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Autore: chelestine    16/09/2014    4 recensioni
"I'm down in the deep deep freeze,
what was I thinking of...
In the painful breeze,
by the frozen trees,
with a heart disease called love."

John Cooper Clarke
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Turner, Matt Helders, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci al terzo capitolo di questa fan-fiction. Per prima cosa, di nuovo grazie, 
non sapete quanto mi faccia piacere vedere in quanti leggono questa ff, e
leggere le vostre recensioni, mi riempite di giuoia. Come sempre, i personaggi
di Alex e Miles non mi appartengono, così come le canzoni citate nella FF.
I titoli dei capitoli, come il titolo della FF appartengono a John Cooper Clarke.

 

 
3. GIMMIX
 
"Tune in the idle chatter
turn a blind eye to the scream
at the shatter proof heart of the matter
things are as they seem"

 
Qualcosa di lei gli ricordava Matt. Ci vollero due isolati e diversi sguardi scrupolosi alle luci notturne di Los Angeles aldilà del finestrino per capire cosa: canticchiava esattamente come il suo migliore amico. Entrambi non seguivano una linea logica, tampinando l'intero testo di una singola canzone sino alla fine, ma si affidavano ad una loro playlist mentale formata grazie ad associazioni di parole o melodie, dunque il ritornello di una canzone portava alla strofa di un'altra, il quale arrangiamento li conduceva dritti alla loro terza interpretazione. Non era rumorosa come Matt ma l'intonazione non le mancava, e spesso sussurrava per non farsi scoprire da orecchi indiscreti. Ciò che Alex Turner non poteva immaginare era l'importanza dell'alcool in quelle sue esibizioni estemporanee, altrimenti risultanti impossibili in presenza di sconosciuti, specialmente se famosi come loro. Margareth e Miles discutevano sull'influenza dell'Hip Hop in tutta la musica contemporanea e lui, munito di orecchi indiscreti, la ascoltava sussurrare melodicamente dal suo sedile da passeggero, accanto a Miles, il guidatore. Quel mormorio armonico lo calmava, e leniva con gentilezza l'effetto che lo scotch aveva sul suo corpo stanco, tenendolo attento ad ogni cambio di rotta, con l'intenzione di indovinare ogni singola traccia di quell'immaginario CD. Anche lei si teneva sveglia sondando nella propria mente le varie possibilità di scelta tra le innumerevoli canzoni che sapeva a memoria. Il finestrino oscurato filtrava la realtà circostante come un velo, donando alla città degli Angeli un manto ancor più tetro ed affascinante del normale; voleva rallegrare le vie, e se stessa.
« Getting off the train to see a girl that's sweeter than an apple picked from Adam's tree.. Oh, Glory be! » sorrise abbassando lo sguardo sulle mani intrecciate nel grembo. Lui la lasciò continuare qualche secondo, dando un'occhiata distratta allo specchietto nella speranza di vederla, spontaneamente.
« Aspetta, questa non la conosco. » Nell'auto calò il silenzio. Margareth ed il guidatore non capivano a cosa Alex si riferisse, ed interruppero di colpo la loro conversazione, aspettando maggiori spiegazioni. Andy dal canto suo si sentì come un bambino trovato dopo 10 secondi dietro l'angolo giocando a nascondino; credeva di sapere a cosa alludeva il cantante, ma sperava di sbagliarsi, non voleva pensare che l'avesse ascoltata per tutto quel tempo. « La canzone » ribadì, avverando gli incubi dell'intervistatrice. Lei deglutì sonoramente.
« E' Alloway Grove. Di Paolo Nutini.. » disse allora leggermente incerta, quasi fosse la risposta ad un'interrogazione scolastica alla quale non si era preparata correttamente. Alex annuì, apparendo pensieroso ed affascinato allo stesso momento, ma non disse niente. Andy, seduta dietro di lui, non poté vederlo e strinse le dita nervosamente, mettendo fine a quella piccola sessione privata.




