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Autore: __Fire__    17/09/2014    2 recensioni
Il Vecchio Mondo non esiste più. Le guerre l'hanno raso al suolo centinaia e centinaia di anni fa e solamente un piccolo gruppo di Innocenti è sopravvissuto e ha avuto l'arduo compito di ricostruire il mondo per renderlo perfetto.
Nel Nuovo Mondo non esistono azioni come rubare, uccidere, stuprare e persino fare del male è impossibile, questo perchè tutti noi abbiamo un microchip che inibisce queste azioni ed è solo grazie a questo che l'uomo è riuscito a vivere in pace e serenità per molti anni.
Il microchip ci ha dato la pace, inibendo l'indole cattiva e meschina dell'uomo, ma nessuno ama ricordare che il chip ha anche il potere di controllare le nostre menti e renderci bambole del Governo.
Ma il chip ha dei limiti...
Io sono Jean e su di me il microchip non funziona...
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sembravamo un orda di pecore che stavano seguendo un impulso dettato da un capobranco difettoso che si trovava dentro ognuno di noi.

Con lo sguardo cercavo Mya o Shae. Avevo paura che Josh le avesse fatte fuori ieri sera anche se lo ritenevo quasi impossibile.

Quello che mi aveva baciato con rabbia e puntato una pistola alla testa non poteva essere Josh, non poteva essere lui veramente. Lo conoscevo da tre anni ed era sempre stato carino e gentile, odiava la violenza e la guerra e odiava uccidere. Me l'aveva rivelato una sera in trincea dopo un'estenuante giornata passata a uccidere. Aveva pianto anche e ricordavo la sua voce che tremava, gli occhi a guardare i fucili immersi da vari centimetri di fango. Mi era sembrato così sincero, mi era sembrato lacerato da quella guerra e adesso ne voleva creare una nuova? Non ci potevo credere, doveva essere controllato o dovevano avergli detto una bugia.

 

Sembravamo centinaia, migliaia e solo pochissimi erano vestiti con giubbotti e pantaloni di pelle nera. Vidi un dottore in camice, un'infermiera in divisa verde, bambini ancora in pigiama e impiegati in giacca e cravatta che camminavano lungo le vie della città come automi e non potevo che avere il sangue raggelato. Dovevano aver trovato il centro di controllo dei microchip e averne preso il controllo, non volevo credere che il Governo fosse responsabile di tutto questo. Mi guardai intorno in maniera furtiva. Ai lati delle strade c'erano diversi uomini con i fucili in mano, i giubbotti rossi e neri di pelle e un marchio all'altezza del cuore. Non riuscivo a capire bene cosa fosse, ma sembrava un volatile che teneva tra gli artigli qualcosa. Vicino a me una porta si aprì con foga, ma dovevo resistere all'impulso di girarmi a guardare chi era o cosa stava facendo

« Cosa state facendo? Dove state andando? »

una voce di un uomo ancora giovane, preoccupata e assonnata. Lo sentii scendere le scale e poi vidi con la coda degli occhi un uomo di quelli che sembravano fare la guardia partire. Non volevo sapere cosa sarebbe successo, ma senza volerlo la mia vista cominciò a velarsi di una sostanza acquosa.

Bastò quell'unico sparo e quel rumore di tonfo sordo. Non avevo bisogno di vedere il cadavere per capire che quel ragazzo era morto.

Sapevo che sarebbe successo perchè una persona che non si può controllare diventava una persona pericolosa.

Non ci furono altri incidenti come questo durante il tragitto che sembrava portarmi verso lo stadio. Dove tutto era iniziato, ma anche l'unico posto abbastanza grande per riuscire a contenere quasi tutta la popolazione della città. Volevano magari far saltare tutto lo stadio in modo tale da rimanere solamente loro? La vedevo improbabile o meglio non ci trovavo il motivo per fare una cosa del genere. Avevo riconosciuto alcuni dei soldati ai lati della strada, erano ex soldati impiegati durante la guerra e tra di loro c'erano anche qualche ribelle perdonato. Per qualche secondo ebbi paura di trovare tra loro Blake, ma lui era al sicuro al di la della barriera, doveva essere così.

