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Autore: Lady_Mira    14/09/2014    4 recensioni
Chi ha mai detto che essere adolescenti è una passeggiata? Giada, Francesco, Giulia, Elena e Letizia ne sanno qualcosa. Cinque storie di cinque adolescenti raccontate in prima persona.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Giada

Quando anche l'ora di motoria è finita, mi dirigo verso gli spogliatoi, dove trovo ad aspettare Davide. Davide sta in quinta, ed è il ragazzo più bello e popolare della scuola. Proprio per questo siamo destinati a stare insieme, secondo regole non scritte che vanno rispettate: la più popolare DEVE essere fidanzata con il più popolare, a meno che non si trovi un ragazzo più figo al di fuori dalla scuola. Stessa cosa vale per il ragazzo. In effetti, per questo, non facciamo che mollarci e rimetterci insieme, finendo sempre sulla bocca di tutti e, talvolta, anche facendo scenate in pubblico. Per me non è un problema, e nemmeno per lui, ed entrambi sappiamo che così facendo aumentiamo la nostra popolarità. Ecco perché litighiamo spesso. Mi avvicino. “Che vuoi?” chiedo a Davide. Lui non dovrebbe essere qui, ma dal momento che non è quasi mai in classe la cosa non mi sorprende. “Sono venuto a dirti di una festa...” “Una festa? Ah sì, Matteo me ne aveva parlato...” faccio vaga. “Sa più lui di te su ciò che succede in questa scuola” mi rimprovera beffardo. “In conclusione...?” dico, con lo stesso tono con cui direi “Muoviti che ho fretta, stronzo” “In conclusione, la festa ci sarà al Balada, sabato. Alla solita ora” Il Balada è un locale dove si organizzano feste ed eventi, il più cool di tutta la città. Io e i miei amici andiamo sempre lì quando ci vogliamo divertire. “Perfetto. E adesso vattene.” “Non è questo il modo di rivolgersi al fidanzato!” mi fa strizzandomi l'occhio, ma poi se ne va.

Letizia

Angela è davvero simpatica. Abbiamo passato tutta l'ora a parlare, e devo dire che non è così terribile come mi era sembrata all'inizio. Mi ha invitata a casa sua, e io ho accettato volentieri: certo, devo chiedere prima ai miei, ma dubito si oppongano. Oggi è giovedì, ricordo, perciò si esce in quinta ora: mi dirigo verso la fermata dell'autobus, affiancata da Lorenzo e Michele. Angela non c'è perché non prende il bus, lei abita vicino alla scuola. “Ho visto che parlavi con la nuova” mi dice Michele. “Beh, tanto nuova non è, è da tre mesi che sta in classe con noi” gli faccio notare.“Dettagli” borbotta lui. “E che vi siete dette?” chiede Lorenzo, che fino ad allora era rimasto zitto. “Nulla di speciale... però è simpatica.” “E ci abbandonerai per lei?” domanda, con una finta nota di tristezza nella voce. “Può darsi...” sorrido maligna.

Francesco

Cerco Giulia, voglio ringraziarla per ciò che ha fatto in palestra, ma non la trovo, l'ho persa nella folla. Peccato, è stata davvero gentile a sbagliare quella battuta per me, chissà se potrò mai ricambiarla. Penso a dove abita, e mi viene in mente che è del mio stesso quartiere, non sarà difficile trovarla. Mi dirigo verso casa, guardandomi attorno nel caso mi passi affianco. Ma, giunto davanti alla porta di casa, ancora non l'ho vista. Chissà che fine ha fatto.

