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Autore: KikiShadow93    14/09/2014    9 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
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Piccola avvertenza: sono passati 36 giorni da quando Akemi ha lasciato la ciurma.
Personaggi originali di questo capitolo:

 
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1

Essendo l'ultimo giorno di permanenza a Foodvalten, ed avendo in programma di ripartire per il mare aperto subito dopo aver pranzato, i due comandanti vagano per le strade affollate della città come una normalissima coppia di turisti. Parlano dei loro affari, rimanendo sempre su argomenti leggeri, ridendo e scherzando.
Sui fianchi della strada ci sono varie bancarelle piene di souvenir e quant'altro, mentre una musica allegra aleggia nell'aria. Aleggia pure un profumo invitante, indice che il loro tempo è giunto quasi al termine.
Rendendosene conto, Halta stringe involontariamente la mano ad Izo, per poi pentirsene e ritirarla, guardandosi attorno come se niente fosse mai successo. E Izo la guarda mentre compie queste azioni, sorridendo divertito nel vederla tanto in difficoltà. In fondo era lui, fino a poche settimane prima, quello che si congelava completamente al minimo gesto affettuoso!
Attaccato ad una trave testa in giù, ben nascosto nell'ombra, un esserino dalla corta pelliccia nera e con un folto mantello bianco più setoso attorno al collo, con la testolina lunga ed affusolata, dotata di due grossi occhioni color del ghiaccio, segue con attenzione i movimenti dei due pirati. Li osserva da tempo ormai, indeciso se sia giunto o meno il loro momento.
Alla fine, però, dopo lunghe e attente riflessioni interiori, si rompe le balle e semplicemente spalanca la notevole apertura alare di quasi due metri, staccandosi dal sicuro nascondiglio e planando verso i due pirati, non senza emettere degli squittii assai fastidiosi. Si attacca per dispetto ai lunghi e setosi capelli del sedicesimo comandante, tirandoli verso destra, e pare quasi ridere mentre lo fa. Poi, quasi senza ragione, si stacca e volteggia un paio di volte attorno al corpo esile della donna, alzandosi poi in volo e dirigendosi con battiti d'ali regolari e calmi in una via più stretta e meno illuminata. Si blocca a metà strada per poter guardare i due pirati che non hanno mosso un dito e che, anzi, non lo degnano nemmeno di uno sguardo.
Anche adesso si trova a pensare e ripensare a quale sia la tattica migliore per poterli condurre nel luogo prefissato, ma in pochi secondi si stufa e parte di nuovo all'attacco, stavolta portandosi via una ciocca di fine crine color pece, strappata senza tante cerimonie dalla testa di Izo.
«Brutta bestia!» gli urla contro il comandante, estraendo immediatamente la propria pistola e puntandola contro l'animale, che rimane perfettamente immobile in mezzo a quel vicolo, fissandoli con una sorprendentemente intelligenza nello sguardo.
Halta, avendo riconosciuto l'animale come quello a cui hanno sparato una settimana prima, blocca il braccio del compagno, ignorando deliberatamente lo sguardo torvo che questi le rivolge. Sente che sta per impazzire, è ormai convinta di essersi lasciata abbindolare troppo da quel maledettissimo libro, ma non riesce a non pensare che quel pipistrello dalla pelle sin troppo coriacea voglia mostrar loro qualcosa.
«Seguiamolo.» afferma con decisione, puntando lo sguardo in quello sempre più snervato del compagno.
Izo le vuole bene, moltissimo, è innamorato di lei, ma davvero non sa più come farla ragionare. Aveva preso in considerazione l'idea di dirle di andare da qualche strizzacervelli per parlarne, ma l'ha velocemente scartata, giusto per non ritrovarsi steso a terra con le budella sparse un po' ovunque.
«Halta, è solo un comunissimo pipistrello!» per un brevissimo istante abbandona il suo solito tono calmo e pacato, sostituendolo con uno più aggressivo, che infastidisce non poco Halta.
«Un comunissimo pipistrello che vola in mare aperto, che ci ha condotti qui, che resiste agli spari, che ci segue e ci fissa!» gli urla contro con tutta l'aria che ha nei polmoni, alzandosi sulle punte per poter raggiungere il suo viso e fargli capire, magari sputazzando mentre parla, quanto sia sicura di avere ragione e quanto lui sia un idiota. Però poi si calma, passandosi con fare molto teatrale una mano tra i capelli scompigliati, che porta dietro l'orecchio. Incrocia le braccia sotto al seno, puntando gli occhi in quelli neri dell'uomo «Senti, io voglio seguirlo. Tu vai pure dagli altri e divertiti.»
Detto questo semplicemente prende e s'incammina velocemente nella stessa direzione del topo volante, lasciando il sedicesimo comandante in mezzo alla strada come un fesso.
La fissa come in trance, rimuginando attentamente sulle sue parole. Prima si è arrabbiata, per poco non gli molla anche un pugno, poi si è calmata. Si è ricomposta e ha accennato pure ad un sorriso, parlandogli con voce calma e modulata. Gli ha detto che può andare dagli amici a divertirsi, a passare le ultime ore sulla terra ferma come farebbe qualsiasi marinaio sano di mente.
'È una trappola.' deduce con ovvietà, sbuffando indispettito mentre le corre dietro. Nella sua mente elabora tutti i modi possibili per fargliela pagare, mentre il suo istinto lo costringe a prendere una delle sue pistole e nasconderla dentro l'ampia manica del kimono.
Corre per una decina di minuti buoni, trovandosi addirittura costretto a seguire le tracce che la compagna ha lasciato sulla stradina non asfaltata che porta nel fitto della vegetazione. La consapevolezza che Halta abbia avuto un'idea assolutamente di merda diventa sempre più fastidiosa per lui, tanto che vorrebbe tirarle un calcio nel culo non appena la vede, bloccata come una statua di fronte ad una casa fatiscente. Ha le braccia stese lungo i fianchi, lo sguardo puntato sul piccolo foro in un angolo del primo piano di una casa fatiscente.
«Ti ha portato alla sua tana, sei contenta?!» le strilla da dietro Izo, facendola trasalire.
Si volta per guardarlo, puntando un braccio verso la porta sbarrata con delle assi di legno semi-marce.
«C'è qualcuno dentro... l'ho sentito ridere.» bisbiglia con un filo di voce la ragazza, facendo saettare gli occhi dal pirata sull'edificio «E poi c'è della musica, senti?»
Izo si avvicina cautamente, pronto a tirar fuori le armi e ammazzare qualsiasi folle convinto di poterli far fuori. Si avvicina e poi la sente, una musica techno a basso volute, sensuale e macabra al tempo stesso. I bassi fanno vibrare i muri già instabili, rischiando così di farli cedere una volta per tutti. Abbassa lo sguardo sulla compagna e le sorride per rincuorarla. Ha letto così tante cose su quel macabro libro che davvero non sa come faccia a non avere paura della sua stessa ombra.
«Dai, togliamo quelle assi.» afferma facendo un passo in avanti, venendo però bloccato con forza per un braccio.
«Laggiù c'è un buco, vedi? Potremmo entrare da lì, no?» consiglia insicura, indicando con un cenno del capo il piccolo buco nella parete in cui, a fatica, entrerebbe solo lei.
«Meglio avere una via d'uscita sicura.» le risponde mantenendo quel falso sorriso sulle labbra, per poi arpionare con le mani callose e forti le travi e strapparle di netto. Poco gli importa del fracasso che questo gesto comporta, tanto chiunque sia lì dentro li sta già aspettando.
Afferra Halta per un braccio ed entra con passo lento e fermo, guardandosi attorno con maniacale attenzione.
La porta antica e cigolante si dà su un salotto, un'ampia stanza buia con al centro una rampa di scale, arredata semplicemente con un pianoforte impolverato con quasi tutti i tasti tolti, affiancato da un vecchio divano puzzolente e rovinato.
«Dobbiamo salire.» un'affermazione ovvia quella di Halta, ma Izo avrebbe preferito non sentirla per niente. Perché forse la compagna non se ne è resa conto, ma lui si. Lui ha visto il sangue fresco dietro al divano e anche la punta delle pallide dita piegate di una mano.
Sia chiaro, il sedicesimo comandante Izo non è mai stato un fifone. Ha ucciso innumerevoli volte in vita sua, e non se ne è mai fatto un problema. Ma le carte in tavola sono cambiate pure per lui, visto che adesso sa cosa si nasconde nell'ombra. E sa anche che quel qualcosa, per una ragione che ancora non comprende, vuole loro.
Deglutisce a vuoto e rafforza maggiormente la presa sul polso di Halta, incamminandosi con attenzione sulle travi mezze marce delle scale. Giungono così in un lungo corridoio, delimitato da muri vecchi e scrostati, illuminato da una lampadina gialla. Il suo, però, non è un giallo vivo e intenso: è pallido, malato, freddo.
Buttano uno sguardo nelle due piccole stanze che incontrano sul loro cammino, quasi vomitando alla vista di ognuna di esse: la prima stanza era il bagno, ricoperto di sangue fin sul soffitto, con un cadavere in avanzato stato di decomposizione nella vasca, e la seconda era la camera dei bambini. La cosa disgustosa, sta nel fatto che i bambini fossero ancora dentro, impiccati a testa in giù al ventilatore, con le gole dilaniate.
Ma è la porta in fondo al corridoio che li sta chiamando. Una porta che non veniva aperta da decenni e che nessuna creatura può aprire senza invito.
Insieme alla musica, un odore tremendo gli arriva di colpo alle narici, come di una carogna lasciata lì a marcire. Soffocano un conato di vomito e provano a respirare tenendosi una mano davanti alla bocca, inutilmente. Percepiscono ancora quell'odore acre e putrido.
«Ma che diavolo è questa puzza?!» ringhia a denti stretti il pirata, bloccandosi di colpo, come pietrificato da una voce calda e strafottente.
«Piaciuto il tour?»
Tre grossi cani in avanzato stato di decomposizione gli si lanciano contro, latrando e provando ad abbaiare come un tempo, riuscendo solo a gorgogliare e ringhiare. Sono grossi e muscolosi, slanciati, il pelo nero raso e lucido, con le code amputate corte ed infette, teste piccole con diversi squarci che mostrano la carne viva, anch'essa infetta, gli occhi piccoli sono completamente iniettati di sangue. Alcuni organi vitali e le gabbie toraciche sono esposti, mettendo in mostra la carne putrida e brulicante di vermi.
«Fermi.»
Le tre bestie si bloccano di colpo, e dai loro occhi privi di vita pare saettare, anche solo per un secondo, un profondo senso di paura. Si ritirano piano, quasi guaendo, e si portano ai piedi dell'uomo ancora nascosto nell'ombra.
Le varie donne alle loro spalle, a cui non avevano dato precedentemente attenzione, si strusciano l'una sull'altra a tempo di musica, scambiandosi baci tutt'altro che casti, palpandosi i seni prosperosi e i posteriori lasciati praticamente nudi. Ballano e si toccano, si baciano, si strusciano, le loro mani pallide esplorano senza problemi le intimità delle compagne, facendole gemere di piacere.
Una di loro, una giovane e avvenente ragazza dai capelli castano chiaro e gli occhi di ghiaccio, con dei seni così prosperosi da far invidia pure a Nico Robin, pensa bene di dover soddisfare anche i loro ospiti e si avvicina ad Halta, prendendole il viso pallido tra le dita affusolate e mettendole, senza tante cerimonie, un metro di lingua in gola, mentre con l'altra mano prova a scivolare oltre il bordo dei suoi pantaloni. E questo va tutt'altro che bene al sedicesimo comandante, che in batter d'occhio ha estratto la propria pistola e ora la punta contro la ragazza, completamente sbigottita da quella reazione.
«Volevi essere tu il primo?» pigola titubante, per poi essere trasportata via da un'amica, anch'essa di una bellezza da mozzare il fiato.
Sono tutte uguali, ora che ci fanno caso: visi attraenti, tette enormi, vitini da vespa, gambe lunghissimi, corpi da mozzare il fiato pressoché lasciati nudi e tutte con una fame incredibile di sesso.
Una di loro, quella con i brillanti capelli bianchi, scatta come una molla e si frappone tra il pirata e il proprio venerato creatore, snudando le zanne in segno di minaccia.
«Non ti azzardare a minacciare il nostro Signore!» gli ringhia contro, afferrando di volata la pistola che tiene in mano Izo e buttandola via, mentre dietro di lei i cani zombie non si perdono neanche un movimento.
«Numero sei.» la voce calma dell'uomo si fa sentire ancora e la donna, prima tanto aggressiva e pronta a sbudellare i due filibustieri alla prima occasione, si accascia a terra, docile come una gattina, toccandosi lascivamente il copro che vuole offrire a lui ancora e ancora.
«Sire...» ansima, mentre un'altra le è già addosso, la tocca e la bacia, fa quasi sesso con lei di fronte a tutti.
La musica, la puzza di morto mista a quella di sesso. Ai due pirati gira la testa, vorrebbero andarsene, ma qualcosa li trattiene ancora in quel piccolo assaggio d'Inferno.
«Sono vampiri...» mormora con un filo di voce Halta, abbassando Izo in modo tale da poterglielo sussurrare nell'orecchio.
«Oh, bene! La piccola comandante ha fatto i compiti.» strafottenza pura nella sua melodica voce. È sicura, Halta, che se lo sentisse cantare, si lascerebbe condurre in qualsiasi luogo decida. Perché una voce così bella la segui, ti entra nel cervello e non ti molla più. Se solo riuscisse a scoprire chi è a parlare...
«Chi sei?» domanda con tono duro, quasi rabbioso, il comandante, tirando fuori la seconda pistola e puntandola verso l'uomo che, ostinatamente, continua a muoversi nell'ombra. Giusto una mano ha visto, mentre accarezzava la testa deforme di quell'animale che un tempo era sicuramente di gran bell'aspetto.
«Chi sono io non è affar tuo, sedicesimo comandante della flotta di Barbabianca.» la sua voce è calma, come se stesse parlando a dei vecchi amici, ma il fatto che continui a non mostrarsi a loro li insospettisce non poco. «Non ancora, almeno.» aggiunge dopo qualche istante, carezzando ancora la testa dell'animale, che pare quasi godere delle sue attenzioni «Voglio stringere un'alleanza col vostro capitano.»
«E cosa ti fa credere che lui la vorrà stringere con te?» Sarà l'adrenalina dovuta al momento, il fatto che pure Halta è seriamente in pericolo, ma si sente carico come mai in vita sua. Si sente capace di distruggere l'intera isola con le proprie mani.
«Lo credo perché...» gli basta un lieve movimento dell'indice e il cane scatta, veloce come una saetta. Scatta e atterra il sedicesimo comandante, mentre Halta viene affettata per le per le braccia e viene allontanata. L'uomo si avvicina piano al pirata, rimanendo accuratamente nell'ombra. Gli basta sfiorare con la punta delle dita il dorso ossuto della bestia per calmarla, e Izo capisce che si trovano di fronte ad un uomo che, ad occhio e croce, potrebbe far sparire i loro corpi in neanche dieci minuti.
«Perché io vinco sempre.» in quell'ombra assoluta vede un sorriso. Un sorriso allegro, sincero e dannatamente furbo «Verrò questa notte. Le luci della vostra nave saranno spente come da regolamento, mentre le nostre saranno accese. Ci riconoscerete dalla vela.» spiega velocemente mentre viene raggiunto da due vampire dai brillanti capelli rossi. Due gemelle, uguali in tutto e per tutto, ladre di prima categorie e vere bestie a letto. Non poteva scegliere meglio.
«E se rifiutassimo?» domanda con il fiato spezzato Izo, recuperando velocemente la compagna, scossa dal fatto che quelle donne le abbiano tagliuzzato le spalle con dei coltellini e ne abbiano leccato il sangue.
Siamo ancora vivi solo perché lui ci vuole vivi!
«I miei cani hanno fame. Di conseguenza, non uscireste da qui.» risponde semplicemente il loro simpatico interlocutore, voltandosi un poco e porgendo loro la mano destra «Allora... abbiamo questo accordo?»
Izo non ha la minima intenzione di stringergli la mano, né tanto meno di accettare quelle condizioni, così mente spudoratamente, affermando che si faranno trovare e che il loro capitano parlerà con loro. Non ha idea che l'uomo che ha di fronte senta perfettamente che sta mentendo, quindi pensa erroneamente che il sorriso che emerge dal buio sia semplicemente di gioia.
I due pirati escono velocemente dall'edificio, quasi cadendo per terra quando uno dei gradini marci delle scale cede sotto al loro peso.
«È stata un'idea del cazzo!» borbotta furioso Izo, continuando a camminare a passo di marcia per la vegetazione, continuando a respirare a pieni polmoni l'aria fresca che lo circonda, così incredibilmente pura rispetto a quel marciume che ha dovuto sopportare fino a neanche trenta secondi prima.
«Puoi dirlo.» asserisce Halta, facendosi trascinare. C'è qualcosa di strano in tutta quella situazione, oltre ovviamente al fatto che un vampiro voglia stipulare un'alleanza con degli esseri umani. È strano il fatto che li abbia condotti lì dentro, che non abbia provato a far loro del male, che li abbia difesi dalle proprie bestie dannate. Da quello che ha letto nel libro, i vampiri non sono certo tipi da queste cose, tutt'altro.
«E ora come lo diciamo agli altri?!» le ringhia contro Izo, fermandosi di colpo e massaggiandosi le tempie con fare esasperato, lasciando che la compagna gli circondi la vita con le braccia. Prova a regolarizzare il respiro, a pensare ad una soluzione che possa giovare a tutti quanti, ma proprio non riesce a trovare niente.
«Non glielo diciamo e basta.» risponde con voce piatta Halta, tenendo la fronte contro la schiena forte del compagno, che si è irrigidito nell'udire quella frase «Cambieremo rotta, così non potrà trovarci.»
Sbuffa rassegnato, consapevole che, in effetti, è la soluzione migliore. Pure lui ha letto che la tossina rilasciata dagli artigli di quei mostri metterebbe un possessore di un Rogia K.O., e non vuole certo mettere a repentaglio la salute dei propri compagni o, ancor peggio, quella già instabile del proprio capitano.
«Potrebbe non funzionare, lo sai.» mormora angosciato, voltando la testa verso di lei per poterla guardare nei suoi grandi e vispi occhi azzurri.
«Andrà tutto bene.» afferma duramente la donna, per poi pentirsene. Non ha idea se quel piano folle andrà in porto, se quel pazzo omicida riuscirà a trovarli lo stesso, ma non può far altro che sperarlo. Sperarlo, e cercare conforto nell'uomo che ancora tiene stretto tra le braccia «Andrà bene, vero?»
«Si.» le risponde sorridendo Izo, passandole una mano tra i capelli e facendole un cenno col capo di riprendere a camminare, in modo tale da raggiungere gli altri e potersene così andare da quell'isola tanto affollata.
Lo spero proprio, Halta... Lo spero davvero.