« Ci stai mettendo troppa farina. Miles, diglielo tu! Non mi ascolta! » disse cantilenando la voce di Margareth. Il suo interlocutore si strinse nelle spalle, scuotendo leggermente la testa.
« Non ho la minima idea di cosa stiate parlando. Tu lascialo fare, al limite sapremo a chi dare la colpa se stanotte ci terranno svegli i crampi. » Andy sorrise con Miles, guardando i promotori della bellezza di Velociraptor affaccendarsi sui fornelli. Era appena tornata in cucina, dopo un tour solitario e veloce del piano terra della piccola villetta del cantante; gli altri due erano già stati ospitati in quella dimora, e ne conoscevano le particolarità, ma a lei quelle parete tappezzate di dischi e poster risultavano sconosciute, così come la libreria ripiena di testi e fotografie, e dopo aver chiesto il permesso al proprietario, si era dilungata da sola nel salotto accarezzando con i polpastrelli quella realtà tangibile di una vita quotidiana assolutamente ed innegabilmente peculiare. Andy era sempre stata affascinata dall'arredamento interno delle case a lei sconosciute, pensava che raccontassero molto di più sul proprietario di quanto non facesse una serata passata con quest'ultimo, in balia di convenevoli e prime impressioni. Le mura non mentivano, il parquet invecchiato non mentiva, le foto ritraenti Miles e sua madre non facevano giri di parole: arrivavano dritte al punto. Le piaceva scoprire i gusti delle persone senza dover chiedere, soffermandosi sulle collezioni filmiche o letterarie, e per quanto fosse evidente che Miles non aveva ancora vissuto abbastanza quella casa per imprimergli appieno la propria essenza, ad Andy lasciò nella mente un'immagine allegra ed accogliente, con i propri risvolti seri e riflessivi, ma mai tetri.
« Hai una casa bellissima » disse allora mettendosi a sedere al suo fianco, sul secondo degli sgabelli presenti in cucina.
« L'ho aiutato io a scegliere i mobili, altrimenti qui tutto avrebbe ricordato uno studio medico degli anni '70 » Lo prese in giro Alex prima che il proprietario della casa potesse ringraziare. Andy sorrise poggiando gli avambracci sull'isola in pino invecchiato della cucina, sporgendosi leggermente in avanti.
« Il solito egocentrico! Pensa a farci mangiare, invece di prendere per il culo. Ve l'avevo detto che era meglio fermarci a prendere qualcosa da asporto. » Gli rispose Miles imitando l'intervistatrice e sporgendosi a sua volta verso i due ai fornelli. Alex non si voltò, ma il suo migliore amico poteva immaginarsi quel sorriso sornione che gli si dipingeva in faccia per aver colpito nel segno: nell'arredamento aveva sempre avuto un gusto migliore del suo, ed amava ricordarglielo. L'improvvisatosi cuoco aveva tolto la giacca in pelle appena entrato in casa con familiarità, ed adesso quella giaceva su di una delle poltrone del salotto con maestria; nella sua precedente escursione Andy aveva pensato che neanche addosso ad un manichino sarebbe risultata tanto elegante. Lui si sentiva più a suo agio di quanto non lo fosse alla festa, al contrario di lei. In quel momento le pareva di essere completamente scoperta, come se gli altri tre avessero improvvisamente adocchiato il suo punto debole: non era come loro, non era inserita nel mondo dello spettacolo, non si sentiva interessante allo stesso modo. Ragionò anche sull'idea che poteva aver dato accettando quell'invito: Miles e Margareth sarebbero probabilmente finiti a ripetere la stessa attività per la quale li avevano abbandonati alla festa, e forse Alex Turner – essendo una rockstar – avrebbe provato ad esercitare la sua elegante aura su di lei, aspettandosi nient'altro che un assenso data la sua presenza in quella casa. Forse agli occhi dei tre appariva come una groupie, che li aveva seguiti con la speranza di rotolarsi tra le lenzuola con un personaggio tanto famoso. Si sentì improvvisamente a disagio.
« Andy non essere silenziosa. Parlaci di te. » La spronò risvegliandola dai suoi pensieri Margareth, abbandonando definitivamente la cucina e dandola vinta al cantante, voltandosi verso di loro. Lei girò la testa sorpresa, guardando per un attimo Miles e poi Alex, che le aveva lanciato un'occhiata incuriosita prima di tornare a porre la sua attenzione sull'impasto che stava preparando.
« Non c'è molto da dire » le rispose stringendosi nelle spalle, con ancora quella sensazione di disagio che le pesava sul petto.
« C'è sempre qualcosa da dire! » La contraddisse Miles con un sorriso incoraggiante.
« Ho lasciato Londra quattro anni fa, e l'Università di Letteratura che avevo iniziato.. Non.. Mi sembrava che quello non fosse il mio posto, ecco. » Iniziò facendo di nuovo spallucce. « Ho vissuto un po' a giro per il mondo: Irlanda, Germania, Olanda, Francia, Brasile ed infine eccomi qui.. Ho fatto diversi lavoretti, praticamente di tutto » disse sorridendo con nostalgia, ricordando quanto fosse facile lavorare in un bar sulla spiaggia a Rio de Janeiro. « Sono arrivata a Los Angeles due mesi fa, vivo con due ragazzi ed una ragazza in un appartamento.. piccolo, direi. » Annuì divertita, paragonando la sua umile tana con la villetta di Miles Kane. « E niente, Andrew mi ha inspiegabilmente assunta alla KROQ, ed il resto lo sapete. »
