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Autore: suni    03/10/2008    3 recensioni
I tre cugini rimasero impalati nell’androne, ciascuno immerso nei propri pensieri.
“Walburga non mi crederà mai,” sospirò infine Orion, con accenti disperati.
“Ci vuole una strategia,” confermò Cygnus meditabondo.
“E se discutessimo la cosa a Diagon Alley davanti a un bel bicchiere di whisky?” propose Alphard assorto. Il duplice sguardo omicida dei più giovani lo gelò immediato. “Ehi, calma, era solo un’idea,” borbottò a disagio.

Un viaggio nel mondo magico inglese dal 1925 al 1979, seguendo l'evolversi delle vicende di una famiglia come ce ne sono poche: nobili, puri, eccelsi e immancabilmente (o quasi) Slytherin, vi presento i Black nel bene e nel male.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Che posso dire… E’ passato parecchio tempo ma io vivo ancora. E anche Perfect Family.

Quindi eccovela qui.

____________

 

 

 

 

 

 

 

In quella, Walburga Black entrò in casa propria con il medesimo proponimento del fidanzato, o sperato tale, e si staccò dal braccio del fratello non appena varcata la soglia.

“Devo parlare con papà,” stabilì sicura.

“Ti occorre la mia presenza?” si offrì Alphard, che stava prendendo gusto a quell’intrigo. Ma Walburga diniegò, fiera. Lo ringraziò rapidamente e si presentò al cospetto di entrambi i genitori, salutandoli devotamente ed esitando a parlare.

“Ti occorre qualcosa, figlia?” domandò la madre, vedendola nervosamente immobile, in piedi davanti a loro.

“Desidero rompere il mio fidanzamento con Thomas Burkes,” annunciò lei a voce bassa, ma risoluta.

Suo padre Pollux mollò il giornale sul tavolo con un gesto improvviso e voltò di scatto la testa verso la moglie, guardandola con comprensibile inquietudine. Aveva temuto l’arrivo di quel giorno per quasi due anni e mezzo, ma a così breve distanza dalle nozze cominciava a sentirsi rasserenato. Ed ecco che la sua imprevedibile figlia tentava di rovinare l’incanto.

Walburga, cosa stai dicendo?” l’apostrofò la madre allibita.

“Che non intendo sposare Thomas,” ribadì lei a voce più alta, senza però osare troppo esprimere la sua assoluta decisione per non provocare la loro collera.

“Per quale assurda ragione dovresti fare una cosa simile?” interloquì freddamente Pollux, alzandosi in piedi di scatto.

“Perché Orion vuole chiedermi in moglie e io ho intenzione di accettare,” spiegò lei semplicemente. “Se me lo permetterete, padre,” aggiunse con sussiego.

Quell’atteggiamento remissivo era frutto di un attento calcolo, effettuato durante il rientro a casa: non c’erano vere ragioni per cui suo padre avrebbe dovuto opporsi con assoluta fermezza al matrimonio, perché suo cugino era un ricco ereditiero ed era un Black, il che garantiva oltre ogni ragionevole dubbio la rispettabilità della sua persona. Suo padre lo conosceva quasi come un quarto figlio e sapeva esattamente che si trattava d’un ragazzo intelligente e maturo, con una naturale attitudine al comando e notevoli capacità nella gestione degli affari.

Se Arcturus Black non si fosse opposto, e non ce n’erano grandi ragioni nemmeno in quel caso, nemmeno Pollux l’avrebbe fatto. L’unico effettivo ostacolo restavano i due fidanzamenti stipulati in precedenza, e per ovviare ad esso era molto più conveniente ingraziarsi i favori del genitore con un comportamento docile e ragionevole e non innervosirlo con modi alteri o caparbi.

“Tuo cugino Orion?” ripeté Pollux stupito.

“Mio cugino Orion, padre,” confermò lei annuendo, mansueta.

“Vuole sposare te?” aggiunse lui con attenzione.

“Così pare,” annuì Walburga con un timido sorriso.

