CAPITOLO 3
Kevin
trafficò tutta la mattina sul pontile a dare ordini e a
calcolare il valore
delle merci che avevano rubato il giorno prima.
Aveva ordinato che fosse
portato qualcosa da mangiare alla sua “prigioniera”
senza che riuscisse a
scappare naturalmente, e ignorava ogni commento che Pedro e compagnia
insistevano a pronunciare a riguardo.
Carlos, il secondo, gli si
affiancò verso le prime ore pomeridiane
«Kevin… ma cos’è successo
nella tua
cabina?».
Il capitano gli lanciò una rapida
occhiata interrogativa «Niente…manteniamo la rotta
fino alla prossima…», Carlos
lo interruppe
incuriosito, «Ma insomma!
Mi sono ricordato che stamattina c’era qualcuno che bussava
violentemente! Non
mi dirai che ci hai rinchiuso la ragazza…».
Kevin
lo guardò come se fosse ovvio, «Preferivi forse
che la mettessi in cella? E poi
un luogo chiuso vale l’altro, almeno li non ci
darà fastidio». Il secondo lo
guardò perplesso «Io credo sia il caso di
liberarcene». Kevin sorrise spavaldo
prima di rispondere prontamente «No non direi, potrebbe
esserci molto utile
invece» e si allontanò prima che Carlos potesse
fare altre obiezioni.
Isabel
era a letto, il suo tentativo di persuadere il cuoco a liberarla si era
rivelato una battaglia persa. Mostrandole la chiave affidatagli da
Kevin, il
vecchio pirata dai lunghi baffi le aveva sussurrato quanto egli non
potesse
tradire gli ordini del capitano.
Cosi la ragazza ancora più arrabbiata, si era
alzata in piedi e guardandosi intorno per un attimo aveva deciso di
mettere in
atto l’idea che le balenava nella testa dalla mattina...
Si
avvicinò alla scrivania e senza pensarci troppo scaraventò le
carte nautiche per terra, poi
toccò il vassoio con gli avanzi del cibo e alcuni
candelabri, persino il vaso
da notte non fu risparmiato.
Aprì il baule che trovò in un angolo della cabina
e tirò fuori una ad una le camicie di Kevin, c’era
anche qualche gingillo d’oro
e pietre preziose, lo svuotò completamente poi dopo aver
ammirato il risultato
dei suoi sforzi si sedette sul letto.
La calda luce del sole che entrava
dall’oblò le annunciò che era ormai
pomeriggio. Sbuffando la ragazza si rialzò
e trovò qualche libro di storia su una mensola di legno; ne
sfogliò
distrattamente un paio poi li lasciò cadere a
terra.
La verità era che la
solitudine non faceva che premere sul fatto che sua sorella non
c’era più e lei
non voleva continuare a pensarci. Ma un senso di tristezza
s’impadronì del suo
cuore.
Si fermò a guardare la cabina a soqquadro e si chiese quanto
Kevin si
sarebbe arrabbiato, ma invece di pentirsi di ciò che aveva
fatto tornò a letto
e si sistemò sotto le lenzuola con la convinzione che
dormire era l’unica cosa
da fare.
Ma quando sarebbe finito quell’incubo? Sarebbe mai tornata a
casa da
suo padre? Anche quel pensiero iniziò a farle pressione.
D’un
tratto Isabel avvertì una presenza fuori dalla porta, il
rumore della chiave
che girava lentamente nella toppa catturò la sua attenzione
e girò la testa
verso la porta per controllare.
Quando
Kevin si trovò di fronte al disordine che lei aveva creato,
mantenne la calma e
si avvicinò al letto.
Rimase in silenzio finché la ragazza, che stava fingendo
di dormire, non riaprì gli occhi e lo guardò con
soddisfazione poi sbadigliò
sorridendo «Allora, ti piace la bella sorpresa che ti ho
fatto?».
Lui
ignorò le sue parole e la tirò giù dal
letto.
