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Autore: Anna Wanderer Love    14/09/2014    1 recensioni
Dal Capitolo Uno:
[...]
Non ti aveva lasciata andare. Quando ti eri girata ti eri ritrovata ad essere afferrata per un braccio e dopo pochi istanti le sue mani grandi e delicate stringevano la tua, di mano. Quella ferita.
Il suo sguardo bruciava più delle parole che avevi inciso tu stessa sulla tua pelle.
-Dovresti pulirla- disse a bassa voce lui. Annuisti, insicura.
Ti lasciò andare la mano. Non ti era dispiaciuta la sua presa. Era gentile. Ti eri chiesta se tutti i centauri fossero così.
-Chiedi a Hermione Granger. Ti aiuterà.
[...]
-Va bene. Grazie.
Lui aveva scrollato le spalle e aveva indicato con un cenno del braccio il corridoio, invitandoti a tornare nel dormitorio.
Ti eri girata e te n’eri andata, chiedendoti il motivo per cui aveva una lieve impronta violacea, quasi invisibile, di uno zoccolo stampata sul petto.
* * * * * * * * * *
Una breve storia incentrata di momenti sul rapporto di un professore particolare e di una studentessa che si ritrova a chiedere il suo aiuto. Perché, diamine, esistono anche altri personaggi oltre ai soliti.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fiorenzo, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Passerà...

 


I rumori della battaglia si spandevano attorno a te come un caos violento. Correvi, il cuore in gola, la bacchetta sfoderata, Schiantando quanti Mangiamorte riuscivi e ferendone altri, ma per ogni schifoso bastardo che spedivi a terra ne spuntavano altri due.

Eri nel giardino, vicino alla McGranitt, e stavi fronteggiando un tizio con una brutta cicatrice che gli sfigurava il volto.

Ti lanciava maledizioni su maledizioni; riuscivi sempre a pararle, ma non trovavi il tempo necessario per attaccare. Una Cruciatus ti mancò di pochi centimetri, e ti ritrovasti con le spalle al muro, ansimante, un taglio che colava sangue sulla tempia.

L’uomo aveva alzato la bacchetta, quando un’incantesimo lo colpì alle spalle e si pietrificò.

Sguasciasti via, ringraziando con lo sguardo la McGranitt. Non era ancora finita.

Per ore, minuti, secondi, continuasti a combattere, rischiando più volte di finire a terra, morta. Riuscisti a disarmare Lucius Malfoy, ma non avevi avuto cuore di ucciderlo. Ti eri limitata a voltargli le spalle e rituffarti nella battaglia.

I feriti e i morti aumentavano da entrambe le parti, mentre, lentamente, Hogwarts crollava sotto le prese dei giganti e di Grop.

E poi eri lì, nel prato, assieme agli altri, a guardare Harry Potter morto, con il cuore che ti si era fermato in petto, perché era tutto finito. Se lui era morto eravate tutti spacciati.

Ma poi la pioggia di frecce dei centauri era piovuta sui Mangiamorte, e Neville Paciock aveva mozzato la testa a quell’orribile serpente, e la battaglia era ripresa, mentre Hagrid urlava dov’era Harry Potter.

E ti eri ritrovata a combattere di nuovo con il Mangiamorte sfregiato, mentre i ricordi dei lampi che avevano ucciso i tuoi genitori ti riempivano la testa, e la sua faccia che rideva delle tue lacrime ti faceva montare la furia.

Per la prima volta, avevi scagliato un Avada Kedavra, e l’avevi centrato in petto.

Era caduto a braccia aperte; subito dopo eri stata scagliata con violenza contro la parete, in prima fila, mentre Harry Potter e Voldemort si fronteggiavano e il Ragazzo Che è Sopravvissuto riscattava la memoria di Severus Piton.

Voldemort era morto, e mentre sentivi le lacrime di gioia rigarti le guance, perché tua madre e tuo padre erano stati vendicati, ti guardavi intorno, alla ricerca di una persona.

Ma solo quando Lisa, ferita e mutilata a una mano, ti trascinò con Michael al tavolo originariamente appartenuto ai Tassorosso, riuscisti a vederlo, steso in un angolo, incapace di alzarsi.

Ti eri ribellata alla presa della tua amica in un secondo, correndo a perdifiato verso l’angolo in cui Madama Chips e altri professori si affaccendavano, schivando persone su persone.