« Guarda chi abbiamo qui...la Fenice »

disse un ragazzo avvicinarsi. Era Mike, forse il primo ragazzo che avevo avuto. Era brutto come me lo ricordavo. La pelle era color grigio topo, i capelli biondo paglia, gli occhi piccoli e porcini e le labbra screpolate e pallide. Si avvicinò con aria beffarda, un sorriso ebete sul viso. Ci eravamo conosciuti alle medie e a lui avevo dato il primo bacio, ma ci eravamo lasciati presto. Avevo scoperto a mie spese che Mike fosse già all'ora un ragazzino subdolo e opportunista, incredibilmente egoista ed egocentrico, cose che odiavo. Ero stata io a lasciarlo e quando lui era diventato potente grazie al padre mi aveva fatto patire le pene dell'inferno finchè non gli avevo salvato il culo durante la guerra.

Mi fermai quando lo trovai a soli pochi centimetri da me, lo sguardo dritto davanti a me cercando di rimanere il più indifferente possibile. Lo vidi sorridere mostrando denti gialli a causa del fumo e storti. Mi chiedevo spesso cosa ci avessi trovato in lui e ogni volta mi rispondevo che probabilmente ero solo stata una stupida che voleva capire cosa volesse dire avere un ragazzo. Doveva essere così, non poteva essere nient'altro.

Lo vidi allungare una mano e le sue dita andarono a chiudersi intorno al mio seno sinistro stringendolo con forza fino a farmi male. Mi provocava disgusto, avrei voluto tirargli un pugno in faccia o anche un calcio all'inguine, ma sapevo che mi avrebbero ucciso se l'avessi fatto.

« Non sei cambiata tanto da allora »

disse con cattiveria continuando a guardarmi il viso. Se solo potessi fare qualcosa, se solo fossi libera...Con rabbia mi prese i capelli alla base della nuca e tirò verso di lui finchè le sue labbra non incontrarono le mie e introdusse a forza la lingua nella mia bocca. Baciai a malapena le sue labbra, l'istinto di morderle con rabbia ogni volta che lui premeva il mio viso contro il suo finchè non si stancò

« Baci ancora come una bambina...e io ho bisogno di una donna al mio fianco non una stupida bambina petulante »

mi sussurrò all'orecchio tornando a palpare il seno con forza cominciando ad avere un respiro affannoso. Poteva dire quello che voleva, ma sentivo chiaramente che si stava eccitando e la cosa non mi faceva stare tranquilla.

« Lasciala stare »

una voce dietro di lui e uno scatto del grilletto. Mark fece un passo indietro lasciando per ultimo il seno dolorante. Dietro di lui non trovai Josh, come mi sarei aspettata, ma trovai l'altro ragazzo che ieri sera parlava con lui. La sua pistola era appoggiata alla testa di Mark e lo sguardo di ghiaccio sembrava fin troppo deciso. Per qualche secondo lui e Mark si guardarono in cagnesco, il primo aveva uno sguardo glaciale che non tralasciava spazio a nessuna emozione mentre il secondo era palesemente scocciato. Alla fine Mark sbuffò e poi si girò per andarsene e avrei giurato che questo nuovo ragazzo gli avrebbe sparato, ma non fu così. Lentamente abbassò la pistola e la rimise nella fondina tornando a guardarmi. Le mani erano chiuse a pugni e le nocche bianche, i denti talmente stretti che potevo giurare di averli sentiti stridere. Lentamente lo vidi avvicinarsi. Mi stava palesemente studiando e continuò a farlo per diversi secondi, girandomi intorno come se fossi una preda.

Mi ricordavo benissimo lo sguardo quasi omicida che aveva avuto nei confronti di Mark e potevo vederlo anche adesso verso di me.

« Allora tu sei la Fenice...una delle poche ormai rimaste »

disse con voce quasi atona tornando davanti a me. Era decisamente più grande di me, forse aveva l'età di Blake e la loro somiglianza era incredibile. Tutte e due avevano lo stesso fisico alto e asciutto, lui era ancora più muscoloso di Blake e le braccia sembravano quasi state gonfiate come palloncini, dalla maglia nera attillata si poteva vedere il segno dei pettorali, il viso era squadrato e dai lineamenti virili e forti, i capelli talmente neri da avere quasi riflessi blu al sole e poi gli occhi, quelli erano la parte più bella dell'intero corpo di entrambe. Blake aveva gli occhi di un colore indefinito, quasi tra il verde e l'azzurro, mentre il ragazzo che era davanti a me aveva gli occhi azzurri come una lastra di ghiaccio, per la sola eccezione di una eterocromia color marrone all'occhio sinistro che lo divideva quasi perfettamente a metà.

