Che posso dire…
E’ passato parecchio tempo ma io vivo ancora. E anche Perfect Family.
Quindi eccovela qui.
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In quella, Walburga Black entrò in
casa propria con il medesimo proponimento del fidanzato, o sperato tale, e si
staccò dal braccio del fratello non appena varcata la soglia.
“Devo parlare
con papà,” stabilì sicura.
“Ti occorre la
mia presenza?” si offrì Alphard, che
stava prendendo gusto a quell’intrigo. Ma Walburga
diniegò, fiera. Lo ringraziò
rapidamente e si presentò al cospetto di entrambi i genitori,
salutandoli devotamente ed esitando a parlare.
“Ti occorre
qualcosa, figlia?” domandò la madre, vedendola nervosamente
immobile, in piedi davanti a loro.
“Desidero
rompere il mio fidanzamento con Thomas Burkes,”
annunciò lei a voce bassa, ma risoluta.
Suo padre Pollux mollò il giornale sul tavolo con un gesto
improvviso e voltò di scatto la testa verso la moglie, guardandola con
comprensibile inquietudine. Aveva temuto l’arrivo di quel giorno per
quasi due anni e mezzo, ma a così breve distanza dalle nozze cominciava
a sentirsi rasserenato. Ed ecco che la sua imprevedibile figlia tentava di
rovinare l’incanto.
“Walburga, cosa stai dicendo?” l’apostrofò
la madre allibita.
“Che non intendo
sposare Thomas,” ribadì lei a voce più alta, senza però
osare troppo esprimere la sua assoluta decisione per non provocare la loro
collera.
“Per quale
assurda ragione dovresti fare una cosa simile?” interloquì freddamente
Pollux, alzandosi in piedi di scatto.
“Perché Orion vuole chiedermi in moglie e io ho intenzione di
accettare,” spiegò lei semplicemente. “Se me lo permetterete,
padre,” aggiunse con sussiego.
Quell’atteggiamento
remissivo era frutto di un attento calcolo, effettuato durante il rientro a
casa: non c’erano vere ragioni per cui suo padre avrebbe dovuto opporsi
con assoluta fermezza al matrimonio, perché suo cugino era un ricco ereditiero ed era un Black, il
che garantiva oltre ogni ragionevole dubbio la rispettabilità della sua
persona. Suo padre lo conosceva quasi come un quarto figlio e sapeva
esattamente che si trattava d’un ragazzo intelligente e maturo, con una
naturale attitudine al comando e notevoli capacità nella gestione degli
affari.
Se Arcturus
Black non si fosse opposto, e non ce n’erano
grandi ragioni nemmeno in quel caso, nemmeno Pollux
l’avrebbe fatto. L’unico effettivo ostacolo restavano i due
fidanzamenti stipulati in precedenza, e per ovviare ad esso era molto
più conveniente ingraziarsi i favori del genitore con un comportamento
docile e ragionevole e non innervosirlo con modi alteri o caparbi.
“Tuo cugino Orion?” ripeté Pollux
stupito.
“Mio cugino Orion, padre,” confermò lei annuendo,
mansueta.
“Vuole sposare
te?” aggiunse lui con attenzione.
“Così
pare,” annuì Walburga con un timido
sorriso.
Era quello il sorriso
che la donna riservava alle occasioni più importanti. Gli occhi le si
tingevano di dolcezza e il nasino s’arricciava ulteriormente verso
l’alto, dandole un aspetto di un’innocenza angelica alla quale
resistere era cosa assai difficoltosa.
“Te l’ha
detto lui?” aggiunse il genitore, il cipiglio corrucciato e pensieroso.
“Sì. Ma
c’erano anche Alphard e la zia Melania,”
confermò Walburga, citando i due autorevoli
testimoni ad indicare che non si trattava d’uno scherzo.
Pollux la studiò con
attenzione, prima di chiamare l’Elfo con un cenno rapido.
“Il padrone des…”
“Va’ a
chiamare mio figlio di sopra, Kreacher,”
impartì seccamente alla creatura.