Solo quando eri arrivata vicino a lui avevi rallentato, mentre i tuoi occhi percorrevano il suo corpo.  Aveva gli occhi chiusi, una brutta ferita al petto, ma sembrava stare bene, nonostante fosse un po’ pallido. Ti inginocchiasti di fianco a lui. Non sembrò sentirti, ma quando gli accarezzasti il braccio, insicura, aprì gli occhi.

Le sue iridi erano belle come non mai, piene di sorpresa.

-Ciao.

-Ciao- aveva risposto a bassa voce, cercando di alzarsi. L’avevi prontamente fermato.

-Resta giù- gli avevi detto, sorridendogli. -Come stai?

Aveva arricciato le labbra in un sorrisino strano. -Domanda stupida, vero?- Avevi chiesto, mentre una risatina ti affiorava alle labbra.

Ti eri seduta a gambe incrociate accanto a lui, guardandolo. Sembrava stremato; al suo fianco giacevano l’arco e la faretra vuota.

-Come sta... il tuo branco?- Avevi chiesto insicura; sapevi che non erano in buoni rapporti, ma era comunque cresciuto con loro. Ma, con tua somma sorpresa, non aveva risposto lui, ma una voce profonda dietro di te.

-Stiamo bene.

Ti eri girata di scatto, e avevi visto la sagoma di un centauro imponente, dalla folta chioma bruna e riccia e un volto feroce.

-Fiorenzo- aveva detto il nuovo arrivato, chinando il capo nella sua direzione. Lui aveva ricambiato il cenno, ma restando sempre freddo e rigido.

-Cassandro- aveva risposto.

L’altro centauro sembrava nervoso; aveva mosso la coda in uno scatto.

-Il branco... il branco ha deciso che, se vuoi, puoi tornare nella Foresta.

Avevi sentito il tuo cuore perdere un paio di battiti e ti eri affrettata a voltare la testa verso i tavoli. Ti eri alzata e li avevi lasciati soli, sentendo i loro sguardi sulla tua schiena. Le lacrime premevano per uscire.

Significava che ti avrebbe lasciata... ma, d’altronde, avresti dovuto capirlo.

Lui era un centauro, tu un’umana. Non avreste mai potuto stare assieme. Lui viveva più a lungo di te, era più vecchio, più saggio. Non potevi stare con lui, il suo branco non l’avrebbe mai accettato.

Avevi percorso la Sala Grande stringendoti nelle braccia, quel dannato pianto che ti gonfiava la gola, scavalcando le macerie presenti anche lì, con le orecchie piene dei lamenti dei feriti, dei pianti e delle chiacchiere.

Eri uscita, sorpassando Gazza che raccoglieva i calcinacci e la polvere.

Eri uscita, eri andata verso il lago, fermandoti sul prato.

Ti eri seduta sull’erba e avevi ricacciato le lacrime indietro. Avresti dovuto rompere con lui e avresti dovuto essere forte.

-Sai- disse una voce dolce dietro di te, facendoti trasalire -forse non devi chiederti cosa sia giusto e cosa no. Forse dovresti seguire il tuo cuore e basta.

Era la professoressa McGranitt, con i capelli sciolti, la veste in disordine, ma con gli occhi grigi più vivi che mai.

-Ma...

-Niente ma- ti aveva interrotta dolcemente, con fermezza -fallo e basta. Fidati di me.

Se n’era andata, lasciandoti lì, confusa e sola.

La tua solitudine non era durata a lungo. Avevi visto le sagome imponenti dei due centauri uscire dalla scuola, separandosi. Cassandro era andato al trotto verso la Foresta Oscura; Fiorenzo invece era rapidamente giunto dietro di te.

Ti eri girata e morsa le labbra a sangue quando le sue mani si erano posate sulle tue spalle.

-Sai- avevi detto con voce rotta -lo stesso Mangiamorte che ho ucciso oggi aveva ammazzato mamma e papà davanti a me quando avevo sei anni.

La sua presa si era fatta più dolce e salda, e avevi portato le tue mani sopra le sue. L’avevi sentito muoversi, e poco dopo le sue mani erano scese sui tuoi fianchi, attirandoti al suo petto. Avevi chiuso gli occhi, mentre ti abbracciava, da dietro.

-Quindi è finito tutto? Voldemort... i Mangiamorte... adesso ci sarà la pace?

-Sì- aveva risposto semplicemente, tranquillo.

