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Autore: alteria95    15/09/2014    0 recensioni
Scarlett si allontanò, nascosta nell’ombra della notte. Era sola, non c’era anima viva in giro: l'unico suono che tradiva la sua presenza era il rumore dei passi affrettati sul cemento. Qualche cane rabbioso abbaiava, rinchiuso dietro a un cancello. La luna rifletteva la sua pallida luce sulle strade semibuie. In lontananza si udiva il rumore delle macchine che scorrevano nel traffico cittadino. Scarlett tremava, terrorizzata dal suo stesso respiro. Si girò: due occhi verdi la fissarono nell'oscurità. Una mano le afferrò un braccio e la trascinò di peso dietro una porta socchiusa di legno rovinato.
Sam correva a perdifiato: ispira, espira, ispira, espira. Un passo dopo l’altro, fuggiva dalla sua stessa vita, priva di senso e piena di ricordi. Aveva il fiatone, ma ogni passo era una conquista verso quel futuro in cui sperava da anni. Era stufo di aspettare. Lo scorrere dei giorni, uno dopo l’altro, monotoni, assurdi, privi di vita, lo logorava. Il grigiore lo stava uccidendo, la sua intera esistenza era un disperato grido in cerca di aiuto. Era talmente schiacciato dalle menzogne e dalle ipocrisie che respirava per miracolo.
Genere: Introspettivo, Science-fiction, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Sam era stanco morto, sognava di seppellirsi tra le coperte di un morbido letto. Era in piedi dall'alba e ormai le stelle brillavano nel cielo terso. Un vento gelido lo scuoteva dalla testa ai piedi e lui tremava per il freddo. Cominciava a sentire i morsi della fame e tutto sembrava andare per il peggio. Non importa, almeno sono libero. Posso avere fame, freddo e sonno, ma sono padrone della mia vita. Ho spezzato la catena. Dove dormirò questa notte? Come posso cavarmela senza neanche un posto per riposare? Continuò ad avventurarsi lungo la spiaggia, sugli scogli. Schizzi di violenza arrivavano dal mare. Poco dopo decise di accamparsi da qualche parte. Al resto avrebbe pensato più avanti. Trovò un angolo riparato dietro a dei cespugli, prese una coperta dallo zaino e la stese sull'erba bagnata. Si addormentò raggomitolato, cullato dal fruscio delle onde.

Si svegliò all'alba, intirizzito dalla sua prima notte all'aperto. L'aria era gelida, l'umidità penetrava nelle ossa: aveva male dappertutto. Si alzò in piedi e si stiracchiò. Sentiva gli occhi bruciare per la stanchezza, i capelli si erano appiccicati alla fronte madida. Si leccò le labbra secche e tagliate: sapevano di sale. Si avvicinò al mare per fare due passi: adorava il profumo intenso della salsedine, il rumore delle onde. Agguantò i pochi centesimi che aveva in tasca, pensando di mettere qualcosa sotto i denti. Presto avrebbe dovuto fare i conti con la vita. Di certo non posso dormire in strada per sempre. Aveva con sè qualche risparmio, non abbastanza da permettergli di vivere a lungo. Arrotolò la coperta sotto un braccio, prese lo zaino e si avviò verso il primo bar sulla strada. Entrò: un'ondata di calore lo avvolse, l'umidità tra i capelli e sui vestiti evaporò. Si sentì subito meglio. Il locale era avvolto nella penombra. In un angolo lontano un caminetto scoppiettava allegro, sul lato opposto grandi finestre davano direttamente sul mare. Un odore salmastro di legna bruciata permeava l'aria. Si sedette a un tavolo libero e osservò la gente intorno a sè. Si chiedeva sempre che vita facessero le persone che scorgeva in mezzo alla folla: i loro problemi, le piccole gioie, le sofferenze. Tutti loro erano protagonisti delle proprie vite e comparse in quelle degli altri. Ordinò una brioches al cioccolato e un caffè. Il caldo del negozio e il cibo gli misero addosso una strana euforia. Decine di persone facevano la fila al bancone, poche altre erano sedute sulle panche. Lo sguardo gli cadde su una ragazza molto bella seduta di fronte a lui: i lineamenti del suo volto erano particolari, gli occhi scuri e ombrosi, intensi. Sam le si avvicinò, intenzionato a chiederle una sigaretta e a strapparle il numero di telefono. Lei alzò il volto e lo fissò con un'occhiata di fuoco. Sam non ebbe piu il fiato in gola per parlare. La ragazza gli sorrise ironica. Lui non aspettò un secondo a raccogliere la sfida e sfoderò la sua voce migliore.