La cosa era...affascinante.

« Jean... »

sussurrò il mio nome portando le mani ai fianchi continuando ad osservarmi. Non capivo cosa poteva volere da me, non ne avevo la minima idea perchè da quegli occhi non traspariva assolutamente niente. La somiglianza con Blake era incredibile. Che fossero parenti? No, Blake mi aveva raccontato che tutti i suoi familiari erano morti durante la guerra e non aveva senso che mi avesse mentito.

« Potrei ucciderti e finire qui le mie sofferenze, i miei incubi »

disse e con velocità quasi inumana tirò nuovamente fuori la pistola dalla fondina puntandola alla mia fronte, avvicinandosi lentamente. Sentii chiaramente il freddo della pistola sulla fronte non appena la posò e potei giurare di vedere una lacrima formarsi.

Cosa potevo mai avere fatto a questo ragazzo? Non l'avevo mai visto in vita mia, non sapevo nemmeno il suo nome eppure questo mi voleva uccidere senza motivo.

« Ma se lo facessi non potrei vendicarmi per bene di quel bastardo traditore. Ucciderti adesso certamente mi allevierebbe il sonno, mi renderebbe incredibilmente più felice...ma ucciderti dopo renderebbe felice me e distruggerebbe lui quindi aspetterò »

parlava con se stesso, ma il suo sguardo non si distoglieva dai miei occhi. Lentamente tolse la pistola dalla testa e la rimise nuovamente via, senza distogliere lo sguardo neanche per un secondo. Eravamo rimasti soli, non c'era più nessuno in strada, l'orda ormai era andata avanti e doveva aver raggiunto lo stadio.

Il ragazzo misterioso fece un passo avanti e portò quasi con dolcezza una mano al mio stomaco, accarezzandolo con fare paterno, sentendo a pieno la leggera rotondità che aveva cominciato a formarsi. Il suo sguardo diventò ancora più lucido, ma non per questo si nascose. Non gli interessava che lo vedessi debole, anche perchè in verità io non avrei dovuto vedere e capire niente di tutto ciò che lui diceva.

Lentamente si spostò dalla mia traiettoria e io ripresi il mio cammino meccanico come se niente fosse successo. I miei passi erano talmente silenziosi che potevo tranquillamente sentire i suoi, pesanti e quasi strascicati. Lo stadio era pieno, pullulava di gente e sembrava un formicaio silenzioso, ma operativo. Davanti ad ogni entrata c'erano persone dal simbolo rosso sul petto e quando fui vicino ad una di loro vidi che si trattava veramente di un'aquila rossa in volo che teneva tra le sue zampe da rapace un cuore martoriato e sanguinolento.

« Lei viene con me »

disse il ragazzo dietro di me afferrandomi il polso con una presa salda. Tutti gli uomini mi stavano guardo e di Josh non c'era traccia. Che l'avesse usato per poi ucciderlo? Dopotutto sembrava che gli piacesse tirare fuori quella pistola dalla fondina e puntarla in testa a qualcuno.

« Rob fuori è tutto pronto, cosa facciamo? »

chiese un giovane che cominciò a seguirci su per le ripide scale dello stadio. Riconobbi lo stanzino dove mi ero nascosta la sera prima e la macchia di sangue dove il soldato che avevo ucciso si era accasciato. Rob. Un nome che non mi diceva assolutamente niente.

« Josh ha tutta la scaletta, sa esattamente cosa fare e cosa dire »

rispose senza nemmeno degnare di uno sguardo il giovane che era dietro di lui che annuì e girò i tacchi. Allora Josh era ancora vivo e non solo, era uno delle colonne fondamentali di questa specie di organizzazione. Cosa gli era saltato nella testa? Perchè si era messo in quel pasticcio? Arrivammo in uno degli spogliatoi e Rob mi buttò dentro con rabbia facendomi cadere a terra di un fianco, ma fui subito in piedi. Ero giovane e l'allenamento militare dopo la guerra mi aveva reso veloce di riflessi. Mi rialzai continuando a dare la schiena al ragazzo che chiuse la porta. Eravamo nuovamente soli. Cosa voleva da me? Non capivo, non riuscivo a comprendere cosa volesse da me! Perchè non aveva preso un'altra ragazza? Perchè ero una delle poche Fenici rimaste? Non capivo