-Perché sei così calmo?- Avevi chiesto all’improvviso, voltandoti verso di lui. I suoi occhi sembravano zaffiri pallidi, illuminati dai raggi del sole nascente.

-Perché so già cosa vuoi dirmi- aveva portato una mano alla tua guancia e tu avevi inclinato la testa, cercando quella carezza, mentre ti immergevi nella dolcezza delle sue iridi.

-Cosa voglio dirti?

Fiorenzo aveva chinato la testa e aveva sfiorato le tue labbra con le sue.

-Che non possiamo stare insieme perché apparteniamo a due specie diverse. Anche Cassandro la pensa in questo modo.

Avevi alzato lo sguardo, osservato i suoi lineamenti.

-Cosa pensi tu?

Il suo sorriso era strafottente, molto diverso da quelli inespressivi che apparivano sulle sue labbra quand’era il tuo insegnante del sesto anno.

Il suo bacio era stata una risposta più che soddisfacente. Ti eri dimenticata di tutto il dolore e la gioia che aleggiavano attorno a voi, la tua mente era occupata solo dall’emozione di sapere che Fiorenzo era vivo, accanto a te, sopravvissuto a quella guerra insensata e soprattutto dal saperlo tuo.


* * *


Era passato più o meno un anno, e insegnavi a Hogwarts. Trasfigurazione.

Quando avevi chiesto alla McGranitt di poter avere l’incarico lei aveva sorriso soddisfatta e ti aveva subito assunta, pochi mesi dopo la fine della guerra, nonostante ci fossero molte persone più esperte e in gamba di te. In poco tempo quella donna era diventata il tuo punto d’appoggio, la tua amica più cara. Eri rimasta con pochi amici: Lisa e Michael si erano sposati e lei aspettava un bimbo. Li avevi perdonati da tempo, ora che avevi Fiorenzo al tuo fianco. Avevi mantenuto i contatti con Luna Lovegood, tua cara amica, e un paio di altri ragazzi, ma vedevi regolarmente solo lei e Neville.

Ti piaceva molto il tuo lavoro; amavi la tua materia, e, a detta degli altri insegnanti, sebbene fossi giovane riuscivi a trasmettere loro il tuo entusiasmo. A parte che ad alcune eccezioni, ma quelle c’erano sempre.

Non avevi mai avuto una casa, perciò eri lieta che Hogwarts avesse continuato ad esserlo.

Ma sulla tua decisione di diventare insegnante aveva influito anche un altro fattore molto importante, un’altra persona: Fiorenzo.

Era rimasto ad Hogwarts ad insegnare Divinazione agli studenti più piccoli, mentre la Cooman aveva continuato ad avere i più grandi. Tutti quanti erano rimasti sorpresi dal fatto che eri fidanzata con un centauro, ma ogni volta che le risatine a malapena trattenute degli studenti nei corridoi diventavano troppo Minerva sapeva sempre cosa dirti.

Tu stessa eri rimasta sorpresa dalla decisione di Fiorenzo di continuare ad insegnare. Ti aspettavi che tornasse nella Foresta Oscura con gli altri centauri, e in effetti era stato così: le sere tornava nel branco, ma ogni mattina era sempre nella sua aula.

Ogni volta che ti svegliavi ti coglieva un breve momento di panico; i ricordi della guerra ti tormentavano in quel secondo tra la veglia e il sonno. Poi però ti ricordavi che Voldemort era morto, i caduti erano stati sepolti e ricordati, e che il tuo amore era lì, poco distante da te, nella Foresta, e che l’avresti visto ogni giorno.

Alcune sere il centauro decideva di rimanere nella scuola e passare la notte nella sua aula verdeggiante, e tu ti trasferivi lì, con lui. Parlavi -perché non avevate cambiato abitudini: eri sempre tu che parlavi e lui ascoltava- fino a tarda notte, poi arrivava un punto in cui lui, stufo delle tue chiacchiere, ti tappava la bocca con un bacio e ti ordinava di dormire. Ti accoccolavi vicino a lui, contro il suo fianco.

A te bastava; non sospettavi nulla.

Era una sera di ottobre; il tuo compleanno si avvicinava, ma non avevi nessuna voglia di festeggiarlo. Era la notte in cui quel Mangiamorte aveva ucciso i tuoi genitori. Il tuo umore peggiorava di giorno in giorno, e i tuoi studenti avevano capito che non era il caso di darti fastidio. Diventavi sempre più severa e intrattabile, ma c’era una sola persona che riusciva a farti stare meglio.