Era quello il sorriso che la donna riservava alle occasioni più importanti. Gli occhi le si tingevano di dolcezza e il nasino s’arricciava ulteriormente verso l’alto, dandole un aspetto di un’innocenza angelica alla quale resistere era cosa assai difficoltosa.

“Te l’ha detto lui?” aggiunse il genitore, il cipiglio corrucciato e pensieroso.

“Sì. Ma c’erano anche Alphard e la zia Melania,” confermò Walburga, citando i due autorevoli testimoni ad indicare che non si trattava d’uno scherzo.

Pollux la studiò con attenzione, prima di chiamare l’Elfo con un cenno rapido.

“Il padrone des…”

“Va’ a chiamare mio figlio di sopra, Kreacher,” impartì seccamente alla creatura.

Walburga rimase spiazzata da quella presa di posizione, ritenendo la mancanza di fiducia paterna oltremodo ingiustificata.

“Le mie parole non sono per te credibili, padre?” domandò confusa.

“Non è questo, Walburga. Devo discutere con tuo fratello di questa situazione.”

D’improvviso la questione le fu chiara e non poté trattenere un sorriso di sollievo per quell’insperata fortuna: Alphard stava iniziando a sostituirsi al padre nella gestione degli affari di famiglia, su precisa volontà di quest’ultimo, ed era evidente che l’uomo non intendeva prendere quella decisione senza consultarlo. Ciò per lei costituiva un immenso vantaggio, perché Alphard non l’avrebbe tradita.

Il fratello fece il suo ingresso in quel momento, gli occhiali da lettura sul naso e la veste da camera drappeggiata addosso.

“Mi hai fatto chiamare, padre?” domandò solerte.

“Tuo cugino vuole sposare tua sorella,” affermò questi sbrigativo.

“Ero presente quando l’ha reso noto,” commentò distrattamente Alphard.

Pollux si voltò verso la moglie, quindi verso la figlia.

“Lasciateci,” richiese, fermo ma gentile.

Le due donne si affrettarono ad eseguire; mentre si avvicinava alla soglia, Walburga vide il fratello farle un occhiolino e trattenne a stento una risata d’allegrezza.

Mentre Alphard Black convinceva un già propenso genitore della bontà di un matrimonio tra Black, suo fratello Cygnus, al quale aveva appena comunicato le novità via camino, si presentava sulla porta della casa dello zio con il dubbio di essere inopportuno, senza tuttavia potersi trattenere. Melania lo accolse di buon grado, facendolo accomodare.

Orion?” domandò lui gentilmente.

“E’ in camera a scrivere una lettera molto importante. Raggiungilo pure.”

Cygnus non si fece ripetere l’invito e s’affrettò ad arrampicarsi verso la stanza del cugino, bussando velocemente.

“Avanti,” rispose la voce radiosa di Orion.

Cygnus s’affacciò alla porta e per qualche istante faticò a muoversi, allibito: suo cugino era come trasfigurato. Soltanto poche ore prima l’aveva veduto apatico e spento, quasi ammutolito; adesso riluceva d’un sorriso quasi estatico, fischiettando mentre scriveva accuratamente s’una grossa pergamena.

“Hai vinto dei soldi, Orion?” domandò ironico.

L’amico sollevò la testa con una risata.

“Molto, molto meglio, Cygnus,” replicò trionfale.

“Ho appena parlato con mio fratello,” commentò lui gioviale, sfilandosi maestosamente il mantello.

“E hai parlato con tua sorella per farla venire qui,” commentò con scherzoso rimprovero Orion, lanciandogli un’occhiata riconoscente.

“No, ha fatto tutto Alphard. Io gli ho solo dato una spintarella.”

Orion scrollò la testa, conciliato.

“Sono sempre stato ingiusto nei suoi confronti. Lo consideravo uno stravagante piantagrane.”

“E lo è,” confermò Cygnus rassegnato. “Ma è anche piuttosto arguto. E’ la lettera per i Von Tielsen?”

“Proprio così. Annuncio alla cara Katrina che disgraziatamente il matrimonio non si farà,” confermò Orion palesando rammarico.

“Il tuo dolore è palpabile,” osservò Cygnus comprensivo.

Si guardarono per un istante, scoppiando in un breve riso represso.