2
 
La catena di ferro sbatte a terra violentemente, alzando sabbia e polvere che finisce inevitabilmente nei loro occhi, infastidendoli e aumentando così la loro rabbia.
Catena contro ascia. Velocità contro muscoli. Mesi contro millenni.
Killian osserva con interesse lo scontro, sghignazzando divertito. Sente la loro forza, la rabbia con cui si scagliano i colpi. L'odore invitante del sangue che cola su quella pelle diafana che vorrebbe tanto mordere e baciare.
La catena viene nuovamente alzata. Volteggia attorno al corpo di Akemi come un serpente, mentre la ragazza fissa con astio crescente il lupo millenario che ghigna con quell'aria insopportabilmente arrogante. Ringhia con ferocia mentre gli lancia contro la catena con l'intenzione di spaccargli il cranio e cancellare momentaneamente quel ghigno, mandando però il colpo a vuoto. Anzi, non del tutto a vuoto, poiché Freki riesce ad afferrarla con una mano, stringendola saldamente in modo da poter attirare la ragazza a sé.
Per un momento Akemi pensa di mollare la presa e correre in modo da poter guadagnare qualche secondo per pensare ad una strategia decente per prendere meno botte possibile, ma ci rinuncia subito. La cosa migliore è tenere duro, provare a mantenere la distanza puntando i piedi a terra e, nel caso venisse avvicinata troppo, rubargli l'ascia di mano.
Freki, senza mai abbandonare il contatto visivo, ruota l'arma in una mano, giocandoci come se fosse un semplice bastone. Gocce di sangue scuro gli cadono addosso, ma non ci bada minimamente. L'unica cosa su cui vuole e deve concentrarsi è la ragazzina che si dimena come un'anguilla davanti a sé. Deve riuscire a scatenare in lei quel meccanismo che hanno tutti loro nella testa; quel meccanismo che li rende tanto pericolosi, che li fa diventare in tutto e per tutto delle bestie feroci assetate di sangue, capaci delle peggiori atrocità pur di salvarsi la pelle.
Killian osserva, silenzioso. Osserva i muscoli sviluppati di Freki e quelli ancora acerbi della ragazza. Osserva l'imponente stazza del primo e la gracilità della seconda. Capisce che quello è uno scontro con l'esito già scritto in partenza, che potrebbe essere modificato solamente giocando sporco. Lui stesso si è ritrovato a dover giocare davvero sporco quando si scontrò contro i due Ulykke, uscendone vincitore per pure fortuna. Se i due avessero usato di più la testa e non si fossero lasciati guidare solamente dall'istinto, probabilmente l'esito non sarebbe stato lo stesso.
«Non posso fare a meno di domandarmi se hai intenzione di ucciderla o altro.» commenta sovrappensiero, mentre guarda l'uomo afferrare finalmente la ragazza per il collo con la stessa catena con cui l'aveva attaccato e buttarla a terra.
Freki gira un poco la testa, guardandolo come se avesse detta la più grande stupidaggine della storia. Nel mentre si mette anche a cavalcioni sul torace di Akemi, bloccandole i polsi con una mano e mettendole la lama affilata dell'ascia alla gola.
«Deve imparare a difendersi, no? Questo è il modo migliore.» risponde sorridendo beffardo il maggiore, saltando agilmente di lato non appena la ragazzetta prova a sferrargli una ginocchiata nella schiena. Si accuccia al suolo, fissandola con eccitazione crescente. In fondo, quella è la prima volta in assoluto in cui riesce quasi ad attaccarlo, e non può esserne altro che fiero.
«Ceeerto! Quale modo migliore per insegnare a difendersi se non ammazzandola?»
«Posso farcela.» ringhia a denti stretti Akemi, voltando solo per un secondo lo sguardo verso Killian, seduto a pochi metri di distanza. Per sua straordinaria fortuna quel secondo non le risulta fatale, dal momento che Freki si è semplicemente alzato e ha cominciato a spolverarsi i vestiti con indifferenza.
«Non mettevo in dubbio le tue capacità, Lilith, ma i suoi metodi d'insegnamento.» sorride sornione alla ragazza che lo fissa con aria truce, ridacchiando appena quando Freki riesce a tirarle una gomitata nella schiena, buttandola a terra.
«La smetti di fare lo splendido?» gli ringhia contro il lupo più anziano, tenendo un piede in mezzo alla schiena dell'allieva, impedendole così di sgusciare via per recuperare una delle due armi.
«E perché mai dovrei? L'ultima volta ha portato a buoni risultati.» risponde allegramente Killian, ammiccando in direzione di Akemi, alla quale manca davvero poco per staccarsi un braccio pur di raggiungere la catena. La sta toccando con la punta delle dita, le manca davvero poco, peccato solo che Freki sia più veloce: salta all'indietro e l'afferra per le caviglie, scagliandola malamente accanto al ragazzo che continua a sorriderle con quell'aria maliziosa che la fa tanto ridacchiare.
«Non farti strane idee, Killian.» mormora Akemi, mentre il diretto interessato l'aiuta a rimettersi in piedi. I due lanciano una veloce occhiata a Freki, sorprendentemente nervoso a causa della fame che sta provando.
Quando dico che voglio allenarmi il pomeriggio, non lo dico tanto per!
«Perché?» le domanda realmente confuso il Titano, corrugando il visetto come quello di un bambino a cui vengono negate le caramelle.
«Perché non ho intenzione di tradirlo.» questa risposta blocca completamente la situazione. Sentono il lieve vento che gli accarezza la pelle, la sabbia che prova a scalfirli, i muscoli rilassarsi per un breve e dolcissimo istante, e sentono anche il cuore imbarazzato della ragazza battere più velocemente.
«Cosa?» le domanda Freki, avvicinandola con passo svelto per provare a capire se i suoi scarsi risultati e la mancanza di quel pennuto siano collegati «Intendi il piccione blu? Ma se è finita tra voi!»
Da un occhio esterno, quest'ultima affermazione potrebbe essere fraintesa da chiunque: il tono della sua voce, il fatto che l'abbia afferrata per un polso e che la tenga vicina, con sguardo furioso... potrebbero sembrare una coppia di innamorati ancora non dichiarati. Ma la verità è ben differente per entrambi: per lei Freki è indiscutibilmente un uomo forte, protettivo, fedele e, se si è svegliato bene, simpatico, ma niente più di questo; mentre per lui Akemi è una specie di bambolina che non può muovere due passi senza essere monitorata dalla madre, costretta a vestirsi come una principessa, cosa che gli dà il vomito. Lui ha sempre avuto delle guerriere fuori di testa, non dolci bamboline che a letto avrebbero da ridire anche su come le sta toccando!
Akemi si allontana il più possibile dall'avversario, che, giusto per ricordarle quanto valga poco, non le dà minimamente attenzione.
«So che può sembrare assurdo, ma... non voglio tradirlo.» annaspa Akemi, rispondendo finalmente alla domanda che le aveva posto Freki qualche minito prima. Se solo non continuasse a massacrarla, riuscirebbe a dare sicuramente risposte più esaurienti «Nel mio cuore c'è lui. Lui e soltanto lui.»
«Ma quanto sei romantica!» afferma stampandosi in faccia un'espressione quasi commossa per poi sferrarle a tradimento un destro nella bocca dello stomaco che la fa piegare in due. «Non abbassare mai la guardia.» commenta roteando gli occhi al cielo. È la prima cosa che le ha insegnato da quando si occupa di lei e ancora pare non essere particolarmente chiara. E pensare che è un concetto tanto semplice!
Killian scoppia in una fragorosa risata, causata un po' dalla faccia allucinata della ragazza accasciata al suolo e un po' dalla sua precedente affermazione, e dopo qualche istante si alza in piedi, spolverandosi i pantaloni ed incamminandosi verso l'uscita, richiamato da un forte appetito.
«Io schiodo, ci vediamo a pranzo.» urla ai due combattenti, fingendo di non sentire la richiesta di aiuto della ragazza che, a sua insaputa, sta strisciando per terra come un verme per scappare. Non sa neanche che Freki l'ha afferrata per una caviglia e la sta sbattendo letteralmente come un tappeto, ma non gli importa poi molto: c'è troppa fame adesso!

Durante il tragitto dalla zona desertica al palazzo, come era ovvio che accadesse, hanno incontrato un po' chiunque. Gente cortese che vorrebbe portarla a fare passeggiate, vorrebbe darle dei consigli, sarebbe oltremodo lieta di parlarle un po' di suo padre. E Akemi ne è felice. Ne è felice davvero.
Trotterella al fianco di Freki, provando a coinvolgerlo in qualsiasi tipo di conversazione come fa sempre, ma niente: si è svegliato con la Luna di traverso.
Dopo un interminabile sbuffo di disapprovazione, lo affianca giocosamente e comincia a copiare i suoi movimenti. Freki ne se rende immediatamente conto, osservandola solo con la coda dell'occhio, e a stento trattiene le risate.
Sembriamo Tyr e Fenrir. Il primo vuole giocare, e il secondo deve sempre mantenere un certo autocontrollo.
Le lancia una fugace occhiata, trovandola incredibilmente felice. Si domanda per quale ragione lo sia, perché si senta realmente tanto allegra da trottargli attorno e copiare le sue espressioni, come se non l'avesse mai sfiorata neanche con un dito.
Salgono le lunghe scale fianco a fianco, e Akemi cerca di ricomporsi per non passare come una totale deficiente. Impresa che risulta particolarmente semplice dal momento che una sua assai sgradevole conoscenza si è fermata in cima alla scalinata, come se la stesse aspettando.
«Ma guarda un po' chi si vede! Sempre insieme voi due, eh?»
Freki sbuffa infastidito, indeciso se afferrarla per i capelli e appenderla a testa in giù ad un lampadario o meno, mentre Akemi si sforza di sorridere e la saluta, impegnandosi con tutta sé stessa per ignorare il suo commento assai inopportuno.
