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Autore: Alexia96    15/09/2014    0 recensioni
Mentre un nuovo Male getta la sua oscura ombra sopra l'Europa, una straordinaria amicizia nasce fra due bambine. Due bambine simili, molto simili...
Dal primo capitolo:
“Cos’è quello?” disse Rose indicando una macchiolina sulla pelle.
“Mamma dice che è una voglia” spiegò Emily “Secondo mio papà assomiglia alla fiamma di un drago, mi chiama ‘Piccola Draghessa’, anche se mamma di che quella parola non esiste. Tu non ce l’hai?”
“No, non ho voglie” rispose Rose, allargando il colletto della T-shirt per mostrare la spalla sinistra.
Dal secondo capitolo:
“Ok, quindi ora dobbiamo spiare l’ufficio di tua mamma e aspettare che i miei genitori escono” disse Emily “Poi io entro nell’ufficio, mentre tu vai dai loro, esatto?”
“Giusto!” disse Rose. “e poi tra un mese tu devi fare in modo di essere qui al Ministero, così da poterci scambiare di nuovo”.
Era un piano geniale. E sebbene non fosse tutta farina del suo sacco, Rose non riusciva a non compiacersi della sua capacità di escogitare nuovi modi per disubbidire ai genitori.
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Hugo Weasley, Nuovo personaggio, Rose Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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2 . Perché non…

 

