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Autore: Ely79    15/09/2014    2 recensioni
A Kyrador sta per prendere il via la finale del “Grand Prix de Celest(is)e Pâtisserie”, il talent che coronerà il miglior pasticcere amatoriale di Celestis. Brando, amico e coinquilino del Capitano Alexia Stirling, si accinge a partecipare, sicuro delle proprie capacità e della speranza di vedere i propri sogni realizzarsi.
I dolci andranno ad intrecciarsi con le indagini della MAB e con le vicissitudini di chi gli sta intorno, dai suoi avversari alla stessa Alexia, alle prese con spacciatori e gli strani atteggiamenti del suo sottoposto.
[Ispirato e scritto con la collaborazione di Carlos Olivera, autore della serie "Tales of Celestis" di cui troverete il link alle pagine EFP]
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The_L_Factor
4.    Ocean Eye

Pan di Spagna marezzato azzurro e bianco a base di vaniglia e alghe polverizzate, intervallato da crema vegana al pomodoro caramellato, Libea, rhum, pezzi di ananas, anice, salsa Du Lac,
ricoperto di ganache vegana alla panna di soia, alghe, cocco e cioccolato decolorato con incantesimi appositi.


«Il tema del mare può sembrare banale, ma proprio per questo motivo non va preso sotto gamba!» avvisò la Gellar mentre i concorrenti si davano da fare alle proprie postazioni. «Stupiteci!»
«Come se fosse facile…» annaspò la Martinez, mulinando le braccia in un’enorme boule.
Brando controllò il Pan di Spagna nel forno. Aveva l’impressione non stesse lievitando a sufficienza, forse per via delle alghe nell’impasto azzurro. Le aveva usate in altre preparazioni con enorme successo – tutti ricordavano quando Hannu era svenuto dall’emozione assaggiando la sua Suprême all’ananas, scoprendo che il colore dell’impasto non derivava da coloranti artificiali. Meditò se applicare subito un gonflage o aspettare ancora: le alghe non dovevano aver perso tutta l’acqua al loro interno, ma una volta eliminata quella, avrebbero rilasciato gli zuccheri e l’anidride carbonica sufficienti a raggiungere il risultato previsto. Serviva solo un po’ di pazienza.
Sorrise rimettendosi all’opera sulla crema per la farcitura e sulla terribile salsa Du Lac, spina nel fianco di qualunque pasticcere. Pur essendo chiamata “salsa”, la Du Lac era paragonabile a un miele per vischiosità; nonostante ciò non era appiccicosa e poteva essere modellata come un solido o resa volatile grazie ad appositi incantesimi. La difficoltà stava tutta nel temperaggio degli ingredienti, che andavano lavorati in maniera simile al cioccolato, ma su un piano riscaldato fino a quando, a seconda del risultato che si desiderava ottenere, la Du Lac non si rapprendeva in una massa semifluida o cominciava a levitare.
Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro, lasciando colare il preparato in un filo sottile dalla bacinella. Appena il disco fu sufficientemente largo e uniforme, afferrò la spatola e cominciò a lavorarlo, facendo piovere di tanto in tanto qualche pizzico di Libea, che veniva subito incorporata. Jerkins, nella postazione alle sue spalle, strabuzzò gli occhi costatando che pur essendo così impegnato, riusciva a mantenere attivi ben due incantesimi: uno per montare la ganache vegana di soia e l’altro per la mescolare la crema all’ananas e pomodoro caramellato.
«Attenzione alle tempistiche» l’ammonì Mtawarire, dissimulando abilmente la propria ammirazione.
Aveva notato la solitaria stella di anice attorno alla quale vorticava il secondo composto e l’indicò ai colleghi. Occorreva non poca maestria a far sì che il mulinello non la trascinasse al proprio interno, riducendola in pezzi e amalgamandola all’insieme, poiché la ricetta prevedeva restasse solo in infusione. La Gellar e Moriyama annuirono con solennità senza dire nulla. Brando rispose con un sorriso appena accennato, senza perdere il ritmo delle battute. Li aveva notati a malapena. La sua attenzione era interamente rivolta al processo creativo, tanto che quasi non si accorse dello scorrere del tempo e si ritrovò con un perfetto Pan di Spagna in uscita dal forno.
«E ora… Vallonné» sussurrò.
Subito la pasta ancora calda prese a scuotersi, quasi che minuscole mani lo spingessero dall’interno. Perse gradatamente la forma rettangolare dello stampo, sollevandosi da un lato e assottigliandosi dall’altro, incurvandosi e aprendosi in piani di differente spessore. Separò delicatamente gli strati e li lasciò raffreddare con calma, prima di iniziare a stendere con attenzione l’instabile farcitura: sarebbe bastato un nulla a far smontare la dolce nebbia. Poco alla volta il Pan di Spagna bianco-azzurro si trasformò nella realistica rappresentazione di un’onda dalla meravigliosa - quanto ingannevole – trasparenza, avvolto attorno a un nucleo di crema dorata vivido e scintillante, che attirava a sé gli sbuffi opalini della Du Lac in un vortice squisito. La lavorazione gli era riuscita talmente bene che il leggero tremolio del dolce faceva pensare si trattasse di un’immagine tridimensionale in qualche documentario scientifico.
«Salve, Ocean Eye» sorrise.