« Non c'è molto da dire?! » la scimmiottò Miles aggrottando le sopracciglia. « Hai lavorato in giro per il mondo per quattro anni e non c'è molto da dire?! Hai uno strano concetto di ciò che valga la pena raccontare, fattelo dire. » commentò con un tono ammirato.
« Miles ha ragione, detta così la tua vita sembra adatta ad un film. » Commentò Margareth sorridendole, e poggiando le mani sull'isola della cucina, guardandola negli occhi.
« No credetemi, non è niente di speciale. Ho provato a vivere alla giornata ma in realtà è stata una corsa perenne per riuscire ad arrivare a fine mese. Non sono neanche riuscita a visitare la metà delle città in cui sono stata. » Le reazioni di Margareth e Miles l'avevano aiutata a sciogliersi nuovamente, ed adesso il disagio sembrava lentamente allontanarsi con disappunto per la mancata riuscita.
« Il tuo nome. » come sempre tagliò l'armonia la voce bassa di Alex Turner, voltandosi infine verso di loro e poggiando il fondoschiena di fianco ai fornelli. Un sorriso sghembo. « Adesso posso sapere il tuo nome? » Miles ridacchiò sonoramente; sapeva che il suo migliore amico non riusciva a lasciar perdere: doveva inseguire le risposte che voleva avere sino a quando non le possedeva finalmente, e solo allora lasciava la corda e si riteneva soddisfatto. Andy a sua volta sorrise con imbarazzo, guardandolo negli occhi.
« Andromeda. Mia madre è una patita di mitologia greca. » Ammise con un filo di imbarazzo. Non erano in molti a chiederle se il suo nome fosse un abbreviazione; la maggior parte delle persone immaginavano che stesse per Andrea, oppure semplicemente non ci facevano abbastanza caso. Erano più di due anni che non pronunciava il suo nome per intero, e provò una sensazione strana, come se ne avesse dimenticato il suono.
« E' bellissimo » commentò Margareth con un sorriso, e Miles si unì al coro di apprezzamento, che la ragazza concepì come un atto di cortesia ed educazione.
« E' la moglie di Perseo, la donna che ha salvato dal mostro marino. Era incatenata ad una rupe, non è vero? » Chiese Alex voltandosi nuovamente verso i fornelli. Andy rimase spiazzata dalla sua domanda: non erano in molti a conoscere la mitologia greca, e forse l'ultima persona al mondo della quale avrebbe sospettato era il frontman di una delle band indie rock più famose al mondo. Miles e Margareth parvero altrettanto sorpresi.
« Si, si! E' lei » disse con entusiasmo, ringraziandolo mentalmente per non essersi fermato al definirla la moglie di Perseo, così come solitamente veniva ricordata.
« Da quando sei un esperto di mitologia greca? » gli chiese Miles con una punta di divertimento, mentre gli occhi di tutti si voltavano verso il ragazzo che aveva versato in padella precedentemente riscaldata un po' di impasto.
« A differenza tua io leggo, Miles. » gli rispose marcando il nome dell'amico quasi a rimproverarlo.
« Staresti insinuando che non leggo abbastanza? »
« Sto insinuando che non leggi, punto. » ribatté pronto Alex continuando a dare le spalle ai tre.
« Ma certo che leggo! Questa stronzata da dove viene fuori?! » Miles sembrava più preoccupato sull'effetto che quelle parole potevano sortire su Margareth e la sua nottata di svago piuttosto che difendersi logicamente.
« Leggere lo stesso libro all'infinito non vale. » Alex sembrava tranquillo, continuava a cucinare per la combriccola.
« Di che libro si tratterebbe? 50 sfumature di grigio? » Chiese con una punta d'ironia Margareth, desiderosa più di scoprire un particolare per il quale prendere in giro Miles, che di inserirsi nella conversazione.
« Simpatica. » commentò lui con una smorfia.
« Non che tu non l'abbia letto, vorrei farlo presente. » commentò Alex, voltandosi per un secondo a dare un'occhiata di divertimento inequivocabile al suo migliore amico. « Ma in questo caso stavo parlando del De Prufundis di Wilde. »
« Beh, è bellissimo » si intromise Andy, che sin dall'adolescenza aveva coltivato una fiorente passione per lo scrittore irlandese; ed adesso che ci rifletteva, poteva benissimo immaginarsi Miles Kane a leggere quella struggente, sincera, disperata opera di cruda emotività che era il De Prufundis. Un po' ci assomiglia anche, a Oscar Wilde.
« Non mi azzarderei ad affermare il contrario, ma Miles ne è ossessionato. E' da quando lo conosco che se lo porta dietro, citando frasi a casaccio nei momenti meno appropriati. » le spiegò Alex, impiattando la prima frittella.
« Questa è la tua opinione, Turner. Almeno io non vado a giro a recitare poesie di John Cooper Clarke come se fossero la Bibbia! »
« E' un problema per te? Non ti piace Cooper Clarke? » chiese stizzito Alex, voltandosi.
« Per quanto voglia riportare l'attenzione sul fatto che Miles abbia letto 50 sfumature di grigio, se devo schierarmi di nuovo sto dalla parte di chi voleva il cibo da asporto. » Intervenne Margareth, affamata. 