«Non ti piace restare chiusa qui
dentro vero?», lei lo guardò sconvolta e si
aggrappò a lui senza dire nulla. «Bene»
continuò Kevin e la trascinò fuori dalla porta
«Allora ti insegnerò io come
difenderti da sola per sopravvivere qui».
“No
aspetta sei in errore! Io non ho detto nulla di tutto
ciò!” ripeté più volte
Isabel ma non appena furono sul pontile lui le lasciò il
braccio e le bisbigliò
all’orecchio «Entro stanotte rimetti apposto la mia
cabina…E ora vediamo come
te la cavi nella fossa dei serpenti, se non imparerai in fretta morirai
sappilo».
La ragazza con un fremito non riuscì a guardarlo ma gli
rispose «Tu non
permetterai che mi succeda… Ieri mi hai salvato,
io…».
Gli occhi degli uomini
che lavavano per terra furono su di lei, qualcuno tirava secchiate
d’acqua e
altri strofinavano in ginocchio, chi indossava abiti sporchi e chi
tirava
qualche bestemmia in lingua spagnola. Isabel si rese conto di essere
davvero
sola al mondo e si sentì svenire, socchiuse gli occhi ormai
lucidi e non sentì
più Kevin vicino a lei.
Li
riaprì amaramente e ignorò i pirati che mentre
non avevano smesso di svolgere i
loro compiti, la guardavano ancora come se fosse una preda. La vedetta
urlò
qualcosa di incomprensibile a Carlos che annuì e
intimò ai suoi uomini di
lavorare senza distrazioni.
Isabel in preda ad una crisi isterica di pianto
avanzò fra loro e si sporse all’unico spiraglio di
parapetto libero.
C’erano
delle corde li vicino, le guardò e pensò che
magari poteva legarsene una al
collo e gettarsi nelle profondità
dell’oceano.
Si chinò decisa a fare quello
che stava pensando e gli occhi le caddero su un ragazzino di fronte a
lei
impegnato a ricucire delle vele rotte.
«C’è anche un bambino a
bordo?», chiese
in mezzo al gran chiasso che faceva la ciurma.
Non
ottenne nessuna risposta e si rialzò per guardarlo meglio,
il ragazzino con i
capelli biondo cenere era il più giovane su quella nave.
Aveva dieci anni ma
lei questo non lo sapeva ancora.
Carlos gli si avvicinò e gli porse dell’acqua,
il bambino bevve tutto d’un fiato poi il secondo lo prese in
braccio e lo baciò
sulla guancia. Quando toccò di nuovo terra Isabel
sentì pronunciare la parola
“Papà” e credette di essere impazzita.
Attraversò il
pontile ignorando i commenti
nella lingua che non conosceva e si appoggiò in un angolo
deserto, c’erano solo
un paio di barili stracarichi di pesce fresco.
Il vento caldo le accarezzava i
lunghi e mossi capelli chiari e il sole le dava un po’ di
fastidio agli occhi.
Si appoggiò con i gomiti sul corrimano di legno e
fissò l’acqua, c’era solo
acqua intorno a lei, nient’altro che acqua azzurra e
immensa.
Le lacrime
ripresero a scendere. Sean e Jane non c’erano più,
erano stati uccisi da quegli
uomini che erano li con lei e molto presto sarebbe toccata anche a lei
la
medesima sorte pensò.
Un
gabbiano che si aggirava indisturbato sopra di lei scese in picchiata e
atterrò
sul corrimano. Isabel sobbalzò per lo spavento, poi si
accorse che era solo un
gabbiano e incuriosita si mise ad ammirarlo. Aveva
un’apertura d’ali molto
ampia e il portamento fiero. Il piumaggio bianco sfumato di grigio
sulla testa
risplendeva alla luce del tramonto.
Isabel
si asciugò gli occhi e si rese conto che l’animale
non scappava se lei si
avvicinava, cosi prese un pesce da uno dei barili li accanto e
avvicinò la mano
al suo becco che scattò al volo e ingoiò il
pesce.