***

Degli otto dolci presentati, metà rispecchiavano appieno il tema e l’idea di originalità e innovazione richiesti dai giudici. Gli altri erano un misto di disastri e banalità, che contrariarono sia i giudici che i pasticceri, per non parlare del pubblico a casa. A vincere la sfida fu Jacques McCoy, con il Letto di Nettuno, variante di una millefoglie che impiegava al posto della pasta una particolare varietà di alghe brune, candite e rese croccanti in forno. McCoy non le aveva tagliate in rettangoli, lasciando che la sagoma naturale delle foglie generasse dinamicità nella composizione. Si aveva davvero l’impressione di guardare il giaciglio del dio del mare, dove pesciolini di fondente guizzavano fra gli strati e il grande tridente di isomalto dorato, animati da specifici sortilegi.

Brando aveva provato un’invidia spropositata: quel dolce era decisamente spettacolare e non c’era nulla che potesse convincerlo del contrario, neppure il suo secondo posto davanti a Ikeda e al suo Ao no tate1, una ciclopica torre di bignè fasciata da cascate di resina alimentare, sulla cui sommità danzava un ikuday, raro pesce tropicale dalle lunghissime pinne, realizzato in gelatina e cioccolato plastico. Quarta si era piazzata Aya Mehran, con una zuppa dolce di frutti tropicali, spezie e perle di biscotto alla Libea, guarnita di mousse de mer – una panna montata salata e schiumosa – e racchiusa in una coppa di fondente a forma di conchiglia trattata con un incantesimo idrorepellente, e denominata Culla delle Sirene che, sebbene non avesse suscitato grande impressione, era stata eseguita con grande maestria e gusto estetico.
Tuttavia, le note dolenti giunsero dagli sconfitti. La Simmons era stata penalizzata dal malfunzionamento del proprio vessel che aveva fatto letteralmente impazzire l’impasto base della sua Seablizzard, ma anche da un gran pasticcio della Martinez, rea di averle sottratto la ciotola in cui aveva preparato della crema di zenzero salato. L’altra aveva ribadito più volte che la preparazione si trovava sul proprio ripiano dell’abbattitore e di averla scambiata per l’impasto, misteriosamente scomparso, dei Macaron del Mar Helado che aveva cercato invano di preparare. Jerkins a sua volta aveva avuto problemi con la cottura del suo Tesoro degli Abissi, a causa di un guasto al forno, che gli aveva restituito una specie di pudding grumoso e sgonfio. Ma la parte peggiore era toccata a Jula Antonova: la sua riproposizione dolciaria della famosa tela Mareggiata a Saint Holonnez, minata da un’eccessiva coloritura delle crepes – alcune quasi bruciate - e da improbabili accostamenti tra uova di pesce e coulisse agrodolci di frutta, fu definita un imbarazzante tripudio di gomma insipida.
«C’è in gioco la vostra reputazione e il vostro futuro, e questo è tutto ciò che è riuscita a produrre?» chiese Moriyama, gelido. «Si rende conto che è un insulto verso di noi, i suoi colleghi, il pubblico a casa, ma soprattutto verso sé stessa? Davvero crede di non saper fare meglio di così? Perché allora non mi spiego come sia approdata alle finali. Questa è mediocrità. E forse ancor meno!»
Una stroncatura del genere avrebbe fatto vergognare persino il più borioso ed egocentrico dei pasticceri. Jula scoppiò in lacrime e presa da un moto di rabbia si avventò su Moriyama, ritenendolo il maggior responsabile della propria esclusione. Brando se la vide sfrecciare accanto col braccio sollevato in aria, proteso con una bizzarra angolazione e pronto a colpire. Ebbe la strana sensazione che il suo vessel mandasse scintille, o forse si trattava solo dei riverberi delle luci di scena. Tre uomini della sicurezza la bloccarono un istante prima che raggiungesse il giudice e la trascinarono via tra urla e strepiti. Più tardi, mentre i concorrenti lasciavano gli studi televisivi scortati dai bodyguard, alcuni giornalisti domandarono ai partecipanti dell’accaduto e se fossero al corrente di inusuali movimenti di gente armata - presumibilmente del T.M.D. - nei pressi dell’emittente.

