Una vita che sapeva di eternità è dura da lasciare.
La paura di morire, di cosa ci sta dopo la morte, è grande.
Ma quando la paura diventa terrore, spesso si fanno cose che non si vorrebbero.
(la mia prima fanfic, spero gradiate :) )
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
Anemone aveva sentito l'urlo di dolore di Ferio... e, come suo solito,
seguendo la traccia del suono raggiunse la serra, preoccupatissima.
Vide Ferio sciacquarsi la mano nella fontana, e poi infilarsi il dito
in bocca e ciucciarselo. Bofonchiò: "Ah Anemone sei tu.
Ciao.
Già che ci sei mo guariresti il dito? mi sono fatto male...
con
il seghetto"
Anemone stava per avere una crisi isterica...
".... Ferio...."
"che c'è?"
" FERIO..."
Ferio non capiva. O forse faceva finta...
"sono corsa qui, preoccupatissima, PER UN TAGLIO?"
"Ma io veramente..."
Anemone gli saltò addosso.
" Non farmi scherzi del genere!!".
Ferio era in subbuglio: Anemone era corsa fino a li perchè
lui
si era fatto un taglio, e si era preoccupata per niente. Era
davvero la ragazza che aveva lasciato anni prima.
"E dai! non sono ancora morto!"
" Ora siediti che ti curo la ferita"
Eseguito l'incantesimo, Anemone e Ferio si sedettero insieme sul bordo
della fontana a chiaccherare. Lei però sentiva uno strano
morso
allo stomaco.
Lo stesso per Ferio.
Anemone si scostò un boccolo dall'occhio, e si avvicino alla
spalla di Ferio, toccandola con la sua. Ferio, nel sentirsi avvicinato,
non sapeva che fare. Probabilmente sarebbe stato il momento
più
bello mai vissuto da entrambi.
La prima cosa istintiva che fece fu portare la mano attorno alla spalla
di Anemone, stingendola a se. Lei si lasciò avvolgere dal
calore
dell'aria. Si girò e guardò Ferio negli occhi.
"Era da molto che ti stavo aspettando sai..."
Anemone lo guardava. Era come in un sogno.
Lui le fece una carezza col dorso della mano, sfiorandole i boccoli,
bellissimi e dorati, ma lasciando una scia di sangue: il
guanto che aveva usato era ancora sporco.
"Oh"
Anemone portò la mano sul viso, ma si fermò a
quella già presente. La strinse forte.
Ferio ritrasse la mano, ma con quella di Anemone stretta, e la
portò sul suo viso.
"Anemone io..."
"Si Ferio..."
I battenti della serra si chiusero. Sul viso di Anemone scendevano
lacrime.
Era davvero lui, li, in quel momento.
Il cuore di Ferio batteva più forte della pioggia sui vetri.
Strinse il braccio attorno a Anemone di più, spingendola
verso
di lui. Lasciò la mano di Anemone e avvolse anche
quest'altro
braccio intorno alla vita di questa. La sollevò abbastanza
da
permetterla di portare il suo visto alla sua altezza.
Anemone era spaventata. Poteva collassare da un momento all'altro, ma
con la tranquillità di chi sa del suo amore ricambiato, lo
accettò.
La sua mano era come incollata al viso di Ferio.Con l'altra si
appoggiò al bordo della fontana e, mossi da un'unica forza,
si
dettero la loro prima
vera dimostrazione dell'affetto più profondo: si baciarono.
L'acqua della fontana era fredda sulle punte delle dita.
Anemone piangeva come una bimba col ginocchio sbucciato.
-Si Ferio, ti amo anch'io-
Aveva giocato coi sentimenti di tutti,
Ma più di tutti con quelli di Marina. E lui lo sapeva...
Ora pagava per il suo errore.
Pagava col dolore.
Luce cercò Lantis per tutto il castello, finchè
non
uscì fuori sul colonnato antistante l'entrata. Quello stesso
colonnato da cui Emeraude ammirava Zagato. Il laghetto era
più
bello che mai, limpido e blu. Alcune foglie galleggiavano sulla
superficie, e alcune conifere avevano dato dei fiori bellissimi. E
faceva un gran caldo.
Si avvicinò allo specchio d'acqua, e ne tastò la
temperatura: era freschissima. Si sfilò gli stivali e
bagnò le gambe nell'acqua, mentre un brivido freddo le
saliva
lungo la schiena: eh già, era proprio una bella acqua.