La ragazza all’improvviso
sorrise e anche il gabbiano sembrò contento. Istintivamente
prese un altro
pesce quando un urlo la colse di sorpresa e fece volare via il
gabbiano.
«Oh no
torna qui ti prego!» Penso Isabel, «Volevo riuscire
ad accarezzarti». Una
stretta al braccio la costrinse a voltarsi e si trovò
davanti Pedro, l’uomo che
più l’aveva ferita la sera precedente.
«Ma
che fai! Razza di...», le sputò addosso e la
schiaffeggiò violentemente due
volte.
Blaterò una serie di insulti in lingua spagnola che lei non
comprese poi
strattonandola con forza alzò il pugno in aria pronto a
colpirla di nuovo. «Ci
siamo, finalmente è finita» pensò lei
mentre fissava lo sguardo carico d’odio
dell’uomo e attendeva di ricevere il colpo sperando che fosse
quello fatale.
«Pedro
fermati!» gli intimò Carlos.
Pedro le strinse il braccio e sembrava sempre
pronto a colpire. «Uccidimi» gli ordinò
lei, «Non lo ascoltare, fallo e basta»
mormorò allo stremo delle forze. Si sentì una
stretta al collo e vide il pugno
avvicinarsi sempre di più.
Chiuse gli occhi e cadde a terra.
Poi una serie di
rumori in lontananza si susseguirono. Il rumore sgraziato delle lame
che si
scontrano, voci rotte, insulti e botte. Isabel aprì gli
occhi e si rialzò
frastornata. Era certa di non aver sentito il pugno colpirla in viso
perché il
dolore era sopportabile. Si toccò il labbro che prese a
bruciargli. Sulla mano
c’era del sangue ma non le importava.
L’immagine
sfocata di Kevin che le correva incontro le sembrò una
visione, poi tutto fu
chiaro. Calò il silenzio e tornò
l’ordine. Il capitano le fu vicinissimo e le
sollevò il viso, lo studiò per un istante e si
macchiò le dita del suo sangue.
«Ti avevo detto di difenderti! Non di farti spaccare la
faccia!». Tra la ciurma
si scatenarono risate e fischi. Qualcuno chiese a Kevin in modo molto
volgare
se avevano trascorso la notte insieme. Bastò uno sguardo per
rimetterli in
riga.
«Non
mi interessa sapere il motivo delle vostre stupide dispute!»
ringhiò Kevin,
«Non deve più succedere questo», si
rivolse di nuovo a Isabel e indicò la sua
ferita al labbro.
Ora la ragazza sentiva il sapore del sangue in bocca.
Pedro
si fece largo a spintoni fra i suoi compagni di avventura e si
parò davanti al
capitano. «Ha sprecato un pesce per darlo in pasto a un
dannato gabbiano! E adesso
deve pagare io la voglio», guardò prima lei poi
Kevin in modo allusivo.
«Vedrai
che dopo che avrò finito non si azzarderà
più a sprecare il nostro cibo!»
continuò sotto gli occhi contrari e severi del suo capitano.
«Torna
al tuo posto» gli intimò il ragazzo in tono
solenne.
Pedro non lo ascoltò e
allungò una mano su di lei. Kevin lo trattenne spingendolo
all’indietro per una
spalla «Ho detto, torna al tuo posto». Strinse
forte la presa costringendolo a
guardalo in faccia «Non farmelo ripetere».
Pedro con la sua stazza larga si
fermò barcollando e lanciò un’occhiata
di disprezzo alla mano sulla sua spalla.
Se la scrollò di dosso e sorrise poi tirò fuori
la sua sciabola e la puntò al
collo di Kevin. Urla di sdegno si alzarono contro di lui e gli
intimavano di
portare rispetto al capitano.
Isabel
col sangue che le colava lungo il colletto del vestito
fronteggiò Pedro «E’ me
che vuoi, lui non c’entra! Perché non te la prendi
con me?» provò a spostare
Kevin per farla passare ma si ritrovò invece dietro di lui
che l’aveva
trattenuta con una mano per farle da scudo.
