi? O forse, semplicemente, non li vuoi… con me? - lo accusò, dopo una breve esitazione, con un tremolio nella voce che era chiaramente l’anticamera di una scenata isterica da antologia e dando fondo a tutto il proprio talento drammatico.
 
- Ma… ma certo che voglio dei figli con te, Cass! Chi non li vorrebbe? Solo… mi hai preso un po’ in contropiede, ecco… cioè, forse è un discorso po’, ehm, prematuro…? - azzardò l’altro, remissivo, sperando di non scatenare la furia omicida di cui aveva già avuto un assaggio.
 
- Prematuro? Sai quanto tempo occorre per trovare una madre surrogato, oltre ad un’amica attraente disposta a donarci degli ovuli? Aggiungici i nove mesi di gravidanza e si può dire che siamo già in ritardo! E poi Dean, diciamocelo: non hai più diciott’anni, i tuoi girini potrebbero non essere arzilli come credi… - spiegò Castiel, placido come se parlasse dei maccheroni al formaggio avanzati in frigo e non degli stramaledetti spermatozoi stantii di Dean che, umiliato, concentrava la propria attenzione sugli spostamenti al rallentatore di Zacky contando fino a diecimila, per non mettere le mani al collo del fidanzato e tirare forte, mentre i colleghi lottavano per non morire soffocati reprimendo le risate.
 
Con uno sforzo sovrumano chiuse gli occhi, prese un profondo respiro e tornò a rivolgere la propria attenzione a Castiel, mostrando i denti in quello che tecnicamente doveva essere un sorriso ma che somigliava più che altro all’effetto collaterale di un ictus.
 
‘Ok, adesso scoppia…’ pensò trionfante, e allo stesso tempo terrorizzato, il redattore.
 
- Hai ragione, tesoro, anche se credo che dovremmo approfondire meglio l’argomento in una sede più… ehm, intima. - articolò Dean a denti stretti, accennando ai colleghi che li ascoltavano rapiti e scandendo con attenzione ogni parola in modo da non essere frainteso - Sai bene quanto desideri farti felice Cass… che dici, stasera a cena? -
 
- Scherzi? - si lasciò sfuggire Castiel, preso del tutto in contropiede - Cioè, volevo dire, sarebbe… uh, delizioso! Che… che  pensiero dolce… - abbozzò.

Dannazione, Balthazar era assolutamente certo che Zacky l’Incontinente avrebbe abbattuto le sue ultime barriere!
 
- Va bene alle otto? - propose Dean, recuperando nel frattempo Zacky cercando di non apparire disgustato e posandolo nella sua scatola, prima di porgerglielo.
 
- … Ehm, certamente zucchino. Che… che fai? -
 
- Ti restituisco il nostro alien… cucciolo? -
 
- Oh no, tesoro, Zacky è un mio regalo per cementare il nostro amore! È tuo, oltretutto hai visto come ti vuole già bene, non potrei mai separarvi… -
 
- O-oh. Ma è… fantastico! - commentò Dean, con una lieve sfumatura d’isteria nella voce - Però… solo per per oggi non potresti tenerlo tu? Io starò tutto il giorno in ufficio e non… non voglio che soffra troppo a stare in quella scatola così piccola. Me lo porterai stasera, ok? -
 
Castiel parve convincersi.
 
- Ma certo amore, sei così incredibilmente premuroso… e stasera gli troveremo una casetta, vero? - domandò, facendo sfoggio di un notevole spirito d’improvvisazione e sfarfallando esageratamente le ciglia.
 
- Naturalmente… - mormorò debolmente Dean.

- Oh, quasi mi stavo dimenticando! - squittì quindi il giornalista piegandosi di nuovo a frugare nella busta di carta che, evidentemente, era una sorta di portale per un’altra dimensione che esisteva all’esclusivo scopo di rigurgitare orrore nella vita di Dean e tirandone fuori un involto color sabbia, che dispiegò rapidamente e porse al proprio attonito fidanzato.
 
Dean allungò le mani in un gesto automatico, osservando distrattamente l’etichetta Burberry applicata alla massa di tessuto che l’altro gli aveva passato senza realmente vederla.
 
- Cos’è? - chiese ingenuamente.
 