Mokona galleggiava allegramente su quello stesso lago.
-ihihih- pensò Luce, -ecco dove era... Aaaaaah...-
Si distese sull'erba, stiracchiandosi. Non si era resa conto che Lantis
la stava guardando dall'albero vicino. Lui la aveva vista arrivare ma
non aveva mosso un muscolo. Erano i lunghi rami a fornire una
copertura, che ugualmente lasciavano guardare sul cortile.
Non sapeva che fare... Il suo cuore tradiva la sua calma esteriore.
"Ah eccoti qui! Avevo sentito che eri tornata!"
Una "coda di cavallo" bionda ricadde sul viso di Luce. Sierra stava
sopra la testa di Luce e la fissava.Quando questa scostò i
capelli dal viso, la riconobbe.
"Presea!"
Luce di alzò subito e, senza rimettersi gli stivali,
abbracciò Sierra. "Mi sei mancata tantissimo!!!"
"Anche tu Luce"
Era uno spettacolo mozzafiato.
Luce era in piedi con le gambe nude e bagnate. Il gioco di luce sulla
pelle le rendeva ancora più belle di quanto non fossero.
Lantis
la guardava.
Era ancora più bella di due anni fa: oramai era quasi una
donna. Avrebbe potuto guardarla per l'eternità.
"Ti va di sederti con me?"
"Certo!"
Sierra imitò luce e, sfilatasi le scarpe, anche lei
bagnò le gambe nell'acqua. Era davvero rinfrescante.
Iniziarono a parlare a lungo su quello che avevano fatto in questo
periodo, sulla minaccia incombente, insomma del più e del
meno.
Quando Sierra dovè tornare al suo lavoro, salutò
Luce e la lasciò di nuovo sola.
Una folata di vento smosse i rami dell'albero subito dietro Luce, che
si girò. Notò qualcuno tra i rami. Istintivamente
trasse
fuori la spada e si alzò di scatto.
"Chi sei?!"
"Luce sono io"
Luce ebbe un sussulto. Non poteva crederci.
La spada improvvisamente si era fatta pesantissima e le
scivolò
di mano, e prima che toccasse terra rientrò nella gemma.
Lantis scivolò con destrezza giù dall'albero e si
alzò in tutta la sua statura. Luce gli corse incontro in
lacrime: finalmente dopo 2 anni, 2 anni di speranza, lo aveva
reincontrato.
Aveva reincontrato colui con cui avrebbe voluto condividere la vita,
l'affetto, il cuore, le felicità, tutto. E lui stava
aspettando
che lei ritornasse, affinchè potesse dimostrarle
che quel 'anch'io ti voglio bene' non era abbastanza.
Luce era emozionatissima, ma determinata a rivelargli tutto.
"Lantis..."
Il proverbiale morso allo stomaco la colse, facendola tremare.
"Luce... ciao."
Lantis con passo lento si avvicinò a Luce, ma lui non era
più calmo di lei (però lo sapeva nascondere
bene).
Arrivato vicino a lei le cinse la vita con le braccia.
Luce avrebbe potuto avere uno svenimento da un momento all'altro.
"Era molto che desideravo rivederti... mi sei mancata molto."
Luce piangeva.
Lantis portò una delle mani sul viso di Luce,
accarezzandola,
dopodichè ridiscese sulle spalle e la strinse al petto,
affondando il naso nel delicatissimo profumo della ragazza.
Luce non sapeva cosa fare.
"Lantis... non sai quanto tu sia mancato a me..."
Lei gli afferrò il vestito nero sul petto
"Non sai quanto ho aspettato di rivederti..."
Lantis allentò l'abbraccio, e i due ebbero modo di guardarsi
negli occhi.
"Lantis ti amo", e detto questo Luce subito, sollevandosi sulle punte,
raggiunse le labbra dell'uomo.
Ma non gli importava del dolore, dell'errore, non gli importava di
nulla.
Una vita che sapeva di eternità era difficile da lasciare.
La sola cosa che gli importava era la paura che provava.
Marina girovagava per il castello, assolutamente senza sapere cosa
fare. Istintivamente le venne di pensare a Ascot... e a quello che le
disse prima dello scontro con Tatra e Tarta.