Era disarmato e guardava il suo
avversario come se stesse vivendo la situazione più calma e
tranquilla che potesse
esserci, mentre Isabel era terribilmente in ansia.
«Lo sai che i bottini di
guerra si dividono con il resto della ciurma»
sentenziò Pedro, poi pronunciò
altre frasi senza senso mentre l’alto capitano gli si
avvicinava facendolo indietreggiare.
Nonostante gli stesse puntando contro un’arma il vecchio
Pedro si era sempre
sentito in debito con Kevin.
«Lo sai perché sei ancora vivo o devo
ricordartelo?» chiese il ragazzo.
Carlos
apparve alle spalle di Isabel «Vieni» le disse e
offrendole la mano la portò
sottocoperta, lei non aveva più le forze di reagire cosi lo
seguì senza
preoccuparsi se volesse farle del male o meno.
Il secondo la condusse nella sua
cabina che era accanto a quella di Kevin. «Ecco qua,
tieni» le porse un
fazzoletto strappato e intriso d’acqua fresca, lei lo prese
senza ringraziarlo
ed uscì da li. Non aveva rivolto il minimo sguardo al luogo
dove dormiva Carlos
e si chiese da dove provenisse quel pezzo di stoffa poco pregiato che
le aveva
offerto. «Chissà quante cose rubate a poveri
innocenti» pensò lei.
«C’è
una buona notizia» gli disse il pirata seguendola,
«Abbiamo rubato…Cioè abbiamo
trovato…» s’interruppe e
sbuffò. «Insomma, c’è una
sorpresa per te! E sono
sicuro che l’apprezzerai per tutto il periodo che resterai
con noi». Isabel si
voltò a guardarlo e senza rispondergli entrò
nella cabina di Kevin e richiuse
la porta.
«Non sei contenta?» chiese Carlos da fuori. Isabel
ignorandolo stava
per scoppiare di nuovo a piangere quando si accorse che tutto il
disordine che
aveva creato era sparito.
Kevin le aveva ordinato minacciosamente di rimettere
tutto apposto ma poi lo aveva fatto lui. Guardò le cose di
nuovo al proprio
posto, il letto in ordine e si passò ancora il fazzoletto
sul labbro; perdeva
ancora sangue ma non le importava.
Si accasciò contro la porta e desiderò
trovarsi il più possibile lontano da li, da quella maledetta
nave e da quella
gentaccia che la trattava male. Carlos, il secondo, le aveva parlato di
una
sorpresa, ma quale tipo di sorpresa avrebbe potuto tirarle un
po’ su il morale?
La
risposta la trovò quando notò che nella cabina
c’erano due bauli che prima non
si trovavano li. Corse ad aprirli e accertò i suoi dubbi:
avevano recuperato i
suoi vestiti dal mercantile, e anche quelli di sua sorella
Jane.
Isabel prese
una gonna rosa di sua sorella e guardandola non poté fare a
meno di pensare a
quando erano partite, di quanto si era pentita di essersi allontanata
su quel
mercantile da Liverpool. Adesso erano in mezzo al mare Dio solo sapeva
dove
esattamente. Si tolse il vestito macchiato di sangue e si
tamponò ancora la
ferita al labbro.
In quel momento Kevin entrò nella stanza come una furia.
Isabel lo guardò con rimprovero mentre usava il vestito che
si era appena tolta
per coprirsi la lunga sottoveste «Ma non si bussa
più?».
Il
ragazzo sbatté la porta con violenza, «Ti ricordo
che questa è la mia nave e tu
sei l’ospite».
Si avvicinò a lei e le tolse il fazzoletto di mano
«Guarda cosa
ti sei fatta», le spostò i capelli
all’indietro ed esaminò la sua guancia.
«Spero
solo che non ti abbia rotto il naso o qualche
dente…». Isabel indietreggiò di
scatto «Ma che dici!», lanciò via il
vestito e aprì il suo baule cercando
frettolosamente il suo specchio col manico.