Da sotto un tavolo è difficile percepire cosa succede in una stanza intera. Per questo motivo Rose ed Emily continuarono a parlare tra di loro, anche dopo che qualcosa fu appoggiato sul tavolo, facendolo ondeggiare ritmicamente e producendo dei rumori insoliti.
“Scusa se ti ho spinto” disse Rose porgendo la manina a Emily “A volte non controllo la mia magia”.
“Tranquilla, non mi sono fatta niente!” disse Emily sorridendo. Si sedette sulle ginocchia e si sistemò la spallina del vestitino.
“Perché eri nascosta qua sotto?” chiese Rose.
“Non ero nascosta, mi stavo annoiando e mi sono messa a esplorare questa stanza” spiegò Emily. “Quando mi sono infilata qua, ho sentito qualcuno che entrava, e mi sono vergognata a uscire”. Dopo il suo racconto sorrideva ancora, ma le sue guance si erano colorate di rosso.
“Io invece mi sono nascosta perché sono entrati due ragazzi che si baciavano, e non mi andava che mi vedessero”.
Si sentì un forte colpo, e diverse urla. Rose distinse chiaramente le parole ‘Mancanza di pudore!’ e ‘Licenziati in tronco!’, poi cadde un silenzio strano, imbarazzante. Dei passi e un nuovo colpo le fecero intuire che erano sole nella stanza.
“Forse possiamo uscire” disse Rose “Credo che se ne siano andati”. Lei ed Emily alzarono la tovaglia di qualche centimetro, e videro che non c’era nessuno. Uscirono dal loro nascondiglio gattonando, e si alzarono. Rose si lisciò il vestito, levando un po’ di polvere che la fece starnutire.
Să vă binecuvânteze” disse Emily.
“Che
cosa hai detto?” domandò Rose stranita. Emily non capì lo stupore della bambina, poi sembrò rendersi conto di qualcosa.
“Scusa, volevo dire salute” esclamò Emily “A volte mi scappa qualche parola in rumeno”.
Il volto di Rose s’illuminò.
“Tu parli il rumeno?” domandò eccitata.
“Certo, vengo dalla Romania” disse tranquillamente Emily.
Era la prima volta che Rose incontrava una persona straniera, e che riusciva a parlarci. Una volta aveva incontrato un omone con una grossa barba grigia che doveva parlare con suo zio Harry, ma non faceva altro che gesticolare e gridare delle parole incomprensibili in uno strano e sconosciuto dialetto russo. Zio Harry cercava di farsi capire con qualche parola russa, e nel frattempo chiedeva a chiunque passasse di trovare qualcuno che lo parlasse veramente. Probabilmente mescolò un po’ le due lingue, perché a un certo punto i membri del ministero non riuscirono a comprenderlo, e l’uomo russo si arrabbiò tanto da lanciargli un incantesimo che gli graffiò la faccia. Questa bambina invece aveva un’ottima pronuncia, migliore di quella di suo fratello Hugo.
“Romania?” domandò eccitata Rose “E hai mai visto un drago?”
“Sicuro!” disse Emily “Mio papà conosce un uomo… Forse lo conosci anche tu, si chiama Charlie Weasley, è tuo parente?”
“Sì, è mio zio!” esclamò felicissima Rose. Per quanto adorasse suo zio Charlie, lo aveva visto poche volte. L'ultima volta era venuto a trovarli per Natale, due anni fa.
“Mi aveva detto che assomigliavo a sua nipote, ma chi pensava che eravamo praticamente gemelle?”
“Già” disse Rose “Chissà che faccia farà quando lo scoprirà. Tu quando torni in Romania?”
“Spero mai” disse Emily, perdendo il cipiglio allegro tenuto finora.
“Perché no?” chiese Rose, che avrebbe dato tutti i suoi averi (e suo cugino James) per poter andare in Romania. Poi le ritornarono in mente le parole di sua madre.
“Perché non puoi uscire da casa?”
“Esatto, è terribile!” si lamentò Emily “Soprattutto perché papà invece esce ogni giorno”.
“Lui dice che non si diverte quando esce, però non smette! In più non posso vedere nessuno dei miei amici. L’unica cosa bella che posso fare anch’io è andare da tuo zio Charlie. Là posso giocare all’aperto, e forse, se continuo ad aiutarli, mi faranno cavalcare un drago”.
Gli occhi e la bocca di Rose erano spalancati al massimo.
“Oramai però non ha importanza, tanto mi sto trasferendo qui”.
“Qui in Inghilterra?” disse Rose sconvolta “Ma non vuoi cavalcare un drago?”
“Non sono sicura che si può fare davvero, penso me l’hanno detto per scherzo” disse Emily “E comunque non lo voglio fare”.
Preferì non dirle che secondo lei era una pazza, e che al suo posto avrebbe rinunciato volentieri anche al cibo per due minuti vicino a un drago.
“Tu come mai sei qui al Ministero?” chiese Emily a Rose.
“La mia mamma lavora qui” spiegò Rose “Però doveva parlare con una famiglia rumena, e mi ha detto di uscire”.
“Allora forse sta parlando con i miei genitori!” disse Emily entusiasta “Andiamo da loro?”
Rose fece un cenno con la testa, e scortò Emily da sua madre. Una volta vicina alla porta, però, non bussò. Dall’ufficio uscivano delle urla spaventose e confuse, e qualcuno aveva buttato a terra una delle sedie che sua madre teneva di fronte alla sua scrivania, per i visitatori.
“È il mio papà” sussurrò Emily “Sta urlando in rumeno”.
“E che dice?” domandò a bassa voce Rose.
“La tua mamma è qua dentro?”
“Sì”
“Allora è meglio non dirtelo”
Rose stava per chiedere lumi sul perché, ma non ce ne fu bisogno: stavolta era sua madre a urlare.
“GUARDI CHE CAPISCO BENISSIMO IL RUMENO, E NON SONO NESSUNA DI QUESTE COSE!” tuonò Hermione, spaventosa e arrabbiata come mai Rose l’aveva sentita, e come mai sperava di doverla risentire “Vi sto solo illustrando la decisione della Commissione d’Aiuto per la Romania, che tra l’altro non ha niente a che fare con il mio ufficio. Ambasciator non porta pena, o non si Schianta il gufo per la Strillettera, se preferite”.
“Mia moglie è inglese, ha diritto di tornare a Inghilterra con sua familia” gridò il padre di Emily. Il suo inglese era peggiore di quello della figlia, e con un accento molto forte.
“Le ho già spiegato che molti inglesi sono bloccati in Romania, mio cognato in primis” disse Hermione con tono pacato, molto diverso da quello di prima “Date le circostanze, siete fortunati a dover aspettare solo un mese di verifica per potervi trasferire qui”.
“Un mese che dovremo trascorrere in Romania, senza sapere se passeremo la verifica” disse la voce di una donna, la madre di Emily. Il suo inglese, al contrario del marito, era molto pulito, ma risentiva di una cadenza strana, un miscuglio tra gallese e altro.
“Essendo lei del Galles la verifica è solo una formalità” spiegò Hermione “Sono certa che la passerete, a meno che non portiate con voi cuccioli di drago”.
“No, solo Draghessa” disse ridendo il padre di Emily.
“Nostra figlia” chiarì la madre di Emily. Rose s’immaginò la sua di mamma, dopo la parola draghessa. A lei non piacevano i draghi: suo papà le aveva spiegato che aveva avuto una brutta esperienza con un drago; Rose le aveva risposto che si sarebbe fatta legare alla sua coda, pur di vedere un drago.