- Come cos’è? Dean, è un trench. Ed è anche molto più bello del mio! - spiegò un poco spazientito il redattore, accennando al soprabito che aveva disinvoltamente espropriato alla ridicola montagna di regali che Balthazar riceveva dagli stilisti, strappandolo quindi dalle mani dell’altro e drappeggiandoglielo sulle spalle - Su, avanti, provatelo! Non vuoi vedere come ti sta? -
 
Dean emise una sorta di sbuffo disperato mentre, palesemente riluttante, allungava le braccia dietro di sé, permettendo a Castiel di aiutarlo ad indossare il trench sotto lo sguardo rapito degli amici.
 
- Oh, Dean… ti sta benissimo! So che non è esattamente il tuo stile, ma sembra fatto apposta per te! - esclamò ammirato Castiel - Vero che gli sta benissimo, ragazzi? - domandò quindi rivolgendosi a Chuck e Garth, che non stavano più nella pelle.

- Sei… un sogno color kaki. - mormorò Chuck sforzandosi di apparire imperturbabile nell’osservare i due fianco a fianco, un’uniforme macchia marroncina.
 
- Oh, sì. Sarete una splendida famigliola beige. - rincarò la dose Garth ridendo sotto i baffi, assicurandosi così un’occhiata di fuoco da parte del collega.
 
- Sì, bè… grazie. - replicò secco Dean, rendendosi immediatamente conto del tono della propria voce e cambiando repentinamente registro - Cioè, volevo dire… grazie… ehm, piccolo, è davvero bellissimo, mi piace un sacco ma sul serio, non dovevi disturbarti tanto… - tubò - Ora purtroppo i ragazzi devono salutarti perché devono tornare subito ai loro uffici, giusto? - ringhiò quindi a denti stretti con un tono che non ammetteva repliche, mentre cercava goffamente di togliersi di dosso l’impermeabile e nel frattempo prometteva con lo sguardo una dipartita lenta e dolorosa ai colleghi.
 
- Uh, oh, certo noi… dobbiamo proprio andare! - farfugliò Chuck, capita l’antifona, afferrando un riottoso Garth per una manica e iniziando a trascinarlo verso la porta, sorridendo nervosamente all’indirizzo di Castiel - Sai com’è, dobbiamo fare delle… cose. Sul serio. Cose vere. Cioè, lavoro ovviamente! Lavoro! - specificò camminando all’indietro - Ah, Dean, non prendere impegni per domani, ricorda che abbiamo il poker con Victor e gli altri! - latrò prima di sparire, lasciando finalmente soli Dean e Castiel.
 
- Oh-oh, serata tra maschietti, amore? - chiese questi ad occhi sgranati, voltandosi verso Dean.
 
- Sì… ecco, sai, è una tradizione, lo facciamo tutti i weekend… - accennò quest’ultimo, vagamente intimorito da una possibile reazione dell’altro, ma il redattore non fece una piega, continuando a sorridergli radioso e, anzi, abbracciandolo.
 
- Mhhhh, bene, sono felice che il mio tesoro si rilassi un po’, lavori sempre così tanto… - mormorò strusciando delicatamente il naso nell’incavo del collo di Dean, il cui stomaco, nonostante tutto, si aggrovigliò.
 
E non per la nausea o il Bobby- bibitone.
 
- Ehm, a proposito Cass, devi scusarmi ma ora dovrei proprio tornare al lavoro… tra non molto ho quella riunione, ricordi? E purtroppo sono ancora in alto mare con lo slogan… - mormorò preoccupato, mentre Castiel scioglieva l’abbraccio e gli posava le mani sul petto guardandolo con aria rassicurante.
 
- Non preoccuparti tesoro, io ho fiducia in te. - asserì convinto, sorridendogli fiducioso e lisciando invisibili pieghe sulla camicia dell’altro, che si rilassò sotto il suo tocco - Riuscirai ad escogitare qualcosa di geniale, ne sono certo, farai mangiare la polvere a tutti! -
 
Le palpebre di Dean improvvisamente sbatterono un paio di volte, come se stesse mettendo a fuoco Castiel, le sopracciglia corrugate in un’espressione concentrata.
 
- Cosa… che cos’hai detto? -
 
- Che… che ho fiducia in te… - replicò Castiel, spaesato.
 
- No, dopo. -
 
- Che farai mangiare la polvere a tutti? - ripeté esitante.
 
Lo sguardo si addolcì, e il suo volto si aprì in un enorme sorriso.
 
- Mangiare la polvere… - ripeté trasognato, afferrando l’altro per le spalle e scuotendolo appena - Ma certo! Figlio di… è geniale! Cass, credo che tu mi abbia appena suggerito lo slogan che mi farà vincere questa campagna! -
 
Castiel non riuscì a non sentirsi un po’ un eroe, di fronte allo sguardo stupefatto e ammirato di Dean.
 