L’indomani l’intera famiglia Black si riunì immotivatamente nella dimora di Pollux. Cygnus e Druella si presentarono alla residenza alle undici, dopo aver annunciato una visita per pranzo. La famiglia si comportò durante l’intero pasto come se nulla di particolare stesse accadendo, nonostante l’aria svampita e distratta di Walburga. Fu quando si furono sistemati per il tè pomeridiano che un nuovo scampanellio annunciò un ulteriore visita e Walburga scattò in piedi come se la sua sedia avesse preso fuoco.

“Lascia andare tua madre,” l’ammonì Pollux, non capacitandosi di come un uomo potesse avere quell’effetto sulla sua scostante figlia.

Nella stanza piombò un improvviso silenzio, mentre la matrona s’avviava ad accogliere l’ospite.

“Signora zia, buongiorno,” suonò chiara la voce di Orion, e Walburga dovette sedersi per calmare il tremito delle gambe. “Spero di non disturbare.”

“Nessun disturbo, Orion, accomodati,” la sentirono ribattere cortesemente.

“Ho da parlare con lo zio. E’ estremamente importante,” continuò il giovane risoluto, prima di sbucare dalla soglia al seguito della donna. “Buongiorno, cugini, Druella carissima,” salutò, curandosi di non soffermare lo sguardo su Walburga nonostante non desiderasse altro. “Signor zio,” concluse, deferente.

Orion, ti stavo aspettando,” lo accolse l’uomo altero, alzandosi dalla poltrona.

“Tanto meglio,” commentò il giovane di buon grado. “Spero vorrai ascoltare quanto ho da chiederti,” aggiunse rispettoso.

“Vorrò,” confermò lo zio, incamminandosi e facendogli strada verso il proprio studio. “Vogliate scusarci,” aggiunse, rivolto ai familiari.

Orion si ravviò i capelli e inchinò leggermente il capo all’indirizzo della cugina, in un cenno di omaggio. Sorrise indiscriminatamente agli astanti e gli andò appresso.

I due uomini rimasero barricati nello studiolo per quasi quarantacinque minuti, durante i quali gli altri membri della famiglia cercarono invano di riprendere una normale conversazione senza che la figlia primogenita spostasse lo sguardo dalla porta chiusa. Quando suonò nuovamente il campanello si creò un certo garbato scompiglio, finchè Arcturus Black non fu entrato nella sala con un sorriso di circostanza. L’altro capofamiglia riemerse in quel momento dalla sua stanza, andandogli incontro a mano tesa.

Pollux,” esclamò lui con tutta amichevolezza.

“Caro cugino,” fu l’amabile risposta dell’altro.

E, nel sorriso d’intesa che si scambiarono stringendosi la mano, Walburga lesse trionfalmente che il matrimonio si sarebbe fatto. Trattenendo a stento un grido di gioia afferrò la mano del fratello e la strinse con forza, spostando lo sguardo sulla soglia da cui Orion fece capolino in quel momento sorridendo felicemente nella sua direzione.

“Giovanotto,” lo ammonì lo zio bonariamente, “non consumarmela con gli occhi.”

“Per l’appunto,” confermò il padre seriamente. “Rientra a casa, Orion, ti raggiungerò tra breve,” impartì, definitivo.

“Sì, padre,” approvò lui con solerzia. “Ossequi, signor zio. Cugini carissimi, zia, buon pomeriggio,” salutò amabilmente.

“A presto, Orion, suppongo ti si vedrà spesso in giro,” ribatté Alphard con impertinenza.

Il cugino gli sorrise di rimando, prima di avviarsi alla porta senza indugiare oltre.

Walburga rimase immobile, il fiato bloccato in gola. Sperava che il fidanzamento sarebbe stato il più breve possibile.

Dovettero attendere un’altra ora prima che Pollux e Arcturus Black tornassero in sala. A quel punto Cygnus e Druella si stavano per congedare, ma il giovane marito volle aspettare qualche altro minuto. Rimasero dunque per il tempo necessario a salutare lo zio, prima che questi togliesse il disturbo, e finalmente Pollux si voltò si voltò verso la figlia.