Walburga rimase spiazzata da
quella presa di posizione, ritenendo la mancanza di fiducia paterna oltremodo
ingiustificata.
“Le mie parole
non sono per te credibili, padre?” domandò confusa.
“Non è
questo, Walburga. Devo discutere con tuo fratello di
questa situazione.”
D’improvviso la
questione le fu chiara e non poté trattenere un sorriso di sollievo per
quell’insperata fortuna: Alphard stava
iniziando a sostituirsi al padre nella gestione degli affari di famiglia, su
precisa volontà di quest’ultimo, ed era evidente che l’uomo
non intendeva prendere quella decisione senza consultarlo. Ciò per lei
costituiva un immenso vantaggio, perché Alphard
non l’avrebbe tradita.
Il fratello fece il
suo ingresso in quel momento, gli occhiali da lettura sul naso e la veste da
camera drappeggiata addosso.
“Mi hai fatto
chiamare, padre?” domandò solerte.
“Tuo cugino
vuole sposare tua sorella,” affermò questi sbrigativo.
“Ero presente
quando l’ha reso noto,” commentò distrattamente Alphard.
Pollux si voltò verso
la moglie, quindi verso la figlia.
“Lasciateci,”
richiese, fermo ma gentile.
Le due donne si
affrettarono ad eseguire; mentre si avvicinava alla soglia, Walburga
vide il fratello farle un occhiolino e trattenne a stento una risata
d’allegrezza.
Mentre Alphard Black convinceva un
già propenso genitore della bontà di un matrimonio tra Black, suo fratello Cygnus, al
quale aveva appena comunicato le novità via camino, si presentava sulla
porta della casa dello zio con il dubbio di essere inopportuno, senza tuttavia
potersi trattenere. Melania lo accolse di buon grado, facendolo accomodare.
“Orion?” domandò lui gentilmente.
“E’ in
camera a scrivere una lettera molto importante. Raggiungilo pure.”
Cygnus non si fece ripetere
l’invito e s’affrettò ad arrampicarsi verso la stanza del
cugino, bussando velocemente.
“Avanti,”
rispose la voce radiosa di Orion.
Cygnus
s’affacciò alla porta e per qualche istante faticò a
muoversi, allibito: suo cugino era come trasfigurato. Soltanto poche ore prima
l’aveva veduto apatico e spento, quasi ammutolito; adesso riluceva
d’un sorriso quasi estatico, fischiettando mentre scriveva accuratamente
s’una grossa pergamena.
“Hai vinto dei
soldi, Orion?” domandò ironico.
L’amico
sollevò la testa con una risata.
“Molto, molto
meglio, Cygnus,” replicò trionfale.
“Ho appena
parlato con mio fratello,” commentò lui gioviale, sfilandosi
maestosamente il mantello.
“E hai parlato
con tua sorella per farla venire qui,” commentò con scherzoso
rimprovero Orion, lanciandogli un’occhiata
riconoscente.
“No, ha fatto
tutto Alphard. Io gli ho solo dato una
spintarella.”
Orion scrollò la
testa, conciliato.
“Sono sempre
stato ingiusto nei suoi confronti. Lo consideravo uno stravagante
piantagrane.”
“E lo
è,” confermò Cygnus rassegnato.
“Ma è anche piuttosto arguto. E’ la lettera per i Von Tielsen?”
“Proprio
così. Annuncio alla cara Katrina che
disgraziatamente il matrimonio non si farà,” confermò Orion palesando rammarico.
“Il tuo dolore
è palpabile,” osservò Cygnus
comprensivo.
Si guardarono per un
istante, scoppiando in un breve riso represso.
L’indomani
l’intera famiglia Black si riunì
immotivatamente nella dimora di Pollux. Cygnus e Druella si presentarono
alla residenza alle undici, dopo aver annunciato una visita per pranzo. La
famiglia si comportò durante l’intero pasto come se nulla di
particolare stesse accadendo, nonostante l’aria svampita e distratta di Walburga. Fu quando si furono sistemati per il tè
pomeridiano che un nuovo scampanellio annunciò un ulteriore visita e Walburga scattò in piedi come se la sua sedia avesse
preso fuoco.
