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Autore: Anemone Grace    17/09/2014    2 recensioni
Tre arcate.
La destra per accogliere il padrone di casa.
La sinistra per far passare il maggiordomo.
E in fine l'ultima, quella centrale, varcata da cupido.
[Asahi x Nishinoya] [AU] [Fanfiction dedicata a Irene. TANTI AUGURI ♥]
Genere: Fluff, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Asahi Azumane, Yuu Nishinoya
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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NOTE AUTORE:
E io continuo a sguazzare in questo fandom, stavolta con una coppia richiesta da una bella quantità di persone(soprattutto su facebook omg) ò_ò AsaNoya♥ . Che dire? Spero vi piaccia e spero che gradiate questo particolare scenario. 
DEDICA: Questa fan fiction la dedico alla mia ragazza, Irene, visto che oggi è il suo complanno. Auguri, my only sunshine~
RINGRAZIAMENTI: Ringrazio Rosa/Memo, per il betaggio e per la sopportazione, come sempre v.v)/♥
PICCOLA AVVERTENZA: Avendo visto solo l'anime io mi baserò sui caratteri che vengono mostrati lì. Uomo avvisato, mezzo salvato.

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Free – Aroma di caffè.




Tre arcate.
La destra per accogliere il padrone di casa.
La sinistra per far passare il maggiordomo.
E in fine l'ultima, quella centrale, varcata da cupido.

 

 

La sala è decorata con mobili in mogano, due poltrone di velluto rosso scuro, un tavolo in vetro davanti ad esse e un tavolo con due sedie in legno. Sopra quest'ultimo vi è poggiato un vassoio contente: due tazzine in ceramica di media misura, bianche e decorate con ornamenti oro brillante; una teiera con le stesse decorazioni e in fine un vaso antico e opaco, con dentro svariati fiori finti sui colori del rosa antico e del rosso scuro. C'è un camino, appena sotto lo specchio che inclinato e sospeso da due corde che lo tengono ai lati, riflette solo una delle sedie presenti nella stanza e solo uno dei mobili in mogano. Ci sono diversi ornamenti posti sui vari ripiani: sopra il camino, sul tavolo in vetro, in cima al mobile basso riflesso nello specchio; tutti con decorazioni dorate e color bordeaux, fatta eccezione per due candele arricciate, tinte di una vernice rosso scarlatto.

 

Un ragazzo è affacciato all'unica finestra nella stanza, situata dietro alle poltrone. Due tende, raccolte da corde spesse e di color oro, si pongono ai lati di essa. L'aria è calma e nessun movimento, fatta eccezione per il respiro leggero del giovane, sembra udirsi in quell'istante. Sono le quattro del pomeriggio e il sole sembra battere forte quel giorno, tanto da poter penetrare attraverso il vetro. Un sospiro leggero sfugge dalle sue labbra, quando sente dei passi muoversi svelti verso la sala. Si volta lentamente, andando a portare le mani dietro la schiena e poggiarle con naturalezza sopra il davanzale in marmo rosso sangue. I suoi occhi vispi fissano le arcate e quando intravede la figura del giovane uomo un sorriso si abbozza sulle sue labbra. Rallenta, il maggiordomo, notando che il signorino lo sta guardando, assumendo così un comportamento impeccabile e ordinario. Ha la fronte leggermente sudata, i capelli raccolti in una coda bassa dietro il capo e qualche ciuffo ribelle a scivolare sul viso, che però viene subito scostato dalla mano destra, foderata da un guanto bianco.

« Mi avete chiamato? »

La voce impeccabilmente composta, bassa e profonda, quanto il suo sguardo che però ultimamente ha cominciato a incrinarsi a causa di un velato imbarazzo. Il ragazzo sorride, staccandosi dalla finestra e camminando successivamente in mezzo alle poltrone, spinto da un moto di avvicinamento. Si ferma solo quando gli è terribilmente vicino, portando con noncuranza le mani sui propri fianchi. Chiude gli occhi e volta il capo di lato, rivolto verso l'alto, quasi come se fosse stizzito, ma il sorriso che continua ad avere sulle labbra lascia intuire chiaramente il contrario.

« Non ricordo, forse l'ho fatto, forse no. In ogni caso sei in ritardo. »

L'espressione del maggiordomo muta, lasciando che le gote si tingano leggermente di rosso, mentre il capo si china mortificato.

« M-mi dispiace. Non succederà più signorino. »

Una risata esce spontanea dalle labbra del nobile, che subito porta le mani verso l'alto, afferrando il viso di lui con gentilezza, nonostante l'irruenza tipica del giovane. Lo guarda negli occhi, quegli occhi che dolci lo hanno sempre seguito ovunque, proprio come quei passi. I suoi ridono, proprio come il sorriso che ha sul volto, tipico di chi sta vivendo spensieratamente la propria vita.