Giulia

Sofia mi conduce verso un bar abbastanza vicino alla scuola. “Che fai?” chiedo “Ti porto a ragionare” risponde, senza nemmeno guardarmi in faccia. “Ragionare?” chiedo, qualcosa deve essermi sfuggito. Tanto per cominciare, da quando Sofia decide di ragionare insieme a me? Di solito fa tutto di testa sua. E poi, quando avevamo deciso di andare al bar? Boh. “E su cosa dovremmo ragionare, noi?” chiedo, tentando di mantenere la calma, il che mi è piuttosto difficile, visto che si ostina a prendermi per il polso con forza costringendomi a procedere verso un tavolo libero. Lei non mi risponde. “So camminare da sola, grazie” le dico riprendendomi il polso. “Siediti” mi ordina. “Perché?” “Siediti!” ripete, stavolta mettendo più autorità nella voce. Io eseguo, per nulla convinta. “Ora, spiegami. Cosa diceva l'altro bigliettino dell'ammiratore?” “E tu hai fatto tutto questo solo per chiedermi cosa diceva quel biglietto?!” faccio incredula. “Certo! Bisogna assolutamente scoprire chi è!” esclama. “Non se ne parla nemmeno! Tanto sarà lui ad uscire fuori al momento opportuno, è inutile fare tanta fatica per niente.” “Fammi vedere l'altro biglietto” ordina, e io lo tiro fuori dallo zaino e glielo porgo. Lei legge. “Interessante” commenta, come se fosse un indizio fondamentale per scoprire l'identità dell'ammiratore. “Cosa ci trovi di interessante?” chiedo curiosa, ma lei non risponde. “Mi dai anche l'altro biglietto?” fa invece, e io le cedo pure il primo. Dopo qualche interminabile secondo, lei sposta gli occhi su di me. “E così” dice “hai deciso di stare al gioco.” “Come scusa?” “Ma certo! È chiaro come il sole! Bisogna aspettarselo da una come te: lui ti dice di smetterla di cercarlo e tu esegui!” Arrossisco violentemente. È vero, io tendo a seguire ciò che mi dicono gli altri. “In realtà non ho mai cominciato a cercarlo...” dico con un filo di voce “E nemmeno voglio cercarlo!” esclamo alzando il tono. “Certo che vuoi cercarlo, ti si legge in faccia!” “Non è vero!” “Allora... ragioniamo...” fa, ignorandomi. “Lui sta in classe con noi... andiamo per esclusione...” “Che ne sai che sta in classe con noi? Potrebbe essere chiunque della scuola!” “Ma per favore! È ovvio che è della classe! Ha detto So che ti stai chiedendo chi sono. Ma non cercare di capire la mia identità. In poche parole, si è accorto che ti guardavi attorno e ha deciso che sarebbe stato meglio interrompere la tua ricerca prima ancora che iniziasse. È chiaro come il sole!” “Ci sono un po' troppe cose chiare come il sole che mi sfuggono, a quanto pare...” butto lì, e lei alza gli occhi al cielo. “Allora, in classe ci sono dodici maschi” ragiona “Facciamo l'appello, e man mano scartiamo chi è sicuro che non può scrivere cose del genere” Annuisco, ho capito. “Quindi... Artemisi Enrico?” “Beh, potrebbe... non hai visto quant'è romantico? Quando era fidanzato metteva una rosa rossa sul banco della sua ragazza, ogni mattina!” le ricordo. “Giusto, e tu avevi una cotta per lui, ed eri gelosa perché volevi che riservasse a te un trattamento del genere!” ride Sofia. Poi, chinandosi sul suo zaino, tira fuori carta e penna, e segna su un foglio “ARTEMISI ENRICO”. “Perfetto” dice “Ne mancano altri undici e abbiamo finito”

Giada

Arrivata a casa, metto a scaldare in forno le lasagne di ieri. Non è granché come pasto, ma l'alternativa sarebbe morire di fame tutto il giorno. Nel frattempo, mi sdraio sul divano e mi metto a chattare con Vanessa: anche lei è invitata alla festa di sabato, e al solito non sa che mettersi. “Che ne pensi del top azzurro?” mi scrive “Perfetto” rispondo, ma lei non è ancora soddisfatta. “No, meglio di no, poi se si sporca sono morta” “E perché mai si dovrebbe sporcare?” le scrivo alzando gli occhi al cielo. “Che ne so! È una festa, potrebbe succedere di tutto” si giustifica. “Mettiti la maglietta rossa con i pantaloncini di jeans” propongo “I pantaloncini? Ma sei matta? Tutti ci vanno con i jeans lunghi, fa freddo!” “E allora indossa il maglione della nonna” le scrivo, esasperata. Ma ovviamente Vanessa rifiuta di mettersi pure quello.