***

Appena arrivato a casa, Brando avanzò nel soggiorno trascinando i piedi sul pavimento. Non si era mai sentito così stanco in vita sua, e solo per aver preparato una torta. Non osò guardarsi nello specchio del bagno mentre lavava i denti, sicuro di scorgervi una creatura sconvolta dagli occhi arrossati e la pelle smunta che lo ricordava vagamente. Dirigendosi verso la propria stanza, ebbe l’impressione di sentire la pelliccia serica di Micio strusciargli sulla gamba, ma avrebbe potuto benissimo trattarsi di un refolo d’aria proveniente da qualche finestra rimasta aperta. Si lasciò cadere pesantemente sul letto, trafficando con i vestiti profumati di Libea e vaniglia. Tastò alla cieca sulla scrivania in cerca del computer. Lo accese e aprì una chat riservata, contrassegnata da un cuore coronato e trovò l’altro utente in attesa.


J
USTICE&SPICE – BENTORNATO, CAMPIONE! SEI STATO FANTASTICO. E QUELLA TORTA ERA UN VERO CAPOLAVORO. MI HAI TENUTO DA PARTE UNA FETTA?

Brando si sentì sollevato e infinitamente grato per la muta comprensione. Per quanto desiderasse udire la sua voce e godersi il suo sorriso, era troppo stanco per reggere il confronto; sarebbe rimasto aggrappato al telefono per ore e se fossero ricorsi ad una videochiamata probabilmente avrebbe abbracciato l’immagine virtuale come un idiota. Aveva un bisogno disperato di dormire.

B
AKING – MI SPIACE. È VIETATO PORTAR VIA LE PREPARAZIONI DALLA GARA. UNA QUESTIONE DI “COPYRIGHT”. CHI VINCE PUBBLICHERÀ UN LIBRO CHE DEVE INCLUDERE ANCHE LE RICETTE DELLA GARA. UNA SPECIE DI TUTELA, CREDO. MA DI QUESTO CI CAPISCI DI PIÙ TU.
J
USTICE&SPICE – CHE GENTE CRUDELE PRIVARE UNA COPPIA DELLE PROPRIE GIOIE. GLI FAREMO CAUSA.
B
AKING – NE FACCIO UNA SOLO PER NOI DUE QUADO TORNI DA AMALTEA. LÌ NON CI SARANNO COPYRIGHT O GIUDICI CHE SI STRAFOGANO IMPUNEMENTE. SARÀ IL NOSTRO BANCHETTO PRIVATO.
J
USTICE&SPICE – NON DIRMELO: FALLA! E IO TI PREPARERÒ QUALCOSA DI ALTRETTANTO STUZZICANTE
B
AKING – QUELLO CHE PENSO?
J
USTICE&SPICE – DIPENDE. COSA PENSI?
B
AKING – LO SAI.
J
USTICE&SPICE – DAI, NON FARE IL DIFFICILE. COSA PENSAVI?
B
AKING – TORNERAI, MI ABBRACCERAI E MI BACERAI DICENDO CHE SONO L’UOMO DELLA TUA VITA, CHE NON PUOI VIVERE SENZA DI ME E LA PROSSIMA VOLTA CHE TI PROPORRANNO UN LAVORO IN TRASFERTA DIRAI DI NO SE NON PUOI PORTARMI IN VALIGIA.
JUSTICE&SPICE –
QUESTO È OVVIO, ANCHE SE DOVRÒ COMPRARE UNA VALIGIA NUOVA, ABBASTANZA GRANDE DA FARTI STARE COMODO. NON SEI PROPRIAMENTE TASCABILE. COMUNQUE, PENSAVO DI PRENOTARE UNA BELLA SEDUTA AL “SECRET GARDEN”, SOLO PER NOI DUE. TRATTAMENTO DI COPPIA COME AL MIO COMPLEANNO. MASSAGGI, SAUNA, RELAX E QUALCHE COCCOLA EXTRA PER IL RE DELLE TORTE DI CELESTIS. TE LO MERITI.
B
AKING – TU MI VIZI. MA FAI PURE. NE AVRÒ BISOGNO A PRESCINDERE DALL’ESITO.
J
USTICE&SPICE – COME SAREBBE “A PRESCINDERE”? TU VINCERAI!

