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Autore: Lely_1324    13/09/2014    2 recensioni
Sarà il loro più grande segreto, che li porterà a vivere una straziante storia d'amore. Dovranno confrontarsi con la clandestinità e la passione ...Ma nella città dell'amore tutto è possibile!
JENNIFER MORRISON- COLIN O'DONOGHUE
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Parigi 24 Giugno  11:00 p.m.

Varcò la soglia della sua camera, mentre il garçon le portava dentro i bagagli. Si voltò per dargli la mancia, ma il ragazzo alzò la mano, sorridendo:
“No mademoiselle per carità, sono un suo devoto fan, niente mancia da lei!”
Jen contraccambiò il sorriso con dolcezza.
“Bene..b-buona serata!” esclamò il giovane, chiudendosi maldestramente la porta alle spalle.
Jen continuò a sorridere fra sé e sé: come donna, non poteva non sentirsi lusingata quando gli uomini le rivolgevano quelle impacciate attenzioni.
Si lanciò letteralmente sul morbido letto, stirando le braccia e respirando a pieni polmoni. Aveva appena trascorso il peggiore weekend della sua vita: venerdì notte non aveva chiuso occhio, sabato Sevastian non si era staccato un attimo da lei ma aveva continuato a sentirsi braccata dalle emozioni della sera prima. Si era limitata a mandare un unico messaggio a Julia -Ti voglio bene. Appena torno ci vediamo. Tua Jenny- e ad assolvere al suo ruolo di fidanzata: grazie al cielo, il mestiere di attrice le aveva insegnato a tenere a bada i propri stati d’animo..di solito ci riusciva bene, e da quando aveva lasciato quell’appartamento ci era riuscita benissimo. Ma adesso i suoi poveri muscoli reclamavano un bagno caldo per tutta la tensione accumulata. Si alzò dal letto, raggiunse la lussuosa stanza da bagno e aprì l’acqua della vasca.
La porta finestra che dava sul balcone era socchiusa, e Jen si avvicinò per spalancarla: adorava l’aria di Parigi. Si sporse, lasciandosi inondare da quel mare di profumi.
“Ce ne hai messo di tempo per trovarmi.”
Girò la testa di scatto, e si trovò accanto una figura maschile, con la schiena appoggiata al muro.
Jen smise di respirare e impallidì di colpo.
“J-Jennifer..non ti spaventare, sono io, Colin! Mi vedi bene alla luce?!” esclamò l’uomo, avvicinandosi spaventato dalla sua reazione e annuendo vigorosamente, come per dire -Hey sono io, tranquilla!.-
Jen sbarrò gli occhi, e si appoggiò al braccio di lui: “Sei..sei reale?”
Colin: “Oddio..vieni dentro.”
Lei si lasciò condurre come un automa in camera; la fece sedere sul letto, le versò un bicchiere d’acqua e andò a chiudere il rubinetto della vasca da bagno. La scrutò ansioso, mentre lei portava il bicchiere alla bocca tenendolo con due mani tremanti, come una bambina. Idiota. Le era quasi venuto un colpo per causa sua.
Colin le prese il bicchiere vuoto, e lo appoggiò al comodino, mentre lei continuava a guardarlo con espressione vacua.
Le sistemò un cuscino dietro la schiena, e la invitò ad appoggiarvisi, mentre le si sedeva accanto sul letto:
“ Scusami, ti prego.Sono un coglione. Ti ho terrorizzata. Il tizio di prima non ha voluto la mancia perché si era già intascato 100 euro per farmi entrare e tenere la bocca chiusa..ovviamente anche il direttore dell’hotel sa della mia presenza qui, e quando mi ha visto si è messo ad elencarmi il suo codice d’onore sul rispetto per i clienti e la loro privacy…insomma, io non sono a Parigi stanotte, capisci quello che intendo dire?” voleva tranquillizzarla, ma temeva che potesse fraintendere.
Jen: “Come hai fatto a trovarmi?”
Colin: “Tua sorella. Dice che dobbiamo chiarirci..per il bene di tutti.” Idiota. Neanche lui credeva a quello che stava dicendo. Era li per lei e per lei soltanto.
Jen emise un sospiro doloroso e chiuse gli occhi. Le lacrime cominciarono a scorrere lentamente dalle palpebre chiuse.
Colin deglutì nervosamente. “Sei stanca.”
Jen: “Sono esaurita.”
Colin: “È anche per colpa mia.“ Lei si limitò a non rispondere.
"Non dovevo venire." continuò lui " È che non sopporto l’idea che tu mi odi. Tu mi odi, vero?”
Jen scosse convulsamente la testa continuando a piangere ad occhi chiusi, quasi volesse scacciare i pensieri che la popolavano.
Colin: “Me ne vado?”
Jen aprì piano gli occhi, serrò le labbra e fece segno di no con il capo.
Non seppe ciò che lo spinse a farlo, forse il suo sguardo implorante, forse era semplicemente ciò che desiderava fare da tempo,  ma si adagiò tranquillamente sul letto accanto a lei, cingendole morbidamente la vita con un braccio, mentre lei appoggiava la fronte sul suo petto e ancora una volta lo inumidiva con il proprio pianto. Pochi minuti dopo si addormentò, totalmente esausta.
Non aveva previsto questo. Aveva messo in conto una sfuriata da parte sua e, nella peggiore delle ipotesi, lui che fuggiva via prima che lei chiamasse la reception. Una parte di sé non aveva potuto sottrarsi neppure alla fantasia di loro due insieme. Quello che non aveva minimamente considerato era la possibilità di trovarsela così, docile e remissiva a cercare riposo contro il suo petto. Si era abbandonata a lui come quella sera del ballo, e questo strano senso di fiducia che lei continuava a nutrire nei suoi confronti lo mandava completamente in confusione. Ma anche lui era troppo stanco per inseguire i propri pensieri, e si lasciò andare al sonno.