La sera del tuo compleanno avevi lo stomaco chiuso e non te l’eri sentita di andare a cena; non ti sentivi bene, ma non era per ottenere un giorno di riposo che eri andata a cercare Minerva. Non avevi visto Fiorenzo per tutto il giorno, e dato che era la sua giornata libera ti chiedevi dove diavolo fosse andato a finire.

-Non lo so- aveva risposto lei alla tua domanda, con le sopracciglia aggrottate.

Avevi annuito e te n’eri andata, con la nausea che ti assaliva ad ogni passo e la voglia di rimettere quel poco che c’era nel tuo stomaco si faceva impellente, mentre i capelli ti si appiccicavano al collo sudato.

Aveva deciso di rompere. Te lo sentivi, lo sapevi. Non ti voleva più al suo fianco. Non bastavi, eri solo una stupida, misera e stolta umana. Sapevi che ti nascondeva qualcosa da qualche mese, ma avevi sempre evitato di pensarci.

Eri arrivata di fronte alla sua aula -non l’avevi nemmeno fatto apposta. I tuoi piedi avevano deciso di portarti lì di loro spontanea volontà. Avevi aperto la porta quanto bastava per scivolare dentro, all’ombra degli alberi.

Ti eri resa conto di essere sdraiata sul pavimento erboso dopo qualche istante. Sembrava che il tuo stomaco avesse deciso di andare sulle montagne russe, perché era la nausea peggiore che avessi mai avuto. Con un gemito ti liberasti del maglione color rubino e ti rannicchiasti in posizione fetale.

Avevi chiuso gli occhi da minuti, ore, secondi, non lo sapevi.

Ma ad un certo punto le tue orecchie captarono dei brevi suoni soffocati, più delle voci.

Lumacorno? Che diamine ci fa Lumacorno con... ma chi è? Non lo so chi è...

E invece lo sapevi benissimo.

Eccome se lo sapevi, solo che non l’avevi riconosciuto.

Avevi socchiuso gli occhi, mentre tutto girava attorno a te.

Avevi visto delle zampe e sentito Lumacorno fare una di quelle sue esclamazioni strane.

Poi avevi richiuso gli occhi con un rantolo, e avevi sentito solo la sua voce e delle braccia che ti afferravano.

- Lidja...


Ti eri svegliata con un’insopportabile sensazione di caldo appiccicoso addosso. Avevi aperto gli occhi e ti eri accorta di essere nel tuo letto, con le coperte ingarbugliate tra le tue gambe. Avevi gettato un’occhiata in giro, e ti eri accorta che la tua stanza era vuota. Non c’era nessuno.

Con un qualcosa che assomigliava a un gemito più che a un sospiro, ti eri alzata e avevi barcollato fino al bagno, decisa a lavarti tutto il sudore di dosso. Ti sentivi decisamente meglio di prima, sana come un pesce, ma al solo pensiero di dover parlare con Fiorenzo ti sentivi morire.

Come potevi esporre una ragione ragionevole che giustificasse il fatto che eri sdraiata sul pavimento della sua aula, mezza svenuta e probabilmente in preda alla febbre?

Non potevi, punto.

E poi non capivi perché non se n’era ancora andato. Se voleva tornare nel branco, perché aspettare? Poteva semplicemente sparire. Sapeva che l’avresti apprezzato di più. Non volevi sentire giustificazioni, e poi non amavi gli addii.

Mentre ti spogliavi e ti infilavi sotto alla doccia i pensieri ti assalivano, i ricordi dei momenti passati insieme ti tempestavano il cervello come un doxy dispettoso.

Quando non riuscisti più a sopportarlo uscisti dalla doccia. Forse era colpa dell’acqua che scorreva ancora nella doccia, o forse delle tue orecchie ancora piene del suono dei tuoi singhiozzi, fatto sta che non sentisti la porta aprirsi.

-Lid...

Il tuo urlo di paura avrebbe fatto prendere un colpo a chiunque. Mentre ti giravi, con le guance in fiamme, afferrasti al volo l’asciugamano a pochi centimetri dalla tua mano e te lo avvolsi attorno al colpo, isterica.