« Bene ora puoi tornare ad essere te stessa »

disse, la voce pacata e tranquilla, ma nessun impulso alla testa, nessuna scossa, niente di niente. Che lo sapesse? No, era impossibile, solamente Blake era a conoscenza del fatto che io non rispondessi al microchip e anche il Governo aveva smesso di tenermi sotto controllo e aveva creduto che fosse una Controllata come tutti gli altri

« Non sono stupido, non mi freghi come hai fatto con gli altri, non sono Josh e non sono neanche il Governo. So benissimo che su di te il microchip non ha nessun potere quindi smettila di fingere »

la sua voce era perentoria, quasi un ordine. Tremai appena, ma non mi mossi e rimasi ferma al mio posto finchè lui non arrivò come una furia. Mi prese con rabbia il braccio sinistro e mi fece girare finchè non ci trovammo faccia a faccia e allora mi prese al collo, alzandomi di qualche centimetro, sbattendomi dopo qualche secondo contro il muro provocando fitte lancinanti alla schiena e alla testa. Sotto di me non c'era più la terra e subito portai una mano alla sua fondina e afferrai la pistola. Lui non se ne accorse e così la girai in mano e con il calcio lo colpii alla testa con forza.

Subito fui liberai e così cominciai a correre verso l'uscita senza nemmeno guardarmi indietro. Ero riuscita a mettere la mano sul pomello della porta quando sentii una fitta di dolore alla gamba e subito mi accasciai a terra. Non era stata una pallottola, non era stato un pugnale, ma qualcosa di sconosciuto e molto più doloroso.

Caddi a terra urlando lasciando la presa sulla pistola e mi presi la gamba con forza, continuando ad urlare.

« Hai una buona resistenza al veleno...probabilmente è il tuo sangue di Fenice che ti permette di essere ancora viva e questo, devo ammettere è un'ottima notizia »

Rob stava quasi ridendo, si era alzato e stava camminando lentamente verso di me.

Il dolore era lancinante, sembrava quasi che mi stessero bruciando lentamente la gamba, sentivo il fuoco avvampare e quasi esplodere dentro di essa

« Fallo smettere... »

supplicai continuando a stringere la gamba, ma non era la sola a dolere.

Rob si abbassò fino alla mia altezza e mi sollevò delicatamente il viso portandolo a pochi centimetri dal suo.

« Mi stai supplicando? »

chiese in maniera quasi sadica continuando a guardarmi negli occhi e tirando fuori lentamente una siringa contenente un liquido dorato. Allungai appena la mano e subito lui ritrasse la siringa lasciandomi soffrire ancora.
Pensavo che tutto questo fosse passato, che il dolore che avevo sentito in guerra fosse quello più forte e acuto, ma mi sbagliavo. Questo era terribile, costante ed esplosivo.

« Ti prego »

sussurrai cominciando a non sopportare più quelle ondate di dolore incessanti ed incredibilmente acute. Fu solamente dopo che pronunciai quelle parole che l'ago della siringo bucò la mia pelle e non appena lui spinse lo stantuffo io cominciai a sentire sollievo. Rob mi lasciò a terra, prese la sua pistola e buttò velocemente la siringa per poi tornare a guardarmi. Finalmente avevo ripreso a respirare, cose che sembrava quasi impossibile quando quel fuoco mi bruciava

« Cosa vuoi da me? Cosa ti ho fatto? »

chiesi non appena trovai abbastanza fiato. Non potevo crederci che il principale motivo di questa sua sadica vendetta fosse che le mie origini di Fenice, certamente non le avevo scelte io e poi non mi dava nessun vantaggio se non quello di rigenerarmi un po' più velocemente e ammalarmi di meno, ma niente di che.