Giulia

“Bensi Letizia” mi dice Sofia. “Scartiamola, è una ragazza” le faccio notare. “Macché, sei matta? Lei adora fare scherzi, e se questo fosse uno scherzo?” “Ma ti pare? Nemmeno lei arriverebbe a tanto!” protesto. L'idea di essere presa in giro mi brucia da morire. “Meglio aggiungerla alla lista, non si sa mai” mi fa Sofia, scrivendo il nome di Letizia sotto quello di Enrico. “Bottelli Chiara” prosegue. “Macché! Lei ha ben altro da fare anziché mandarmi bigliettini del genere!” esclamo io. In effetti, Chiara è una specie di Giovanni femmina, solo che più carina e sofisticata. Scrive per il giornalino della scuola, ed è entrata nelle grazie di tutti i professori, senza però essere considerata “cocca del prof” o “leccapiedi”: è troppo intelligente per scendere a certi livelli. “Giusto” afferma Sofia. “Cenacei Paolo” continua poi “Se è lui mi sparo” faccio io. “Ma ti pare? Scherzo o non scherzo, è troppo stupido per scrivere cose del genere. Lui a malapena sa scrivere.” mi fa notare Sofia. “Ma potrebbe aver assoldato qualcuno per farlo.” ribatto. “Ma ti pare? Non è da lui! È troppo ingegnosa come cosa, non potrebbe mai arrivare a tanto, e poi non avrebbe senso.” “Giusto” affermo. “Cosimati Giovanni” “Impossibile” dico. “Sì, infatti. Non l'ho mai visto appresso a una ragazza da quando... beh, in realtà non è mai stato appresso a una ragazza.” “Ma te lo immagini? Lui che fa la corte a una?” rido, e Sofia si unisce alla mia risata. “Ridicolo” commenta, e ha proprio ragione. “Crovegni Valentina?” continua dopo qualche secondo. “Quell'ochetta? Ma quando mai!” esclamo “Beh, in effetti è ridicola come cosa” acconsente Sofia. “Quella pensa solo ai vestiti e al trucco, fare uno scherzo non le passerebbe mai neanche per l'anticamera del cervello.”

Francesco

Dopo essere entrato in casa, e aver passato qualche minuto alla finestra nel caso Giulia si fosse fatta viva, vado in cucina a farmi da mangiare. Mamma ha preparato del riso, e ha detto che devo metterlo a scaldare. Eseguo in silenzio, sovrappensiero, chiedendomi come mai Giulia avesse sbagliato quella battuta solo per me. Poi, mi accorgo che lei è l'unica della classe a non avermi mai insultato, né chiamato sfigato, ad avermi guardato come farebbe con chiunque. Che fosse... innamorata? Scuoto la testa, dandomi dello stupido. Nemmeno lei potrebbe arrivare a tale livello.

Giulia

“Di Natale Matteo?” stavolta sono io a parlare. “Quello sta sempre attaccato a Giada, probabilmente nemmeno sa della tua esistenza” mi fa Sofia, e non posso darle torto. “Falti Sofia?” “Sono io, idiota! E ti posso assicurare che non ti scrivo alcun biglietto!” esclama. “Scusa” faccio “volevo assicurarmene” dico con un mezzo sorriso. “Passiamo avanti” fa lei sbrigativa. “Okay” dico “Ferranti Giada?” “Ma ti pare? Quella non ti calcola proprio” le faccio una smorfia, anche se so che ha ragione. “Frostini Nicolò?” continua lei. “Potrebbe essere” dico io “è un piuttosto timido, forse preferisce utilizzare i bigliettini anziché dirmelo in faccia” rifletto “In effetti...” afferma Sofia, scrivendo il nome di Nicolò sotto quello di Letizia. “Goliardi Michele?” continua lei “Beh, è carino, perché no? Magari con l'aiuto di Letizia mi lascia i biglietti... in effetti sono molto amici.” “Va bene” e Sofia aggiunge anche Michele alla lista. “Signorine, prendete qualcosa?” fa uno che lavora al bar. In effetti stiamo lì sedute e non abbiamo ancora ordinato nulla. “Una Coca” fa Sofia “e un Calippo alla fragola” aggiungo io. Il ragazzo, di almeno una ventina d'anni, annuisce e ce li porta. “Grinti Silvia?” procede Sofia. “No, è una brava ragazza, non farebbe mai una cosa del genere” “Hai ragione” acconsente lei. “Istici Melinda?” “No! È troppo occupata a dare fastidio a quelli di prima per scrivermi bigliettini!” Sofia annuisce, e poi prosegue “Lauti Elena?” “Lei?” rido io “Ma te la immagini a mandarmi certe cose?” “Beh in effetti... e poi oggi era pure assente” mi fa notare Sofia. “Lotti Angela?” “La nuova? No, è così silenziosa, quasi anonima... non lo farebbe” rifletto io, e Sofia non mi dà torto. “Marchetti Giacomo?” “Magari!” sospiro “Dubito che uno come lui possa fare una cosa del genere, ma lo segno, non si sa mai” dice Sofia, scrivendo il nome di Giacomo sul foglio. “Giacomo lo farebbe eccome!” lo difendo “È un idiota” ribatte Sofia “Ma, come ho detto, non si sa mai.”