- … Davvero? - mormorò, flebile, così innocente e palesemente felice d’essere stato d’aiuto.
 
Dean gli rivolse un sorriso morbido, osservando intenerito quegli occhioni blu colmi di infantile gioia. Quando si comportava a quel modo, Castiel era letteralmente irresistibile.
 
 - Mi ci gioco la mia Baby, se non sarà così… - dichiarò risoluto, carezzandogli una guancia con la punta delle dita - Pazzesco, non posso crederci… - mormorò poi, affascinato, chinandosi a baciarlo d’istinto, con prepotenza, senza lasciarsi sfiorare dal pensiero che qualcuno avrebbe potuto vederli, accarezzando con la lingua le labbra di Castiel fino a farle schiudere e baciandolo fino a sentirlo gemere tra le proprie braccia.
 
Dopo un paio d’affannosi minuti in cui pensò seriamente di tirare giù le veneziane, chiudere la porta a chiave e lasciare che la natura facesse il proprio corso, Dean ricordò che erano in un ufficio, precisamente nel suo ufficio, e si staccò a malincuore dal redattore, sussurrando un rovente “Grazie Cass, saprò sdebitarmi…” direttamente sulle sue labbra.
 
- P-prego… - balbettò Castiel, piacevolmente scosso, quasi perdendo l’equilibrio quando l’altro lasciò la presa su di lui - Ora io… andrò. Sì, credo che andrò. Via. - specificò in maniera del tutto incoerente, raccattando la scatola di Zacky con le mani che tremavano, le guance in fiamme e i fuochi artificiali nel cervello.
 
- Stasera vieni da me? - domandò Dean senza riuscire a staccargli gli occhi di dosso e leggermente affannato, chiaramente ansioso di riprendere il discorso.
 
L’altro  tentennò. Stava diventando sempre più difficile, sia resistere alle avances di Dean che portare avanti il suo stupido piano, ma come aveva dettto Balthazar, ormai era troppo tardi per tirarsi indietro.
 
- M-ma certamente… grazie, scoiattolino! Uhm… allora… ci vediamo più tardi, ti adoro! - cinguettò dopo una breve esitazione nel tono più lezioso che riuscì ad improvvisare, avviandosi verso l’uscita con la scatola sottobraccio e le gambe molli.
 
- Certo, tesoro… - mormorò Dean, annuendo con un sorriso sornione.

 


Nemmeno mezz’ora dopo Dean, di ritorno dal distributore di bibite, stava facendo irruzione nella sala riunioni, furibondo,  interrompendo un briefing a cui lui chiaramente non era stato invitato.
 
- Cosa cazzo sta succedendo qui? - tuonò, furibondo, nello scrutare alternativamente Crowley, Bela e Ruby, intenti ad esaminare alcune scartoffie.
 
Crowley si accigliò, perdendo parte del proprio consueto distacco nel rispondergli.
 
- Dean! Potresti moderare i toni, per favore? Questa è una riunione… e tu sei in ritardo. - specificò, seccato per la brusca interruzione.
 
A quelle parole l’ira di Dean si sgonfiò come un palloncino, mentre l’ipotesi di essere stato incastrato si trasformava rapidamente in una concreta certezza..
 
- Che… cosa? - biascicò spaesato, cercando di prendere tempo.
 
- Ma come, Winchester, non ti è arrivata la mia e-mail di ieri? - cinguettò Ruby con aria innocente, fissando nel contempo Dean come se fosse qualcosa di schifoso che le era rimasto appiccicato sotto la scarpa.
 
- Quale caz… voglio dire, di quale e-mail stai parlando Ruby? - ringhiò il giovane, assolutamente sicuro di non aver ricevuto un bel niente, trattenendo a stento la rabbia che stava ricominciando a offuscargli il cervello.
 
- Di quella dove avvisavo te e i tuoi due tirapiedi che la riunione di oggi pomeriggio era stata anticipata. Fergus a quanto pare ha degli impegni inderogabili… - mormorò suadente, sorridendo melliflua a Crowley e posandogli una mano sul braccio in un gesto così affettato che diede il voltastomaco a Dean.
 