Dopo aver mangiato la misera frittella che le spettava, – Alex ne aveva cucinate una a testa – Andy aveva sentito il bisogno di tornare a casa: il suo orologio indicava le quattro di notte, ed il giorno seguente avrebbe iniziato a lavorare alle undici. L'aspettava l'intervista con Chris Martin, e per quanto avesse tentato di fuggire dall'ansia, a quel punto della notte non riusciva a provare nient'altro. Si era congedata ringraziando Miles per l'ospitalità e gli altri due per la compagnia; le avevano reso la serata altrimenti solitaria molto piacevole: adorava parlare di musica, e poterlo fare con due musicisti ed una responsabile delle pubbliche relazioni dell'ambiente, l'aveva intrattenuta gioiosamente, dopo l'imbarazzo iniziale. Alex ne aveva seguito l'esempio una volta notata la volontà di Margareth di non andarsene; appena Andy si alzò dallo sgabello si sentì come un terzo incomodo, non avrebbe mai ostacolato il divertimento notturno di Miles. Dopo aver pazientato perché le due ragazze si scambiassero i numeri di telefono, chiamò un taxi per entrambi e si rimise il giubbotto di pelle, uscendo dalla villa assieme all'intervistatrice.
Miles chiuse la porta alle loro spalle salutandoli cordialmente per l'ultima volta, lasciandoli al clima fresco delle notti di Dicembre a Los Angeles. Nessuno dei due si era ancora abituato a poter sopravvivere con un giubbotto leggero in inverno, e per abitudine si stringevano ancora nelle spalle con un piccolo brivido.
« Hai freddo? » chiese allora lui accendendosi una sigaretta.
« No, grazie. Un po' d'aria fredda fa sempre bene al cervello. » rispose sorridendogli.
« Fumi? » chiese di nuovo porgendogli il pacchetto di sigarette.
« Solo canne. » disse seria. Il silenzio notturno si insinuò nella loro conversazione. « Sto scherzando, è demenza da sonno. » Aggiunse ridendo. Anche lui sorrise, ed annuì ritraendo il pacchetto. « Sto cercando di smettere. »
« Perché? » chiese di nuovo.
« La mattina mi fa male la gola. » Alex annuì, sapeva a cosa si riferisse, ma non gli era mai sembrato un sintomo tanto fastidioso da forzarsi ad eliminare quel vizio che gli pareva quasi nato con lui.
« A che canzone stai pensando? » Andy si voltò verso di lui con uno scatto, e le sopracciglia aggrottate.
« In che senso? » Gli chiese quando si accorse che non avrebbe specificato oltre se non gli fosse stato richiesto.
« Mi hai detto che le feste ti ricordano Last Nite degli Strokes. Canticchiavi in macchina. A che canzone stai pensando? » Le disse espirando fumo, senza guardarla negli occhi. Lei non si sentì in grado di dirgli che non pensava perennemente a canzoni: le piaceva l'idea di una ragazza che incorniciava ogni situazione nella sua melodiosa gemella; una sorta di fautrice di colonne sonore che non si stancava mai di provare cose nuove per incastonarle a nuove armonie, avrebbe voluto essere quella ragazza. Rimase in silenzio qualche secondo riflettendo; tra loro non c'era alcun tipo di tensione, ed ormai la stanchezza aveva nascosto l'imbarazzo come una coperta di lana, e lui aspettava fumando la sua risposta.
« Constellations, Jack Johnson. La conosci? » disse sorridendo.
« No. Non conosco neanche Alloway Grove. » ammise poggiando di nuovo le labbra sulla sigaretta.
