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Autore: Alexia96    17/08/2014    0 recensioni
Mentre un nuovo Male getta la sua oscura ombra sopra l'Europa, una straordinaria amicizia nasce fra due bambine. Due bambine simili, molto simili...
Dal primo capitolo:
“Cos’è quello?” disse Rose indicando una macchiolina sulla pelle.
“Mamma dice che è una voglia” spiegò Emily “Secondo mio papà assomiglia alla fiamma di un drago, mi chiama ‘Piccola Draghessa’, anche se mamma di che quella parola non esiste. Tu non ce l’hai?”
“No, non ho voglie” rispose Rose, allargando il colletto della T-shirt per mostrare la spalla sinistra.
Dal secondo capitolo:
“Ok, quindi ora dobbiamo spiare l’ufficio di tua mamma e aspettare che i miei genitori escono” disse Emily “Poi io entro nell’ufficio, mentre tu vai dai loro, esatto?”
“Giusto!” disse Rose. “e poi tra un mese tu devi fare in modo di essere qui al Ministero, così da poterci scambiare di nuovo”.
Era un piano geniale. E sebbene non fosse tutta farina del suo sacco, Rose non riusciva a non compiacersi della sua capacità di escogitare nuovi modi per disubbidire ai genitori.
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Hugo Weasley, Nuovo personaggio, Rose Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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La Principessa e la Draghessa

(Ovvero: Il Principe e il Povero versione HP)

 

 

 

 

1.             Rose Weasley e Emily Dragan

 