«Freya.»
La bionda licantropa sorride con aria beffarda, avvicinandosi di qualche passo ai due e sbarrandogli la strada. Incrocia le braccia sotto al seno e fissa con insistenza Akemi, senza mai abbandonare quell'odioso sorrisetto.
«Ti vedo di buon umore, Lilith.» commenta con finto interesse, facendola quasi preoccupare.
«Non dovrei esserlo?»
Ridacchia vittoriosa, Freya, reclinando la testa di lato e guardandola, adesso, con uno sguardo derisorio, cosa che mette in allarme Freki, ben consapevole di quanto alla biondina piaccia tirare colpi bassi.
«Considerato ciò che ha fatto nell'ultima settimana il tuo umano, direi di no.» afferma con ovvietà Freya, accendendo tutto l'interesse della corvina, ignara di ogni cosa. In fondo lei non sa che Fenrir ha messo Munnin a sorvegliare la sua ciurma, e tanto meno sa che Wulfric gli riferisce ogni cosa bevendo poche gocce del sangue dell'animale.
«Ohhh, ma tu non lo sai! Bene, allora te lo dico io: quel pirata dai capelli assurdi che tu tanto veneri, si sta scopando allegramente tutte le donne di Foodvalten.» insiste con cattiveria Freya, sogghignando nel vedere gli occhi della minore sgranarsi e riempirsi di puro dolore. «Ohhh, ci sei rimasta male, piccola Lilith?» le domanda passandole una mano sulla guancia, falsa e perfida come solo lei sa essere. Certo, sa esserlo solo ed esclusivamente con coloro che sa di poter battere; mai e poi mai proverebbe a fare una cosa del genere a qualcuno come Killian.
«Freya, te lo dirò una volta sola: sparisci.» le ringhia contro Freki, afferrandole il polso con violenza e tirandosela addosso, snudando le zanne a pochi centimetri dal suo viso.
La lupa per un attimo abbassa la propria maschera e si mostra per la ragazza viziata e spaventata che in realtà è, trattenendo il fiato di fronte a quell'imponente macchina da guerra che, se volesse, le potrebbe staccare un braccio senza sforzo, ma poi si riprende, sogghignando come se tutto stesse andando come vuole, come se la situazione fosse totalmente a suo favore.
«Ma quanto sei protettivo nei confronti della tua cucciolotta.» commenta coraggiosamente, lasciandosi scappare un forte guaito quando Freki, ben meno tollerante di Akemi, gli spezza il polso come se fosse un grissino.
«Che succede?!» in soccorso della Lothbrook più anziana corre immediatamente Genma, che la stacca dalle grinfie di Freki e la stringe tra le braccia, ringhiando contro il lupo. Sa perfettamente che in uno scontro non avrebbe la minima speranza di uscirne vivo, ma deve mostrarsi forte davanti alla propria compagna.
«Stavamo avendo una piccola discussione caro. Non devi preoccuparti.» mente Freya, incenerendo con lo sguardo Freki. Lo detesta, lo ha sempre detestato: improponibilmente forte, intoccabile. Oltretutto, poi, non l'ha mai guardata di striscio, malgrado lei si fosse messa in mostra per secoli.«Il pranzo sta per essere servito, Lilith: ti conviene cambiarti velocemente, sai com'è tua madre.» detto questo, con la coda tra le gambe, corre giù per le scale, affiancata dal compagno.
Freki li segue per qualche istante con lo sguardo per essere sicuro che si tolgano di mezzo, per poi rivolgere la propria attenzione alla ragazza che adesso trema per terra, accucciata su sé stessa.
Lui detesta questo genere di situazioni in cui bisogna mostrarsi un minimo sentimentali, ma decide di compiere questo enorme sforzo e si abbassa alla sua altezza, carezzandole delicatamente la schiena per provare a rassicurarla.
«Non piangere...» le mormora all'orecchio, avvolgendole le spalle con un solo braccio. La tiene stretta, lascia che nasconda il viso contro il suo petto e la lascia singhiozzare, guardandosi attorno per essere sicuro che nessuno la veda. Perché nessuno deve essere visto quando crolla, non in un ambiente come il loro almeno.
«Non gli importava niente di me...» mormora con la voce spezzata dal dolore, stringendosi maggiormente al tutore, sentendosi incredibilmente protetta dalle sue braccia. Lo stringe e piange, mentre la rabbia aumenta nel suo cuore. I singhiozzi si trasformano in un ringhio basso, le lacrime smettono di scorrere e le iridi si tingono di nero. «Non gli è mai importato niente! Era solo un gioco per lui!» urla furiosa, piegandosi in due per il dolore.
Freki abbassa gli occhi su di lei, rivedendo molto di sé stesso in questa sua reazione. Rivede il proprio dolore passato nella sua espressione contratta e ricorda di come il fratello gli stette vicino, di come lo rassicurò, di come lo fece uscire da quel tunnel di autodistruzione in cui era stato inghiottito.
Senza dire una parola, le mette il braccio libero dietro le ginocchia e, dopo aver rafforzato la presa sulle spalle, se la carica in braccio, riprendendo a camminare. Non la guarda, non le dice neanche di smettere di dimenarsi come una bambina.
«Che stai facendo?!» gli ringhia contro Akemi, che non vorrebbe far altro che correre via da quel sontuoso palazzo per dirigersi al porto. Lì ruberebbe una nave e, anche se dovesse impiegarci dei mesi per riuscirci, troverebbe la Moby Dick e picchierebbe a sangue Marco, giusto per fargli capire fino in fondo il suo errore. Týr, se fosse ancora al suo fianco, le avrebbe scherzosamente detto che “nessuno scherza con un fottutissimo Lothbrook”.
«Ti porto in camera tua. Meglio che nessuno veda.» risponde con voce piatta Freki, stringendo maggiormente la presa attorno al suo corpo, imponendole silenziosamente di darci un taglio e stare buona. Si sta già sforzando parecchio in quel momento per mostrarsi il più umano possibile, ma se lei dovesse continuare ad opporre resistenza si vedrebbe costretto a picchiarla di nuovo.
Dopo qualche minuto di cammino finalmente raggiungono la stanza, rimanendo in completo silenzio. Freki la poggia con poca grazia sull'ampio letto e poi comincia a frugare nel suo armadio per trovare qualcosa da farle indossare che vada bene anche alla madre, così da poter finalmente andare a mangiare. Sceglie un lungo vestito nero a maniche lunghe che coprirà perfettamente tutti i suoi tatuaggi e, fiero della scelta, glielo getta addosso con fare scherzoso, convinto di riuscire a strapparle quanto meno un lamento. Invece non c'è alcuna reazione da parte della ragazza, e la cosa, sorprendentemente, gli spezza il cuore. Le si avvicina piano, tenendo la testa china, cercando le parole giuste per poterla tirare un poco su. Non è bravo con i discorsi, ancor meno di Killian, e per questo rimane per almeno cinque minuti in silenzio di fronte a lei, decidendo infine quale via seguire.
«Devi farti forza. Per il tuo umano tra voi è finita più di un mese fa. Sei scappata, li hai lasciati. Non ti ha tradita, è solo andato avanti.» afferma con voce pacata, inginocchiandosi davanti a lei e mettendole le mani sulle ginocchia, guardandola nei suoi grandi occhi incredibilmente vuoti «Ci vuole un po' perché passi il dolore, ma poi passa, te lo assicuro.»
«E tu che ne sai?» soffia in risposta Akemi, indurendo lo sguardo.
«Ho più di settemila anni, ragazzina. Pensi che non abbia mai provato un dolore simile?» sorride beffardo mentre lo dire, reclinando un poco la testa di lato e guardandola come se fosse veramente stupida «Stavo con Jena. Abbiamo avuto tanti e lunghi tira e molla, ma ogni volta finiva perché lei, fondamentalmente, è una puttana.»
Ricorda di aver sentito qualcosa a riguardo, Akemi, ma non aveva mai preso in considerazione l'idea che proprio lui gliene potesse parlare. Le altre, in uno dei loro momenti di tranquillità in cui spettegolavano tra loro, avevano detto che quello spietato lupo che ogni giorno la prende a calci nei denti soffrì incredibilmente durante tutti quegli anni. Jena era pure fiera del dolore che riusciva a provocargli, cosa che in realtà l'ha molto infastidita.
«Perché ci tornavi insieme, se ti aveva già tradito una volta?» gli domanda con un filo di voce, fissandolo dritto negli occhi. Ha qualcosa Freki, qualcosa che non riesce a catalogare. In lui c'è brutalità, follia e rabbia, ma anche fedeltà, determinazione e, forse, umanità. È proprio quest'ultima qualità che la confonde, che non riesce a fargli capire realmente chi ha di fronte.
«C'era dell'affetto, molto. Ogni volta credevo che potesse cambiare, ma non succedeva mai.» risponde semplicemente l'uomo, sorridendo dolorosamente ricordando quei momenti che aveva quasi dimenticato.
«Mi dispiace...»
«Ormai è passata.»
Si guardano per qualche istante negli occhi e Freki, in un gesto completamente spontaneo, le sposta una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio, senza mai abbandonare quel sorriso caldo che sta cominciando a rivolgerle sempre più spesso. Le pulisce anche un rivolo di sangue dal labbro, portandosi subito dopo il dito macchiato alle labbra, gesto che fa sorprendentemente galoppare il cuore della giovane e turbata immortale.
«Sbrigati, è pronto.» afferma alzandosi il maggiore, lasciandola finalmente da sola.
Esce con passo calmo dalla stanza, dirigendosi verso la sala da pranzo. Pensa e ripensa ai recenti avvenimenti, a quanto la somiglianza tra le azioni di quei due mostri siano simili.
«Altra prova dell'instabilità dei Lothbook.» borbotta a mezza bocca, scuotendo un poco il capo. Nel suo cuore irrequieto si sta muovendo qualcosa, dopo innumerevoli anni. Non è la solita rabbia, la classica voglia di uccidere. È qualcosa che non pensava neanche di poter più provare, qualcosa che presagisce, in un futuro non troppo lontano, eventi disastrosi: paura.