"Ciao, io sono Sam. Sono venuto qui con la scusa di una sigaretta, ma ora che ti guardo meglio mi rendo conto che ci vuole ben altro per avvicinarsi a una ragazza come te". Le pupille della ragazza si dilatarono: uno sguardo di un vellutato verde magnetico scavò la sua anima in profondità.
"Hey Sam, con chi credi di avere a che fare? Smettila di fare il grand'uomo. Avrai meno di trent'anni e sono certa che ti comporti così con tutte le ragazze che ti capitano fra le mani. Non amo essere presa in giro, non sono un'oca giuliva e non ho affatto bisogno di uno come te."
La ragazza aveva una voce calda, intensa, con un leggero accento scozzese.
"Scusa, ma adesso chi si atteggia? Sembri una ragazzina, è inutile che ti dai tante arie da donna di mondo." La ragazza lo fissò torva, le sopracciglia oblique. Sam non abbassò lo sguardo. C'era tensione fra i due, l'intesa si era già creata. "Il conto per favore, non amo i disturbatori. Ora Sam, se permetti, vado a lavorare. Ti auguro una buona giornata. Spero che trovi qualcuno che stia ai tuoi giochetti."
"Hey aspetta... Dimmi almeno come ti chiami."
"Perchè mai dovrei dire il mio nome a un perfetto estraneo? Addio, spero." 
Si alzò di scatto, afferrò la borsa e lasciò Sam seduto da solo. Era rimasto folgorato dal carattere di quella ragazza. Che diavolo mi sta succedendo? Pagò il conto e uscì dal bar. La brezza mattutina accompagnò i suoi passi e gli rischiarò i pensieri. Aprì lo zaino e tirò fuori una sigaretta dal pacchetto: finalmente era libero di fumare. Kathleen, da brava salutista, glielo impediva, così come gli proibiva il caffè, la carne e la birra. Lo trattava sempre come un bambino disobbediente. Il sesso era la cosa peggiore di tutte: non era spontaneo, naturale, passionale come solo il sesso può essere. Dovevano farlo una volta a settimana in un giorno prestabilito, con una monotonia e un grigiore in grado di cancellare ogni spirito ardente. Non era mai stato così felice di lasciarsi alle spalle una persona. Accese la sigaretta e inspirò il primo tiro. Guardò le spirali di fumo librarsi nel cielo. Il panorama che aveva di fronte agli occhi era a dir poco mozzafiato. Il mare era fiancheggiato dai dolci pendii delle colline perse nella nebbia del mattino. Gli scogli aspri e taglienti, grigi come il ferro, accompagnavano lo sguardo all'orizzonte. Gettò il mozzicone a terra e si incamminò sul lungomare. La scogliera abbracciava dolcemente la marea, due amanti che scappano e si ritrovano per l'eternità. 
La verità è che a quelli come me piace fare i poeti maledetti. La sigaretta in bocca, l'odore di sale addosso e i versi malinconici sulle labbra. Mancano solo la voce roca Tom Waits in sottofondo e una copia de "I fiori del male" in mano. Chissà come si chiama quella ragazza. Ha carattere da vendere, ma non so niente di lei. Hahaha... Sam, sei ancora lì che pensi alle donne. L'esperienza non ti ha insegnato proprio nulla, eh? In ogni caso, devo muovermi a trovare un lavoro e una casa. Non posso vivere in eterno come un barbone. 