« Cosa mi hai fatto... »

ripetè sorridendo ancora una volta. Avrei voluto strappargli quel sorriso dalle labbra, ma non avevo neanche la forza di alzarmi in piedi perciò sicuramente mi sarei ritrovata a terra non appena lui avesse capito le mie intenzioni

« Tu hai ucciso la mia famiglia »

rivelò dopo qualche secondo, la rabbia che sembrava esplodere dal suo corpo. Rimasi a bocca aperta e riuscii a strisciare fino ad una parete così da riuscire a mettermi per lo meno seduta, la pancia dolorante come non mai

« La guerra ha distrutto tante famiglie, è la guerra! Per questo i Primi Uomini hanno ideato il microchip, per questo...-»

cercai di spiegare, ma a quanto pareva lui non aveva voglia di sentire spiegazioni logiche

« Stai zitta! Tu non sai niente! Il microchip è soltanto una farsa inventata da loro per cercare di tenerci a bada, ma il microchip ci ha tolto la nostra vera natura e ci controlla! Il microchip non è sano, non è normale e non è umano...non dovrebbe stare nei nostri cervelli e controllarci! »

urlò lui, le vene del collo rigonfie e gli occhi rossi. Sembrava quasi impazzito tutto d'un tratto.

« Il Governo non ha il diritto di controllarci, noi ci dovremmo autogovernare, non seguire stupidi impulsi e questo mio fratello l'aveva capito anni fa...ma era pericoloso uscire per le persone non controllate e così aveva aspettato di radunare abbastanza gente per riuscire a rovesciare il Governo e ridarci la meritata libertà, ma una stupida ragazzina l'ha ucciso prima che lui riuscisse a disattivare tutti i microchip »

raccontò quasi con freddezza, il viso contratto e gli occhi che si erano persi nei ricordi. Ogni volta che si parlava di guerra la mia pelle sembrava tornare a bruciare, le cicatrici sembravano sanguinare e le mie orecchie sentire lamenti di persone ferite e morenti o richieste di aiuto che non potevo però accettare.

« Lui non doveva essere la in quel momento...Tu hai ucciso Aron nelle Torri, ma lui non doveva trovarsi lì, ma aveva ascoltato il consiglio di una persona che amava troppo e per questo è morto... Quella persona ha fatto il suo interesse, sapeva che le Torri erano controllate e sapeva che c'era meno possibilità di uscirne vivo e così ha chiesto ad Aron di prendere il suo posto ed andare invece nel Territorio Nero, meno sorvegliato, e così è sopravvissuto... si è ricostruito la vita, ha una donna e sta per avere un bambino...Lui non si merita tutto questo, lui ha vissuto a discapito di mio fratello... »

la sua voce era rabbiosa, le sue nocche erano sbiancate subito e il suo sguardo era accusatorio. Il capo dei ribelli che io avevo ucciso era suo fratello. Voleva vendicarsi di suo fratello, ma io non avevo propriamente colpe. Certo lo avevo ucciso, ma era lui ad aver sbagliato da principio, io avevo fatto quel che avevo fatto per sopravvivenza

« Abbiamo ucciso per sopravvivenza...o noi o lui »

risposi cercando di fargli capire la verità. Non mi piaceva uccidere, non mi piaceva far del male e far soffrire, ma se io non avessi ucciso lui probabilmente lui avrebbe ucciso me, questa era la verità e quando sei là e devi scegliere, ovviamente scegli la tua vita. Eppure ero rimasta sconcertata di quello che aveva fatto Blake. Non volevo crederci che aveva mandato al macello uno dei suoi compagni per salvarsi la vita, ma era anche vero che Blake era cambiato tantissimo da quando era uscito dalle prigioni.

« Non parlare! Voi due l'avete ucciso questa è l'unica cosa che a me importa! E adesso è il momento che anche lui capisca cosa si prova a perdere qualcuno che si ama... »

mormorò avvicinandosi con fare minaccioso. Cercai di schiacciarmi contro il muro e di trovai una via di fuga, ma il dolore era ancora troppo forte per riuscire ad alzarmi. Non aveva in mano nessuna arma, ma avevo ancora paura che potesse usare quel veleno e farmi bruciare, ma invece mi prese per i capelli e mi buttò a terra mettendosi sopra a cavalcioni. Era pesante, troppo per riuscire a scampare. Si abbassò e lo sentii annusare il mio profumo come se fosse un animale mentre la sua mano scendeva lungo il mio corpo accarezzandomi dolcemente il seno e poi il ventre un poco gonfio

« Aron sarebbe stato un padre perfetto e tu gli saresti piaciuta, testarda e fiera come lo era lui »

sussurrò accarezzando il profilo del mio viso con dolcezza passando poi alle labbra che accarezzò col pollice. Era incredibile come passasse velocemente dalla ferocia più assoluta alla dolcezza e la cosa mi frastornava un poco

« Amava gli occhi verdi... »

disse ancora con le lacrime agli occhi. Respirai faticosamente e tossii un paio di volte, il ventre che continuava a dolermi in maniera anomala. Avevo paura che fosse successo qualcosa al bambino, che si fosse fatto del male e non volevo neanche pensare al peggio

« Quasi mi dispiace fare quello che farò... Sei così bella...Quando Josh me l'aveva detto non ci avevo creduto, gli avevo dato del pazzo, ma adesso che ti vedo veramente posso dire che aveva ragione. Sentiremo la tua mancanza... »

continuò lui, facendo passare le mani tra i capelli, tenendo in mano qualche ciocca rossa.