Mio dio... solo ora si rendeva conto di quanto lo avesse potuto far
star male... Che risposta del *****, e come lo aveva arronzato.
Decise di andare a cercarlo, ma non sapendo per dove andare,
andò in Infermeria a cercare Caldina: lei sicuramente lo
sapeva.
E infatti, raggiunta l'Infermeria, chiese a Caldina, oramai sveglia,
dove potesse essere Ascot
"O be senti secondo me, Ascot si trova nel suo studio"
"Grazie mille Caldina"
"Aspetta Marina."
"Dimmi"
"Tu hai capito quanto è stato male per la tua risposta,
vero?"
"credo di si, è per chiedergli scusa che lo sto cercando,
per consolarlo."
E detto questo, uscì.
Raggiunto lo studio di Ascot, bussò alla porta.
"Ah eccolo qui... ' Mostri di altre dimensioni, volume 3' "
Ascot sfilò un enorme mattone che poteva avere 1500-1600
pagine
dallo scaffale, e lo poggiò su quello già
presente sul
suo leggio, e riprese a leggere
"Dunque, mi serve l'indice"
Lo studio di Ascot puzzava di chiuso: le finestre erano chiuse e
l'unica luce di cui si serviva era una pietra particolare che, se
sollecitata con il giusto incantesimo, illuminava come una lampada da
scrivania.
Si scostò la frangia dagli occhi e iniziò a
leggere.
Poco dopo qualcuno bussò alla porta.
"Ah Clef stavo appunto..."
"Non sono Clef"
La voce la riconobbe subito.
Cercò di non alterarsi e si rivolse con una voce
assolutamente tranquilla
"Ah Marina sei tu, entra". Non appena si girò per vedere
Marina rimase senza fiato.
Era ancora più bella di due anni prima.
"Ciao Ascot. Sono venuta qui per parlare con te"
"Si entra pure" e fece apparire una sedia. Il tanfo di chiuso era
insopportabile.
"Senti Ascot, volevo parlarti riguardo ai tuoi sentimenti. Mi dispiace
per il modo in cui ti ho arronzato quella volta, mi dispiace di averti
ferito in quel modo, ma vedi io..."
Ascot abbassò lo sguardo, per nascondere una lacrima
"...sei innamorata di Clef giusto?"
"Come lo sai?"
"E di chi altri..."
Aveva sperato che magari era venuta li per un ripensamento... ma ora
era sicuro che non avrebbe mai ricambiato l'amore che provava.
Ascot si girò sulla sedia e finse di riprendere le sue
letture.
"Ascot io... mi dispiace"
Marina si alzò e pose una mano sulla spalla del mago.
"Marina non devi scusarti, l'amore non ha vie predefinite. Non si sa
dove ci porta, ne cosa ci porta"
Ascot inizio a singhiozzare. Marina sentì i sussulti sotto
la
mano. Soffriva per lui...in fondo era suo amico, e non voleva che
stesse così.
Girò con forza la sedia di Ascot, ritrovandoselo di fronte.
"Ascot, capisco come ti senti, poiche anche io sono nella tua stessa
situazione, però devi farti coraggio. La vita prosegue, e
non si
sa cosa potresti trovare
fuori da queste mura e fuori dal sogno di amarmi"
Ascot alzò lo sguardo verso di lei, ma non trovò
ciò che cercava: un ricambiamento.
Si ascigò le lacrime, e si girò sulla sedia,
verso il leggio.
"Grazie mille Marina per il tuo conforto, ma io ho
del lavoro da fare per Clef, e devo continuare. Ti chiedo di lasciarmi
studiare".
"Ascot...."
Marina si allontanò dal ragazzo, ma non era del tutto
convinta che le sue parole lo avessero aiutato.
un pò amareggiata, si diresse verso la porta dello
studio e uscì dalla stanza.
Chiuse dietro di sè la porta e, appoggiatasi con la schiena
a questa, alzò lo sguardo in alto.
Era profondamente triste.
Era sempre più sconvolto per il terrore che aveva.
E aveva sempre più paura.
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E ora tutti si sono chiariti con se stessi e i loro
sentimenti.
Ma Marina ancora soffre perchè ha fatto soffrire Ascot, e
Clef nada de nada...
Nel prox capitolo, continueremo la storia.