Sentiva il viso che gli pungeva, un peso sul petto lo stava opprimendo: capì di provare del rimpianto. Rimpianto? Mi sto forse pentendo di quello che ho fatto? Ok, è stato un gesto avventato, avrei dovuto pensarci qualche attimo in più, ma era la cosa giusta da fare. Non era felice nella sua vecchia vita, ma ora che possibilità aveva? Lontano centinaia di chilometri da casa, non conosceva nessuno, non aveva un lavoro o un posto in cui vivere. All'improvviso si ricordò del motivo per cui era partito e ogni segno di rimorso scomparve. Un paio di mesi prima era tornato a casa dal lavoro e aveva trovato Kathleen in uno stato pietoso. I capelli elettrici, la faccia bordeaux, gli occhi pieni di risentimento: era sull'orlo di una crisi di nervi.
"Che succede, tesoro? Cosa è andato storto oggi?" aveva chiesto con voce stanca. "Cosa è andato storto??? Lo sai benissimo!"
"Ti sbagli Kate, non so proprio di cosa tu stia parlando."
"Non fare finta di niente, per Dio! So tutto di Emma."
"Giusto per capire... Cosa sai di Emma?"
"So quello che basta. Ho letto le sue lettere, sai? Piene di frasi d'amore... Come se io fossi stupida!"
"Kate, quelle lettere sono molto vecchie. Non so dove tu possa averle trovate, ma sono solo ricordi."
"Ricordi? Allora davvero pensi che io sia scema! E' per questo che fai sempre tardi la sera. Altro che lavoro, ti vedi con lei! Dimmi, da quanto tempo va avanti?"
"Tu proprio non capisci! Sei stupida! Emma è parte di un passato che non tornerà mai più."
Kate a quel punto era scoppiata in lacrime e Sam l'aveva abbracciata.
"Cosa c'è che non va in noi? Perchè finisce sempre così?"
"Forse non siamo fatti per stare insieme... Forse abbiamo bisogno di allontanarci, dividerci, prendere una pausa per riflettere. Dovremmo imparare a vivere e respirare aria pura."
"Oh, Sam, non riuscirei a vivere un solo istante senza di te."
Perchè io ci riuscirei benissimo?
"Sam, io... Sono incinta."
Il ragazzo la guardò con gli occhi spalancati, una stranissima sensazione lo assalliva alla bocca dello stomaco.
"Cosa? Un bambino? Io e te?"
Aveva sempre sognato di avere figli, ma in quel momento, con quella donna... Nonostante tutto scoppiò a ridere per la felicità. 
"Già. Mi sono resa conto di avere troppi giorni di ritardo nel ciclo, così ho fatto il test... Era positivo. Non hai idea dell'ansia che provavo. Avevo paura di come avresti reagito, credevo che non volessi il bambino."
"Sai benissimo che non ti avrei mai chiesto di abortire! Ora dobbiamo festeggiare."
Sam la baciò con ardore e quella sera, per la prima volta dopo molto tempo, fecero l'amore con passione. Il ragazzo non vedeva l'ora di diventare padre, di stringere tra le braccia un morbido bambino. La vita iniziava finalmente ad avere un senso, la luce del sole inondava ogni pensiero. Kate era sempre nervosa e irascibile, attribuiva il cattivo umore alla gravidanza. Lui non la amava, ma con un bambino sulle ginocchia avrebbe potuto sopportare un'intera vita con lei. In fin dei conti, forse l'amore non esisteva nemmeno, tanto valeva accontentarsi di un futuro sereno. Se solo penso al modo in cui mi ha preso in giro, a come mi ha mentito... Ora devo smetterla di pensarci. Dai Sam, ce la puoi fare. Kate non esiste più, è stato solo un brutto sogno, un ostacolo che va superato. Hai una nuova vita che ti aspetta e questa volta la devi costruire passo per passo. Farai attenzione a non inciampare e alla fine riuscirai a dimenticare tutto questo.