“Sei fidanzata con Orion, Walburga.”

Lei si limitò ad annuire, trattenendo manifestazioni di gioia più triviali.

“Quando posso vederlo?” domandò con un fil di voce.

“Ci sarà un pranzo ufficiale in famiglia la settimana prossima,” rispose il padre spiccio, avviandosi alla porta. “Mia cara, vuoi tenermi compagnia?” aggiunse, tendendo la mano alla moglie. Con uno sguardo orgoglioso alla figlia lei lo seguì, per discutere evidentemente i dettagli. Fu solo quando i genitori si furono assentati che Walburga si permise il lusso di lanciare uno strillo di gioia gettando le braccia al collo di Alphard. Cygnus li osservò, stupefatto: aveva spedito il cugino in Germania nella ferma e assoluta convinzione che mai e poi mai sua sorella l’avrebbe degnato d’uno sguardo e ora la trovava a sciogliersi all’idea di sposarlo. Decisamente, gli era sfuggito qualcosa.

Quando si era fidanzata con Thomas Burkes Walburga non aveva dato un’eccessiva importanza ad un evento come quello dell’annuncio del fidanzamento. Naturalmente ne era stata felice e si era comportata da degna promessa, ma nulla a paragone con l’ansia struggente e l’emozione che le fecero sgranare gli occhi di soprassalto quando si svegliò il successivo giovedì mattina. Né con la cura ossessiva e quasi isterica con cui selezionò insieme al fratello l’abito più adatto da indossare in quell’occasione. La delicata organza del suo vestito da ballo color pesca venne accantonata per l’eccessivo ardire del pronunciato decolleté, in favore di un satin azzurro che si sposava con gli occhi. Per più di due ore le due Elfe di casa fecero e disfecero la pettinatura che reggeva i suoi lunghi e liscissimi capelli corvini. La quotidiana crocchia in cui raccoglieva giornalmente le chiome lasciando libere solo alcune ciocche sul viso, un piccolo vezzo che le veniva perdonato perché giovane e bella, fu dapprima sostituita da riccioli attorcigliati, poi da trecce annodate; infine, senza riuscire a darsi pace, Walburga stabilì che avrebbe lasciato le morbide onde d’inchiostro libere di danzarle sulla schiena.

S’imbellettò accuratamente con l’aiuto della madre per poi decidere che preferiva un trucco leggero e naturale e rifece tutto daccapo. Quand’ebbe terminato s’osservò finalmente allo specchio, perplessa: la semplicità dell’insieme le parve per un attimo poca cosa, ma la particolarità della sua bellezza stava nel naturale fascino che sapeva sprigionare proprio senza intenzione, e Orion stesso sarebbe stato pronto a dire che una delle prime ragioni della sua attrazione era stata proprio la crocchia sistemata con incuria sulla curva della sua nuca.

Alphard non nascose la propria ammirazione e questo la rincuorò, ma era ugualmente tesa come una corda di violino quando l’intera famiglia si mise in moto verso la casa del fidanzato.

Orion, d’altro canto, quella mattina s’era alzato con un feroce mal di stomaco. S’era imposto d’ignorarlo ma quello era peggiorato col passare delle ore e alle dieci e mezza il ragazzo cominciava a temere che avrebbe rimesso in faccia allo zio non appena questi avesse varcato la soglia, eventualità alquanto disdicevole.

Suo padre lo vide marciare avanti e indietro come una belva imprigionata e, pur trovandolo francamente ridicolo, provò una certa tenerezza nei suoi confronti.

Orion, perché non ti siedi?” lo invitò, stremato dalla sua agitazione.

“Mi devo vestire, padre,” rispose lui frettolosamente.

“Allora vestiti, figlio,” fu la logica replica di Arcturus, che faticava a non ridere.

“Sto per farlo,” affermò il ragazzo annuendo vigorosamente.

Tuttavia rimase lì in piedi senza fare nulla, limitandosi a sistemare alcuni soprammobili distrattamente, come se tutto dovesse essere millimetricamente perfetto all’arrivo di Walburga.

“Cosa ti turba, Orion?” insistette il genitore con inusuale pazienza.