La piccola Rose aveva innanzi a sé l’enorme ingresso del Ministero della Magia: gli ascensori dorati; la fontana interamente in marmo bianco; le decine di persone che correvano senza mai scontrarsi, come gli ingranaggi di un orologio ben calibrato, senza la minima imperfezione. Tutti questi elementi rendevano quel luogo incredibilmente affascinante, e ogni volta che sua madre parlava del suo lavoro, Rose non ascoltava più di due parole, perché immancabilmente s’immergeva nei ricordi di quel posto magico, che sognava di poter visitare ogni giorno.
All’improvviso, davanti ai suoi occhi si parò un grosso oggetto, alto e incredibilmente rosso: suo padre.
“Non siamo qui in gita” disse molto serio. “Perciò non fermarti ogni due secondi, intesi?”
Rose annuì. Prese la mano di suo padre e si lasciò portare verso uno degli ascensori.
“Buongiorno signor Weasley” salutò cordialmente una guardia vicino agli ascensori. “E buongiorno anche a lei signorina”
“Per lei non è un buon giorno, la sto portando da sua madre” disse Ron sempre con la stessa espressione seria. La guardia abbassò lo sguardo verso la bambina, e la guardò con una faccia fintamente spaventata.
“Non vorrei essere nei tuoi panni, piccola”.
La bambina capì che la guardia stava scherzando, ma non riusciva a sorridere. Lei e suo padre entrarono in un ascensore vuoto, e una volta chiuse le sbarre dorate gli tirò il braccio, per ottenere la sua attenzione.
“Cosa c’è?” sospirò Ron.
“Scusami” pigolò Rose.
Ron sospirò ancora. Sua figlia aveva il viso chino, ed era intenta a fissarsi le scarpette rosse che stamattina le aveva premurosamente allacciato. Non che lei non sapesse farlo, ma gli piaceva aiutare Rose a vestirsi, e lo avrebbe fatto fin quando non sarebbe stata abbastanza grande da vergognarsi a cambiarsi di fronte a lui. E questo sperava accadesse il più tardi possibile.
“Non pensi di essere abbastanza grande e intelligente da sapere che in questi casi non ha senso chiedere scusa?”
“Lo so” rispose lei a voce bassa.
Ron sapeva che la bambina voleva dire altro, ma aspettò pazientemente che fosse lei a parlare. E dovette aspettare solo pochi secondi.
“Però non è colpa mia se Matt mi ha buttato a terra!”
“Non è un buon motivo per fargli mangiare le merendine di zio George, non credi?” disse saccente Ron. Si era preparato la risposta, ma non avrebbe mai immaginato che Rose avrebbe contrattaccato.
“Mamma dice che non devo avere i vostri prodotti, ma tu me li regali sempre” disse con ancor più saccenteria Rose. “Perciò è colpa tua”
Le porte si aprirono su un corridoio pieno di maghi e streghe indaffarate, che non notarono la faccia scioccata del noto Ronald Weasley e il sorrisino furbo della bambina riccioluta accanto a lui. Ron la sollevò per le ascelle e, sebbene non fosse proprio piccola, la portò senza problemi fino alla fine del corridoio, vicino a una porta che segnava il nome di Hermione Weasley.
“Tu non puoi veramente credere che la mamma darà ragione a te” esclamò Ron a Rose, ancora in braccio al padre.
“Mi metterà in punizione, ma poi si arrabbierà anche con te”. Un piccolo ghigno spuntò nel volto della bambina. “Mamma ti farà dormire sul divano”
Rose aveva ragione, e Ron lo sapeva bene. Avrebbe tolto giochi e libri alla figlia per una settimana, ma lui si sarebbe ritrovato a dormire in quella lastra di pietra che quei venditori Babbani avevano osato chiamare divano.
“Hai vinto, non dirò alla mamma cosa hai fatto” disse Ron sconfitto.
La bambina fece un sorriso dolcissimo e abbracciò forte il padre, che però non rispose con lo stesso entusiasmo. Rose si staccò da Ron preoccupata: spesso combinava dei guai, ma lui la perdonava sempre. Una volta aveva persino fatto volare via Leotordo per lo spavento (con un piccolo aiuto di Grattastinchi e un grosso secchio pieno d’acqua), ed era tornato solo dopo parecchi giorni. Per quell’occasione non era potuta andare dai nonni e dai cugini per un mese, e si era beccata una delle sfuriate più violente di Ronald Weasley. Il giorno dopo, però, era tornato il solito papà caloroso di sempre.
Adesso invece non la stava sgridando, e non dava segni di voler mostrare affetto alla figlia. Rose incominciò a pensare che forse aveva esagerato un po’.
“Papino” disse con voce flebile. “Sei tanto arrabbiato con me?”