“Lascia andare
tua madre,” l’ammonì Pollux, non
capacitandosi di come un uomo potesse avere quell’effetto sulla sua
scostante figlia.
Nella stanza
piombò un improvviso silenzio, mentre la matrona s’avviava ad
accogliere l’ospite.
“Signora zia,
buongiorno,” suonò chiara la voce di Orion,
e Walburga dovette sedersi per calmare il tremito
delle gambe. “Spero di non disturbare.”
“Nessun
disturbo, Orion, accomodati,” la sentirono
ribattere cortesemente.
“Ho da parlare
con lo zio. E’ estremamente importante,” continuò il giovane
risoluto, prima di sbucare dalla soglia al seguito della donna.
“Buongiorno, cugini, Druella carissima,”
salutò, curandosi di non soffermare lo sguardo su Walburga
nonostante non desiderasse altro. “Signor zio,” concluse,
deferente.
“Orion, ti stavo aspettando,” lo accolse l’uomo
altero, alzandosi dalla poltrona.
“Tanto
meglio,” commentò il giovane di buon grado. “Spero vorrai
ascoltare quanto ho da chiederti,” aggiunse rispettoso.
“Vorrò,”
confermò lo zio, incamminandosi e facendogli strada verso il proprio
studio. “Vogliate scusarci,” aggiunse, rivolto ai familiari.
Orion si ravviò i
capelli e inchinò leggermente il capo all’indirizzo della cugina,
in un cenno di omaggio. Sorrise indiscriminatamente agli astanti e gli
andò appresso.
I due uomini rimasero
barricati nello studiolo per quasi quarantacinque minuti, durante i quali gli
altri membri della famiglia cercarono invano di riprendere una normale
conversazione senza che la figlia primogenita spostasse lo sguardo dalla porta
chiusa. Quando suonò nuovamente il campanello si creò un certo
garbato scompiglio, finchè Arcturus
Black non fu entrato nella sala con un sorriso di
circostanza. L’altro capofamiglia riemerse in quel momento dalla sua
stanza, andandogli incontro a mano tesa.
“Pollux,” esclamò lui con tutta amichevolezza.
“Caro
cugino,” fu l’amabile risposta dell’altro.
E, nel sorriso
d’intesa che si scambiarono stringendosi la mano, Walburga
lesse trionfalmente che il matrimonio si sarebbe fatto. Trattenendo a stento un
grido di gioia afferrò la mano del fratello e la strinse con forza,
spostando lo sguardo sulla soglia da cui Orion fece
capolino in quel momento sorridendo felicemente nella sua direzione.
“Giovanotto,”
lo ammonì lo zio bonariamente, “non consumarmela con gli
occhi.”
“Per
l’appunto,” confermò il padre seriamente. “Rientra a
casa, Orion, ti raggiungerò tra breve,”
impartì, definitivo.
“Sì,
padre,” approvò lui con solerzia. “Ossequi, signor zio.
Cugini carissimi, zia, buon pomeriggio,” salutò amabilmente.
“A presto, Orion, suppongo ti si vedrà spesso in giro,”
ribatté Alphard con impertinenza.
Il cugino gli sorrise
di rimando, prima di avviarsi alla porta senza indugiare oltre.
Walburga rimase immobile, il
fiato bloccato in gola. Sperava che il fidanzamento sarebbe stato il più
breve possibile.
Dovettero attendere
un’altra ora prima che Pollux e Arcturus Black tornassero in
sala. A quel punto Cygnus e Druella
si stavano per congedare, ma il giovane marito volle aspettare qualche altro minuto.
Rimasero dunque per il tempo necessario a salutare lo zio, prima che questi
togliesse il disturbo, e finalmente Pollux si
voltò si voltò verso la figlia.
“Sei fidanzata
con Orion, Walburga.”
Lei si limitò
ad annuire, trattenendo manifestazioni di gioia più triviali.
“Quando posso
vederlo?” domandò con un fil di voce.