Nonostante le belle parole, il ragazzo non riusciva a dimenticare, nè a far finta di niente. Non poteva lasciar perdere, dopo essersi illuso per così tanto tempo. Non avrebbe mai dimenticato il momento in cui aveva trovato la scatola di pillole abortive. Stava cercando dei fazzoletti, così aveva pensato di guardare nel mobile in bagno. Sulla mensola, nascoste dietro a un pacchetto di assorbenti, aveva trovato la prova delle bugie di Kate. Erano passati tre mesi dal giorno in cui gli aveva annunciato di essere incinta. Quando aveva abortito? In quale momento di quei novanta lunghissimi giorni aveva buttato nel cesso la vita di suo figlio? Gli aveva mentito per tutto quel tempo, ma perchè? Forse non voleva un bambino, ma aveva capito che in quel modo Sam non se ne sarebbe mai andato. Forse voleva solo tenerlo accanto a se un giorno in più, forse aveva capito che fra loro stava finendo e non voleva accettare la realtà dei fatti. La verità, presto o tardi, sale sempre a galla. Quel giorno Sam era impazzito dalla rabbia. Terribili singhiozzi muti lo avevano scosso dalla testa ai piedi, il suo corpo tremava come una foglia in preda al vento. Il fiato gli si era mozzato nella gola, faticava a respirare. Le lacrime non riuscivano a scendere, i suoi occhi traboccavano di muta disperazione. Aveva preso una coperta, dei vestiti, qualche libro ed era uscito di casa. Kate era stata fortunata a non assistere alla scena: per la prima volta avrebbe avuto paura di lui. Gli occhi di Sam, di solito gentili, erano due spirali di ghiaccio, i lineamenti sfigurati dall'odio. Aveva davvero sperato in un bambino, poco importava che la madre fosse sbagliata. Un figlio avrebbe ridato un senso alla sua esistenza malata, ma la vita non era stata così clemente. Forse era meglio così, almeno non avrebbe più avuto a che fare con quella donna ipocrita e egoista. Me ne devo andare di qui e se questo deve essere l'inizio di una nuova vita, devo cambiare dal principio. Era andato alla stazione ed era salito sul primo treno che si era trovato davanti, lasciandosi casa alle spalle.  


Erano quasi dieci mesi che Scarlett lavorava come commessa in un negozio alternativo semisconosciuto. Con una laurea in lettere, quello era l'unico lavoro che aveva e molte volte non bastava a riempire la dispensa. Josh, per miracolo, era riuscito a trovare un lavoro da barman, così le entrate erano raddoppiate, ma fino a qualche tempo prima faticavano a raggiungere la fine del mese. Chissà chi era quel ragazzo che si è avvicinato oggi. Ha detto di chiamarsi Sam. Era davvero carino, peccato per la strafottenza. Cosa me ne faccio di uno che ci prova con tutte? Tanto non lo rivedrò mai più. Quel giorno avrebbe pranzato con un panino, seduta su una panchina del parco, osservando lo scorrere del tempo. Non voleva tornare a casa troppo presto, Josh non sarebbe uscito prima delle cinque e voleva evitarlo a tutti i costi. Passare due o tre ore leggendo sotto un albero non sarebbe stata di certo una tortura. Aveva appena preso qualche libro nuovo in biblioteca e non vedeva l'ora di iniziare a leggere. Adorava l'odore della carta vecchia, il rumore delle pagine sfogliate, l'inchiostro scritto, il potere delle parole e delle storie sull'animo umano. Chissà perchè le persone amano le storie. Sono solo invenzioni, ma ognuno cerca un fondo di verità in ciò che di reale non ha nulla. C'è qualcosa di estremamente magnetico nella vita degli altri, nei modi in cui si può diventare una persona diversa, anche solo per qualche minuto, anche solo per qualche pagina, anche solo per la durata di un film. Sembra che ci sia una sorta di fame bulimica di vite altrui. E poi c'erano quelle volte in cui, senza nessun apparente motivo, aveva le lacrime agli occhi e l'angoscia le dilaniava petto. In quei momenti l'unica cosa che riusciva a tranquillizzarla era un pò di affetto, un abbraccio, un bacio sincero. Josh non riusciva più a rasserenarla da molto tempo e il cuore le rimaneva in gola sino alla fine della crisi. Non voleva pensarci, faceva finta di nulla, si metteva una benda sugli occhi e tirava avanti. La sua unica fonte di felicità era del tutto irreale: la finzione di una storia, la profondità di un disegno o di una canzone. Magari potrei chiamare Thea e fare un giro con lei. Prese il cellulare e compose il suo numero di telefono. L'amica rispose quasi subito. "Ciao Scarlett! Come stai?". "Io tutto bene grazie. Senti, sei libera adesso? Magari possiamo stare un pò insieme." "Emh... Scusami tanto, purtroppo ho già preso un impegno. Che ne dici se ci organizziamo per uscire uno di questi giorni?"