-Ma sei fuo...- le tue parole furiose furono interrotte dalla visione delle guance cremisi del centauro che, se era possibile, era ancora più imbarazzato di te. Aveva la testa girata verso la porta, i pugni stretti. Però, mentre cercavi di far uscire dalla tua bocca dei suoni decenti che si potessero definire parole, notasti una cosa. Era molto più basso del normale. Che diavolo...

-ODDIO SANTISSIMO!

Il tuo strillo fece male persino ai tuoi timpani, ma stavolta non potevi proprio rimproverarti.

Perché Fiorenzo era un uomo.

Cioè, la metà equina era sparita, sostituita da due lunghe gambe.

-Ma che diavolo... oddio... m-ma... c-come... che cos-... ha-hai...

Fiorenzo alzò timidamente lo sguardo su di te. I suoi occhi azzurri scintillavano.

-Mi dispiace.

Vedendo il tuo sguardo stralunato si affrettò a precisare con un gesto, indicandoti. Rinsavisti all’improvviso, rendendoti conto di essere mezza nuda e gocciolante d’acqua.

-Che cavolo è successo? Come hai fatto? Perché? Come, quando, che cosa?- Eri andata in tilt, mentre ti avvicinavi a lui, guardando tramortita i jeans che indossava. Una cosa non era cambiata: era sempre a petto nudo e il suo sorriso era tinto di una punta di imbarazzo misto a malizia.

Appoggiasti le mani sui suoi fianchi, e lo colsi perfettamente con lo sguardo mentre trasaliva.

-Oh... giusto. Sono tutta bagnata, scus...

-Non è per quello- ti interruppe lui, guardandoti intensamente. Sbattesti le palpebre, schiudendo le labbra in una mezza O di confusione.

-Non capisco...

-Ho chiesto a Lumacorno di fare una pozione per trasformarmi in umano... dura un paio di giorni.

Eri sicura che i tuoi occhi non potessero essere più grandi di così.

-M-ma perché? Voglio dire, a me vai perfettamente bene...

-Ma non a me- ti interruppe, avvicinandosi di un passo. Senza pensare, spostasti la mano dal suo fianco al suo petto, accarezzando la sua pelle morbida in un gesto veloce. Fiorenzo irrigidì la schiena, mentre i suoi occhi color ghiaccio scintillavano.

-In che senso? Ma poi come diavolo ha fatto? Esiste una pozione del genere?

-A quanto pare- mormorò lui.

-Ma perché?- Sì, eri ripetitiva, ma la tua lingua al momento non sapeva fare di meglio. Il tuo cervello doveva ancora riprendersi dallo shock.

Esitò appena, portando lentamente una mano alla tua nuca e avvicinandoti ancora di più a lui. Erano gesti che aveva fatto innumerevoli volte, ma erano nuovi. Era una sensazione diversa, quella di sentire il suo corpo contro il tuo, le sue gambe contro le tue, più corte delle sue. Era ancora più alto di te di quasi tutta la testa, ma almeno non gli arrivavi al petto.

-Perché voglio darti di più- disse sommessamente. Non appena pronunciò quelle parole immediatamente il tuo volto diventò color melanzana.

-M-ma... io n-non...

-Non intendo... quello- disse frettolosamente, arrossendo anche lui. Dio, sembravate due adolescenti in preda alla prima cotta. Ma quelle guance rosate erano adorabili, come l’imbarazzo che scorgevi nei suoi occhi.

-Intendo... voglio dormire con te. Voglio restare con te, svegliarmi al tuo fianco tenendoti tra le braccia.

Se con quelle parole rischiavi seriamente di perdere cinquantasette chili -non amavi le diete e non te ne fregava un emerito nulla del peso- e sparire volteggiando tra le nuvole di zucchero filato, be’, dall’altra parte eri delusa. Insomma, ti aveva appena detto che non ti voleva.

-Okay- il tuo sguardo si era abbassato, e vedendo i vostri petti a contatto, ecco, ti eri ricordata che indossavi solo un asciugamano striminzito. Che, proprio in quell’istante, mentre ti allontanavi da lui, aveva ceduto e si sarebbe persino afflosciato sul pavimento se non ci fossero state le braccia del tuo ragazzo a tenerlo su.

-Oh, ma merda!- Adesso eri davvero in preda ad un attacco di isteria al cento per cento.

Fiorenzo era pure un centauro, sempre attento alle emozioni degli altri, ma evidentemente la sua natura umana in quel momento stava prevalendo su quella equina. Un sorrisetto si dipinse sulle sue labbra, e ti affrettasti a fulminarlo con una delle tue famose occhiatacce che terrorizzavano persino Lisa.