“Ci sarà
un pranzo ufficiale in famiglia la settimana prossima,” rispose il padre
spiccio, avviandosi alla porta. “Mia cara, vuoi tenermi compagnia?”
aggiunse, tendendo la mano alla moglie. Con uno sguardo orgoglioso alla figlia
lei lo seguì, per discutere evidentemente i dettagli. Fu solo quando i
genitori si furono assentati che Walburga si permise
il lusso di lanciare uno strillo di gioia gettando le braccia al collo di Alphard. Cygnus li
osservò, stupefatto: aveva spedito il cugino in Germania nella ferma e
assoluta convinzione che mai e poi mai sua sorella l’avrebbe degnato
d’uno sguardo e ora la trovava a sciogliersi all’idea di sposarlo.
Decisamente, gli era sfuggito qualcosa.
Quando si era
fidanzata con Thomas Burkes Walburga
non aveva dato un’eccessiva importanza ad un evento come quello
dell’annuncio del fidanzamento. Naturalmente ne era stata felice e si era
comportata da degna promessa, ma nulla a paragone con l’ansia struggente
e l’emozione che le fecero sgranare gli occhi di soprassalto quando si
svegliò il successivo giovedì mattina. Né con la cura
ossessiva e quasi isterica con cui selezionò insieme al fratello
l’abito più adatto da indossare in quell’occasione. La
delicata organza del suo vestito da ballo color pesca venne accantonata per
l’eccessivo ardire del pronunciato decolleté, in favore di un
satin azzurro che si sposava con gli occhi. Per più di due ore le due Elfe di casa fecero e disfecero la pettinatura che reggeva
i suoi lunghi e liscissimi capelli corvini. La quotidiana crocchia in cui
raccoglieva giornalmente le chiome lasciando libere solo alcune ciocche sul
viso, un piccolo vezzo che le veniva perdonato perché giovane e bella,
fu dapprima sostituita da riccioli attorcigliati, poi da trecce annodate; infine,
senza riuscire a darsi pace, Walburga stabilì
che avrebbe lasciato le morbide onde d’inchiostro libere di danzarle
sulla schiena.
S’imbellettò
accuratamente con l’aiuto della madre per poi decidere che preferiva un
trucco leggero e naturale e rifece tutto daccapo. Quand’ebbe terminato
s’osservò finalmente allo specchio, perplessa: la
semplicità dell’insieme le parve per un attimo poca cosa, ma la
particolarità della sua bellezza stava nel naturale fascino che sapeva sprigionare
proprio senza intenzione, e Orion stesso sarebbe
stato pronto a dire che una delle prime ragioni della sua attrazione era stata
proprio la crocchia sistemata con incuria sulla curva della sua nuca.
Alphard non nascose la
propria ammirazione e questo la rincuorò, ma era ugualmente tesa come
una corda di violino quando l’intera famiglia si mise in moto verso la
casa del fidanzato.
Orion, d’altro canto,
quella mattina s’era alzato con un feroce mal di stomaco. S’era
imposto d’ignorarlo ma quello era peggiorato col passare delle ore e alle
dieci e mezza il ragazzo cominciava a temere che avrebbe rimesso in faccia allo
zio non appena questi avesse varcato la soglia, eventualità alquanto
disdicevole.
Suo padre lo vide
marciare avanti e indietro come una belva imprigionata e, pur trovandolo francamente
ridicolo, provò una certa tenerezza nei suoi confronti.
“Orion, perché non ti siedi?” lo invitò,
stremato dalla sua agitazione.
“Mi devo
vestire, padre,” rispose lui frettolosamente.
“Allora vestiti,
figlio,” fu la logica replica di Arcturus, che faticava
a non ridere.
“Sto per
farlo,” affermò il ragazzo annuendo vigorosamente.
Tuttavia rimase
lì in piedi senza fare nulla, limitandosi a sistemare alcuni
soprammobili distrattamente, come se tutto dovesse essere millimetricamente
perfetto all’arrivo di Walburga.
“Cosa ti turba, Orion?” insistette il genitore con inusuale pazienza.
Lui prese un lungo
respiro, sorridendo con fare rilassato, ma non era certo suo padre a poter
essere ingannato da quel muso altrimenti disinvolto.