“Sì” rispose leggermente alterato “Tu conosci le regole dei maghi meglio di molti adulti, sai che non bisogna esporsi di fronte ai Babbani però continui a fare magie di proposito!”
“Di solito sorvolo sui guai che provochi, ma è la quarta volta che ho dovuto far cancellare la memoria ai tuoi compagni e alla maestra, quest’anno. Sai quanto è frustrante avere una figlia così intelligente che però si comporta in modo così infantile? Le tue azioni si riflettono su di me e su tua madre, facendoci sembrare dei pessimi genitori”.
Rose si sorprese di avere gli occhi lucidi. Per essere una bambina di sette anni le capitava molto raramente di piangere. Ma la nota di delusione che captò nella voce del padre riuscì a riempirle gli occhi di lacrime.
Anche Ron vide che sua figlia stava per piangere. Voleva farle capire di aver sbagliato, ma aveva esagerato. Gli capitava spesso: i concetti che Rose riusciva a esprimere gli facevano dimenticare di avere una bambina davanti a sé, non un adulto. La fece scendere dalle sue braccia, per ricordarsi quanto piccola fosse, e poi si abbassò lui per starle vicino.
“Io ti voglio un mondo di bene” accompagnò la frase con un dolce bacio sulla fronte. “Sei la mia principessa, lo sai, ma devi cercare di comportarti in modo più regale e posato”.
Rose si rasserenò a quelle parole, e rise.
“Ho capito papà, devo controllarmi” disse Rose. “Ma non è facile, sento la magia che mi scorre dentro come un fiume!”
“E questo mi fa molto piacere” disse Ron. “Ma anche i fiumi devono essere controllati, altrimenti rischiano di danneggiare le cose intorno a loro”.
Rose annuì, per far intendere che aveva capito il concetto. Sapeva che era sbagliato fare magie, e che metteva nei guai i suoi genitori più che se stessa, ma era più forte di lei: le piaceva la sensazione di forza che si ritrovava in corpo quando sprigionava la magia. Quando lo faceva, non era più la bambina petulante che risponde a ogni domanda della maestra; quando usava la magia, era un tornado in miniatura, capace di spaventare tutti quelli che la prendevano in giro. Non era giusto perché loro non potevano difendersi alla stessa maniera, le diceva sempre sua madre, e lei anche lo sapeva. Ma una parte di sé (che i suoi parenti chiamavano ‘Ronesca’) la faceva agire d’istinto, senza ragionare, causando così l’ennesimo guaio.
“Ora entriamo da tua madre e le diciamo qualcosa per spiegarle perché sei qui” esclamò Ron.
“Forse è meglio che mi porti con te in negozio, così non dovremmo mentire alla mamma” disse Rose con non curanza.
“Certo, e magari nel frattempo ti faccio testare ogni prodotto Tiri Vispi Weasley” disse sarcasticamente Ron.
“Davvero?”
“Ovviamente no, non voglio che i clienti scappino”.
“Perché dovrebbero scappare?”. L’ultima frase non la pronunciò Rose, e nemmeno Ron.
Hermione era poco distante dai due, con molti fascicoli in mano e una faccia perplessa.
“Hermione, che bello rivederti” disse Ron cercando di distrarla.
“Ci siamo salutati a casa nostra neanche due ore fa” disse Hermione alzando un sopracciglio. Brutto segno.
“Non posso essere felice di vedere mia moglie?” esclamò Ron contrariato.
“Perché Rose è qui e non a scuola?” disse Hermione ignorando il marito. Ron stava velocemente elaborando una scusa, ma fu preceduto da Rose.
“A scuola un ragazzino aveva i pidocchi, perciò ci hanno fatto uscire prima. Papà mi ha già controllato, non ho nulla, ma preferisce non portarmi in negozio, per sicurezza”. La risposta di Rose era stata esposta così bene che Ron si chiese se sua figlia gli avesse mai detto la verità, nei suoi sette anni di vita.
“E ho preferito portarla qua perché non mi andava di disturbare i nostri genitori” aggiunse Ron. “In fondo per te non è un problema, no? Dici sempre che vuoi passare più tempo con i ragazzi”.
“Sì, ma non a lavoro” disse Hermione a bassa voce, rivolta solo a Ron. “Non voglio che sappia cosa sta succedendo in Romania”.
“Basterà non dirle tutto, ma solo il minimo per non spaventarla” bisbigliò Ron.
Hermione annuì.
“D’accordo, la controllo io” disse Hermione.
Ron sorrise e baciò Hermione, un po’ per ringraziamento, un po’ come premio personale. Non è per niente facile imbrogliare sua moglie.
“Io ora vado, ci vediamo più tardi”
Si allontanò salutando le due da lontano, e Rose gli fece l’occhiolino. Quella bambina era impossibile da controllare!