Generalmente i pasti consumati nella grande sala da pranzo della villa sono conditi con chiacchiere e risate, scherzi e battute. Oggi, invece, nessuno dice una parola. Si sono zittiti nel momento esatto in cui la loro giovane ospite ha messo piede nella sala, nera in volto. In quel momento Fenrir e il suo Beta si sono lanciati una veloce occhiata d'intesa, rimasta completamente cieca agli occhi degli altri.
Ora Sakura lancia fugaci occhiatine preoccupate alla giovane immortale che non ha ancora toccato cibo, stringendo la mano del compagno sotto al tavolino.
Freki e Killian fingono una totale indifferenza, camuffando alla perfezione le proprie emozioni come è stato insegnato loro durante i secoli; non possono divenire loro la causa principale della sicura esplosione emotiva a cui assisteranno a breve.
Perché tutti in quella stanza sanno che ormai il momento è giunto. Freya è stata costretta da Fenrir a dire cosa aveva precedentemente spifferato e la reazione che la notizia ha suscitato nella giovane, quindi adesso basta un minimo per farla esplodere.
Akemi, silenziosa ed immobile, fissa la propria fetta di carne, ma in realtà non la vede. Non vede neanche il sangue invitante nel suo calice di cristallo. Non vede nessuno di loro. Non sente neanche le centinaia di odori nell'aria, no: lei sente solo un rumore. Un rumore fuori luogo di cui non riesce a identificare la fonte, fastidioso e martellante.
*tum-tum* *tum-tum* *tum-tum*
*tum-tum* *tum-tum* *tum-tum*
Cosa diavolo è?”
*tum-tum* *tum-tum* *tum-tum*

 
Alza di scatto gli occhi su Freya, trovandola intenta a fissarla con la sua solita e odiosa aria arrogante. Le sorride pure con strafottenza, cosa che la manda sempre più su di giri, sempre più vicino a quella sottile linea che nessun mannaro dovrebbe superare se non con coscienza.
«La smetti di fissarmi?» le ringhia contro, stringendo i pugni al punto di farsi sanguinare i palmi delle mani.
«E chi ti fissa?» soffia in risposta la maggiore, ampliando il proprio fastidiosissimo sorriso, mentre al suo fianco Genma trema impercettibilmente. Non vuole che tra le due scoppi una rissa, non vuole vedere scorrere del sangue inutilmente.
«Freya.» la riprende con tono scocciato Fenrir, continuando a mangiare come se niente fosse. Si lancia continue occhiate furtive con Wulfric che, anche se nessuno dei presenti se ne è reso conto, è più che pronto a scattare. Perché lui aveva previsto che sarebbe successo. Lo sapeva, e glielo aveva detto. Ma la Regina “No, dai. Non vedete che sta bene? Non ha bisogno di farmaci!”.
Wulfric ricorda assai bene le crisi psicologiche di Týr, dove diventava un problema sia per sé stesso sia per chi gli era vicino, e non vuole che ciò accada anche alla ragazza. È troppo diversa e ancora troppo instabile per poter essere domata in caso di esplosione di rabbia, e non vorrebbe arrivare a spezzarle ogni singolo osso che ha in corpo pur di tenerla ferma.
*tum-tum* *tum-tum* *tum-tum*
 
Ancora quel rumore... quel maledetto rumore che la sta mandando al manicomio. Un rumore che conosce, quella melodia che tanto l'affascina, ma stranamente così nuovo e diverso, così flebile che a malapena si può udire.
Alza gli occhi di scatto su Freya, guardandola con tutto l'odio che ha in corpo. Perché si è trattenuta fino a quel momento. Si era creata un'illusione nella quale tutto andava bene, dove lei era felice e serena. Ma non è mai stata felice e serena, non del tutto almeno. Non ha mai sopportato di essere vestita come una bambola, non ha mai sopportato che le venisse detto come comportarsi, cosa fare, dove andare. Non ha mai sopportato essere domata, essere tenuta alla catena, chiusa dentro ad una gabbia dorata senza uscite.
«Tu mi fissi, stronza!» ringhia fissando con astio Freya, la prima della sua lista nera. Se dovrà macchiarsi ancora di tradimento, allora lo farà uccidendo lei, nei modi più atroci che la sua mente instabile può concepire.
«Lilith!» le urla contro la madre, scattando in piedi e battendo i pugni sul tavolo.
«Che vuoi?! Prendi le sue difese?!» le urla di rimando la minore, alzandosi a sua volta. Afferra poi la sedia con entrambe le mani e la scaraventa contro la parete alle sue spalle, mandandola in frantumi.
*tum-tum* *tum-tum* *tum-tum*
Da dove viene questo rumore?!

 
«Perché mi guardi così, mh? Io non sono una bambola, sai? IO NON SONO UNA BAMBOLA!» si strappa i vestiti di dosso, riducendoli in brandelli. Ringhia mentre lo fa, tremando per la rabbia, il dolore e la paura. Un mix di emozioni pericolose per un esemplare come lei, cosa di cui sono consapevoli tutti i presenti.
Freki e Killian, veloci e silenziosi come sono abituati ad essere, fanno scivolare sotto al tavolo i coltelli, pronti a piantarglieli nelle mani per inchiodarla al muro, se si dovesse arrivare a tanto. Pure Wulfric sta pronto, mentre Sakura al suo fianco guarda la giovane immortale con paura crescente.
«Ma che diavolo ti prende?!» le urla contro Geri, realmente preoccupato per la salute sia mentale che fisica della ragazzina. Non che sia affezionato a lei in realtà, però il suo compagno gli ha fatto una testa tanto su di lei, e non vuole che soffra di nuovo. Deve proteggerla se vuole proteggere Kakashi.
«Tu fatti i cazzi tuoi!» urla furiosa, facendolo ammutolire indispettito. Ciondola un poco per la stanza, tenendosi con forza la testa che pare voler esplodere da un momento all'altro «Poi c'è questo rumore...» si stringe la testa cattiveria, quasi fino a spaccarsela per riuscire a farli uscire.
*tum-tum* *tum-tum* *tum-tum*
*tum-tum* *tum-tum* *tum-tum*
... diventa semore più forte...”

 
Le mani sopra le orecchie l'aiutano, ma non cancellano quel maledetto suono. Un suon dolce in realtà, niente che riesca a catalogare come minaccia. Ma è sempre qualcosa che le stanno tenendo nascosta. L'ennesima.
 