Lui prese un lungo respiro, sorridendo con fare rilassato, ma non era certo suo padre a poter essere ingannato da quel muso altrimenti disinvolto.

“Niente, padre,” rispose tranquillamente, subito censurato dalla scettica occhiata di Arcturus. “Non penso di poter sopravvivere a questo pranzo, in tutta onestà.”

Il signor Black sogghignò sotto i baffi e portò la mano al mento, con fare compreso.

“Temi un avvelenamento?” domandò solenne.

Suo figlio gli lanciò uno sguardo stupito e, notando la sfumatura d’ironia del suo sorriso represso, dovette scoppiare a ridere suo malgrado.

“Vatti a vestire, Orion. Il pranzo finirà in un lampo e all’ora di cena sarai vivo, vegeto e ufficialmente fidanzato. Finiamola con queste bambinate,” continuò Arcturus con tono appena più secco, quando il figlio ebbe smesso di ridere.

“Sì, padre,” replicò lui lievemente rasserenato, finendo per dirigersi nella sua stanza.

La bellezza e la cura non erano cosa da uomini bensì un affare di donne, ma Orion Black era fermamente convinto che una creatura ultraterrena come Walburga meritasse un cavaliere che potesse almeno non stonare troppo al suo fianco. Siccome non era cieco né sordo e s’era fatto un’idea del fascino da lui esercitato sulle fanciulle, ebbe cura di lavarsi e pettinarsi con diligenza, sbarbarsi attentamente e infilarsi in un abito nero di squisita fattura che rendeva giustizia all’attraente proprietario.

Ed era tempo, perché il campanello suonò annunciando i primi ospiti non appena si fu infilato le scarpe.

Orion!” tuonò Arcturus dal piano di sotto.

“Sono qui,” affermò lui sistemandosi il colletto, mentre scendeva rapidamente le scale.

Sua sorella ed il cognato fecero il loro ingresso seguiti a breve da Cygnus e consorte, quindi lo zio Regulus, Cassiopea con il suo tremendo cagnolino, Charlus e Dorea Potter con il loro figlioletto e, traballante sul bastone da passeggio con manico d’osso, si presentò all’appello anche il nonno Sirius. Quando Orion se lo trovò davanti quasi non ci poteva credere, perché dopo la morte della moglie il nonno s’era fatto molto chiuso e usciva raramente di casa, preferendo ricevere visite. Anche perché, del resto, cominciava ad avere la sua veneranda età.

“Nonno,” salutò stupito. “Che sorpresa.”

“Sorpresa?” ripeté l’anziano mago, porgendogli il mantello. “Potevo perdermi il fidanzamento del mio nipote prediletto?” aggiunse, raschiandosi la gola con discrezione.

E unico erede maschio, aggiunse mentalmente Orion con un sorriso cortese.

“Sono contento di vederti. Benvenuto,” precisò sinceramente. Adorava suo nonno. Era un individuo assolutamente cupo e irragionevole, ma conosceva alcuni dei più affascinanti giochi di parole di sempre e durante l’infanzia era stato fonte di continua meraviglia per il nipote. E sicuramente anche Sirius lo adorava. Era a lui solo che regalava i suoi rari sorrisi.

“Ti ringrazio. La tua fidanzata è già qui?” s’informò il vecchio, prendendo tempo prima di farsi accogliere con tutti gli onori dai familiari.

“Non ancora, arriverà tra poco insieme al cugino Pollux,” rispose lui, disponibile.

“Sarà bene che faccia un discorsetto a quella graziosa signorina,” osservò il nonno meditabondo, mentre suo figlio si precipitava nella loro direzione, trattenuto dagli ospiti. “Perché ci dia qualche bell’erede.”

Orion ridacchiò educatamente.

“Penso di poter garantire per entrambi.”

“Padre, bene arrivato,” interloquì Arcturus con deferenza. L’anziano patriarca sorrise brevemente al nipote, prima di allontanarsi al braccio del figlio per farsi accompagnare a sedere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vi invito, come sempre, a una visitina nella “casa” di questa fan fiction:

 

Perfect Family

 

A presto

   
 
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