Ma non poteva fare a meno di amarla anche per questo.

 

 

  

***

 

 

 

La giornata era passata piacevolmente sia per Rose che per Hermione. Entrambe si adoravano a vicenda, e si divertivano anche solo parlando di quel che facevano a lavoro, o a scuola, nel caso di Rose. In generale non mentivano l’una all’altra, ma Rose sapeva che sua madre non poteva parlarle di tutti i suoi lavori, e Hermione sapeva che Rose combinava più guai di quelli che le raccontava; però non se la prendevano, e andavano avanti come se non ci fosse nulla da nascondere. Almeno fino alle quattro e dieci di quel pomeriggio. In quel preciso istante, dal camino dell’ufficio di Hermione fuoriuscirono delle scintille verdi, e si alzò la voce di un uomo.
“Weasley, è in ufficio?” gracchiò l’uomo. “Può rispondere?”
Hermione si abbassò verso il camino e gli rispose. “La sto ascoltando Crown”
“Una famiglia rumena sta per arrivare nel suo ufficio, sai cosa fare, vero?”
Hermione annuì, e il volto scomparì così com’era apparso. Lei si voltò verso la bambina, che stava guardando fuori dalla finestra magica.
“Mi dispiace Rose, ma per un po’ dovrai stare fuori dal mio ufficio” disse Hermione dispiaciuta.
Anche Rose cercò di sembrare dispiaciuta per quella notizia, ma in realtà stava facendo i salti di gioia dentro di sé: aveva una scusa per allontanarsi da sua madre e curiosare in giro per il Ministero.
“So cosa stai pensando, ma non puoi gironzolare per il Ministero” disse Hermione a Rose, distruggendole i piani che stava già formulando nella sua piccola testa. “Dovrai rimanere qui vicino, altrimenti non potrai leggere per una settimana”.
“Ma ho appena incominciato a leggere un nuovo libro di Mark Twain…”.
“Motivo in più per non disubbidirmi” sentenziò Hermione.
“Che cosa sta succedendo in Romania?”
 Hermione non si aspettava quella domanda. Era riuscita a nasconderle tutte le pratiche che riguardavano il caso, come aveva fatto a capire che c’erano dei problemi?
“Perché mi fai questa domanda?” disse cautamente Hermione. Forse Rose aveva solo intuito qualcosa, ed era meglio capire subito fin dove il suo intuito l’aveva portata.
“Tu e papà avete bisbigliato a voce troppo alta” disse tranquillamente lei. “Lo fate spesso, pensate che io e Hugo non vi sentiamo, invece ascoltiamo ogni parola”. Si gustò la faccia imbarazzata della madre per un po’, poi fece la domanda che stava trattenendo da tutta la giornata.
“Zio Charlie sta bene?”
“Sì, sta bene” sospirò Hermione.
“Allora perché dici che mi spaventerebbe sapere che succede in Romania?” domandò Rose dubbiosa.
“Ho esagerato” disse Hermione ridendo. “Pensavo che l’avresti trovato spaventoso perché là ai bambini non è permesso uscire, e non possono mangiare la cioccolata”.
Rose assunse una faccia così scioccata che Hermione non poté evitare di scoppiare a ridere.
“Ma allora è il posto più brutto del mondo!” esclamò inorridita Rose. “Come fa lo zio Charlie a viverci?”
“Dove abita lui è come se non facesse parte della Romania, né di qualsiasi altro stato” spiegò Hermione. “È un luogo libero”
“Che bello” disse incantata Rose. “Quanto mi piacerebbe andarci”
E non era la prima volta che lo pensava. Quando immaginava il suo futuro, vedeva il Ministero o lo zio Charlie in groppa a un drago, e cercava mille modi per combaciare i due sogni; diventava Ministro e rendeva i draghi nuovi mezzi di trasporto, al posto delle scope; oppure spostava il rifugio dei draghi in Inghilterra, così da poter essere un impiegata ministeriale di giorno e una domatrice di draghi la notte.
“Se il sogno ad occhi aperti è finito” la canzonò Hermione “Ora dovresti uscire”.
Rose sbuffò irritata, eseguendo quello che le venne ordinato. Non ascoltò le istruzioni di sua madre, ma la vide indicare una sala d’attesa dove di solito vedeva gente strana che aspettava di essere chiamata da un ufficio. Incominciò a camminare mentre sentiva che la madre chiudeva la porta del suo ufficio.
Hermione poggiò la fronte contro la porta, frustrata. Non aveva mentito alla figlia, Charlie non correva nessun pericolo, dove si trovava ora. Una parte di sé, però, continuava a ripeterle che era stato stupido ridurre a del cioccolato mancato i disagi delle famiglie rumene in quel periodo. Si chiese perché non le aveva spiegato le reali condizioni della Romania. Non voleva spaventarla? No, Rose non si sarebbe spaventata di una cosa così lontana da casa, soprattutto dopo aver saputo che lo zio era al sicuro. La verità era che, per quanto volesse rendere i figli indipendenti, per quanto li spingesse a cercare le risposte a tutte le loro domande, non voleva che vedessero quanto il mondo potesse essere orribile e crudele. E sapeva troppo bene che una guerra era la perfetta sintesi di quello che voleva nascondere ai suoi figli.
 