Letizia

I miei sono d'accordo, alle 16:00 andrò da Angela. “Ma solo se fate i compiti” mi ricorda mamma, e mi tocca acconsentire. Guardo l'orologio, sono le 14:20. Ho tempo per fare qualcosa. Decido di farmi una doccia, in un'oretta dovrei farcela.

Giulia

“SOFIA SONO LE DUE E UN QUARTO PASSATE!” urlo, accorgendomi solo adesso dell'ora. “Così tardi?” fa lei sorpresa. Il tempo è volato, e noi dobbiamo ancora pranzare. Sofia si mette velocemente lo zaino in spalla, afferra la lista con la penna, mi prende per un polso e mi trascina. “Corri!” urla, e io faccio appena in tempo ad acchiappare lo zaino. Poi si ricorda che dobbiamo ancora pagare calippo e coca così ritorna indietro e mette qualche moneta sul bancone. Raggiungiamo casa in meno di dieci minuti, abitiamo entrambe piuttosto vicino alla scuola, come la maggior parte dei nostri compagni d'altronde. “Ora devo andare a casa” mi fa la mia amica col fiatone “Tu intanto continua la lista, poi la rivediamo insieme”. Annuisco, lei va in una direzione, io nell'altra, e in poco tempo sono a casa.

Elena

“Elena, tesoro, sono a casa!” urla papà dal piano di sotto. Mio padre fa lo chef in un ristorante, perciò all'ora di pranzo e di cena non è mai a casa. È bravo nel suo lavoro, fa dei piatti squisiti, ma da quando è morta mamma si sente che manca qualcosa nella sua cucina. Non fraintendetemi, sono pur sempre buoni i suoi piatti, ma non c'è più quel pizzico di sapore che li rende speciali. Papà è un uomo dall'aspetto giovane, mantiene bene i suoi anni, nonostante lo stress del mandare avanti la casa da solo e la tristezza che si porta sempre appresso dal terribile giorno. Da allora non è più lo stesso, qualcosa dentro è cambiato. Chissà se anche per me è così. Sale in camera mia, mi saluta. “Hai già mangiato?”, mi chiede, e io rispondo di no. “Vieni, ti cucino qualcosa” dice, e io annuisco e mi lascio guidare al piano di sotto. Papà si mette ai fornelli, butta qualcosa in pentola, pasta forse, insieme a spezie di vario genere. “Stefano si è fatto vivo?” domanda “No” dico io “è da ieri che non lo vedo”. Stefano è mio fratello maggiore, ventun anni, un ragazzo che passa la sua vita tra discoteche, birra, e giri in moto. Forse è così che annega il suo dolore. Ora che ci penso, ognuno di noi annega il proprio dolore in modo diverso: Stefano nel bere, papà nel cucinare e io... io nel ferirmi. Sì, sono un'autolesionista. Non ne vado fiera, ma non posso farne a meno, non posso permettermi di rimanere intatta mentre il mondo attorno a me si sgretola, non ci riesco. E sono troppo codarda per uccidermi, sono una vigliacca, ecco cosa sono, una stupida vigliacca egoista attaccata alla propria vita. Magari un giorno una delle mie ferite sarà letale, chissà. Lo spero proprio.

A.S.
Angolo scrittrice

Buongiorno gente!
Come potete vedere, stavolta il capitolo è un po' più lungo: tra poco (domani) comincia scuola, e non so se riuscirò ad aggiornare spesso. Mi scuso in anticipo per i ritardi che ci saranno.
Ringrazio ancora tutti quelli che hanno commentato, e vi prego di recensire ancora, per farmi sapere se non vi piace ciò che scrivo o, se, al contrario la storia continua a piacervi.
Un grazie a tutti, e buon inizio scuola!

   
 
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