*tum-tum* *tum-tum* *tum-tum*
 
«Cosa cazzo è questo rumore?! Mi sta facendo diventare matta!» urla in preda alla rabbia più nera, afferrando i piatti che ha di fronte e spaccandoli con violenza per terra. Ne afferra altri, lancia tutto quello che le capita sotto tiro. Se non fosse troppo pesante, proverebbe a lanciare pure Freki!
Frenrir, signore indiscusso di tutti gli immortali, non interverrà in alcun modo. È una faccenda madre-figlia principalmente. E, una volta che avranno chiarito loro due, andrà lui personalmente a porgerle le sue più sentite scure, a supplicare il suo perdono. Non voleva tradire il ricordo del fratello e tanto meno farla soffrire.
«Uhhh, ma tu non sai proprio niente.» cinguetta Freya, giocherellando con una ciocca di capelli, mentre il compagno la supplica di smetterla, di lasciar stare almeno per una volta.
«Cosa vuol dire?» le ringhia contro Akemi, per poi voltarsi lentamente verso la madre quando la biondina gliela indica con un cenno del capo «Astrid... cosa cazzo vuole dire con quella frase?»
Astrid rimane in silenzio, un'espressione addolorata in volto, una mano poggiata delicatamente sul ventre che, malgrado la gravidanza vada avanti da poche settimane, comincia a farsi più morbida.
«Povera, piccola Lilith... neanche pochi mesi e già ti mettono da parte.» la sfotte malignamente Freya, sporgendosi in avanti col busto per poterle ridere meglio in faccia, fregandosene altamente dei brividi che scuotono il suo esile corpo. Che esploda pure, che muti e l'attacchi: le farà il culo a strisce come tutte le altre volte!
«COME OSI?!» le urla addosso Astrid, snudando le zanne e sbattendo con violenza i pugni sul tavolo, tanto da spezzarne una parte.
Akemi la guarda con le lacrime agli occhi, mentre la consapevolezza sul dove arrivi quel fastidioso tum-tum che tanto l'ha mandata di fuori diventa sempre più reale: è il dolce e ipnotico suono di tre cuori che battono nella stessa persona.
Il suo di cuore, invece, pare cessare di battere per qualche secondo. Sua madre, che tanto dice di adorarla, porta in grembo altri due bambini, concepiti con il fratello del proprio padre. Non è tanto quest'ultimo fatto a darle fastidio, no: è il fatto che sia incinta a farle male! Diceva che le sarebbe stata sempre accanto, che non l'avrebbe mai lasciata, ma adesso come farà con due bambini? Come farà a starle vicina e insegnarle a vivere come loro? Come farà ad amarla allo stesso modo?
Veloce come un fulmine si rigira e corre via, dirigendosi verso l'enorme portone che la condurrà lontano da quella villa maledetta, lasciando i presenti di sasso.
«LILITH!» le urla dietro la madre, impossibilitata ad andarle dietro a causa della salda presa che Killian ha sul suo corpo.
Pure Freki si è alzato in piedi, pronto a correrle dietro e costringerla a ragionare in un modo o nell'altro. La farebbe sfogare, le farebbe tirare fuori il dolore e l'odio, la rabbia e il risentimento. La farebbe sorridere portandola di nuovo da Dory, le farebbe capire che, in fondo, una gravidanza non è poi questa tragedia. Ma non può farlo, non senza il permesso del lupo Alfa che ancora siede composto a capotavola.
Fenrir respira calmo, tenendosi le mani sulle orecchie. Vorrebbe cancellare ogni suono attorno a sé, concentrarsi solo sul proprio respiro pesante e trovare una soluzione. Ma come si può trovare una soluzione con una bambina così? Perché è fisicamente e cerebralmente adulta, lo sa, ma per lui quella è la sua nipotina, la piccola bambina da viziare e proteggere. Non vuole intervenire personalmente, non vuole terrorizzarla e farle male.
«Wulfric.» lo richiama con voce roca e bassa, facendolo scattare sull'attenti. Ai due basta un semplice sguardo per capirsi a vicenda, e subito l'antico vampiro scatta verso l'uscita, pronto a placcare violentemente la giovane pur di arrestarne la corsa. Cosa che, in realtà, fa sul serio: non appena riesce a trovarla, ormai davanti ai cancelli, le si butta con forza addosso e la tira per terra, sedendosi sul suo bacino e tenendole le mani sulla testa. Poco gli importa della testata che la ragazza ha battuto nella caduta, deve ascoltarlo e calmarsi.
«Ragazzina!» le urla in faccia, snudando le zanne e stringendo la presa sui polsi tanto da rischiare di romperli. Potrebbe farlo, vorrebbe farlo, ma si trattiene: i novellini bisogna prima prenderli con le buone. Se poi si dimostrano troppo fuori controllo, vengono legati alla catena finché non imparano un po' di buone maniere e autocontrollo.
«Lasciami!» pure Akemi snuda le zanne. I suoi occhi stanno diventando completamente neri, i denti nella sua bocca sono tutti aguzzi e taglienti. Una lieve peluria le ricopre le braccia pallide, indice che sta permettendo al mostro dentro di lei di prendere il sopravvento.
Per un immortale questo è un comportamento assai pericoloso: se la muta avvenisse contro la propria volontà, ma solo a causa di emozioni forti, la ragione verrebbe oscurata e difficilmente recuperata. La bestia sarebbe mossa solo da un istinto primitivo, il più letale e inarrestabile di tutti, che per essere fermato richiede l'abbattimento del soggetto.
«Devi calmarti, per gli dèi! Sei un pericolo per te stessa e per altri adesso!»
Akemi continua a dibattersi sotto di lui, mentre la consapevolezza di essergli mostruosamente inferiore diventa sempre più dolorosa nella sua mente. Si sente inferiore a tutti quanti, non riesce a mostrare a nessuno che ha del potenziale, che può essere considerata uguale agli altri. Týr glielo aveva sempre detto: l'avrebbero rinchiusa e tenuta in una gabbia dorata.
Per un breve istante le tornano in mente tutti i loro momenti. Ricorda delle volte in cui si sono picchiati a sangue e ridotti in fin di vita. Ricorda il suo carattere impossibile, come si rifiutasse di dirle le cose e come la insultasse. Ricorda anche i loro sorrisi, le battute e gli abbracci. Ricorda anche i pochi baci vaporosi che le lasciava sulla fronte o sulla punta del naso.
Ricorda tutto questo e una nuova ondata di rabbia le invade il cuore, violenta come un uragano e distruttiva come uno dei terremoti che crea suo padre.
Urla con tutto il fiato che ha nei polmoni, strattonando un braccio con così tanta forza da farlo sgusciare dalla sua presa e così lo graffia dritto in volto, staccandoselo di dosso.
Gli artigli sono il suo grande potere, la sua più potente difesa. Týr glielo aveva sempre detto, ma non ci aveva più pensato.
Mentre nuove lacrime la solcano le guance pallice, la sua corsa sfrenata riprende, tutto sotto gli occhi stupiti del Mietitore ancora steso a terra.
La ferita che gli è stata inferta fa male, senza ombra di dubbio, ma per un millenario come lui è più semplice resistere. Senza contare che il veleno di un vampiro è meno dannoso su un altro vampiro!
Si alza a fatica in piedi e annaspa in cerca d'aria, sogghignando divertito da questa nuova piega degli eventi. “È più difficile da domare di quanto pensassimo.
Sakura gli è subito di fianco per sorreggerlo e riportarlo nella villa, dove potrà curarsi a dovere prima che la tossina possa procurargli qualche danno, e durante il tragitto i due si trovano faccia a faccia con l'Imperatore.
Si guardano dritto negli occhi, Wulfric e Fenrir. Si guardano e non si dicono niente. Non c'è bisogno di parlare, il sorriso di Wulfric parla chiaro.
Sei uno stolto, Fenrir, se davvero pensavi di poterla tenere sotto controllo così facilmente. In fondo, è figlia di tuo fratello.

Via da qui, via da qui!
Corre con tutta la forza che ha nelle gambe, ignorando il dolore ai muscoli feriti e bisognosi di riposo. Ignora anche il forte bruciore ai polmoni che implorano di essere riempiti di ossigeno.
Nella sua mente scorrono vari ricordi, ma non vuole aggrapparsi a nessuno di quelli. Solo quelli di una determinata persona rimangono sacri nella sua mente. Diventano come luminosi dopo un poco, come se rappresentassero l'incontro con una creatura divina. Le sue parole diventano improvvisamente le uniche che nella sua vita abbiano mai avuto senso, e di colpo la vista sparisce. Non vede dove va, né chi sono le presenze che sente alle proprie spalle. Sente solamente il prolungato ululato carico di rabbia dell'Imperatore e automaticamente allunga il passo, pompando sempre più sangue e consumando sempre più ossigeno, raggiungendo una velocità sempre più elevata.
Mi seguono... vogliono mettermi in gabbia! Týr lo diceva... si, lui lo diceva! Mi metteranno in gabbia e mi controlleranno!
Ringhia furiosamente, buttandosi istintivamente a terra e proseguendo a quattro zampe, percorrendo così il doppio del tragitto con una sola falcata.
Quando i licantropi sono troppo giovani e inesperti, si trovano spesso a correre in questo modo, incapaci di raggiungere subito la forma completa, assumendo un aspetto per metà umano e per metà animale.
Presa com'è dalla sua fuga non si accorge di uno scricchiolio sospetto alla propria destra. Rumore di passi umani, di qualcuno che tiene un'andatura calma. Poi c'è un secondo rumore che avrebbe fatto bene ad ascoltare, come di un oggetto che fende l'aria, ma se ne rende conto nel momento in cui quell'oggetto le si allaccia dolorosamente alle caviglie e la fa cadere a terra.
«Cazzo!» urla furiosa, provando a liberarsi le gambe dalle bolas che le immobilizzano gli arti inferiori, senza successo.
Non fa poi in tempo a voltare la testa che qualcuno le piomba addosso, mettendole un ginocchio in mezzo alle scapole per tenerla inchiodata a terra e piantandole senza tanti complimenti un ago nel collo.
Non ci vogliono che pochi secondi prima che la potente miscela di tranquillanti entri in circolo e le faccia perdere conoscenza.
L'aggressore si toglie dal viso la maschera fatta di corteccia e foglie e la guarda con incredulità, mentre un luminoso sorriso si increspa sulle labbra sottili «L'ho steccata!»