 

 

***

       

 

 

Rose era seduta in una poltroncina della sala d’attesa da circa cinque minuti, ma già non ne poteva più di stare ferma. Non c’era nessuno con cui chiacchierare, né qualcosa da leggere; gli unici oggetti presenti nella stanza erano noiosamente ordinari per trovarsi al Ministero della Magia. C’erano cinque poltroncine di pelle e un tavolo coperto da una pesante e vecchia tovaglia verde, e sopra al tavolo una caraffa di caffè riempiva una tazza di ceramica ogni volta che qualcuno si avvicinava al tavolo.
La poltroncina dove Rose si era seduta era accanto alla porta d’ingresso, messa in modo tale che nessuno che aprisse la porta potesse vederla dall’uscio. Infatti, i due ragazzi che spalancarono la porta del salottino non videro Rose, e non si preoccuparono di controllare meglio.
“Sei sicuro che non ci disturberà nessuno qui?”
“Tranquilla Jessica, non viene mai nessuno in questo vecchio salottino”.
E iniziarono a intrecciarsi le lingue in bocca, appoggiati alla porta spalancata che non faceva vedere loro Rose, ma che non copriva i suoni da loro emessi.
L’ultima volta che Rose si era ritrovata in una situazione del genere (era successo più di una volta), l’avevano sgridata pesantemente, perché pensavano che lei li stesse spiando di proposito. Quella volta non le aveva dato fastidio essere sgridato senza colpe, perché la faccia di suo zio Percy mentre urlava, metà arrabbiato e metà imbarazzato, l’aveva fatta morire dal ridere; ma stavolta sarebbe stata sua madre a rimproverarla, e non c’era niente di divertente in questo.
Scrutò velocemente la stanza, e pochi attimi prima che la porta si chiudesse Rose si era già fiondata sotto il tavolo. La tovaglia non filtrava neanche il più piccolo raggio luminoso, così che lei non potesse né vedere né essere vista. Almeno, non dai ragazzi che gemevano poco lontani da lei.
“Wow!”
Rose si voltò verso la fonte di quell’esclamazione, e si ritrovò davanti a sé: con altri vestiti, certo, e sperava di non fare quella faccia ogni volta che guardava qualcosa di straordinario, ma era proprio lei.
“E tu chi sei?” disse meravigliata la bambina uguale a Rose.
“Chi sei tu, piuttosto!” esclamò Rose quasi offesa. Si riteneva unica, non le piaceva proprio vedere un’altra lei.
“Mi chiamo Emily Dragan” disse sorridente. “Qual è il tuo nome?” ripeté poi.
“Rose Weasley” disse cauta. “Come fai a essere uguale a me?”
Il sorriso andò via da Emily.
“Sei tu che sei uguale a me!” esclamò indignata.
“Non fare quella faccia, devi essere contenta di essere uguale a me!”.
“Non ho voglia di essere uguale a una bimba presuntuosa come te”. Puntellò Rose con l’indice, e ricevette una spinta tale da ritrovarsi a terra. Con i capelli sparsi sul pavimento e la spallina del vestito di Emily spostato, Rose notò qualcosa.
“Cos’è quello?” disse Rose indicando una macchiolina sulla pelle.
“Mamma dice che è una voglia” spiegò Emily “Secondo mio papà assomiglia alla fiamma di un drago, mi chiama ‘Piccola Draghessa’, anche se mamma di che quella parola non esiste. Tu non ce l’hai?”
“No, non ho voglie” rispose Rose, allargando il colletto della T-shirt per mostrare la spalla sinistra.
“Oh, ma allora non sei uguale a me” disse Emily sorridendo. Ora che la sua unicità era stata salvata, anche Rose sorrideva, curiosa di conoscere di più la bambina davanti a lei.

 

 

Note personali (definirmi autrice è esagerato)

Se conoscete il romanzo citato nel titolo, sapete già che cosa accadrà alle due bambine. Ma che conseguenze ci saranno? Verranno scoperte? E per quale motivo Emily era sotto il tavolo?!

Queste e altre domande avranno risposta nei prossimi capitoli, perciò restate in ascolto!

Un grosso abbraccio,
Alexia96

 

  
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