Si è capito che a Rose piacciono i draghi, vero?
“Uffa, non posso ancora venire qua in Inghilterra” sbuffò Emily irritata.
“Be’, tra un mese potrai venire, non è un gran problema” disse pratica Rose “Così magari puoi vedere ancora i draghi…”.
“Non vedevo l’ora di venire qua, mamma dice che ci sono dei parchi grandissimi pieni di giochi…”.
“E forse zio Charlie te li farà cavalcare! Sarebbe bellissimo!”
“E potrò giocare con tutti i bambini che incontro, senza che la mamma mi porti subito a casa…”.
“Non so che dare per vivere da te!”
L’ultima frase l’avevano pronunciata contemporaneamente, guardandosi dritte negli occhi. Continuarono a fissarsi per qualche secondo, poi, a entrambe, venne un’idea. Un’idea assurda, pazzesca, molto complicata e che certamente le avrebbe messe nei guai se le avessero scoperte.
Ma non sarebbe stato questo a fermarle, non il disubbidire ai genitori.

 

 

 

***

   

 

 

L’ufficio di Hermione Weasley era sempre, impeccabilmente in ordine. Per lei era fondamentale mostrare la sua capacità d’organizzazione, e niente era efficace come un ufficio ordinato e pulito, in qualsiasi circostanza. Suo marito Ron e il suo amico Harry le facevano notare che una maniacale attenzione all’ordine era spesso indice di pazzia, ma in generale non osavano criticare le sue decisioni a riguardo. Si sa che i pazzi vanno assecondati, si dicevano.
Per questo aveva una specie di tic all’occhio, al momento. Le sedie e il divano che lei teneva sempre nello stesso punto ora erano completamente fuori posto, e le sedie erano anche ribaltate. I rotoli di pergamena che aveva diligentemente compilato e ordinato sopra la scrivania erano diventati dei coriandoli sparpagliati nel pavimento. La scrivania di solito immacolata presentava una grossa macchia d’inchiostro nero, finito anche nel suo vestito da lavoro verde.
“Io chiede scusa” disse lentamente la voce di un uomo “Io no controlla mie mani e mia rabbia”
Il tic di Hermione sembrò peggiorare, ma se c’era una cosa per cui era famosa (a parte l’aver contribuito alla fine di Voldemort) era la sua fermezza: se non voleva perdere il controllo, nulla poteva distoglierla dal suo intento.
“L’importante è che avete accettato il compromesso” disse Hermione. Trasse un profondo respiro, prese la bacchetta e con un elaborato movimento di polso sistemò il suo ufficio.
Pero un mese è troppo tempo!” esclamò di nuovo l’uomo. Prima che potesse fare un qualche movimento, la moglie gli mise una mano sul braccio.
“Boris è preoccupato perché gli scontri nelle strade aumentano, così come gli attacchi dei giganti” disse lei rivolta a Hermione “Teme che ci possano attaccare nel cuore della notte, senza darci la possibilità di difenderci”
“Capisco le vostre preoccupazioni, davvero” disse Hermione “Noi inglesi abbiamo avuto lo stesso problema, senza che nessuno Stato ci aiutasse”.
“E tutta la Romania è grata dell’aiuto che ci state dando”. Mentre sua moglie diceva questa frase, Boris sbuffò alzando gli occhi al cielo.
“Mandare Auror che uccide rumeni è aiuto? Grazie tante!” esclamò Boris sarcastico “Fa parlare me, Angel” aggiunse prima che la moglie potesse parlare.
“Auror attacca a maghi oscuri, ma anche a rumeni, senza guardare, senza controllo! Miei amici morti due mesi fa, Auror inglesi li uccide”
“Questo lo ritengo improbabile” disse ferma Hermione “Il Capo dell’Ufficio Auror è il mio migliore amico…”.
“Potter, sì, lui non controlla più Auror, chieda a incapace!” gridò Boris.
“Signor Dragan, non le permetto di mancare di rispetto ai miei cari!” esclamò Hermione. Stava avendo serie difficoltà a mantenere il suo autocontrollo.
“E io volio che guerra finisce, ma prima suo amico deve controllare Auror, o niente finisce!”
Boris e Hermione si lanciavano sguardi di sfida, per vedere chi sarebbe stato il primo a continuare il diverbio, pronti a scaricare la tensione che entrambi sopportavano da mesi.
Perché sì, Boris aveva ragione: gli Auror mandati da Harry erano stati soggiogati dalla Forza Oscura che stava cercando di impadronirsi della Romania. Non erano stati controllati grazie alla Maledizione Imperius, semplicemente erano passati al fronte nemico, senza una vera spiegazione. Auror impassibili e che aveva combattuto per anni le Forze Oscure in questo momento stavano devastando le città rumene, non fermandosi davanti agli innocenti, o ai vecchi colleghi e amici inglesi. E per questo Harry lavorava giorno e notte, e il solo motivo per cui non era andato personalmente in Romania era che il Ministro preferiva che lui rimanesse a Londra, per controllare anche gli Auror rimasti nel territorio inglese; nulla escludeva che il cambio di bandiera non potesse accadere anche ai membri rimasti in Gran Bretagna. Harry stava affrontando un periodo difficile, e i rappresentanti delle altre nazioni non facevano altro che aumentare lo stress che si trascinava dietro. E se alcuni si erano mostrati disponibili a collaborare per terminare in fretta la guerra, altri si allontanarono immediatamente; in particolare il ministro russo aveva aggredito il suo amico, tagliando così non solo il suo volto, ma anche ogni possibile ponte fra Regno Unito e Russia.
E Hermione, come poche altre volte nelle loro vite, non poteva fare nulla per aiutarlo. Nulla, tranne che difenderlo nella discussione con Boris.