I colori diventano lentamente più nitidi ad ogni secondo che passa, così come i contorni degli oggetti che la circondano. Alle narici le arriva un tenue odore di legno, resina e detersivo per pavimenti.
Si massaggia un poco la testa con le mani mentre si mette a sedere sul comodo divano a righine bianco e blu, guardandosi distrattamente attorno. L'idea di essere stata bloccata senza essere neanche riuscita ad arrivare al porto la manda completamente in bestia, ma ormai non può farci più nulla. “Chiunque sia stato, deve essere piuttosto forte... meglio non farlo incazzare.
«Dove sono...?» domanda a voce alta, aspettandosi di vedersi spuntare davanti agli occhi un mostro dalle peggiori fattezze, magari anche particolarmente in vena di disobbedire al volere del suo Signore e quindi intenzionato a farla a fettine con un'ascia arrugginita.
«A casa mia!»
Magari no.” pensa sorridendo felice nel veder spuntare dalla cucina la testolina ramata di Silly. Sente provenire un dolce profumino di cioccolata calda, ma si astiene dall'alzarsi e andare a scolarsela tutta. In fondo pare quasi che la stia proteggendo, quindi sarebbe poco rispettoso nei suoi confronti.
«Hai fatto un bel macello, sai? Sono tutti piuttosto su di giri. Ma non preoccuparti: nessuno entra in casa mia!» afferma sorridendo allegra la rossa, trottandole in contro e buttandosi a sedere sul posto libero del divano, osservandola con un certo interesse. Non è da tutti i giorni che qualcuno la combini grossa ad Helheimr, se si escludono lei, Mimì e Kakashi, quindi la situazione non può che essere assai divertente ai suoi occhi.
«Perché?» domanda vagamente interessata la corvina, stringendosi nella coperta nella quale l'altra l'aveva coperta mentre era fuori uso.
«Perché l'ho vietato. Nessuno qui entra senza permesso, è contro le regole. E infrangere le regole ti fa mettere alla catena. Nessuno vuole stare alla catena, credimi... e può finirci pure Fenrir, motivo per cui non può entrare.»
«La tua spiegazione ha dell'assurdo...» borbotta Akemi, che ancora fissa la rossa con sguardo incerto. Aveva sentito che se comincia a parlare è difficile che si fermi, e che in ogni caso vomita sempre una raffica di parole una dietro l'altra, ma non ci aveva creduto. In fondo è spesso silenziosa con lei.
«Che è successo?» le domanda stranamente seria in volto, giocherellando con la punta della treccia che le cade morbidamente sulla spalla. Sapeva dal momento in cui l'avevano portata nell'isola, Silly, che la piccola Lilith sarebbe esplosa da un momento all'altro, ma la cosa la incuriosisce lo stesso.
«Va tutto a puttane... tutto quanto.» mormora stancamente Akemi, fregandosene se sta raccontando i fatti propri a quella che è quasi un'estranea per lei. Ha qualcosa negli occhi Silly che la spinge a fidarsi, qualcosa di caldo che manca negli occhi di tutti gli altri. «Credevo che stesse andando tutto bene, ma era solo una stupida illusione. La mia famiglia adottiva mi ha dimenticata, la mia famiglia biologica sta per rimpiazzarmi... mia madre mi tratta come se fossi una specie di bambola di cui far sfoggio, cazzo!»
Silly storce un poco la bocca mentre ci riflette, per poi regalare alla scossa ospite un sorriso raggiante dei suoi, di quelli che ti mettono per forza un pizzico di allegria addosso «In effetti Astrid è una rompicoglioni, non lo nego, e non nego neanche il fatto che ti stia controllando troppo, costringendoti ingiustamente ad essere qualcosa che non sei... però posso garantirti che ti sbagli su una cosa: non vogliono rimpiazzarti.»
Akemi ci pensa su con attenzione, soppesando ogni parola, arrivando a comprendere velocemente che, in effetti, è stupido avercela con la madre per questo. Certo, l'idea di avere due fratellini o sorelline tra i piedi non le va per niente giù, ma non ha alcuna intenzione di intralciarle la strada. Non vuole diventare una specie ti tiranno come lei!
«Perché non mi hanno detto niente?» domanda comunque, spinta dalla sua inesauribile curiosità.
«Per paura di farti male. Stavano solo cercando il momento più adatto.» le spiega con ovvietà la maggiore, stiracchiando le braccia verso l'alto, in modo tale da far scrocchiare anche le vertebre.
«Ci ha pensato Freya al posto loro. Gentile, non trovi?» sbuffa ancora in collera Akemi, voltando la testa di lato. Vorrebbe davvero fare del male a Freya, ridurla in poltiglia e ballare sulla sua carcassa, ma è ben consapevole dell'abisso che ancora le separa.
Se solo ci fosse un solo modo per metterla K.O. ...
«Quel troione! Arriverà il giorno in cui le strapperò la lingua con un tagliaunghie, credimi.» sbotta infuriata Silly, che non ha mai visto di buon occhio l'anziana Lothbook. Capisce che un licantropo possa sentirsi importante ad una certa età, che venire dalla dinastia pura possa avere un certo fascino, ma comportarsi come una reginetta come fa lei davvero non lo sopporta. Può accettarlo da Astrdi perché, in ogni caso, sono stati proprio loro a darle il suo titolo, ma Freya proprio non la capisce.
Arriverà anche il suo giorno, è sicuro. Presto o tardi arriva per tutti!
«Prendo la cioccolata!» afferma scattando in piedi come un grillo, saltellando per il breve tragitto che separa il salottino dalla cucina. Nel farlo le si solleva un poco la camicia bianca, mettendo involontariamente in mostra il vistoso tatuaggio che ha sul fianco.
Akemi lo nota, ammaliata da quel genere di cose da quando ne ha memoria, e si trova involontariamente a sorridere. Tutti nella sua ciurma ne hanno almeno uno, e sempre per una ragione ben specifica. Ora, non può far altro che domandarsi per quale ragione Silly abbia deciso di tatuarsi sul fianco uno stallone nero che galoppa.
«Perché hai scelto proprio un cavallo?» le domanda gentilmente quando torna indietro con le due bevande fumanti, ringraziandola con un sorriso pieno di gratitudine, che involontariamente scioglie il cuore della maggiore. Le fa piacere essere capace di portare un minimo di allegria anche laddove c'è solo tristezza.
«Simboleggia libertà ed irrequietezza. Perfetto per una come me.» risponde bevendo poi una lunga sorsata di quella dolce bevanda. Quando Mimì non è con lei tende a strafogarsi come un maiale, in modo tale da non suscitare neanche una punta di invidia nell'amica che non può più mangiare da secoli.
«Non mi sembri irrequieta.» commenta con aria confusa Akemi, inarcando un sopracciglio.
«Dovevi conoscermi qualche secolo fa.» risponde semplicemente Silly, accoccolandosi meglio sul comodo divano per godersi al meglio la cioccolata, giocherellando con i cioccolatini colorati che ci ha messo sopra.
Akemi si guarda attorno incuriosita, imprimendosi nella mente ogni dettaglio. L'arredamento è rustico, un po' raffazzonato ma comunque ordinato. È un ambiete completamente diverso da quello della villa di Fenrir, che le infonde un'incredibile sensazione di caldo e familiarità, vagamente simile a quello che le infondeva la Moby.
«Me lo puoi fare un favore?» domanda con un filo di voce, vergognandosi per essere arrivata a disturbare una creatura che sta rischiando già abbastanza per i fatti suoi. Perché si, insomma, impedire ad Astrid di confrontarsi con la figlia tenendosela in casa è un bell'affronto, e questo Akemi lo sa benissimo.
«Certo, chiedi pure.» risponde sorridendo allegra la maggiore, inconsapevole delle mille e più seghe mentali della più giovane.
«Tingimi i capelli.» afferma sicura, tenendo lo sguardo fisso su un teschio animale appeso alla parete.
«Perché? È tanto bello il nero naturale.» le domanda vagamente confusa la maggiore, alzandosi lentamente in piedi e guardandola adesso con più attenzione assottigliando un poco lo sguardo. I muscoli sono tesi, lo sguardo è fermo, determinato, folle... tutti fattori che indicano che il lato più malato di Lilith si è finalmente acceso. Quello che molti, inclusa lei, aspettavano con ansia: il lato ereditato da Týr.
«Voglio delle ciocche bianche da intrecciare con i miei.» afferma voltandosi di scatto e guardandola duramente, stringendo un pugno per il nervoso «Mia madre mi vuole perfetta. Vuole che io sia un dolce angelo di cui far sfoggio. Ma dopo tutte le menzogne... no. Non ci sto più.»
Un sorriso perverso si dipinge sulle labbra sottili della mannara, che incrocia le braccia sotto al seno e poggia le spalle contro la parete, rigirandosi una ciocca di capelli ribelli tra le dita. «Io le decorerei con degli oggetti. Piume, piccoli ciondoli simbolici, perle nere.» afferma dopo qualche istante di silenzio, guardandola con eccitazione.
«Ne sei capace?» si assicura Akemi, inarcando un sopracciglio con fare sospettoso.
«Ehi» ghigna divertita, avvicinandola e afferrandole il mento delicato tra le dita «Qui praticamente ci vive anche Mimì. Dove credi si faccia il colore? Credimi, queste pietre sono abituate alle trasformazioni.» la rassicura, mollando finalmente la presa e cominciando a cercare in mezzo alle montagne di oggetti ciò che le serve, appuntandosi mentalmente che la prossima volta che Mimì verrà a farle visita dovrà costringerla a mettere al proprio posto ciò che tocca.
«Quindi... potrei trasformarmi quanto voglio...» pensa ad alta voce Akemi, sfiorandosi con la punta delle dita il tatuaggio nell'incavo del braccio, l'orsacchiotto che fece tempo addietro per Ace. «Sai fare pure i tatuaggi?» le domanda speranzosa, afferrandola con forza per le spalle e guardandola dritto nei suoi grandi occhi scuri e luminosi.
«Li so fare, si. Ma cominci a chiedermi molto così. Tua madre mi tirerà il collo.» borbotta incerta Silly, passandosi una mano sul braccio. Vorrebbe davvero aiutarla a superare il trauma, ripercorrendo bene o male gli stessi passi degli altri, ma non è sicura che valga la pena essere pestata a morte da Astrid per una ragazza che conosce appena. Anche se...
«Tu mi hai giurato fedeltà, giusto?» le domanda sorridendo con aria furbetta Akemi, lasciando finalmente la presa dalle sue spalle e incrociando le braccia sotto al seno.
«Giusto...» mormora in risposta Silly sorridendo divertita, mettendo così in mostra una perfetta dentatura, mentre comincia a capire dove la minore voglia andare a parare.
Akemi sorride vittoriosa, piegando un poco la testa di lato e affermando con incredibile sicurezza: «Sei intoccabile.»
Silly scoppia in una fragorosa risata, ormai completamente d'accordo con il suo sciocco ed infantile piano di “vendetta”. Fenrir in ogni caso sarà dalla sua parte, quindi di cosa deve preoccuparsi in realtà?
«Cosa vorresti farti?» le domanda divertita, appoggiando sul tavolino in mezzo alla stanza l'occorrente per tingerle i capelli e ricominciando a cercare l'occorrente per creare dei nuovi disegni sulla sua pelle.
«Questi due.» afferma con sicurezza Akemi, puntando il dito contro una raffigurazione di due cavalli imbizzarriti, uno bianco e uno nero, perfetti per rappresentare la propria anima burrascosa e il proprio non essere qualcosa, toccandosi con entrambe le mani la schiena, punto dove verranno posizionati. «E questo! Con una frase in un'altra lingua.» aggiunge subito dopo, indicando il teschio animale che poco prima osservava con tanto interesse, poggiando una mano sull'addome. «Poi un tribale vicino al seno. Un muso di un lupo nero sulla coscia e un grosso polipo sull'altra.» conclude sicura, mostrandole con le mani i punti in cui andranno situati i vari disegni. Sa bene che è un gesto stupido, che si sta comportando come una bambina, ma sente di doverlo fare: quel dolore momentaneo la farà sentire di nuovo viva, la farà sentire ancora come il pirata che era fino a poco tempo prima. Nessuno potrà mai capirlo, neanche se impiegasse un giorno intero a spiegarlo, ma questo non le importa per niente.
«Da sola non posso farli tutti in mezza giornata...» borbotta Silly, arrivando in un secondo alla soluzione ideale per questo piccolo contrattempo «Chiamo Mimì! Lei è una vera artista!» afferma sicura, afferrando una piccola radiolina e mandando immediatamente il segnale all'amica che, come ben sa, busserà alla sua porta in meno di tre minuti, come sempre.
Cerca tutto l'occorrente per la sua trasformazione, sorridendo allegra all'idea di poter fare una sciocchezza simile, venendo però bloccata per un polso dalla minore. Akemi la guarda dritto negli occhi, con un misto di dolcezza ed infinita gratitudine.
«Grazie.» sussurra riconoscente, afferrandola saldamente per una spalla e tirandosela addosso, stringendola così in un tenero e forte abbraccio. Le viene di nuovo da piangere, felice di aver trovato qualcuno che capisce, qualcuno che non vuole esporla come un trofeo e che vuole darle la sua libertà, aprendo le porte di quella gabbia dorata che improvvisamente le va troppo stretta.
Silly scioglie piano la stretta, guardandola con dolcezza. «Ti buco anche l'ombelico!» urla subito dopo, saltellando sul posto con fare emozionato.
«Cosa?» domanda con aria confusa la minore, portandosi automaticamente la mano sulla pancia.
«Hai già il buco alla tetta, non vedo perché non farlo anche li.» spiega con ovvietà la lupa, sorridendole con aria quasi supplichevole, oltre che indecentemente divertita «Ohhh, andiamo! Facciamo incazzare per bene tua madre!»
Akemi alza di scatto lo sguardo, fissandola intensamente. È seria, impenetrabile. Poi, lento e pericoloso, un sorriso le increspa gli angoli della bocca, mentre un luccichio folle le attraversa gli occhi di ghiaccio.
«Distruggimi.»