Non capivo bene cosa volesse fare. Voleva uccidermi? E perchè allora raccontarmi tutte quelle storie se dopo qualche minuto mi avrebbe ucciso? Non aveva senso.

« Perchè devi uccidermi? »

chiesi guardandolo negli occhi. Era incredibile come l'occhio con l'eterocromatia fosse così misterioso. Continuavo a guardare quella porzione di cielo avvolta dalle tenebre e mi chiesi, per qualche secondo, se non fosse come la sua anima, confusa e doppia.

« Perchè solo così posso veramente farlo soffrire...Tra poco ti porterò fuori dalla recinzione e ti inietterò il veleno che hai testato poco fa, ovviamente meno forte così da riuscire a raggiungerlo e mandargli il mio messaggio...Gli dovrai dire che Rob lo saluta e che se vuole salvarvi dovrà venire qui e donare la sua vita. Se lui lo farà io darò l'antidoto e tu e il bambino sarete salvi. Tutto dipenderà da lui...si sacrificherà per voi o vi lascerà morire come ha fatto con Aron? »

La sua voce era quasi un sussurro malizioso, basso ed eccitante. La sua voce era piena di felicità nel raccontare il suo pianto, quasi si stesse già immaginando la scena e pregustando la morte di Blake. Da un lato potevo comprendere il dolore che provava, perdere qualcuno di così caro ti sconvolgeva, ma non aveva senso la sua vendetta e non capivo comunque perchè controllare l'intera popolazione. Se voleva avere me e Blake sarebbe bastato attivare i nostri microchip o venirci a cercare. C'era sicuramente qualcos'altro sotto.

Con uno sforzo sovrumano riuscii ad alzare il collo fino ad arrivare a pochi centimetri dal suo viso. Potevo sentire il profumo forte e vedere tutte le vene gonfie del suo collo

« Non lo farò mai »

dissi a denti stretti guardandolo dritto negli occhi. Vidi il suo sguardo diventare di pietra, velocemente mise una mano intorno al collo e mi spinse la testa contro il pavimento. Era forte. Non potevo fare niente, lui avrebbe vinto

« Soffrirai talmente tanto ad un certo punto che non riuscirai a non chiederglielo e per di più ami già troppo quello che porti dentro di te...lo lasceresti morire per non aver parlato? »

chiese lui, adesso curioso.

Era una persona strana che passava da un'emozione all'altra in un battito di ciglia.

« Se ami veramente una persona fai di tutto pur di proteggerla, pur di salvare Blake mi sacrificherò volentieri. Dovrei capirlo tu...altrimenti non sei tanto diverso da lui »

sibilai facendo pressione con il collo sulla sua mano cercando di alzarmi ancora una volta, ma lui mi teneva ben inchiodata a terra. Il suo sguardo sembrava vacuo, sembrava che stesse pensando intensamente e solamente dopo qualche secondo annuì appena con la testa, sorridendo in maniera viscida.

« Vedremo Jean... »

mormorò scendendo con le labbra baciarmi il collo per poi morderlo fino a farmi urlare. Lo sentii ridere e alzarsi dal mio corpo lasciandomi finalmente respirare a pieni polmoni. Lo vidi uscire con la coda dell'occhio, ma non avevo neanche la forza di alzarmi e di seguirlo cercando di scappare e questo lui doveva saperlo bene.

« Prendetela, tra poco si parte per la recinzione »

disse a delle persone fuori. La vista si stava facendo sfuocata mentre un dolore costante mi stava portando in un luogo a me sconosciuto. Chiusi gli occhi e non ebbi più la forza di riaprirli mentre sentivo quattro mani prendermi e trascinarmi chissà dove.

Che fosse semplicemente finito tutto?

   
 
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