Guardò il proprio riflesso e quasi
lanciò un urlo. Il naso sanguinava cosi come il labbro
superiore e sulla
guancia c’era un grosso ematoma che stava diventando viola e
si stendeva fino
all’angolo della bocca.
«Oggi non mi sei
piaciuta per niente» disse Kevin, «Se il primo
giorno permetti a qualcuno di
farti questo cos’altro può succedere
domani?» la rimproverò.
Isabel
lasciò lo specchio nel baule e si voltò a
guardarlo con rabbia «E tu perché hai
permesso che succedesse? Non ho chiesto io di essere tua
prigioniera!».
Kevin
si alterò, «Stai dicendo che è colpa
mia se Pedro è cosi? Ti ho già spiegato
che devi imparare a difenderti da sola su questa nave! Non ci posso
essere
sempre io pronto a difenderti» sentenziò. Isabel
trattenne a stento le lacrime
«Ma non vedi che da sola non ce la faccio? Io non ho chiesto
di vivere con voi
e non voglio viverci! Mi fate tutti schifo, siete della gente cattiva e
malvagia, meglio morire che incrociare la vostra
strada!».
Il ragazzo la guardò
con segno «Avrei dovuto lasciare che ti uccidessero
allora» mormorò con voce rauca.
Lei fu come colpita da una gigantesca onda che ti prende alla
sprovvista quando
sei sulla riva del mare o che ti travolge quando sei in acqua e dai le
spalle
al largo. Il cuoco di bordo entrò senza chiedere permesso e
lasciò la cena sul
tavolo. Isabel sentì il cuore batterle
all’impazzata.
Come
poteva quello sconosciuto averle detto una cosa tanto orribile?
«E smettila di
cullarti nel tuo dolore! Abbiamo tutti perso qualcuno che amavamo ma
non per
questo ci piangiamo addosso tutto il giorno! O sveniamo, come fai
tu» disse ancora
Kevin, poi si sedette a mangiare senza degnarla di uno
sguardo.
«Davvero mi
consideri cosi inutile?» gli urlò contro lei
cercando in tutti i modi di
fermare le lacrime.
«Davvero pensi quello che hai appena detto? Che non conto
niente, che la mia vita non t’importa e che mi uccideresti?
Guardami!».
Il
ragazzo addentò un pezzo di pane e assaggiò il
piatto che gli era stato
preparato ma non si girò a guardarla.
«Davvero
pensi quello che tu, hai appena detto?», la imitò
con la stessa domanda senza
pretendere di conoscere la risposta ma Isabel parlò.
«E’ quello che penso del
tuo equipaggio, in te ho visto qualcosa di diverso
Kevin».
Lui si alzò e finalmente
la guardò in faccia per affrontarla «Non hai un
bell’aspetto», la sua espressione
si era indurita e lo aveva detto come un’accusa «E
smettila di cercare qualcosa
di buono in me perché non c’è! Loro
sono i miei uomini e non sta a te venirmi a
dire come devo vivere, se non vuoi stare qui allora vattene, buttati a
mare,
fai quello che vuoi!».
Isabel
lo colpì.
Non
seppe spiegarsi come fosse stato possibile eppure la sua mano si era
alzata e
dopo lo schiocco che riecheggiò in tutta la cabina il
ragazzo aveva il viso
girato.
Senza dire una parola uscì a passo svelto sul pontile. In
fondo cosa le
importava davvero della vita di Isabel? Non la conosceva neanche. Il
destino
gliel’aveva fatta incontrare ma lui non era abituato ai
legami affettivi,
soprattutto con l’altro sesso, e non voleva per niente al
mondo affezionarsi.
O
aveva paura di legarsi a qualcuno che non fosse un suo marinaio?
Scacciò quel
pensiero quando trovò Carlos a fumare una pipa vicino al
timone.
«Hey
capitano, come va con la ragazza?» domandò
scherzosamente il secondo. Kevin si
avvicinò guardando lontano, oltre il mare nero che li
circondava «Sto pensando
seriamente di ucciderla e dare il corpo in pasto ai
pescecani».