Parigi 25 Giugno  3:30 a.m.

Spalancò gli occhi, e fu subito sveglio. Così come era scivolato improvvisamente nel sonno, allo stesso modo ripiombò nel mondo reale…più o meno reale. Era a letto con Jen. Non in quel senso, ma comunque erano sdraiati sullo stesso matrimoniale, i corpi rivolti  l’uno verso l’altro. La situazione era troppo strana, troppo carica di incognite per concedersi il lusso di un sonno pigro e prolungato. Lei invece continuava a dormire..e stava riposando davvero. Lo capiva dai suoi lineamenti rilassati, dal suo respiro leggero e regolare, dalle dita aperte ancora appoggiate al petto di lui. Quelle dita delicate che sfioravano la sua t-shirt e quella bocca socchiusa gli misero in moto l’immaginazione, e subito sentì i muscoli irrigidirsi. Quella vicinanza cominciava a produrre i suoi effetti collaterali. Scivolò via prudentemente da quell’aura femminile e si alzò piano dal letto.
Si avvicinò alla finestra situata sulla parete di fondo, dalla quale proveniva una brezza più energica: ne aveva bisogno per scrollarsi di dosso quel languore. Spalancò lentamente le ante, cercando di non farle cigolare: gli si parò davanti una visione magnifica della Tour Eiffel, che lo salutava dall’alto con tutto il suo spudorato romanticismo. Colin richiuse i battenti senza pensarci due volte. Ma il cigolio del legno fu più stridente del dovuto e  Jen cominciò a mugulare.
Cazzo.
La vide strusciarsi sul copriletto come una gatta, e infine girarsi dalla sua parte.
“Che fai?” gli chiese assonnata.
“Chiudo le ante. C’è troppo vento.” E una visuale schifosa, avrebbe voluto aggiungere.
Jen capì al volo. Avrebbe sotterrarso per tutto ciò che stava nascondendo al suo fidanzato: ma l’immagine della faccia sgomenta di Colin alla vista della scena del crimine le fece scappare una dispettosa risata.
Lui parve non apprezzare:
“Vi state prendendo gioco di me!” esclamò petulante, replicando la scenata che lei gli aveva fatto sul pianerottolo di casa.
La risata di Jen si mitigò in un malinconico sorriso: “Torna a letto e stai buono. Io domani devo lavorare!”
“Ho prenotato una singola. Meglio che raggiunga il mio letto a una piazza.” le rispose sospirando.
Jen lo osservò, seria in volto: “Le cose non torneranno più come prima, vero?”
Lui abbassò la testa, e si mise a parlare: “Mi hai colpito dal primo sguardo che ci siamo scambiati...ti ho vista crescere giorno dopo giorno, come attrice e come donna. Diventi sempre più bella Jen..e i tuoi occhi diventano sempre più pericolosi.”
Lei rimase in silenzio.
Colin: “É stata colpa mia. Non avrei dovuto baciarti. Non avrei dovuto dirti ciò che ti ho detto..non avrei dovuto oltrepassare il limite.”
Ancora silenzio.
“Rimettiti a dormire, Jen.” e uscì dalla stanza.