Quelle parole fecero sorridere Brando, che però s’incupì subito dopo. Sentì un groppo salirgli alla gola, facendo una fatica immensa a trovare i tasti. Passò le mani tra i capelli per calmarsi e riprese a scrivere.

B
AKING - HO AVUTO PAURA.
J
USTICE&SPICE - PER COSA?
B
AKING - NON CREDEVO CHE FENG POTESSE ALLARMARMI FINO A QUESTO PUNTO. QUANDO HO VISTO JULA CHE STA

Ma un nuovo messaggio si accavallò al suo in tempo reale, bloccandogli dita e pensieri.

J
USTICE&SPICE - SEI PREOCCUPATO PER I DUE NON MAGHI CHE SONO RIMASTI? JERKINS E SIMMONS? PENSI CHE POTREBBE SUCCEDERE QUALCOSA NELLE PROSSIME SERATE?
B
AKING - MI SEMBRANO GENTE A POSTO, MENO INCLINE A DARE DI MATTO. MA LO STRESS È ALTISSIMO, NON NE HAI IDEA. DEVI PENSARE E MUOVERTI A UNA TALE VELOCITÀ CHE RISCHI DI PERDERTI QUALCOSA. L’ERRORE È DIETRO L’ANGOLO. E POI NON CONOSCIAMO LE CUCINE, I FORNI, LE ATTREZZATURE. I GIUDICI GIRANO MA LE TELECAMERE E I MICROFONI SONO PEGGIO, CE NE SONO OVUNQUE. È UN DELIRIO.
J
USTICE&SPICE - SONO LE TRE DEL MATTINO E SEI SVEGLISSIMO. IO PURE. DIREI CHE UN’IDEA DI COME STAI CE L’HO, ECCOME. VAI A DORMIRE, BRAN. QUANDO SEI STANCO PERDI LA VENA CREATIVA E NON PUOI PERMETTERTELO. IL TRAGUARDO CE L’HAI A PORTATA DI TAGLIAPASTA.
B
AKING – GRAZIE, SEI UN TESORO. E HAI RAGIONE, STO CROLLANDO. MI SI STANN

«Salutatevi e andate a dormire!» sbraitò Alexia, comparendo all’improvviso sulla porta.
A Brando mancò poco che venisse un infarto per lo spavento.
«Che fai qui? È la mia stanza!» protestò frastornato, accorgendosi solo in quel momento di essere saltato in piedi sul letto con la tastiera stretta al petto, e di avere indosso giusto i boxer e un calzino sceso alla caviglia.
«Muoio di sonno e anche con la porta chiusa ti sento digitare e sento tutti quegli stramaledetti alert quando arrivano i suoi messaggi. Voglio dormire!» urlò. «E fino a prova contraria la stanza è mia, come il resto dell’appartamento! Tu la occupi e basta!»
Detto ciò, uscì sbattendosi la porta alle spalle, lasciando Brando interdetto. Appena realizzò d’essere nuovamente solo, esalò un sospiro affranto. Gli sembrava d’essere tornato ai tempi in cui la sua famiglia faceva visita a quella di Alexia, loro due erano adolescenti e la signora Stirling arrivava a concludere le interminabili chiacchierate che li tenevano svegli fino a orari impossibili. La differenza stava tutta nel fatto che a Eleonor Stirling era sufficiente affacciarsi a braccia conserte sulla porta per ridurre chiunque al silenzio, senza bisogno di proferire verbo. Niente scenate, nessuna porta che faceva tremare gli stipiti, solo una consistente dose di materna autorità.
Un bip richiamò l’attenzione di Brando allo schermo.

J
USTICE&SPICE – PROBLEMI?

Aveva inviato una fila di caratteri sconclusionati, probabilmente quando si era stretto addosso la tastiera. Recuperando una posizione consona e un briciolo di dignità, Brando tornò a sedere.