« Non credo siano il tuo genere. »
« Non sono mai riuscito a capire quale sia il mio genere. » La contraddisse lui sorridendo brevemente. « Le ascolterò se ascolterai meglio i nostri ultimi due album. »
« Sei sempre così? » Le chiese lei con dolcezza, cercando di non far apparire quella domanda più maleducata od indiscreta del dovuto. La loro breve conversazione non era stata banale, lui non era banale. E lei si sentiva sotto un perenne riflettore.
« Così come? » rispose lui, sapendo già abbastanza bene a cosa si riferisse.
« Così.. » si rese conto in quel momento di quanto fosse difficile descriverlo; era molto cose tutte assieme, e districare i pensieri alle quattro di notte, dopo altrettanti gin tonic, era molto complicato. Sospirò, gesticolando come se volesse stringere qualcosa e guardandolo negli occhi « Intenso » ridacchiò tra se e se, scuotendo la testa.
« Devo prenderlo come un complimento? » chiese lui alzando un sopracciglio con un sorriso sghembo. Lei avrebbe voluto rispondergli che si, era una qualità rara per non dire unica. Ma lui la precedette: « Comunque no, non sempre. » Lei sorrise timidamente, abbassando lo sguardo, con la sensazione che avesse mentito.
Un taxi si fermò davanti a loro, e dopo aver spento la sigaretta sotto la suola dei suoi stivaletti color notte, Alex si avvicinò ad esso e le aprì lo sportello.
« A volte sono anche così » le disse con un sorriso allegro, facendole cenno di salire. Lei scosse la testa sinceramente divertita e lo accontentò, facendolo proprio cavaliere per quel breve istante. Il cantante la seguì imitandola e dopo aver chiuso lo sportello dissero uno dopo l'altra il proprio indirizzo al tassista, che consigliò ad entrambi il giro più celere, fermandosi prima a casa della ragazza per poi portare a casa Alex. Lui acconsentì senza problemi, ringraziando l'uomo di mezza età alla guida.
Tra i due calò un silenzio calmo, turbato solamente dal suono basso ed armonico della radio della macchina, che trasmetteva note che entrambi conoscevano da sempre. Fu lei, di nuovo, a prendere coraggio per prima.
« Hey, Mr. Tambourine Man.. Play a song for me, I'm not sleepy and there is no place I'm goin' to.. » Alex aveva scoperto il suo segreto, l'aveva già sentita cantare, e per quello si trovò a sussurrare quelle parole a fior di labbra guardando al dilà del finestrino, stretta tra le proprie braccia con la speranza che lui fosse troppo occupato a pensare a qualsiasi cosa per sentirla. Per quanto avesse provato ad ascoltare quella voce nasale che conosceva da sempre senza imbrattarla con i propri sospiri, era un istinto che non poteva controllare. Quella canzone le ricordava casa, le ricordava sua nonna e l'amore che provava per il folk degli anni '60, le ricordava un film dei fratelli Coen, le ricordava il thè verde, e l'armonica sulle labbra dell'allora ragazzino Bob Dylan.
« Hey Mr. Tambourine Man, play a song for me.. In the Jingle-Jangle morning.. I'll come followin' you.. » Si unì lui, con un tono più deciso e la sua voce bassa, guardando a sua volta oltre il vetro che li separava dalla realtà. Con un tacito accordo cantarono la canzone insieme, guardandosi negli occhi un paio di volte con un sorriso di empatia, e lui le fece l'occhiolino annuendo per l'ultimo ritornello.