"Ok, va bene. A presto, divertiti ". Thea ha uno strano atteggiamento ultimamente. E' sempre impegnata e sembra quasi che mi voglia evitare. Chissà cosa le sta succedendo. Andò al parco, si sedette sotto una quercia e si mise a leggere.


Sam camminava lento sul marciapiede. Osservava affascinato l'alba riflettersi sul mare, uno spettacolo meraviglioso. Vide in lontananza il bar del giorno prima. Beh, è ora di entrare. Spalancò la porta e un'inaspettata ventata d'aria calda lo avvolse. Si sentì rinascere: era solo la seconda notte all'aperto della sua vita, ma il freddo e l'umidità lo avevano distrutto. Non aveva chiuso occhio tutta notte. Sentiva i muscoli che gli dolevano e la schiena a pezzi. Fece uno sbadiglio colossale, poi si diresse verso il bagno. Chiuse a chiave la porta e fissò la propria immagine allo specchio: vide un volto teso, tirato, che non gli apparteneva. Le occhiaie erano marcate sotto gli occhi e i capelli erano un disastro, la barba scura  iniziava a spuntare sul viso pallido. Cercò di sorridere al suo riflesso, ma il risultato era decisamente forzato. Doveva darsi una sciacquata veloce: sfilò la maglietta e si lavò le ascelle con acqua e sapone. Si asciugò con la carta assorbente e sciacquò la faccia distrutta, nel tentativo di sembrare più riposato. Devo comprarmi un deodorante e una lametta da barba. Oh, forse prima dovrei cercare un lavoro. Meno male che mi sono portato dietro qualche banconota. Diede un'occhiata ai vestiti che indossava: erano sporchi di terra e stropicciati. Inizio già ad avere l'aspetto di un barbone. Maledizione... Come potrò mai ispirare fiducia a un futuro capo o a una persona qualsiasi ridotto in questo stato? Sospirò e cercò di stirare la maglietta con le mani. Almeno ora sono pulito. Uscì dal bagno e prese qualche moneta. Si sedette allo stesso tavolo del giorno prima e ordinò un caffè e una brioches. Ogni volta che qualcuno apriva la porta pesante del bar, lui si girava a controllare chi fosse, il cuore in gola. Sperava di rivedere la ragazza rossa, era lì solo per lei, ma non se ne vedeva nemmeno l'ombra. Che stupido, magari mi sono solo illuso. Fece colazione, pagò il conto e, amareggiato, si avviò verso l'uscita. Aveva abbandonato le speranze. Sono un idiota. Mi illudo sempre e tutte le volte finisce così. Si infilò la giacca, si avvicinò alla porta e la vide. Aveva un buffissimo cappello colorato, era lei senza ombra di dubbio. Sam sorrise fra se e se, si avvicinò con passo nuovamente sicuro e le aprì il portone. "Buongiorno!"
