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Autore: zenzero    20/09/2014    0 recensioni
Marcus è un tipo normale, e normale è il tipo di vita che gli si prospetta, ora che si è trasferito in un tranquillo appartamento. Ma cosa è realmente normale quando scopri che i tuoi coinquilini sono delle fatine completamente fuori di testa?
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella sera, i due nuovi inquilini fecero sloggiare gli scarafaggi dalla cucina e prepararono la cena. O meglio, Ginger ordinò una mastodontica pizza con ogni gusto possibile, da offrire a Marcus al posto delle patatine che aveva polverizzato.
Nonostante il pacchetto dove aveva mangiato fosse più grosso di lei, la fatina aveva ancora parecchia fame.
"Allora, come ti sembra?" chiese mordicchiando il bordo della pizza.
"Niente male.." fece lui sottraendo un pezzo non ancora mangiucchiato. A casa sua era difficile che ci fosse la pizza, sua madre diceva che i cibi che si mangiavano con le mani non erano per persone ordinate come loro. Lasciò delle croste bruciacchiate e andò in bagno a lavarsi.
Appena tornato vide che la tv era su Boing, a tutto volume, e non c'era neanche una briciola delle croste di pizza. Ma in effetti non si lamentò,  era ancora emozionato per essersi trasferito e tutto gli sembrava bello. Si sedette comodamente sul divano e lasciò che i maialini parlanti in tv gli facessero dimenticare i problemi.
"Oh, sì, l'episodio di Babbo natale è il mio preferito. Adesso gli lancerà i regali in testa" esclamò Ginger entrusiasta sul tavolino accanto.
Marcus annuì. Aveva decisamente rotto il ghiaccio, con quella ragazza... o fatina.
E dire che di solito le sue conversazioni con gli esponenti di sesso femminile si limitavano a memorabili frasi come "Ti sposti?"  "Certo, scusa" o "Ehi mi è caduta la penna, me la prendi?" "Sì" "Grazie".
Mentre lei  parlava di se, e descriveva di come una volta avesse occupato l'intero pomeriggio in una maratona del cartone dei maiali, il ragazzo improvvisamente cadde in uno stato di sonnolenza; forse era tutta la stanchezza accumolata nel corso del giorno o magari il cibo abbondante, fatto sta che si limitò ad annuire quando la fatina gli parlava e alla fine scivolò irrimediabilmente in un sonno profondo.
Ginger non se ne accorse, e rimase a vedere gli episodi fino alle tre di notte.
 