-Fuori, imbecille!

Con immensa delicatezza lo avevi spinto all’indietro e gli avevi sbattuto la porta in faccia, cercando di non sentirti troppo in colpa alla vista della sua espressione sbalordita. Era da tre anni che vi conoscevate, ormai avrebbe dovuto imparare a gestire i tuoi attacchi scontrosi e isterici, no? Anche perché sbottavi per qualunque cosa, anche la più insignificante. In effetti l’attività preferita di Fiorenzo era starti a guardare mentre inveivi contro qualunque cosa, che fosse un tema disastroso o una boccetta di inchiostro stregata dai tuoi studenti che ti esplodeva in faccia.

Velocemente, adottando il metodo più rapido -cioè la bacchetta- ti asciugasti dall’acqua, lasciando però umidi i capelli. Decidesti di mettere solo una maglia gigantesca, nera, con la scritta IO AMO I CENTAURI stampata sul petto, più i pantaloncini viola della tuta. E la biancheria, ovvio.

Avevi il cuore che ti batteva a mille, ma una volta preso un respiro profondo spalancasti la porta, pronta a cominciare un’accesa discussione.

Ma le parole ti morirono in gola quando ti accorsi dello spettacolo davanti ai tuoi occhi.

Fiorenzo era seduto di spalle sul letto, a gambe incrociate, e a giudicare da come teneva alzata la testa stava fissando il quadro appeso sopra alla testiera in legno bianco del letto.

I tuoi occhi si inumidirono, mentre ti mordevi le labbra. Quel quadro lo avevi dipinto tu stessa. Ritraeva i tuoi genitori, in piedi al centro del balcone della vostra casa, che si abbracciavano e guardavano verso lo spettatore con dei sorrisi luminosi.

-Non penso che sia bello, di più- sentisti dire dalla voce calda di Fiorenzo.

Abbassando lo sguardo avevi sorriso nel vederlo girato verso di te, che ti guardava dolcemente.

Senza parlare lo avevi raggiunto, sentendoti sciogliere dalla dolcezza nella sua voce. Avevi gattonato sul materasso fino a sederti di fronte a lui, e avevi fissato il suo volto. Bello, bello, bello. L’avevi già detto che era bello?

Fiorenzo si era sporto in avanti con naturalezza, sebbene fosse ancora un po’ impacciato nei movimenti.  Ti aveva afferrato la nuca e ti aveva catturata in un bacio... un bacio che ti aveva rivoltata da capo a piedi. Sì, la vostra non era una di quelle relazioni definite “normali” dalla gente. Ma la gente non poteva galoppare assieme alla persona che amava per i prati, il vento in faccia e il cuore che batteva a mille. La gente normale non aveva conosciuto il nipote del tuo ragazzo, Nesso, un puledro dolcissimo e tutto l’opposto di Fiorenzo: ribelle e moro. Oltre che un combinaguai cronico. Certe volte i centauri ti apparivano un po’ strani, con tutte quelle frasi del tipo “Marte è luminoso” o “le stelle sono oscurate” con cui rispondevano a ogni tua domanda. Ti domandavi se anche i cavalli normali fossero così strani.

Ma in quel momento Fiorenzo era umano più che mai. Sentivi il suo respiro diventare pesante, e il tuo cuore battere a mille mentre lui si faceva più voglioso.

Ti staccasti dalle sue labbra ansimando.

Le iridi cristalline del centauro ti rispecchiavano. Eri ancora un po’ sconvolta, meno presentabile che mai, con una maglia gigantesca che ti arrivava alle ginocchia... ma lui ti voleva lo stesso. Si sporse verso di te, imprigionandoti tra il suo petto e il vuoto dietro alla tua schiena. Maledetto materasso.

-Avevi detto che non mi volevi- avresti voluto morderti a sangue la lingua quando lui si bloccò lentamente, voltando la testa a guardarti. Nei suoi occhi c’era fuoco.

-Avevo detto- mormorò lentamente, la voce più bassa di un’ottava -che volevo darti di più, ma non in quel senso. Ma non vuol dire che non ti voglia.

Come a dimostrare quelle parole ti accarezzò il collo con le dita, sfiorando appena la pelle, e sussultasti, mentre delle vampate di calore arrossavano le tue guance.

-Sei sicuro?- Chiedesti dubbiosa.