Carlos scoppiò
a ridere e a tossire per il fumo, chiamò suo figlio e gli
ordinò di portare del
rum per due.
«Sei troppo rigido con te stesso! Dovresti darle una
possibilità,
lei lo ha fatto con te». Kevin si sedette su uno sgabello
«Non capisco quello
che dici, non eri anche tu dell’idea di farla fuori questa
mattina?» domandò
incredulo.
Il suo secondo annuì e tolse la pipa dalla bocca
«Si, ma ho cambiato
idea. Lei non c’entra con la nostra guerra è
soltanto un’innocente che si
trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato e adesso è
qui con noi».
Il ragazzo
più giovane si spazientì «Basta parlare
di lei! Non posso mica dannarmi l’anima
per non essere in grado di difenderla, andasse pure
all’…». «Kevin!» lo
interruppe Carlos trattenendosi dal ridere, «Che ti prende?
Non ti ho mai visto
cosi adirato per una donna». Il capitano si ricompose e lo
guardò torvo non
capendo cosa ci trovasse di tanto divertente «E’
proprio vero che portano solo
sciagure a bordo» si lamentò.
Isabel
dopo aver indossato una delle vestaglie di sua sorella aveva mangiato
qualcosa
per cena. Del cibo almeno non poteva lamentarsi, e visto che proprio
non le
andava di stare sola osò uscire fuori dalla cabina ed
esplorare la nave.
Attraversò il corridoio per metà quando il
bambino che aveva visto quel giorno
le passò davanti con in mano due grandi boccali di rum.
Entrambi si fermarono a
guardarsi poi lui le sorrise e s’incamminò sul
pontile. Isabel improvvisamente
nervosa per essere rimasta di nuovo sola lo seguì di corsa,
quando salì le
scalette e respirò l’aria della notte rimase
sbalordita dall’effetto che faceva
la nave illuminata.
Per un momento si sentì felice di essere a bordo della Black
Demon. Poi le voci dei due uomini che discutevano la riportarono alla
realtà,
cioè che conviveva da un giorno intero con dei mostri.
Si
avvicinò al timone dove c’erano Kevin, Carlos e il
bambino.
Lui la vide le
corse incontro «Ciao» disse e si pulì la
mano addosso prima di porgergliela «Tu
saresti?». Il capitano si accorse della presenza della
ragazza e avvertì Carlos
«E’ qui, sta parlando con tuo
figlio».
Il secondo interruppe il suo discorso di
rimprovero e li guardò. Isabel gli prese la mano un
po’ incerta «Il mio nome è
Isabel…tu sei il figlio di Carlos?». Il bambino
s’inginocchiò e le fece il
baciamano, «Si mia signora» rispose. Il padre
scoppiò a ridere nel vedere
quella scena e Kevin bevette un altro sorso.
«Diego! Isabel! Venite qui»
esclamò Carlos divertito.
Diego tenendo per mano la ragazza la condusse dal
padre che subito gli chiese «Ma cos’era
quell’inchino che hai fatto?». Isabel
cercò lo sguardo di Kevin ma al suo posto trovò
solo occhi bassi su un boccale
ancora mezzo pieno.
«L’ho
visto fare una volta padre, quando eravamo a Tortuga» rispose
Diego, Carlos
accarezzò la testa del figlio e se lo mise sulle ginocchia.
Isabel gli lasciò
la mano e guardò con un mezzo sorriso Carlos che
ricambiò.
«Dove siete diretti
se posso chiedere?». Kevin finì di scolarsi il rum
«Non sono affari tuoi».
Carlos gli diede un calcio da sotto il tavolino. «Vuoi
raggiungere Pedro
forse?» domandò il ragazzo sarcastico.
Il secondo gli lanciò un’occhiata acida
ma divertita e si concentrò su Isabel che aveva
un’espressione angosciata.
«Oh
non temere non è stato ucciso, si trova in cella. Kevin lo
ha punito per averti
fatto del male, è questo il motivo non è vero
capitano?».