"Oh, sei tu. Non pensavo venissi anche oggi. Sei testardo!"
"Hahaha. Non è andata proprio così, semplicemente non ho nulla da fare dalla mattina alla sera, quindi ne ho approfittato."
"Non mi ricordo nemmeno come ti chiami."
Non ti credo. Puoi dire quello che vuoi, so che lo fai solo per sfidarmi. Non ti sei affatto dimenticata di me.
"Io sono Sam, ma non ho ancora avuto il piacere di conoscere il tuo nome."
"Se proprio vuoi saperlo, sono Scarlett."
"Oh, bene. Almeno adesso so che nome darti nella mia rubrica."
"Tu non mi metterai proprio sotto nessun nome!"
"Hahahah. Parli troppo, Scarlett. Posso offrirti una tazza di caffè?"
"Posso prenderla da sola, ti ringrazio."
"Insisto. Sono un gentiluomo in fondo."
"Ok, gentiluomo... Offrimi questo caffè."
Si sedettero davanti al bancone su due sgabelli alti. Scarlett si tolse il cappello e una massa di riccioli ramati le scivolò sulle spalle. Accidenti, non mi sarei aspettata di vederlo anche oggi. Va beh, almeno, tanto per cambiare, qualcuno mi farà un po' di compagnia. 
"Allora, cosa vuoi prendere?"
"Un cappuccino e una brioches alla nutella. Tu non prendi niente?"
"No, ho già mangiato prima." Scarlett lo guardò per qualche istante.
"Se io non volessi conoscerti? Se mi stessi antipatico?" Maledetto sia il mio orgoglio che mi fa dire certe stronzate.
"Hahaha. Beh, se mi trovi così insopportabile me ne vado. Cosa vuoi che faccia?"
"Resta pure, almeno non sono da sola."
"Ok, come vuoi. Quanti anni hai?"
"Venticinque, tu?"
"Ventisei. Di dove sei? Hai un accento un pò strano."
"E' una storia un po' lunga e non ho voglia di raccontarla. Tu invece? Non so perchè, ma ho l'impressione che nemmeno tu sia di qui."
"Beh, per ora non c'è molto da dire. Negli ultimi tempi la mia vita non era più quella che desideravo. In un attimo di impulso o di pazzia, chiamala come preferisci, sono partito portandomi dietro solo uno zaino, una coperta e un po' di soldi."
"Devo ammettere che hai fegato. Hai un posto per dormire?"
"Emh... Vuoi proprio saperlo?"
"Solo se ti va di parlarne."
Sam sosprirò profondamente. Ok, ora glielo dico.
"Spero che non ti spaventerai e non fuggirai urlando a squarciagola. La verità è che sono ormai due giorni che dormo per strada."
"Dormi per strada? Non hai nessun posto dove stare?"
"No e ovviamente non ho nemmeno uno straccio di lavoro."
"Devo dire che mi sorprendi. Com'è la vita all'aperto?"
"E' la prima volta nella mia vita che prendo una decisione di questo tipo e seguo solo l'istinto, devo ammetterlo. Per ora dormire per strada non mi entusiasma. Non so nemmeno se la scelta che ho fatto è quella giusta. Solo, non ce la facevo più e sono fuggito come un codardo dalla mia vita."
"Ti invidio, almeno tu hai avuto il coraggio di farlo. Io mi sento come incatenata a un palo in una stanza chiusa a chiave. Sono anni che non faccio niente per migliorare la situazione. Tiro avanti, giorno dopo giorno."
"Come sei tragica." Come ti capisco.
"No, sono seria. Purtroppo questa è la verità. Tu, piuttosto, non sei riuscito a trovare nessun lavoro?"
"Se devo essere sincero per ora non ci ho neanche provato, ma mi accontenterei di qualsiasi cosa. Odio stare per strada. Mi sento stupido, inutile, la sola idea mi imbarazza e dire che sono passati solo due giorni."