« Ci rivedremo, Andromeda » disse lui quando il taxi si fermò, dopo diversi minuti di silenzio. Lei lo guardò aggrottando le sopracciglia.
« E' un'affermazione o una domanda? » gli chiese aprendo lo sportello.
« Un'affermazione. Buona notte. » Alex si allungò lasciandole due baci sulle guance che la colsero di sprovvista, non pensava di conoscere il ragazzo abbastanza bene, così come non le era parso che lui ci avesse provato o simili per tutta la serata. Lo guardò socchiudendo gli occhi, quasi stesse studiando qualcosa di confuso; i contorni del cantante erano annebbiati, sfocati, e lei avrebbe voluto inquadrarlo una volta per tutte, ma non ci sarebbe mai riuscita.
« Smetti di fare la femme fatale » commentò allora lasciandosi uscire un commento sarcastico uscendo dal taxi, allegramente. « Qualcuno potrebbe chiedersi se sia tutta finzione » concluse abbassandosi a guardarlo una volta scesa sul marciapiede, sorridendogli prima di chiudere delicatamente lo sportello. Il taxi ripartì con un rombo sommesso e lei rimase a guardarlo.
Ma che cazzo ho detto. Non aveva il minimo senso.

 

E di nuovo, vi ringrazio per l'attenzione. (con il rischio di diventare pesante!)
Ho molta voglia di continuare, e sino a quando gli impegni universitari non 
saranno di intralcio, aggiornerò settimanalmente - più o meno.
Spero vi siate di nuovo divertite quanto l'ho fatto io a scrivere questo capitolo.
A seguito le canzoni citate, ed al prossimo capitolo! :

Alloway Grove - Paolo Nutini:  
https://www.youtube.com/watch?v=a_v1k1NcWSE
Constellations - Jack Johnson: https://www.youtube.com/watch?v=9AOQ9jXC6iE
Mr. Tambourine Man - Bob Dylan: https://www.youtube.com/watch?v=WtiFf1VoFP0

 
   
 
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