- Non mi è arrivato nulla. - replicò, gelido - Né a me, né a Chuck, né a Garth. - specificò poi - Un incredibile colpo di sfortuna, non credi? -
 
Bela lo liquidò con un gesto annoiato della mano e uno sbuffo lezioso, come se fosse un bambino che faceva i capricci per non essere stato invitato alla festa.
 
- Gesù… quanto la fai lunga, Winchester, sono cose che possono accadere, lo sanno tutti che la posta elettronica non sempre è affidabile, ora sei qui no? Smetti di fare la primadonna! - commentò infastidita.
 
Dean decise di non darle corda e non commentò oltre, limitandosi ad incenerirla con lo sguardo e a mimare con le labbra la parola “strega” mentre prendeva posto al grande tavolo ovale, esaminando distrattamente le proposte presentate dalle due sgualdrine e realizzando con infinito sollievo che non c’era nulla di brillante o anche sono vagamente originale, fra quegli slogan e quei bozzetti.
 
- Quindi…. che mi sono perso? - chiese con un sorriso compiaciuto, stravaccandosi sulla poltroncina e gettando con malagrazia i fascicoli di Bela e Ruby sul piano di cristallo come se fossero spazzatura, prima di incrociare placidamente le braccia sullo stomaco in posizione di relax - A quanto pare, non molto… - ridacchiò sommessamente, guadagnandosi un’occhiata assassina da parte di entrambe.
 
- In effetti, mi costa dirlo ma siamo a un punto morto, Dean. - ammise Crowley, vagamente a disagio - Cioè, sì, ci sono delle idee, ma niente di-
 
- Idee? - lo interruppe Dean in tono beffardo, raddrizzandosi sulla sedia e pescando a caso dalle carte sparse di fronte a sé la proposta per una pagina pubblicitaria - Idee? Queste le chiami idee? - continuò, infervorandosi, mostrando a Crowley un foglio interamente nero, su cui erano stampate in rosso le parole “NON DITELO A VOSTRA MOGLIE” - Queste non sono idee, questo è… è… arrampicarsi sui vetri! Queste sono cose trite e ritrite, Fergus, lo sai meglio di me. E poi – andiamo! – non si capisce neppure quale sia il prodotto da pubblicizzare! Cosa dovrebbe promuovere questa pagina? Profilattici? Un hot-line? Una crema per le emorroidi? - domandò, sarcastico, facendo sorridere suo malgrado Crowley.
 
- Bè, visto che hai così tante opinioni sul nostro slogan, sono certa che tu avrai saputo fare di meglio… - lo rimbeccò acidamente Ruby, a cui non era era sfuggito l’aspetto poco dignitoso di Dean, segno di una notte tutt’altro che tranquilla. Castiel probabilmente ci stava andando giù pesante, pensò con un sorrisetto perfido.
 
- Non vorrei sembrare presuntuoso ma… sì. - dichiarò Dean, sprizzando soddisfazione da ogni poro - E la cosa più divertente è che me l’ha suggerito proprio il ragazzo che avete scelto, quello che si sta innamorando perdutamente di me. - aggiunse soave, strizzando l’occhio a Bela e Ruby, che stavano letteralmente schiumando rabbia.
 
- Sentiamo, allora. - lo incitò Crowley.
 
Dean si alzò in piedi e mimò la frase con ampi gesti delle mani, mentre scandiva con enfasi “FATE MANGIARE LA POLVERE AI SOGNI”.
 
Quando le sopracciglia dell’altro uomo si sollevarono e un impercettibile sorriso increspò gli angoli delle sue labbra, Dean comprese di aver colpito nel segno.
 
- È semplice, è conciso, ma allo stesso tempo racchiude molti significati. - continuò, accalorato - Trasmette l’idea di velocità e di potenza – in fondo stiamo pur sempre parlando di auto, giusto? – ma anche di una cosa fattibile, di un sogno realizzabile, che si lascia alle spalle quelli destinati e restare, per l’appunto, solamente sogni… -
 
- Dean, ragazzo mio, credo proprio che tu abbia fatto centro. - si complimentò Crowley visibilmente compiaciuto, alzandosi in piedi e battendogli una sonora pacca sulla spalla - Hai già un’idea per l’aspetto visuale della campagna? -
 
Dean improvvisò. Doveva battere il ferro finché era caldo.
 
- … Naturalmente. - replicò, pregando con tutte le proprie forze che la cosa finisse lì e che se ne riparlasse in un secondo momento.
 
- Ti prego, sorprendimi… - mormorò l’inglese in tono accattivante, senza accennare a togliere la mano dalla spalla di Dean, Bela e Ruby ormai relegate a due macchie sfocate (e incazzate) sullo sfondo.
 