Mentre sonnecchiava con i gomiti appoggiati al banco della reception, la vide venirgli incontro a passo deciso. Mon Dieu: forse non aveva gradito la sorpresa del suo collega!
“Mademoiselle..ha bisogno di qualcosa?!” le chiese con voce stridula.
Jen gli piazzò sotto al naso una banconota da 100 euro.
“Si. Ho bisogno che tu mi accompagni alla camera del Sig. O'Donoghue ; continuando a tenere la bocca chiusa, s’intende. Così come devono fare i tuoi colleghi dell’hotel. Il signore non si trova a Parigi, chiaro?”
Il ragazzo ammiccò: “Ovviamente. Come già le ho detto, sono un suo fan devoto” e le sfilò con garbo la banconota.
La accompagnò alla stanza 18, e con il passe-partout fece scattare la serratura senza far rumore.
“Sempre a vostra disposizione” disse, andandosene via soddisfatto. Amava i divi di Hollywood.

Jen entrò a passo felpato, richiudendo la porta. Si diede un’occhiata in giro per abituarsi all’oscurità: le pupille le si dilatarono per il buio e il cupo desiderio che sentiva crescere in sé. Fece scivolare dalle spalle la vestaglia leggera e cercò a tentoni la sponda del letto. La sua mano trovò la coscia di lui, che giaceva su un fianco, immobile e assolutamente silenzioso.
Si distese senza esitazione nel poco spazio che restava tra il corpo di lui e il ciglio del letto, e prese ad accarezzargli le labbra.
“Lo so che sei sveglio.”
“Ho ancora il labbro livido per il morso che mi hai dato” le rispose in un sussurro, tirandosi indietro per farle spazio.
“Si? Mi dispiace..non volevo farti male..” le sue dita percorsero con delicatezza quel labbro ferito. Poi gli si avvicinò piano, e lo accarezzò con le proprie labbra:
“Sono qui per farti sapere che so baciare anche senza far male.”
D’un tratto Colin la rovesciò sulla schiena, e le fu sopra.
“Non ho più voglia di giocare Jennifer.”
“Dimmi cosa vuoi” disse lei con voce soffocata.
“Voglio farti mia  come mai ho fatto con nessun altra. Voglio che il tuo corpo conservi i segni del mio passaggio domani, dopodomani e se Dio vuole anche il giorno che tornerai fra le braccia del tuo fidanzato.”
Jen sentì il cuore in gola, e non riuscì a rispondergli. Allora allungò le mani dietro la sua nuca, e questa volta fu lei a catturargli la bocca.
  
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