Pov
Harry
Aspettai
con ansia che fosse mezzanotte,
guardando e riguardando l’orologio dei Cannoni dei Chadley
che mi avevano
regalato al mio precedente compleanno. Iniziai a fare il conto alla
rovescia
mentre un sorriso andava formandosi sul mio volto. 3,2,1… e
a quel punto chiusi
gli occhi, aspettandomi la bomba.
«Buon
compleanno, Harry!» esclamarono in coro
mio padre e mio zio Sirius materializzandosi in camera mia con un
sorriso che
andava da un orecchio all’altro. Prima che potessi fare alcun
che per evitarlo,
mi ritrovai zuppo d’acqua.
«Papà!»
lo sgridai irritato alzandomi dal
letto «Adesso dovrò far cambiare tutte le
lenzuola. Di nuovo.»
Era
la quarta volta in una settimana che mi
toccava farlo fare a causa di uno dei tanti scherzi assurdi di mio
padre,
eppure lui sembrava davvero non preoccuparsene.
Mio
zio Sirius iniziò a ridere con la sua
tipica risata a latrato, e dopo un po’ anche io e
papà ci unimmo a lui. Poi
papà mi si avvicinò, mettendomi un braccio
intorno alle spalle e scompigliandomi
i capelli.
«Buon
compleanno, figliolo.» mi disse
sorridendo, mentre con un colpo di bacchetta mio zio faceva asciugare
il mio
letto e le lenzuola si ripiegarono ordinatamente.
«Ehi,
James, non ti facevo tanto sdolcinato!»
commentò sorridendo il mio padrino. Mi si
avvicinò anche lui stringendomi in un
abbraccio stritola ossa.
«Finalmente
hai 11 anni, figlioccio.»
Già,
avevo 11 anni.
«Ehi,
ma i miei regali?» protestai piagnucolando,
e mentre mio padre e il mio padrino ridevano iniziai a correre
giù per le scale
per arrivare in soggiorno: almeno una cinquantina di pacchi erano
ammucchiati
nell’angolo di solito riservato all’albero di
Natale e, prima ancora che mio
padre scendesse il primo gradino, ne avevo già aperti cinque.
Per
la maggior parte erano accessori per il
Quidditch, regalati soprattutto dai miei fans e dai giocatori dei
Cannoni dei
Chadley, conosciuti al mio sesto compleanno grazie ad un regalo di
papà.
C’erano poi i regali dai Weasley, che erano molto
più personali: prototipi di
scherzi dai gemelli, un libro da Percy, un modellino di ungaro spinato
da
Charlie, uno spioscopio da Bill che permetteva di vedere attraverso le
porte,
un album completo di figurine dei giocatori di Quidditch
dell’ultimo secolo da
Ron, e un album di foto da Ginny. Mi scappò un sorriso nel
pensarla mentre
sfogliavo il suo regalo, e questo non sfuggì a mio zio.
«Guarda
guarda, Harry Potter che arrossisce!
Scommettiamo che c’è di mezzo una certa rossa di
nostra conoscenza?»
«Zio!»
esclamai un po’ contrariato, ma lui
scosse la testa andandosene in cucina.
«I
Potter e le rosse… sembra quasi una
maledizione…» lo sentii borbottare fra
sé, e a quel punto mi alzai in piedi.
Che
anche mia madre avesse avuto i capelli
rossi?
Prima
che potessi chiedere spiegazioni mio
padre mi comparve davanti con una busta in mano.
«Harry,
questo è un regalo speciale che
abbiamo voluto farti io e Sirius. Spero ti piaccia.»
Non
avevo mai visto mio padre tanto nervoso
ed alzai un sopracciglio, cosa che lo fece sbiancare ancora di
più.
Presi
la busta dalle sue mani e l’aprii,
mentre lentamente il colore se ne andava anche dalla mia faccia.
«Volete
mandarmi al Campo Estivo?!» iniziai
ad urlare, ma prima di poter manifestare ulteriormente il mio
disappunto mio
padre sbottò.
«Sì,
al Campo Estivo! Partirai dopodomani e
tornerai tra quindici giorni. Discorso Chiuso.»
Lo
vidi salire al piano di sopra quasi a
passo di marcia, lasciandomi come uno stupido a bocca aperta a
fissarlo. Mio
padre non mi aveva mai parlato in quel modo.
Mio
padre non mi avrebbe mai proposto di
andare ad un campo estivo, sapendo come li odiassi.
Giunsi
all’unica conclusione logica: quello
non era mio padre.
Nel
frattempo, zio Sirius aveva affiancato
per fissare anche lui a bocca aperta il punto dove era appena sparito
quello
che osava spacciarsi per il mio genitore.
«Zio?»
«Uhm.»
«Secondo
te quello che è appena salito al
piano di sopra è un uomo che ha preso le sembianze di
papà con la pozione
polisucco?»
Pov
Sirius
La
domanda assurda del mio figlioccio mi
riscosse dallo stato di trance nel quale ero caduto e, cercando di non
scoppiare a ridere, gli misi le mani sulle spalle guardandolo dritto
negli
occhi.
«Ascoltami
bene, Harry,» iniziai col dire,
«devi sapere che molte delle cose che fa tuo padre, anche se
tu non ne capisci
il senso, sono per il tuo bene. Sempre.»
«Ma
lui sa che odio i Campi Estivi!» obbiettò
il mio figlioccio, «E anche tu! Allora perché mi
avete regalato
quest’iscrizione per il mio compleanno, se lo sapete? Volete
sbarazzarvi di me,
vero? Vi prometto che non vi farò più scherzi per
il resto dell’estate, ma non
fatemi andare lì!»
Davanti
a quegli imploranti occhi verdi mi
sentii mancare: non riuscivo ancora a reggere quello sguardo,
così simile a
quello della mia migliore amica, e di nuovo mi ritrovai quasi a cedere.
Come
se avessi di nuovo diciassette anni.
«È
molto importante per tuo padre che tu vada
al Campo Estivo, e anche io ci terrei molto. Per favore non creargli
problemi e
fai come ti dice. E poi,» aggiunsi con un sorriso tirato
«in quel campo hanno
il miglior corso estivo di Quidditch per professionisti under 16 che tu
possa
mai desiderare!»
A
quelle parole lo vidi scattare in piedi con
gli occhi che gli brillavano.
«E
perché non lo hai detto subito?»
esclamò
esultante, prima di correre nella sua cameretta quasi sicuramente ad
informare
i suoi amici Weasley.
Lontano
dagli occhi del bambino, potei permettere
a me stesso di cedere per un momento.
«È
proprio come James.» sussurrai a me stesso
«Tranne che per gli occhi, gli occhi di Lily.»
Non
vedevo Lily Evans da dieci anni. Era scomparsa
dopo il divorzio insieme ad Alex e Marlene, e solo il cielo sapeva
quanto mi
mancassero tutti e tre.
Remus
e Mary, gli unici con cui quei tre
erano rimasti in contatto, mi avevano detto che stavano bene e ogni
tanto mi
mandavano delle foto, facendomi promettere di non mostrarle a James o
Harry.
Mi
scappò un ringhio al pensiero della
situazione idiota in cui erano riusciti a mettersi Lily e James,
costringendo
di fatto i loro figli a crescere senza un genitore e senza un fratello,
e
sperai solo che quella storia non venisse mai fuori, perché
i bambini ne
sarebbero usciti distrutti molto probabilmente.
Chiusi
gli occhi per un attimo e ricordai il
primo e unico compleanno che i gemelli avevano passato insieme,
sorridendo
inconsciamente.
«Buon
compleanno anche a te, Alex.»