“Niente,
padre,” rispose tranquillamente, subito censurato dalla scettica occhiata
di Arcturus. “Non penso di poter sopravvivere a
questo pranzo, in tutta onestà.”
Il signor Black sogghignò sotto i baffi e portò la mano
al mento, con fare compreso.
“Temi un
avvelenamento?” domandò solenne.
Suo figlio gli
lanciò uno sguardo stupito e, notando la sfumatura d’ironia del
suo sorriso represso, dovette scoppiare a ridere suo malgrado.
“Vatti a
vestire, Orion. Il pranzo finirà in un lampo e
all’ora di cena sarai vivo, vegeto e ufficialmente fidanzato. Finiamola
con queste bambinate,” continuò Arcturus
con tono appena più secco, quando il figlio ebbe smesso di ridere.
“Sì,
padre,” replicò lui lievemente rasserenato, finendo per dirigersi
nella sua stanza.
La bellezza e la cura
non erano cosa da uomini bensì un affare di donne, ma Orion Black era fermamente
convinto che una creatura ultraterrena come Walburga
meritasse un cavaliere che potesse almeno non stonare troppo al suo fianco.
Siccome non era cieco né sordo e s’era fatto un’idea del fascino
da lui esercitato sulle fanciulle, ebbe cura di lavarsi e pettinarsi con diligenza,
sbarbarsi attentamente e infilarsi in un abito nero di squisita fattura che
rendeva giustizia all’attraente proprietario.
Ed era tempo,
perché il campanello suonò annunciando i primi ospiti non appena
si fu infilato le scarpe.
“Orion!” tuonò Arcturus
dal piano di sotto.
“Sono
qui,” affermò lui sistemandosi il colletto, mentre scendeva
rapidamente le scale.
Sua sorella ed il
cognato fecero il loro ingresso seguiti a breve da Cygnus
e consorte, quindi lo zio Regulus, Cassiopea con il
suo tremendo cagnolino, Charlus e Dorea
Potter con il loro figlioletto e, traballante sul bastone da passeggio con
manico d’osso, si presentò all’appello anche il nonno Sirius. Quando Orion se lo
trovò davanti quasi non ci poteva credere, perché dopo la morte
della moglie il nonno s’era fatto molto chiuso e usciva raramente di
casa, preferendo ricevere visite. Anche perché, del resto, cominciava ad
avere la sua veneranda età.
“Nonno,”
salutò stupito. “Che sorpresa.”
“Sorpresa?”
ripeté l’anziano mago, porgendogli il mantello. “Potevo
perdermi il fidanzamento del mio nipote prediletto?” aggiunse,
raschiandosi la gola con discrezione.
E unico erede maschio, aggiunse mentalmente Orion con un sorriso cortese.
“Sono contento
di vederti. Benvenuto,” precisò sinceramente. Adorava suo nonno.
Era un individuo assolutamente cupo e irragionevole, ma conosceva alcuni dei
più affascinanti giochi di parole di sempre e durante l’infanzia era
stato fonte di continua meraviglia per il nipote. E sicuramente anche Sirius lo adorava. Era a lui solo che regalava i suoi rari
sorrisi.
“Ti ringrazio.
La tua fidanzata è già qui?” s’informò il
vecchio, prendendo tempo prima di farsi accogliere con tutti gli onori dai
familiari.
“Non ancora,
arriverà tra poco insieme al cugino Pollux,”
rispose lui, disponibile.
“Sarà
bene che faccia un discorsetto a quella graziosa signorina,” osservò
il nonno meditabondo, mentre suo figlio si precipitava nella loro direzione,
trattenuto dagli ospiti. “Perché ci dia qualche
bell’erede.”
Orion ridacchiò
educatamente.
“Penso di poter
garantire per entrambi.”
“Padre, bene
arrivato,” interloquì Arcturus con
deferenza. L’anziano patriarca sorrise brevemente al nipote, prima di
allontanarsi al braccio del figlio per farsi accompagnare a sedere.
Vi
invito, come sempre, a una visitina nella “casa” di questa fan
fiction:
A
presto