B
AKING – ERA LIX. TI SALUTA TANTO. DICE CHE FACCIO CASINO E VORREBBE DORMIRE.
J
USTICE&SPICE - ERA ARRABBIATA?
B
AKING – UN POCHINO, MA LE PASSA. MEGLIO COMUNQUE CHE VADA A LETTO ANCH’IO. SOLO SOLETTO. SIGH. NEANCHE IL GATTO MI FA COMPAGNIA, QUEL TRADITORE! STARÀ DORMENDO SUL CUSCINO DI LIX, SE NON L’HA BUTTATO GIÙ. PENSAMI, COSÌ SENTIRÒ MENO LA TUA MANCANZA.
J
USTICE&SPICE – LO FARÒ. E PENSAMI ANCHE TU.
B
AKING – NON RIESCO A NON FARLO. SEI TU CHE MI HAI ISPIRATO L’OCEAN EYE, NON L’AVEVI CAPITO?
J
USTICE&SPICE – SEI IL SOLITO ROMANTICONE! MI FAI SENTIRE UNA CAROGNA PER AVERTI LASCIATO SOLO IN QUESTO MOMENTO. NON DOVEVO ACCETTARE L’INCARICO A OTISA.
B
AKING – NON L’AVEVI PREVISTO, È CAPITATO ED È IMPORTANTE PER LA TUA CARRIERA. RIUSCIRÒ A SOPPORTARE LA TUA ASSENZA O MORIRÒ INGOZZANDOMI DI PANCAKE AI MIRTILLI E MOUSSE AL CIOCCOLATO BIANCO. CI SENTIAMO DOMANI. BUONA NOTTE.
J
USTICE&SPICE – A DOMANI, AMORE. BUONA NOTTE.

***

«Niente di buono oggi? Solo porcherie di dubbia provenienza?» si lamentò Thomas, storcendo il naso.