Continua a camminare a passo di marcia per la grande sala principale, lanciando veloci occhiatacce ai portoni spalancati, in attesa del ritorno dell'instabile figlia.
Ha pensato tutto il pomeriggio alla loro breve ma intensa discussione, pensando e ripensando ad una possibile soluzione che vada bene a tutti quanti. L'aborto non lo ha preso in considerazione neanche per un secondo, dal momento che già ama i due nascituri con tutto il cuore; di allontanarla non se ne parla neanche per scherzo, poiché non potrebbe né vivere con la consapevolezza di averla abbandonata di nuovo, né perché non potrebbe mai e poi mai lanciarla in un mondo tanto pericoloso da sola. L'unica soluzione che ha pensato e che le è sembrata quasi ideale è stata quella di andarsene lei stessa, di abbandonare l'isola e rifugiarsi tra i monti, vivendo come un animale per l'amore di tutti e tre i suoi adorati figli, ma ovviamente Fenrir le ha fatto cambiare idea in una frazione di secondo.
L'Imperatore ha infatti deciso che la nipote che tanto adora dovrà adattarsi alla dolorosa novità. La aiuterà ad accettare la situazione per quella che è, a tollerare la presenza dei bambini e la sua, ma di sicuro non la lascerà andare. Quando la minaccia di Peter sarà definitivamente debellata allora ne riparleranno, studieranno qualcosa che andrà in contro alle esigenze di entrambi, ma fino a quel momento non abbandonerà l'isola se non accompagnata da persone di cui si fida ciecamente.
«Dove cazzo è andata a finire?!» urla in preda alla collera Astrid, snudando le zanne e folgorando con i suoi occhi color del sangue i presenti. Rin abbassa il capo intimorita, così come Duncan, mentre Freki rimane assolutamente impassibile, appoggiato di schiena al corrimano delle scale, Freya e Genma parlottano dei fatti propri, totalmente indifferenti alla cosa.
«Quando si dice la finezza...» ridacchia Wulfric, tenendo un braccio attorno alla vita sottile della compagna. Sakura lo guarda infastidita, dal momento che riesce a comprendere lo stato d'animo tormentato della Sovrana.
«Falla finita, Wulf! Mia figlia è là fuori e ce l'ha a morte con me! Chi mi dice che non stia provando a scappare per tornare da quella ciurma di manigoldi?!» urla sempre più furiosa, con la pelle che si sforza come mai prima d'ora per rimanere attaccata alle ossa ed evitare la muta. Non che ciò farebbe male ai bambini, tutt'altro, solo che Akemi, nel caso tornasse, potrebbe prenderla come una minaccia e reagire male.
«Siamo stati pirati anche noi, Astrid.» borbotta Fenrir, osservando distrattamente il proprio calice vuoto. Guardandolo gli piange quasi il cuore, in realtà: fino a pochi secondi prima era pieno fino all'orlo di dolce e fresco succo all'ananas, e ora non potrà averne altro fino al giorno seguente, come stabilito dall'assillante compagna.
«Che vuoi dire con questo?!» gli soffia a pochi centimetri dal viso, fregandosene momentaneamente della gerarchia che vige tra di loro.
«Di non partire subito con i tuoi pregiudizi del cazzo.» le ringhia contro, snudando a propria volta le zanne e lasciando che il suo brillante occhio cobalto si tinga di rosso sangue, caratteristica tipica dei licantropi Alfa.
Ringhiano come due bestie furiose pronte a scannarsi, i nervi a fior di pelle e i muscoli pronti a scattare al minimo movimento sbagliato. La tensione è palpabile, e tutti i presenti si tengono pronti ad intervenire in aiuto della donna. Cioè, non tanto in suo aiuto, quanto in aiuto dei piccoli innocenti che porta in grembo. Non che Fenrir farebbe loro del male volontariamente, questo mai, ma è sempre bene partire prevenuti con due teste calde come loro.
«La fate finita voi due? Mi fate venire mal di testa.» l'arrivo di Killian pare calmare un minimo le acque, dal momento che la donna lascia perdere il compagno e si dirige a grandi falcate verso il proprio Beta. Lo afferra con forza per il colletto della camicia e lo tira a sé, senza mai ritirare le zanne.
«Cosa sai?» gli soffia a pochi centimetri dal viso, assottigliando lo sguardo quando lui si azzarda a sorridere con aria beffarda.
«Che è incazzata, non vuole nessuno intorno e che è sta tutto il giorno con Silly.» risponde pacatamente, passandosi pure una mano tra i capelli castani. Non ha paura di lei, non ne ha mai avuta. È la sua migliore amica, sua sorella, sua mamma. Si sono protetti l'un l'altro per secoli, e mai una sola volta hanno pensato di farsi del male. Perché mai dovrebbe temerla?
«Perfetto!» sbotta ironicamente la donna, lasciandolo finalmente andare «È andata a rifugiarsi proprio dalla più selvaggia dell'isola, meraviglioso
«Ehm, super-mamma?» non riesce a trattenere un risolino, Wulfric, indicando poi con un cenno del capo un punto ben preciso di fronte a sé «Sta arrivando.»
Basta un secondo, e tutti gli occhi dei presenti sono su di lei, sbalorditi oltre ogni limite: il corpo snello e muscoloso è lasciato in bella vista, coperto solo dalla striminzita biancheria intima che indossava sotto al vestito nero precedentemente lacerato, e sulla pelle candida svettano nuovi, grossi tatuaggi neri; ancheggia volutamente in modo marcato, tenendo il mento alto e gli occhi cerchiati di nero ben puntati davanti a sé; i piccoli ciondoli di metallo appesi alle trecce nere e bianche tintinnano lievemente, in un modo che risulta profondamente fastidioso per Astrid.
I giovani lupi presenti la guardano senza nascondere il forte desiderio che improvvisamente nutrono nei suoi confronti, e gli ululati non tardano ad arrivare, tanto forti da squarciare la notte.
Ghigna soddisfatta Akemi, in un modo tanto subdolo e perverso che ricorda in tutto e per tutto quello del padre. In effetti, adesso tutto di lei ricorda Týr: il modo di atteggiarsi, l'ostentata sicurezza di sé, l'eccessività e, diciamolo, la volgarità. Ma, in fondo, sono stati una cosa sola per tanti mesi... perché mai cambiare?
Una volta giunta in mezzo a tutte quelle creature, ben decisa ad andarsene nella propria stanza senza dare nessuna spiegazione, Akemi si trova per la seconda volta la strada sbarrata da Freya. Si guardano con aria di sfida, pronte ad alzare le mani.
«Spostati.» mormora con voce modulata, sorridendole in maniera beffarda. Il suo è tutto un trucco, un qualcosa che ha imparato da Arista a Namba: mai mostrarsi deboli o intimoriti, altrimenti non si guadagnerà mai il rispetto di nessuno.
«Sennò che mi fai?» una sfida bella e buona, un'ultima chance per ribaltare definitivamente le carte in tavola, per affermarsi una volta per tutte.
Sorride dolcemente Akemi, in un modo così falso che fa gelare il sangue nelle vene della maggiore, che non fa neanche in tempo a vedere il colpo. Un movimento veloce, fulmineo, un tocco leggero e appena accennato: un graffio, lungo e poco profondo, sufficiente però per metterle in circolo una dose di tossine per lei troppo elevate.
Si accascia a terra, Freya, tenendosi la mano sul polso ferito, annaspando in cerca d'aria, col compagno che subito le è addosso e le chiede disperatamente cos'abbia e cosa può fare per lei.
Akemi li guarda dall'alto, ostentando una sicurezza di cui in realtà non dispone, superandoli con passo lento e mormorando un assai arrogante “grazie” che la maggiore finge di non aver sentito.
Non guarda nessuno di loro, finge di non essersi accorta del loro malcontento, della rabbia nera che proviene dalla madre. Semplicemente cammina, cominciando a salire le scale, lasciandoseli tutti alle spalle.
«Roar
Volta un poco la testa, assai stupita di aver sentito un commento simile da parte di Freki.
In tutto quel tempo non ha fatto altro che ripeterle quanto fosse gracile, inutile, piccola, quanto somigliasse ad una stupida bambola, quanto i suoi vestiti fossero ridicoli, quanto lei stessa fosse ridicola. E ora, invece, la guarda come se la vedesse per la prima volta, con un luccichio perverso nei suoi profondi occhi verdi.
Gli sorride maliziosamente mentre fa l'occhiolino, riprendendo poi la propria salita, ancheggiando in modo ancor più marcato, speranzosa di avere sempre gli occhi dell'antico lupo su di sé.
Astrid, furiosa sia per aver fallito come madre, sia per l'oltraggio subito, muta in un batter d'occhio e corre via, raggiungendo in pochi secondi una velocità difficile da eguagliare.
Fenrir fa subito un passo in avanti, deciso a rincorrerla per darle conforto, per farla sfogare, urlare e piangere, ma Sakura lo blocca tempestivamente per un braccio. Lo guarda con dolcezza e compassione, piegando poi la testa, intimorita. Malgrado lo conosca da secoli ormai, non riesce ancora a sostenere il suo sguardo in tutta tranquillità.
«Lasciala correre. Si sfogherà un po'.» afferma con un filo di voce, facendo annuire l'Imperatore che, senza dire una parola, si volta e se ne va.
Era consapevole che non sarebbe stata una situazione semplice, che presto avrebbero dovuto affrontare una situazione simile, ma non era realmente preparato. Era preparato all'esplosione per il dolore dovuto alla separazione dalla ciurma, a tutti quei cambiamenti, ma non aveva certo preso in considerazione che, in un momento di pura e folle passione, avrebbe messo incinta Astrid. Non ci aveva davvero pensato, malgrado la sua intelligenza.
“Uso il diaframma” diceva sempre Astrid, e lui si era fidato. Si era fidato e adesso si trova in una situazione assai scomoda. Non che non nutra già un profondo amore per le due creature che la donna porta in grembo, anzi, però avrebbe assai preferito affrontare la cosa un passo alla volta, fare ambientare la nipote e poi mettere su famiglia, cosa di cui parlavano da secoli.
È tutto così dannatamente complicato...” pensa scuotendo la testa, osservando le carte nautiche che si è fatto trovare da Wulfric con sguardo disinteressato.
Tu, il mio errore più bello, sei colui che sta peggiorando il tutto.” stringe con forza i pugni, ringhiando a denti stretti a causa del dolore che determinati ricordi gli provocano al cuore.
Non posso fallire. Non stavolta...