La mattina dopo Marcus non perse tempo e si preparò in fretta. L'Ufficio di collocamento chiudeva presto e lui non voleva rischiare di essere l'ultimo di una lunga fila. Non ci fu nemmeno bisogno di salutare Ginger; del resto la fatina russava nella grossa sotto il telecomando. Marcus decise di non porsi domande e si incamminò. Il cielo minacciava pioggia, e lui non aveva l'ombrello. Neanche mezzo secondo dopo fu attorniato da decine di venditori, umani e non,  forniti di qualsiasi tipo di ombrello avesse mai visto in vita sua.
"Eh.. prendo quello..." disse scegliendone uno a caso da un venditore a caso, che aveva sei braccia con due ombrelli diversi in ogni mano.
"No amico.." disse uno degli offerenti, dagli occhi completamente neri. " Se hai comprato il suo devi prendere anche il nostro"
"Già" gli fecero eco gli altri.
E così il ragazzo fu ancor più assediato da costoro, che gli frugarono nelle tasche alla ricerca di qualche spicciolo.
A Marcus non restò altro che trovare rifugio nel primo autobus che si trovò. Schiacciato dalla moltitudine di mattinieri e pendolari non riusciva quasi a respirare. Quando poi avvertì una mano strusciare alla ricerca delle sue tasche o forse qualcos’altro, il ragazzo decise che era ora di andare e con la forza data dalla disperazione si fece largo tra la folla e quando il mezzo si fermò riuscì a raggiungere la portiera e si gettò fuori appena prima si chiudesse.
Riusciva a respirare. L’aria intanto si stava facendo umida.
Non conosceva quella zona della città, doveva trovarsi accanto a una sorta di piazza. L’enorme statua di un drago in ferro battuto dominava su tutto il resto. I cittadini gli passavano accanto, ormai indifferenti.
Tuttavia non doveva fermarsi a fantasticare; del resto si era perso. Per fortuna, la mamma prima di lasciarlo partire lo aveva fornito di una mappa pieghevole, che riuscì a spiegare.
Trovò subito la piazza col drago (Piazza del Fuoco) e orientandosi vide che l’Ufficio di Collocamento era solo a sette isolati di distanza.
Lo raggiunse affannato e sudato. Ormai erano le dieci e cinquanta, l’ufficio chiudeva alle undici e dieci.
Una lunga coda di persone occupava l’ingresso. Marcus prese il suo numero e aspettò.
La fila, incredibilmente, si assottigliò con facilità. Il ragazzo iniziò a sperare che potesse venire il suo turno, almeno quel giorno.
Ma non fu così. Quando mancava unicamente il turno di una rettiliana e un uomo dalla pelle completamente gialla e luminescente, suonò una sorta di campanella appesa al muro, e i receptionisti chiusero il loro ufficio.
“Fuori. E’ chiuso” disse uno degli addetti, irremovibile.
“Ma.. ma… “ iniziò Marcus, ma non riuscì a dire altro perché venne cacciato fuori.
Al ragazzo non restava che tornarsene a casa, del resto l’altro ufficio di collocamento era dall’altra parte della città.
“Potrei sempre lasciare dei curriculum in giro nei negozi” si disse il ragazzo, ma a dire il vero sperava che gli addetti all’ufficio lo aiutassero a compilarlo.
Mentre si avviava verso casa iniziò a piovere. Prima poco a poco, poi a letteralmente a catinelle, e soffiò un vento tale da far volare giornali per terra e congelare gli sfortunati ancora fuori fino alle ossa.
Il ragazzo si guardò attorno per cercare un luogo per ripararsi. A causa del vento, infatti, l’ombrello si era sfasciato. E in quel momento gli svolazzò accanto un cappello. Un ampio e bianco cappello da spiaggia. Marcus lo afferrò al volo.
“Ah, ecco dov’era!” urlò una voce femminile alle sue spalle.
Il ragazzo si voltò e vide una donna sulla trentina. Era molto alta e pallida. Indossava abiti leggeri, il volto cereo era parzialmente coperto da dei pesanti occhiali scuri anche se non c’era mai stato neanche un raggio di sole quella mattina.
“Ti ringrazio, caro, me lo restituiresti adesso?” chiese.
Marcus annuì.
Lei non se ne andò. “Posso chiederti un altro favore? Il mio negozio è qui vicino ma non ho l’ombrello, e con questa pioggia… potresti accompagnarmi tu?”
Prima che il ragazzo potesse annuire, la signora lo prese sotto braccio e si incamminarono.
Passarono qualche minuto a camminare in silenzio, Marcus non era abituato a stare tanto vicino con una donna.
“Non sei di queste parti, vero figliolo?” chiese lei per rompere un po’ il ghiaccio
“No, infatti… vengo da un’altra città”
“E cosa facevi, di bello, in mezzo alla pioggia?”
“Cercavo lavoro, ma gli uffici sono chiusi”
“Capisco.. povero caro..” commentò lei. “Ah, ecco.. siamo arrivati!” esclamò indicando un edificio. Era una pizzeria. “Night Pizza”, recitava l’insegna.
“Beh.. allora io.. devo andare…” disse il ragazzo.
“No.. aspetta..” fece lei. “Hai detto di stare cercando lavoro, giusto? Beh, noi siamo a corto di personale. Fattorini, soprattutto. Per cui, se domani alle otto potressi presentarti qui, puntuale..”
Marcus sgranò gli occhi, stupefatto. “D-Davvero? Io.. non so come ringraziarla!”
“Sarai in prova, in ogni caso..”
“C-certo! Non rimarrà delusa!” esclamò il giovane, stringendole la mano. Lei ricambiò la stretta, forse un po’ troppo forte. Marcus sentì i muscoli della mano fargli male. Lei gli pizzicò il dorso della mano e il braccio.
“Sei morbido, ragazzo” esclamò lei. “Ti renderemo più duri noi!”
“D’accordo..” fece lui, non capendo a cosa si riferisse. “La saluto!”
“Certo! In ogni caso, il mio nome è Violet!”
“Io sono Marcus” fece lui, e salutando con la mano se ne andò via.
 
Tornare a casa fu parecchio difficile, e Marcus si perse nel tentativo di trovare l’autobus giusto. Nel frattempo la pioggia aumentava, e il suo ombrello ormai mezzo scassato non faceva che peggiorare le cose.
Verso le quattro del pomeriggio, finalmente, trovò il condominio. Quando attraversò la strada per raggiungerlo, un camion dietro di lui beccò una pozzanghera e gli schizzi lo colpirono in pieno, bagnandolo anche più di quanto non fosse prima.
Il ragazzo non era troppo depresso dalla cosa; del resto aveva (forse) trovato un lavoro in un giorno solo.
Sentì Ginger ridere nella sua stanza.
“Ehi, sono tornato! Ti serve il bagno?” le chiese, senza aprire la porta.
“Che? No!” esclamò lei ancora ridendo.
“Allora faccio una doccia”
“Vaaa beeene!”
 
Il bagno aveva le superfici parecchio incrostate e la vasca da bagno (con doccia incorporata) un tempo doveva essere stata bianca ma ora era quasi ricoperta del tutto da una patina marroncina.
In ogni caso, socchiuse la finestra per far uscire l’umidità, si spogliò e fece scorrere l’acqua finchè non divenne calda. Stava per immergersi nella vasca, quando sentì qualcosa sbattere contro la finestra.
Marcus incuriosita stava per avvicinarsi ma poi quel qualcosa gli finì sul petto. Qualcosa di piccolo, ma dalla forma familiare...
“Ma.. che cavolo..?”
Quel qualcosa era poi caduto sul tappetino del bagno, si stava alzando e lo guardava.
“Una fata?” chiese Marcus.
“AAAAAAAAAAAHHHHH! Levati di mezzo! MANIACOOOOOO!!!” urlò la fata in questione. E in quell’istante, le luci del bagno crepitarono e si spensero, lasciandolo nel buio.  
   
 
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