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Autore: fiorinatinelcemento    14/09/2014    2 recensioni
Riley Coleman è una ragazza inglese ritrovatasi in Australia all'inizio del 2013 a causa del lavoro del padre, psicologo in una clinica di recupero per persone drogate o alcolizzate. Qui, il padre intreccerà una relazione con una donna in cura, Jenna, che nella loro vita porterà il figlio adolescente, Ashton. Quando Jenna andrà via lasciando un vuoto nella vita del figlio e del compagno, Riley si ritroverà a mettere da parte il cinismo che la caratterizza e a provare ad essere da sostegno per i membri della sua inusuale famiglia. Ignara di come una cosa del genere, per la prima volta, scuota Ashton dalla sua perenne chiusura emotiva, si ritrova in qualcosa più grande di lei, mentre nella sua vita entrerà silenziosamente un'altro ragazzo, Luke.
Lei si ritroverà in mezzo ai due, ma questa storia non è una favola a lieto fine. Qui si racconta di diversi modi di amare, di sentimenti provati per la prima volta, di come si impari a lasciare andare, delle volte. E' così che si racconta la vita, è così che va, a volte.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo 2.
What people cannot see.                                         (Flashback; Ottobre 2013)


Ashton’s point of view.
Eravamo di nuovo al punto di partenza. Mia madre se n’era andata come già aveva fatto nel corso degli anni scorsi, io non mi stupivo più. Era sempre stato così, trovava un brav’uomo a cui scaricarmi, nemmeno fossi un pacco indesiderato, e poi se ne andava senza dare una minima spiegazione. Ogni volta che lo faceva ero costretto a cercarmi un nuovo posto dove stare, generalmente finivo sempre per chiedere a qualche amico di ospitarmi o andavo dalla nonna, ma da un po’ ero uscito dal mio solito giro di amicizie e non volevo più rientrarci.

Quando mia madre disse che ci trasferivamo, pensai ad un ubriacone come lei. Qualcun che diventasse un compagno di bevute per lei e che si aggiungeva alla mischia quando lei cercava di darmele per motivi inesistenti. Invece eravamo arrivati a Watson’s Bay, una delle più belle zone residenziali di Sydney, per di più sulla spiaggia. La casa era enorme rispetto ai luoghi dove avevo già vissuto, il signor Coleman era stato così gentile da rendere la stanza degli ospiti più adatta ad un ragazzo di diciotto anni, facendosi aiutare dalla figlia, Riley.
L’abbandono del mioo vecchio stile di vita, era sostanzialmente dovuto a loro due. Edward, come lui stesso mi aveva pregato di chiamarlo, si comportava con me esattamente come faceva con la figlia. Lei, una rossa tutta cinismo e battute pessime, mi aveva accolto in famiglia come si accoglie un ospite, quindi non avevamo molta confidenza. Sapevo che sunava la chitarra, ed era anche molto brava, da ciò che avevo sentito. Io avevo imparato a suonare la batteria grazie ai miei vecchi amici, ma non toccavo bacchette da tempo e gli ultimi avvenimenti mi avevano fatto passare la voglia.

Sebbene sapessi come sarebbe andata a finire sin dall’inizio, avevo preferito godermi quei due mesi di pace e convincermi che mia madre era pulita. Avevo anche provato a trovare un lavoro, nel caso Edward non avesse più voluto vedere il figlio della stronza che era sparita così. Invece mi aveva chiaramente detto che potevo restare, tanto la casa era troppo grande per due persone sole.
Io, dal canto mio, non uscivo più dalla camera. Non avevo la minima voglia di guardare il decimo uomo ferito da mia madre, quindi scendevo a mangiare qualcosa solo quando ero certo che entrambi non fossero nei paraggi.