 

 

 

***

 

 

 

“Leggi molto, sei allergica ai mirtilli, ti piacciono i draghi, il tuo cugino preferito è Albus, quello che detesti è James perché ti fa sempre un sacco di scherzi” elencò Emily accucciata sotto il tavolo dove si erano conosciute lei e Rose.
“Tua mamma si chiama Herr… Hemmi…”
“Chiamala semplicemente mamma, non penso sia un problema” disse Rose mentre si slacciava le scarpette. “Sei sicura che non dovrò parlare il rumeno?”
Emily annuì.
“Non conosco nessuno che lo parla, anche i miei amichetti parlavano inglese, e la mamma vuole che papà si eserciti, quindi parlo inglese anche con lui”.
Emily sfilò dalla testa il suo vestitino, producendo un dolce tintinnio. Una catenina d’oro stava oscillando attorno al suo collo, mentre un grosso ciondolo ovale sbatteva contro il petto della bambina.
“Cos’è quella?” chiese Rose indicando la collana.
“Oh, è il ciondolo di nonna Agnes” spiegò Emily. “Me l'ha dato la mamma, è il suo più caro ricordo della nonna”.
“Devi darmelo, altrimenti poi si accorgerà dello scambio”.
“Non posso!” esclamò Emily. “Ho promesso di non togliere mai la collana. In più” aggiunse, “mi ha detto che nessuno deve vedere che ho io la collana, neanche lei”.
“Va bene” disse Rose “Non parlerò mai della collana, ma tu devi ricordarti di vestirti e lavarti da sola”.
“Per non far vedere la voglia, lo so”.
Le due bambine finirono di spogliarsi e, in silenzio, ognuna mise i vestiti dell’altra. Una volta finito, uscirono da sotto il tavolo, soddisfatte.
Rose non si conteneva dalla gioia. Continuava a sorridere, non diversamente da come aveva fatto Emily quando si erano incontrate; è questo la rendeva ancora più euforica.
“Ok, quindi ora dobbiamo spiare l’ufficio di tua mamma e aspettare che i miei genitori escono” disse Emily “Poi io entro nell’ufficio, mentre tu vai dai loro, esatto?”
“Giusto!” disse Rose. “e poi tra un mese tu devi fare in modo di essere qui al Ministero, così da poterci scambiare di nuovo”.
Era un piano geniale. E sebbene non fosse tutta farina del suo sacco, Rose non riusciva a non compiacersi della sua capacità di escogitare nuovi modi per disubbidire ai genitori.
“E sei sicura che funzionerà?” domandò Emily.
“Nel libro che ho letto funziona, e se non dimentichi i nomi dei miei cugini, non ci saranno problemi”.
“La fai facile, hai un sacco di cugini” disse corrucciata Emily.
“Un sacco di cugini con cui puoi giocare nel giardino della Tana, all’aria aperta” precisò Rose. “Mentre io invece cavalcherò un drago!”
“Te l’ho detto, era una battuta di tuo zio…”.
“Non importa, lo convincerò io!”.

 

 

 

  

 

  
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