3
 
Ogni luce sulla Moby Dick è stata spenta, ma molti pirati preferiscono rimanere sul ponte a fare quattro chiacchiere e bere qualche bevanda fresca, in modo da combattere l'insopportabile afa notturna che li avvolge. Pure il capitano non si è ancora coricato, malgrado le infermiere si siano raccomandate in tutti i modi di riposare, deciso a restare vicino ai propri figli a farsi quattro risate. In fondo, tira sempre su di morale vederli alticci mentre perdono a poker e non capiscono per quale ragione abbiano perso.
Halta rimane attaccata al parapetto a fissare l'immensa distesa d'acqua piena di pericoli che li circonda, terrorizzata dall'idea che quella cosa possa davvero trovarli.
Izo, al suo fianco, spiega agli ultimi due della ciurma per quale ragione abbiano insistito tanto per cambiare rotta così all'improvviso, usando la scusa che hanno sentito parlare di una terribile malattia molto contagiosa scoppiata nella prossima isola prevista. Quello che il sedicesimo comandante non sa, è che è tutto vero! Una tremenda epidemia è realmente scoppiata in quell'isola, e il terribile batterio è stato diffuso da un più che incazzato Peter Bàthory.
«Come mai voi due piccioncini non siete già a letto?» li prende in giro Ace, bevendo poi un lungo sorso di birra. Speed Jill ridacchia accanto a lui, osservando poi la bizzarra coppia che è venuta a crearsi in quei mesi con gioia. Quando però Halta si volta a guardarli con aria truce, i loro sorrisi scompaiono di colpo. Quando è così nervosetta è bene girarle alla larga, se non si vuol far scoppiare una rissa.
«Dobbiamo controllare una cosa.» soffia in risposta la donna, tornando subito dopo a guardare il mare con sguardo attento.
Izo si siede sul parapetto accanto a lei e si accende una sigaretta, osservando i lineamenti contratti della compagna, illuminati dagli argentei raggi lunari.
«Ti sto disprezzando profondamente in questo momento, sai?» le mormora distogliendo lo sguardo. Si sente incredibilmente sporco da tutta la giornata, e davvero non riesce a spiegarsi come abbia fatto a convincerlo a mentire così spudoratamente anche al proprio capitano.
«Falla finita, Izo!» gli soffia contro la compagna, distogliendo finalmente lo sguardo dall'orizzonte. Lo fronteggia adesso, tenendo i pugni serrati sui fianchi e il viso all'insù, assumendo un'espressione incredibilmente autoritaria che stona sul suo visetto sempre allegro. «Abbiamo cambiato rotta in modo che non possa trovarci. Li abbiamo messi al sicuro al prezzo di una piccola bugia, quindi piantala.» afferma con tono più pacato ma comunque deciso, convinta di avere ragione. Peccato solo che non si sia resa conto della nave che sta arrivando dalla parte opposta alla loro, avvolta da una lieve nebbia chiara.
«NAVE NEMICA AD ORE CINQUE!» urla a pieni polmoni Atmos dalla coffa, puntando il dito verso la bagnarola che velocemente si avvicina all'imponente Moby.
Tutti scattano sull'attenti ed estraggono le armi, pronti a cacciare gli avversari con la coda tra le gambe. Tutti, eccetto due comandanti, ancora imbambolati con le mani poggiate sul parapetto come appiglio per non scivolare a terra.
«Cazzo...» mormora Izo, fissando la nave che si avvicina sempre di più con gli occhi spalancati per la sorpresa.
Halta poggia d'istinto una mano sulla sua non appena nota lo stemma ricamato sulla grossa vela, raffigurante un drago rosso con due teste. Ricorda che Shanks lo mostrò loro durante la sua ultima visita dicendo che apparteneva al clan più potente, e ricorda perfettamente le parole di quell'estraneo che li ha avvertiti quella mattina. Ricorda che si sarebbe fatto riconoscere dalla vela, e anche che lui vince sempre.
«Lasciateli avvicinare!» urla a pieni polmoni, abbassando con un gesto brusco un fucile troppo vicino alla sua testa. Il pirata che impugnava l'arma, appartenente alla sua divisione, la guarda come se fosse totalmente impazzita di colpo, sguardo che presto si dipinge sugli sguardi di tutti i presenti. Pure il grande Barbabianca è assai colpito da questo suo comportamento, e per questo chiede spiegazioni immediate, rivolgendosi alla donna con un tono burbero e a dir poco contrariato.
«Babbo, ti prego! Non sai quanto mi stia dannando per questa mia completa mancanza di rispetto nei tuoi confronti, ma sono sicura di quel che faccio! Ti supplico!» quasi si butta in ginocchio Halta, guardandolo con le lacrime agli occhi. È vero che si sta odiando: non solo ha mentito e ha fatto cambiare la rotta con l'inganno, ma ha pure deciso di fare di testa propria, mettendosi così sopra al proprio adorato capitano. Si frusterebbe da sola per questo, o peggio. Ma è sicura, nel profondo del suo impavido cuore, che questa è la cosa giusta da fare, che compiendo questa imprudenza potrà avere finalmente il tassello mancante per poter capire nitidamente l'assurda situazione in cui sono stati catapultati.
Il capitano la guarda con sguardo severo, soppesando le sue parole. Halta non è il tipo che supplica qualcuno, lo sa bene. Non lo farebbe neanche se in ballo ci fosse la propria vita! È proprio per questo motivo che, seppur a malincuore, ordina: «Tenetevi pronti allo scontro.»
I vari pirati rafforzano la presa sulle armi e rimangono al proprio posto, cercando di mantenere un aspetto il più possibile imparziale.
Halta torna al parapetto, e per poco non sputa in faccia alla castana che quella mattina le ha messo la lingua in gola non appena le fa l'occhiolino. Le guarda una alla volta: solo donne, tutte di una bellezza da mozzare il fiato, ma neanche l'ombra dell'uomo che è riuscito a scovarli.
«Dov'è il vostro Sire?» ringhia a denti stretti, scatenando nelle donne una serie di risolini piuttosto fastidiosi.
«Sire?» domanda a bassa voce Curiel ad Izo, senza però staccare gli occhi da quelle meravigliose creature quasi completamente nude.
«È così che gli si rivolgono.» risponde con tono quasi stizzito, pronto a piantare un proiettile in mezzo agli occhi a tutte quelle letali puttane. Perché Halta gli ha spiegato cosa sono in grado di fare, quanto siano imprevedibili e sanguinari i vampiri, motivo per cui adesso non può far altro che tenersi pronto e sperare che vada tutto per il meglio.
«A chi?» insiste il decimo comandante, corrugando il viso in un'espressione confusa.
«RISPONDETE!» urla Halta, spazientita dal loro continuo ridacchiare.
«Non c'è bisogno di urlare, sono qui.» tutti si voltano immediatamente verso l'entrata del sottocoperta non appena sentono quella voce a loro estranea, le armi già strette in mano, pronti ad uccidere chiunque abbia osato intrufolarsi sulla nave. Halta, al contrario degli altri, si incammina con passo strascicato verso quella voce, le braccia abbandonate lungo i fianchi e un espressione di completo smarrimento in volto.
Dopo qualche secondo di attesa, poi, i passi dell'uomo si fanno più forti e una sagoma chiara si fa sempre più vivida in quel tunnel buio.
Poi, dopo un tempo che pare infinito a tutti loro, quell'uomo esce, calmo e rilassato. Il suo abbigliamento consiste in un paio di pantaloni di jeans chiari, strappati sulle ginocchia e sulle cosce, e un collo di pelliccia nero che gli cade delicatamente sul torace pallidissimo, sulla quale svettano delle macchie di sangue ancora fresco.
Sorride divertito in direzione di Halta, reclinando un poco la testa di lato. E Halta, guardandolo, sente un forte giramento di testa: capelli neri che ricadono morbidi sugli occhi di ghiaccio, sorriso ammaliante e strafottente, pelle marmorea, fisico forte e slanciato... una bellezza tale da farlo sembrare un Angelo.
«Týr...»
 
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Angolo dell'autrice:
Buon salve a tutti! :D Perdonatemi infinitamente per il ritardo, ma in questa settimana mi è presa una botta d'ispirazione incredibile e mi sono messa a scrivere pezzi a destra e a sinistra (tra cui anche una oneshot rossa che vede come protagonista-- no, non ve lo dico ;P).
Beh, che dire? Niente di eccezionale. Avrei voluto far perdere di più la testa alla nostra protagonista, ma è un periodo che sono calma io e quindi quello è stato il massimo... per ora, certo.
Poi? Ah, già, quasi dimenticavo: È TORNATO! :D Il perché sia ancora vivo e vegeto verrà spiegato in seguito, al momento della riunione per essere precise, quindi dovrete pazientare :P
Penso proprio che il prossimo capitolo sarà totalmente incentrato su questa nuova e bizzarra alleanza! :D E spero vivamente di non deludervi! >.<

Un grazie immenso a Aliaaara, Okami D Anima, Lucyvanplet93, Monkey_D_Alyce, ankoku, Chie_Haruka, Keyra Hanako D Hono, KuRaMa KIUUBY e Yellow Canadair per le magnifiche recensioni! Siete davvero gentilissimi ♥
Ci tengo anche a ringraziare di cuore Aceko_san, ankoku, Asiietta, Caren96, Carmen988, Chie_Haruka, Dark_witch3, D_ann, erica0501, eve vane 90, FemPhoe, FireFirstAce, giada1999, Incantatrice_Violeta, jess chan, Jollyna, Keyra Hanako D Hono, KuRaMa KIUUBY, Law_Death, Mitsuni, Mizutsuki_Chan, Monkey_D_Alyce, nemesis_inframe92, Okami D Anima, Portgas D SaRa, Portuguese D Ice, reachid, Rosa_Linda, Scarlet_D_Rose, Shot93, Skull, SmyleCathy, Stella cometa 94, SunshineKiki, Trafalgar Revy, TRAFALGAR_SARA, Yellow Canadair e zomimanganana per aver messo la storia nelle preferite♥; Hinata Uchiha Arclight, Law_Death, naikechan, Okami D Anima, Portuguese D Ice, Rain_and_Alex, Shot93 e SunshineKiki per averla messa tra le ricordate♥; AceDPortogas, Aliaaara, anis12, Azzu___, Balalaika_, Chie_Haruka, dragon_queen, Ecatilla, eveeyu, evy88, filbea94, FireFirtsAce, girosolomina, giulik_93, GothicLolita96, iaki46, Ikki, irenecaccin_, KuRaMa KIUUBY, LallaOrlando, Law_Death, leonedifuoco, Lucyvanplet93, Lunaix, mileace99, Mizutsuki_Chan, Nakurami, OrderMade96, original_doll, Portuguese D Ice, Puffetta96, Redangel19, rosy03, Shot93, SmyleCathy, SunshineKiki, TheLadyVampire97, Trafalgar Revy, Travel_dream_love, valepassion95, Vidalita, Yellow Canadair, Zefiria BlackIce, zorina98, _K a r i n, _Bianconiglio_, _Lawliet e _miaoo_ per averla messa tra le seguite♥.
Mi piacerebbe moltissimo avere un vostro parere a riguardo :3 PLZ! ♥♥

Un grazie va anche a chi solo legge gli aggiornamenti :) ♥ Siete dei tesori!

A presto, un bacione
Kiki♥


PS: I nuovi tatuaggi di Akemi: http://it.tinypic.com/r/21ka5xe/8
(Come appare adesso il corpo della ragazza -si, è fatto abbestia, ma prendiamolo per buono- : 
http://it.tinypic.com/r/2jecvww/8 )
Tatuaggio Silly (oltre al marchio): http://it.tinypic.com/r/2a99u6q/8
Già che l'ho fatto, ecco pure i vestiti delle “amiche speciali” di Týr: http://it.tinypic.com/r/2epkk6b/
  
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