Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: Jelsa    18/09/2014    0 recensioni
Ok questo dovrebbe essere il prototipo del mio """libro""". Si parla di una stessa notte (la notte di San Lorenzo dove cadono le stelle) vista da più personaggi... E niente spero vi piaccia
Genere: Drammatico, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
1.Sofia
Non ho tempo, devo fare tutto ora, non ho tempo.
Nello zaino ho cercato di mettere il possibile: due magliette, due maglioncini, un leggins, un jeans, un paio di shorts, tre paia di calzetti e tre slip. Ho rubato 150 euro da mia madre e ho preso altri 100 dai miei risparmi, dovrebbero bastarmi per un mesetto se mangio solo una volta al giorno.
Ho deciso di partire, di andare lontano, non so dove, basta che non sia qui, devo farlo. Non so come riuscirò a vivere, probabilmente mi troverò lavoro in un bar sulla strada. Partirò tra dieci minuti, quando domani diventerà oggi e a quel punto l’idea di un nuovo giorno non farà più paura. Al circolo ho salutato tutti come se domani sarò ancora lì, a scherzare con loro, con tutta quella massa informe di persone che fingo mi stiano simpatiche. Ho dato la buonanotte a mia nonna e mia mamma come se domani io mi svegliassi all’una del pomeriggio come sempre. Ho accarezzato il mio gatto come se domani lo potrò fare di nuovo. Nessuno sa che me ne andrò, per sempre. Non mi vedranno più, non vedranno più quella ragazza un po’ strana che si trascina fuori casa senza voglia solo per non essere chiamata asociale. Non vedranno più quella bambina che gioca a fare la grande. No, non mi vedranno più, per così tanto tempo che il ricordo dei miei occhi svanirà, nessuno si ricorderà se metto i capelli dietro l’orecchio, il colore del mio smalto preferito o quante volte stavo in silenzio senza dire niente per ore mentre tutti parlavano e parlavano. Il mio ricordo svanirà lentamente e sarà come se io non ci sia mai stata. Non ho paura del futuro, è questo presente che continua a torturarmi, giorno dopo giorno, niente cambia e io resto immobile qua.
 È ora di muoversi, sì perché non ho più tempo, è arrivato il momento. Scendo piano, esco dalla porta sul retro e scavalco il muretto, faccio il giro delle case e vado sulla strada. Ho paura che i miei si possano svegliare e a quel punto tutto il mio piano andrebbe a farsi fottere. Cerco un taxi e mi faccio portare fino all’aeroporto, avevo già il biglietto. Salgo sull’aereo e tra poco spiccherò il volo per l’America. Mi piace l’idea di poter volare, ho sempre pensato che quelli che si buttano dai palazzi alla fine vogliono solo imparare a volare. Ho il posto vicino al finestrino e mi ci accoccolo, ho le cuffie e sto ascoltando una canzone che nessuno ascolterà mai. Devo aspettare ancora quindici minuti perché l’aereo parta e a me inizia a salire l’ansia che qualcuno mi possa scoprire.
Inspira, espira, inspira, espira, inspira, espira. Ripeti con calma.
Lo psicologo mi ha insegnato a fare così per controllare l’ansia, ma alla fine, serve a poco e io inizio a torturarmi le labbra. Ho il respiro irregolare e questa non dovrebbe essere una cosa buona. Cerco di distrarmi, guardo fuori e penso a tutti quelli che stanno esprimendo desideri e realizzo che è solo una stupida tradizione, se così si può chiamare. Perché credere che una stella cadente possa far avverare i desideri delle persone? Non cambierà mai niente con una stella. O meglio, niente mai cambierà. Sospiro, mi giro e mi accorgo che accanto a me si è seduta una signora, avrà cinquantotto anni su per giù, ha un aspetto stanco, mi domando infatti perché abbia preso l’aereo a quest’ora. Di notte gli aerei li prendono solo chi sta fuggendo. Poco importa, io provo ad addormentarmi, ma niente da fare: stiamo partendo e sento le mie viscere contorcersi. Stringo i manici della poltroncina e fisso un punto sullo schienale davanti. Ho la bocca serrata e sembro quasi morta, trattengo il fiato.
“Primo volo?” quella voce rosata mi spezza la concentrazione per non vomitare e torno a respirare.
“Eh già.” balbetto in una maniera incomprensibile.
“Dove andrai una volta là?” continua a parlarmi, queste vecchiette che cercano di conversare a volte mi infastidiscono. Come devo spiegarvelo che a volte i giovani vogliono semplicemente stare in silenzio?
“Bhè… ehm…  a Miami. Sì, là c’è una mia cugina e mi ha invitato…” mento così spudoratamente che sembro quasi credibile.
“Oh bene bene, io vado a trovare mia figlia che sta partorendo. Sai, è il suo primo figlio e non vorrei lasciarla da sola a New York.” Mi fa l’occhiolino e continua “Si è separata da suo marito, a dirla tutta non mi è mai piaciuto gran che, era uno sbruffone. Solo che l’ha messa incinta e lei ha voluto tenere il bimbo. Si chiamerà Jason se è maschio o Violet, se è una femmina.”
E io annuisco senza saper bene che dire, accenno un sorriso e riprendo a guardarmi le mani intrecciate sulle ginocchia.
“La prima volta che ho preso l’aereo fu quando avevo circa ventidue anni. A quel tempo non si usava molto prendere l’aereo e a dir il vero ero molto spaventata. Ricordo che lo presi perché dovevo andare al funerale di uno mio zio, ma alla fine andai al mare. Il mare della Spagna, era caldo e di starmene in un cimitero per piangere la morte di qualcuno che neanche conoscevo, bhè non me ne andava.” Ricorda con un sorrisetto. Ha il rossetto rosso, come si usava un tempo e profuma di rosa, un profumo antico ma pur sempre bello.
“Wow” commento impacciata.
“Vedi a volte viene il momento di partire e basta, senza una metà perché semplicemente ti serve. Quando parti tutto sembra più bello, tutto ciò che hai, lo perdi e in quel momento niente ti è mai sembrato così bello. È l’idea di partire che facilita tutto, pensi che finalmente è la volta buona che potrai dimenticare tutto e tutti si dimenticheranno di te. Tutto ciò che eri, finisce.”  Spiega con dolcezza e ora la guardo attenta.
“Un po’ come morire, no?” affermo certa.
“Un po’ come nascere un’altra volta, ma sei già grande, già pronta per il mondo e questa volta niente può fermarti perché non sei più come prima…” sembra si stia preparando per un viaggio nella sua memoria, sorride a riguardo e sto pensando che forse è proprio così che funziona. Si parte, si inizia, si va.
Penso sia strano come a volte le persone siano giusto un po’ più adorabili del solito, come un ‘grazie’ può fare la differenza. Strano come una tradizione richiami tutti sotto un cielo stellato, come tutti si ritrovano a credere in una magia. Strano come, mentre si pensa ad occhi chiusi un pensiero tira l’altro e tu non riesci più a controllarti, ti chiedi come ci sei arrivato e non trovi l’inizio. Strano come tutto d’un tratto ti addormenti e non te ne rendi conto finché non ti svegli. Strano come…
Welcome to USA. It’s seven am and we are on New York city.”
Devo essermi addormentata, non c’è dubbio.






#Spazio Autrice
Ok il momento "aiuto mi voglio ammazzare" è passato e forse qualche altra storiella la metto... Ma basta che mi dite cosa ne pensate  altrimenti chiudo qua.

 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Jelsa