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Autore: hazvoice    18/09/2014    0 recensioni
Zayn mi fece indietreggiare fin quando non finii con le spalle al muro.
Sentivo i suoi occhi nocciola incastrati nei miei e il suo respiro caldo sul mio collo.
“Tu fumi?” Mi chiese con voce incredibilmente dolce.
“No.” Risposi fissandolo.
“Bevi?”
“No.”
“Vai con i ragazzi?”
“No!”
“E cosa fai per divertirti?” Disse quasi ridendo.
“Nulla... emh.. Vado al centro commerciale.”
Zayn sembrava divertito, continuava a guardarmi sfoderando un sorriso che avrebbe dovuto essere illegale.
“Sono una brava ragazza.” Dissi con voce ferma e decisa. “Esistono, sai?”
Lui si fece serio, e si avvicinò di più a me. Il mio cuore impazzì.
“Già, ma ti svelo un segreto: le brave ragazze sono solo cattive ragazze che non sono mai state beccate.” Fece un sorriso malizioso. “È questione di tempo, Arya.” E così dicendo inizio a darmi piccoli baci sul collo che mi provocarono scosse in tutto il corpo
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I miei passi risuonavano pesanti nella stanza vuota.

Mi fermai al centro della stanza, fra le mura in cui ero cresciuta.

Il mio sguardo si posò sulla carta da parati rosa con le margherite che ancora non era stata tolta, sulla parete accanto a dove poco fa si trovava il mio letto c'erano ancora le dediche scritte col pennarello nero che Julia, Maia e Vivienne mi avevano scritto molti anni prima, quando ancora eravamo delle bambine spensierate e la vita era tutta rose, fiori e felicità.

Ci feci una foto col mio cellulare, in modo da avere una piccola parte di loro con me.

Ma ho imparato a mie spese che tutte le cose, belle o brutte che siano, prima o poi finiscono.

L'unica cosa che ora sembrava infinita era il dolore per aver perso mia madre, il che era anche il motivo per cui stavo lasciando questo paese, le amicizie, insomma la mia intera vita, per andare in un college a Boston.

Avevo pregato mio padre piangendo per restare qui fino a sette minuti fa, pensai. Lui era stato fermo, non si era scomposto e non aveva mostrato emozioni mentre mi ripeteva per l'ennesima volta che il suo lavoro da manager lo portava in giro per il mondo, e io ero ancora troppo piccola per restare qui da sola.

D'altronde non aveva neanche torto, ma io ero ancora troppo scossa per pensare in maniera razionale. Mia madre che è morta neanche una settimana fa, e ora io mi trovo qui, nella mia stanza vuota dove ho vissuto la mia vita, e stavo per lasciare tutto e andare incontro a chissà cosa.

"Arya! Prendi le valigie, è arrivato il taxi." Mi urlò mio padre da sotto.

Insistette per venire anche lui ad accompagnarmi all'aereoporto, ma avevo bisogno di lasciarmi tutto alle spalle il prima possibile, insieme a ogni cosa che mi ricordasse questo posto prima che mi venisse una crisi di nervi e panico, mio padre compreso.

Non era mai stato un grande sentimentalista lui, al funerale della mamma non l'avevo visto piangere, ma non per questo non era triste, come non per questo adesso non era triste a lasciarmi partire.

"Stammi bene piccola mia, ci rivediamo presto." Mi sussurrò mentre lo abbracciavo.

"Anche tu papà, ti voglio bene."

Cercando di non piangere salii sul taxi.

"Direzione, signorina?" Chiese il tassista.

"L'aeroporto, grazie."

E poi aggiunsi, quasi sussurrando: "si va a Boston."

   
 
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