Il ragazzo dai lunghi
capelli neri non rispose cosi Carlos continuò «E
comunque, siamo diretti verso
le Americhe».
Isabel che stava ancora apprezzando il fatto che Pedro fosse rinchiuso
sussultò «Avete detto le
Americhe?».
Il pirata si rimise in bocca la pipa «Non
datemi del voi!», lei riformulò la domanda e lui
annuì.
«Ma allora esiste una
via di fuga per me! Potreste portarmi da mia zia? Oh meglio, potreste
tornare a
Liverpool cosi tornerei da mio padre e gli chiederei scusa
e…» incontrò gli occhi
gelidi di Kevin
«Tu non vai proprio da nessuna parte».
Isabel si sentì in
trappola, che ne sarebbe stato della sua vita se non volevano portarla
a casa? Il
secondo guardò Kevin «Ma non la volevi morta?
Cioè, non volevi sbarazzarti di
lei?».
La ragazza li guardò entrambi ferita «Ha detto
questo?». Un senso di
tristezza stava per sbocciarle di nuovo dentro.
Non attese una risposta e tornò
di corsa in cabina, chiuse la porta e si sedette sul letto.
«Che cosa gli ho
fatto di male?» pensò,
«Perché adesso vuole uccidermi quando ieri mi ha
salvata?».
Sospirò per ricacciare indietro le lacrime. Poi si
alzò nervosamente e iniziò a
camminare avanti e indietro per i nervi tesi.
Dopo circa mezz’ora Kevin tornò,
l’odore dell’alcool dava fastidio a Isabel ma
decise di non dirglielo. Lui si
sedette sul letto e si sfilò gli stivali. «Io dove
dormo stanotte?» domandò lei
senza riuscire a trattenersi dal chiedere.
«Problemi tuoi, c’è il pavimento, la
stiva, la cucina, le celle o persino il pontile… Cosi prendi
aria e ti calmi»
fu la risposta.
«Ah, sarei io quella agitata? Tu mi vuoi uccidere! Ma non te
lo
permetterò!” disse Isabel e fece per andarsene,
prima di afferrare la maniglia
della porta però si sentì afferrare da dietro e
non poté più muoversi.
Kevin la
trattenne e lei si agitò gridando di lasciarla andare. Lui
le intimò di
starsene buona e zitta ma alla fine dovette tapparle la bocca. Si
sedettero sul
letto e lui parlò per primo.
«Pensi davvero che ti farei dormire per terra?».
Invece di rispondere Isabel domandò a sua volta
«Perché mi odi tanto? Posso
sapere perché? Non mi sembra di averti fatto niente di
male!».
Kevin si fece
pensieroso. Si rialzò e finì di
spogliarsi.
«Non ce l’ho con te e non ti voglio
morta» disse. Lei lo guardò intimidita
«Ma se hai detto il contrario!» obiettò.
Il ragazzo finì di prepararsi il giaciglio per terra e vi si
sdraiò sopra controvoglia.
«Ce l’ho con me stesso per non averti protetta
oggi» disse a se stesso. «Spegni
le candele e dormi» le ordinò. Isabel
ubbidì e silenziosamente si tolse la
vestaglia che appoggiò sull’altra metà
del letto vuota. Si coprì col lenzuolo e
rimase a fissare l’oscurità.
Dopo qualche minuto Kevin domandò «Come pensi di
sopravvivere alla prima bordata che faremo? Perché
succederà stanne certa».
Isabel socchiuse gli occhi sfinita «Non lo so
Kevin» mormorò, «Mi sto fidando
di te non uccidermi nel sonno» aggiunse e cadde tra le
braccia di Morfeo.
Kevin
ascoltò il rumore del suo respiro come la notte precedente e
dopo un paio d’ore
in cui non riuscì a prendere sonno si alzò e pian
piano salì sul letto dalla
parte vuota.
Spostò i capelli dalla guancia livida di Isabel pregando che
non
si svegliasse e stando attento a ogni minimo movimento.
«Perdonami» sussurrò
nel buio sfiorando la sua pelle con un dito.