« Siamo soli Asahi, perché usi questa formalità? Non mi piace... »

La voce, come l'espressione vanno a incrinare quel sorriso impeccabile, lasciando spazio alla tristezza e alla solitudine che Yuu ha sempre provato in quella casa quando l'amico non c'era. Un amico, sì. Un amico che, una volta raggiunta la maggior età, è diventato il suo maggiordomo personale, il suo servo. Odia la sua famiglia, così come quella casa perennemente vuota riempita da quel silenzio assordante, addolcito ogni tanto solo dalla musica lenta di un pianoforte. Yuu, odia tutto di quel posto, eccetto Asahi.
L'espressione del giovane si fa triste a sua volta nel vedere quella del suo padrone e amico, così bassa, così cupa. Si china, poggiando entrambe le mani, foderate dai guanti, sopra le sue, accarezzandole dolcemente.

« Scusa, non volevo ferirti. »

Lo sguardo di Yuu muta ancora, stavolta realmente arrabbiato. Le mani scacciano con rabbia quelle dell'altro, portandole con fervore ad afferrargli la giacca, tirandolo verso il basso di forza. Lo guarda, le ciglia arricciate in un grugnito ferito, arrabbiato e soprattutto stanco.

« Perché allora continui a farlo??! Perché non prendi sul serio le mie parole? Perché continui a mettere un muro tra noi!?!? »

Le mani scivolano via dal tessuto liscio, mentre lo sguardo si abbassa; colmo di rabbia e tristezza. Gli occhi di Asahi si rattristiscono proprio come quelli di Yuu, sebbene dentro di lui stesse cercando di sopprimere ogni genere di sentimento, ogni genere di reazione impulsiva, proprio come aveva sempre fatto. Una mano va a poggiarsi piano sulla spalla del giovane, provando a chiamarlo per nome ma senza successo, perché questo gli urla contro un'' ultima volta, scacciandolo ancora.

« SEI SOLO UN CODARDO! »

Asahi rimane solo per una frazione di secondo in silenzio, tramortito da quell'urlo carico di aggressività e disprezzo, poi reagisce. La mano va a colpire con un gesto secco la guancia del signorino, facendolo girare col viso di lato e stampandogli sul volto un' espressione quasi sconvolta. Uno schiaffo, una rottura. Poi le lacrime.

« Tu...sei tutto ciò di cui mi importa. Come puoi essere così egoista da chiedermi di abbandonare tutto e scappare via, oltre oceano?! Io non posso... »

I pugni si serrano ai lati del corpo e lo sguardo se prima era carico di decisione, foga, impulsività e rabbia, ora è mutato di nuovo, lasciando spazio solo alle lacrime che calde continuano a scendere lungo le sue guance rosate. Quel sentimento di tristezza e amarezza che non è mai riuscito a dissipare nonostante gli sforzi continui, è lì, impresso sul suo viso così come nel suo cuore.

« Io non posso darti niente...Yuu. »

« Ti sbagli! »

La voce è sicura, decisa, proprio come lo sguardo che non mostra dolore, ma solo amore caldo e denso, un fuoco perennemente acceso che anche con la brezza più gelida non si spegne mai. Le mani corrono a prendere quei pugni stretti, addolcendo così quella rabbia, cacciando via il dolore e la paura da quel corpo, da quei muscoli tesi che gli fanno tremare gli arti. Si avvicina e lo guarda dritto negli occhi, alzando la testa verso la sua e ignora come sempre quella differenza di altezza di cui mai gli era importato. Le mani salgono e vanno ad accarezzargli il capo, con lentezza e con gentilezza lo trascinano verso il basso, mentre i piedi si portano a reggere solo sulle punte, alzandosi il più possibile per raggiungere la meta. Inclina il viso, il respiro di Asahi contro la sua pelle, l'odore di caffè che ha addosso lo invade e lo riscalda in un certo modo. L'espressione del giovane è sorpresa, ma il corpo si trova in sintonia con quei gesti e le mani si poggiano sui fianchi senza esitazione, ma con desiderio. Lo stesso desiderio che lo porta a spingersi contro quelle labbra, contro quel corpo per baciarlo a sua volta. Un bacio lento, umido, che sa di sale, caffè e polvere. Ma non dura a lungo, perché Yuu si scosta una volta, un'unica prima di scivolare di nuovo in quel tepore familiare.

« Tu mi hai già dato tutto, Asahi. Ed io non ti sto chiedendo altro, se non di continuare ad amarmi. »

   
 
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