"Senti, facciamo una cosa. Oggi dovrei andare al lavoro, ma ora chiamo il mio capo e mi do per malata. Dopo andremo a fare un giro e a distribuire curriculum. Vedrai, troveremo qualcosa."
"Ti ringrazio. Tu almeno conosci il posto, io da solo riuscirei a fare poco e niente."
"Di nulla." Scarlett sorrise al ragazzo appena conosciuto. Beh, non è poi così male. Mi aspettavo ben di peggio. Vediamo cosa posso fare per lui.
Finì velocemente di mangiare, poi telefonò al negozio. La sua voce improvvisamente si intasò, come per magia. "Pronto? Ciao Chris, sono io. Ascolta, purtroppo mi sono beccata un brutto raffreddore. No, tranquillo, nulla di grave, ma mi sa che oggi non potrò venire. Mi spiace tantissimo. Sisi, per il resto tutto a posto. Spero di poter tornare domani. Ok, ora devo andare... Allora a presto, ciao."
Sam la osservava, stupito dalla strana situazione che si era creata. Appena Scarlett attaccò, si alzarono e uscirono dal bar. Camminavano uno accanto all'altro, vicini eppure distanti. Solo un soffio di vento passava fra di loro mentre, con le mani in tasca e lo sguardo puntato a terra, avanzavano per strada. Dio, che imbarazzo. E ora cosa le dico? Come faccio a rompere il ghiaccio? Uff, non so proprio di cosa parlare. Non riesco nemmeno a guardarla in faccia. Mi sembra di essere tornato un adolescente goffo e brufoloso. Sollevò gli occhi e la guardò di sfuggita: sembrava imbarazzata almeno quanto lui. Sorrise tra se e se. La vita ci rende proprio patetici. Non sappiamo mai cosa dire al momento giusto e soltanto alla fine ci accorgiamo della nostra stupidità. "Senti Scarlett... Non ti ho ancora ringraziato nel modo giusto per quello che stai facendo per me."
"Ma smettila, va. Lo faccio solo per aiutarti."
"Già... Beh, non so cosa avrei fatto senza di te. Non è da tutti essere così generosi."
"Dai, smettila, è stato solo un piacere. Io comincerei a dare un'occhiata in giro. Che ne pensi di un futuro da cameriere?"
"Penso che sia un'ottima idea. L'ho fatto per anni per pagarmi l'università."
"Hai fatto l'università?"
"Si, mi sono laureato in fisica."
"Wow, non c'è male! In ogni caso, conosco un ristorante niente male e il proprietario è un mio amico. Se ti va possiamo andare a parlargli."
"Perfetto! Si, sono più che pronto."
"Questa notte ti andrebbe di dormire in albergo? Non penso che costi un occhio della testa e casomai posso anticipare i soldi per qualche giorno."
"Tu... Davvero faresti questo per me?"
"Beh, certo, se no per quale motivo te ne sto parlando?"
Sam era sopraffatto dalla gratitudine. 
"Sei la persona più altruista che io abbia mai conosciuto. Nessuno ha mai fatto tanto per me, e ci siamo appena conosciuti..."
"Hahahah, come sei esagerato."
Magari lo fossi. 
"Che ne dici di alloggiare sopra al bar? Dovrebbero avere delle camere piccole ma graziose. Il padrone è molto pulito e dalle finestre entra sempre fresca aria di mare."
"Si, mi sembra un'ottima idea."
"Bene. Vieni, saliamo su quest'autobus. Dovremmo arrivare in cinque minuti." Si sedettero sui sedili vuoti del bus deserto.
Si guardavano imbarazzati, posavano lo sguardo fuori dalla finestra con finta indifferenza e poi tornavano a fissarsi.
"Eccoci. Scendi, ho prenotato la fermata."
Sam inspirò profondamente. Non poteva credere alla propria fortuna. Sorrise alla sorte e scese sul marciapiede. Una ventata di aria fresca gli accarezzò il volto. 

 
  
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