- Oh. Sì… bè… dunque, visto che la punta di diamante della Roadhouse Inc. sono le auto di pregio e d’epoca, sostanzialmente icone a quattro ruote, ho pensato che si potrebbe abbinarle a… a strade altrettanto iconiche. Potremmo riprendere le macchine sempre da dietro, mentre si allontanano, che so… sul ponte di Brooklyn, sulla Route 669, nella Monument Valley o sulla Strip di Las Vegas… cose così, insomma… - butto lì, cercando di suonare convincente - Oltretutto è una scelta visiva che potremmo declinare sia in forma di spot che di immagini fotografiche per le campagne a mezzo stampa, no? -
 
Ci fu un minuto buono di silenzio, che Crowley passò fissando Dean con le sopracciglia aggrottate, per poi scoppiare a ridere così forte da risultare francamente inquietante.
 
- Maledetto figlio di buona donna, ce l’hai fatta un’altra volta! Dean, sei un genio! - esclamò scuotendo la testa, mentre le ragazze, umiliate e stizzite, raccoglievano tutte le loro carte borbottando improperi sottovoce.
 
- Quindi la campagna è mia? - azzardò Dean, in un guizzo di ottimismo.
 
- Coooosa? Capo, non puoi darla a lui, abbiamo fatto un patto! - sbottò Bela, indignata, ma Crowley le fece segno con una mano di tacere.
 
- Non correre, ragazzo. - mormorò quindi rivolto a Dean - Per ora hai lo slogan di punta, e dobbiamo ancora presentarlo alla signora Harvelle e a suo marito sperando che li impressioni, però ho deciso che la festa che daremo in loro onore la prossima settimana sarà tutta ispirata alla tua idea, visto che è così buona. Quanto alla scommessa… è ancora valida, e sarò io a valutare se davvero il ragazzo che ti ha ispirato è o non è innamorato di te. -
 
Dean si strinse nella spalle con noncuranza.
 
- D’accordo. - mormorò, ostentando sicurezza - Non mi pesa rimandare di pochi giorni il mio trionfo… -
 
- Questo lo vedremo…- sibilò Ruby, paonazza di rabbia.
 
- Sì, bè, come vuoi… - la blandì Dean, dirigendosi verso l’uscita - Ah, capo, visto che a quanto pare sono l’unico ad aver fatto il proprio dovere, oggi pomeriggio esco prima… ho una persona da far innamorare. - dichiarò, aggrappandosi allo stipite e facendovi perno come fosse un palo da lapdance, dandosi lo slancio per ruotare elegantemente fuori dall’ufficio.
 
 
 
 
[1] Omonima canzone dei Mötley Crüe, traccia numero otto del loro quinto album, Dr Feelgood, pubblicato il primo settembre del 1989.
[2] Dalla 5X13, “The song remains the same”, è la canzone su cui ballano le due spogliarelliste nel sogno di Dean prima che Anna lo interrompa.
[3] Chi ha seguito House, lo sa.  ^___^
[4] Questa è una delle tante versioni del Prairie Oyster (che, per la cronaca, non è stato inventato da Bobby), detto anche Corpse-reviver, ovvero il Resuscita-Cadaveri, essendo un noto rimedio antisbronza.
[5] Predator è un film horror fantascientifico del 1987, in cui un alieno precipitato sulla terra riesce a mimetizzarsi perfettamente con l’ambiente circostante, facendo una strage dei militari incaricati di catturarlo.


NDPA (note della pessima autrice)

Come dite? Che sono una persona brutta e cattiva? Che faccio orrore? Sì, lo so. :(
Avete perfettamente ragione, e mi scuso con tutte le persone che seguono questa storia e che da mesi aspettavano un aggiornamento. Non ho giustificazioni, c'è stata una congiuntura astrale di impegni, difficoltà con l'adattamento e morbo del culopesismo e... mi sono arenata. Mi dispiace! >___<
Spero di farmi perdonare con un capitolo piuttosto lungo (ho persino dovuto smezzarlo perché eravamo a più di trenta pagine di word) e... niente, ringrazio tanto Dania per aver indicato la storia per le scelte, Thehellcat e Ortica Cenere per avermi dato il calcetto nel sedere psicologico che mi serviva, tutte gli adorabili batuffoli di pazienza che hanno aspettato finora e naturalmente la mia amata beta! <3
   
 
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