Lui girò di nuovo la testa e sorrise, lentamente. Un sorriso famelico, come quello di una pantera che sta per lanciarsi sulla sua preda. Che eri tu.

Non rispose. Ti baciò e basta, trascinandoti giù.

* * *
 

-Hai mai avuto una ragazza?

-Cosa?

-Hai capito.

Eri accoccolata contro di lui, con la testa sorretta dal suo braccio. Fiorenzo girò la testa e ti guardò con gli occhi così sbarrati che per poco non ti strozzasti cercando di trattenere le risate. D’accordo, forse eri un po’ allegra... ma chiunque lo sarebbe stato, no?

-Dai, ce l’avevi o no?

-Non capisco perché ti interessi.

-Perché sono gelosa. Sì o no?

-Non c’entra nulla! Stiamo insieme, ora.

-Stai evitando il discorso- lo avvisasti, puntandogli contro il dito. Dopo mezzo secondo te l’aveva afferrato e ti aveva tirata con forza contro il suo petto, circondandoti con le braccia e girandosi sul fianco.

-Dai, Lid.

-No, voglio saperlo! Quante ne hai avute? Due?

Il tuo centauro arricciò le labbra, gettandoti un’occhiata che interpretasti alla perfezione. Avevi assottigliato le palpebre, ben poco propensa ad alzare il numero.

-Quattro?

Aveva stretto le labbra in una linea divertita, spostando lo sguardo sulla tua spalla nuda e cominciando a disegnare ghirigori immaginari sulla tua pelle.  Scacciasti il suo dito, che poi prese ad accarezzarti sensualmente la schiena.

-Stai fermo, imbecille. Sette?

-Sai che quando sei felice la tua propensione ad insultare aumenta notevolmente, vero?

-Stai fermo con quella dannatissima mano!- Avevi esclamato, mentre ti pizzicava il fianco, facendoti sussultare. Lui era scoppiato a ridere, e ti eri incantata a contemplarlo. I suoi lineamenti erano rilassati, un sorriso perenne aleggiava sulle sue labbra. I suoi capelli biondi erano tutti spettinati, ma gli davano un’aria da cucciolo non indifferente.

Con un sospiro l’avevi afferrato per il fianco e velocemente ti eri sdraiata sul suo petto, affondando il mento nella sua pelle e ignorando il suo sorrisetto.

-Voglio. Sapere. Quante. Ragazze. Hai. Avuto.

-E io non te lo dico. Anzi, te lo dico. Ma prima voglio sapere una cosa.

-Eh, no, eh. Mia la prima domanda, tua la prima risposta.

Fiorenzo sbuffò esasperato.

-Ne ho avute solo tre. Contenta? E l’ultima è stata dieci anni fa.

Sentendo le sue parole, avevi sospirato di sollievo, ma una scintilla di gelosia si era accesa nel tuo petto, nonostante sapessi che ormai lui guardava solo te. Ti eri distratta un attimo, inseguendo le carezze che il centauro ti lasciava sulla schiena, massaggiando la tua pelle e facendoti rilassare i muscoli. E quell’attimo di distrazione ti era costato.

Si era accostato al tuo orecchio, baciandoti la guancia. Avevi chiuso gli occhi.

-Era la prima volta che facevi l’amore?

-Sì- avevi sospirato, imbronciata, senza nemmeno pensare. Poi ti eri conto di che cosa gli avessi appena detto, e ti eri sentita morire d’imbarazzo. Tutto al contrario di lui, che ti aveva afferrato il volto e ti aveva baciata con amore.

-Ti amo- avevi soffiato sulle sue labbra. Lui si era scostato. I suoi occhi azzurri erano davvero felici, ora.

-Anche io ti amo.



ANGOLINO DELL'AUTRICE:
Innanzitutto, se qualcuno sta leggendo, mi scuso per il ritardo, ma mio padre mi ha riparato il pc solo dopo due mesi (-.-) e non riuscivo ad aggiornare sul portatile.
Non so come sia venuto questo capitolo; ammetto che l'idea della pozione che trasforma Fiorenzo in umano per un po' è altamente improbabile... ma mi piaceva. :)
Non ho niente altro da dire, solo che le vostre recenzioni erano bellissime da leggere ahah e che la storia termina con questo capitolo :) mi spiace solo di avervi fatto aspettare tanto per leggerlo :D
Un bacione, e grazie!
Anna
   
 
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