«Senti, accontentati!» protestò Pierre litigando con l’ombrello che non voleva saperne di chiudersi.
Aveva portato qualche focaccina fredda e piuttosto stantia recuperata in un forno qualche traversa più avanti, di cui dubitava fortemente del rispetto delle normative igienico-sanitarie. Purtroppo era uno dei pochi posti dove potessero incrociare Carmy: grazie al nutrito gruppo di persone che stava perennemente in coda in attesa di essere servita, era possibile scambiare poche parole e qualche appunto scritto senza dare nell’occhio.
«Qualcosa d’interessante?»
«No. E tu, Bulmen? Mostrato la tua potente spada a qualche cattivo?» sogghignò sarcastico, mimando un fendete.
Lucas arrossì ma era troppo preso dall’incombere del pedinamento per sottostare alla provocazione.
«Carmy ha una consegna, la Stirling vuole che la segua da solo e a distanza. Prendo un paio di cose per le registrazioni e la sorveglianza. Sempre che riesca a trovarle! Questo posto sta diventando una discarica!» si lagnò raccogliendo scatole di take away e sacchetti del supermercato. «E comunque, è Balmung» soggiunse indignato.
Voltandosi a guardarlo, trovò Cane con le mani sprofondate nelle tasche, che scrutava distrattamente un quotidiano del giorno prima accanto al sacchetto delle focacce, ben lungi dal controllare l’ingresso della Chiesa di Ela sul lato opposto della strada.
«Ti farà rapporto sul serio se scopre che hai le mani dove non dovresti!» lo sgridò imitandolo.
«E dove dovrei metterle?» sbadigliò annoiato, seguitando a interrogarsi circa lo spuntino.
Lucas gli indicò il computer, ma quando smosse la tastiera per attivare le schermate di sorveglianza, si accorse che l’immagine tridimensionale del giorno prima ora stava lì.
«Dovevi farla sparire!» squittì sentendo un brivido gelido scendergli lungo la schiena.
Se al suo posto fosse tornata Alexia, la cricca di Timur li avrebbe scoperti sentendo le urla.
«Infatti. L’ho fatta sparire subito da quel computer e l’ho messa su questo. Il capo non ha detto che non potevo metterla da un’altra parte» ridacchiò massaggiandosi una spalla indolenzita.
L’aver trascorso l’ultima ora appoggiato allo stipite della porta ascoltando le registrazioni ambientali si era rivelata una pessima trovata. D’altra parte, se si fosse seduto come suo solito, avrebbe rischiato di addormentarsi.
«Quanto sei infantile!» piagnucolò Pierre, tornando a concentrarsi sulle attrezzature.
Premette il pollice sulla placchetta a chiusura di un paio di valigette e cominciò a frugare all’interno in cerca dei dispositivi di tracciamento e ascolto. Detestava quel lato di Cane, lo trovava fuori luogo in una persona della sua età ed esperienza. All’inizio l’aveva visto come un mentore, qualcuno a cui ispirarsi, salvo cambiare idea dopo un paio di giorni, quando gli elementi destabilizzanti dei suoi atteggiamenti avevano cominciato a emergere.
«So che me ne pentirò, ma… hai guardato la tv ieri sera?» gli chiese raccogliendo gli strumenti in una sacca.
«No, furbone. Mi avete piantato qui a godermi lo spettacolo di una via deserta, dove passano giusto gli invasati di Timur. E non uso sempre in maniera inappropriata le nostre baracche, so a cosa servono, anche se vi siete convinti del contrario» rampognò, massaggiandosi la faccia.
Era stanco e avvilito dalla nottata infruttuosa, e riprese a rovistare tra i prodotti del forno con aria ipercritica. Avevano davvero un aspetto penoso, assolutamente insalubre, ma doveva sforzarsi di buttar giù qualcosa per raggiungere la fine del turno, di lì ad un’ora e mezza. Sempre che il pedinamento non sfociasse in altro.
«Beh, il Capitano mi ha detto che un suo amico partecipa al programma di pasticceria e sta andando benone. Tu lo sapevi? Che ha un amico famoso, intendo. Vi conoscete da un po’ tu e lei».
Le focaccine persero d’interesse all’istante e Cane si raddrizzò, rigirandone lentamente una tra le dita. Lucas continuava a dargli le spalle mentre selezionava le cianfrusaglie più appropriate per l’occasione. Attese pazientemente che raccogliesse il suo ciarpame e si levasse dai piedi per tuffarsi in rete. Scovò in sito del “Grand Prix de Celest(is)e Pâtisserie” e cominciò a scorrere con attenzione le varie pagine.
«Ecco qui… dannazione è proprio lui» mormorò trovando la pagina dedicata ai concorrenti.
Aveva riconosciuto la scheda verso il fondo della lista. Iniziò a controllare l’anagrafica, dove campeggiava un bel primo piano dell’uomo che era certo avesse baciato Alexia. Sotto, altre fotografie lo ritraevano in una cucina mentre fingeva di litigare con un gatto gigantesco, lavorava a un qualche dolce o reggeva un trofeo di pasticceria abbigliato come un giocatore di gelharball. Se non ricordava male, anche al Capitano piaceva quel gioco, un paio di volte aveva lamentato indolenzimenti dovuti a qualche partitella.
«Vediamo un po’ che dice. Brando Pellegrini, trentun anni – come la Stirling… nato a Otisa… ah, un amalteco! Uomini e buoi dei paesi tuoi, eh? Diplomato all’Accademia di… ah, quindi è un mago… bla-bla-bla lavorato quattro anni presso la “Union Joy Sweets” di Recadi – che roba sarà? Caramelle? Cioccolatini?... corsi vari – ma dai? Di pasticceria e cake design? Non l’avrei mai detto… bla-bla-bla... gestisce diversi blog di cucina – ma che sorpresa… e campa di questo? Complimenti, una faticaccia! Trasferito a Kyrador due anni fa… solo due anni? E perché la Stirling non ne avrà parlato? Si vergogna del suo uomo? Qualcosa d’illecito da nascondere, Pellegrini? Spaccio di liquirizie? Contrabbando di confetti? Sofisticazione torte?» malignò, sentendo che quella vena di cattiveria nella voce gli trasmetteva un certo piacere. «Beh, forse non ha detto niente perché è lei quella con le palle… non mi venga a dire che un pasticcere farebbe quello che facciamo noi, mago o no. Le indagini non si improvvisano m nemmeno seguono ricette preconfezionate».
Quel tipo non gli piaceva, non lo convinceva. La Stirling non poteva trovare interessante uno con quella faccia da bambolotto, né per una cosa occasionale né tantomeno per una relazione seria. Era ridicolo. Lei aveva carattere, a volte persino troppo, e vicino ad un tipo simile avrebbe dato certamente i numeri nel giro di un paio d’ore o giù di lì. Eppure l’ipotesi che fosse un parente era altrettanto improbabile: allora perché nasconderlo?

1 Ao no tate: Blu verticale.
   
 
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