Per l’ennesima sera, ad un mese circa dall’accaduto, ero uscito dalla mia camera per andare a farmi un panino e rientrare in stanza prima che chiunque potesse vedermi. Quando misi piede fuori dalla camera per poco non caddi, accorgendomi solo qualche secondo dopo che sulla moquette c’era un vassoio pieno di cibo, una cena vera e propria rispetto a ciò che mi ero abituato a mangiare negli ultimi tempi. Edward non cucinava, almeno non di solito e non così bene, senza offesa per lui. L’unica poteva essere Riley, perché un altro vassoio, identico al mio, giaceva proprio davanti alla porta dello studio. Mangiai tutto con calma, ma mi sembrava giusto ringraziarla almeno una volta nonostante io e lei non avessimo un gran rapporto. Era la prima estranea, a parte suo padre, che si prendeva cura di me senza che nessuno glielo chiedesse, ecco perché ho abbandonato i miei vecchi giri di frequentazioni sbagliate. Suo padre si stava informando per ottenere la mia custodia, la figlia iniziava a non trattarmi più da estraneo, non era giusto che io continuassi ad aiutare gente che spacciava nei corridi della scuola. Qualunque mio guaio sarebbe stato ricollegato a loro. Poggiai il vassoio sulla scrivania della mia stanza dopo aver finito di mangiare. Era tutto così buono che mi stupivo che a farlo fosse stata proprio lei. Infilai una maglietta a caso per non presentarmi solo in jeans, mentre il beanie copriva i miei capelli, un po’ troppo lunghi e che arrivavano agli occhi. Prima bussai, poi spinsi leggermente la porta già socchiusa e notai la camera in semiscurità. L’unica luce proveniva dalle piccole lucette gialle attorcigliate alla testiera del letto, le lampade di carta appese al soffitto erano spente e la finestra leggermente aperta, un po’ di luce lunare filtrava. Quella sera c’era la luna piena, l’avevo vista anche dalla mia finestra.

Lei dormiva già, sicuramente doveva essere esausta. La chitarra era accanto a lei sul letto a due piazze, mentre lei era stesa sul fianco e i capelli le ricadevano sul viso. Più volte avevo notato quanto fosse carina, nonostante il cinismo che trasudava in ogni parola, ma solo in quel momento la stavo osservando davvero. Guardandola a primo impatto, potevi notare subito i capelli rosso fuoco e gli occhi blu. Guardandola adesso, potevi goderti i lineamenti del suo viso, gli zigomi alti e il naso in su, persino le labbra piene, soprattutto quello superiore. E’ guardando le persone dormire che vedi la loro vera bellezza, mi dicevo sempre. E lei mi sembrava così bella, in quel momento, da creare la luce che non c’era.

Penso che quella fu la prima volta in cui la vidi davvero, in realtà. Trovai una coperta sulla sedia posta di fronte alla scrivania, gliela misi addosso. Dopo averle baciato la fronte uscii e spensi le luci, volevo tornare in camera mia e andare a dormire anche io. Non avrei mai immaginato che, da quel giorno, l’avrei guardata sempre, fino allo sfinimento. Non sapevo che l’avrei protetta, per una volta non sapevo più nulla.


Salve a tutti, miei cari lettori! Cosa posso dire? Il prologo ha raggiunto finora le 80 visualizzazioni, per molti potrebbe essere poco ma per me, che mi sono convinta dopo anni a pubblicare di nuovo qualcosa, è davvero tanto. Mi auguro che questa piccola svolta data dai flashback vi entusiasmi, soprattutto per capire il modo di pensare di questo nostro Ashton così chiuso emotivamente, ma che pian piano ci farà vedere un po' di sè. I flashback, però, non saranno solo da parte sua, bensì anche da parte di Riley e forse anche del misterioso ragazzo biondo che sicuramente immaginate tutti chi sia. Bene, vi ringrazio per la lettura e per chi mette in preferito/ricordato o segue e recensisce. Le vostre recensioni sono molto importanti, per me, per capire se sto continuando su un bun percorso. Un abbraccio grande e buona lettura!

   
 
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