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Autore: LyraB    21/09/2014    1 recensioni
Il caso Doyle è più intricato del previsto: pochissimi sospetti, alibi di ferro e mancanza di prove. Non basterà nemmeno l'aiuto di una vecchia conoscenza del CBI per risolverlo, anche perchè nel frattempo John il Rosso ha deciso di tornare in campo, pronto a tutto pur di distruggere definitivamente il suo eterno rivale. Tra disegni su Disneyworld, tazze di tè ormai fredde e cartelloni di prima elementare, sarà l'ultimo incontro tra Jane e la sua nemesi. Un incontro che potrebbe rivelarsi più scioccante del previsto.
-- Seguito di "Scarpette Rosse"
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Patrick Jane, Red John, Teresa Lisbon, Un po' tutti | Coppie: Jane/Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Al di là del rosso dell'arcobaleno'
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Il sole non era ancora sorto su Sacramento, quando Patrick suonò il campanello della guardiola del carcere. Il secondino del turno di notte andò ad aprire con gli occhi stanchi e la barba non fatta.
- Non è orario di visite. -
- Mi faccia entrare. Devo parlare coi detenuti. -
- Ripassi ad un'ora decente. - Sbottò la guardia, chiudendo lo spioncino della guardiola.
Per tutta risposta Patrick tornò ad attaccarsi al campanello.
- Le ho detto di ripassare più tardi! -
- Devo parlarci adesso. Ci sono delle persone in pericolo. È importante. -
- Non ho nessuna intenzione... -
- Senta, mi rendo conto che è stanco e che le tocca fare il turno di notte perchè temono che se ha a che fare con qualcuno gli metterebbe le mani addosso a causa di tutta quella rabbia repressa difficile da controllare. Ma nessuno capisce che lei ha ragione, che dopotutto arrivare alla sua età senza aver avuto nessuna possibilità di carriera è dura. Dimostri loro che sbagliano, che sa avere a che fare con le persone. Mi lasci entrare. -
Il secondino lo guardò con gli occhi sbarrati per un secondo, sbattè le ciglia e poi sparì dallo spioncino. La porta si aprì grattando e Patrick entrò.
- Lei è un sensitivo? - Domandò la guarda, tra l'incredulo e l'ammirato.
- No. Ma lei è gentile. Grazie. - Fu la risposta del consulente, che si affrettò a coprire la distanza tra il cancello e l'edificio prima di venire fermato da altre domande.
Si intrufolò nell'edificio e riuscì ad incantare la guardia al cancello con il tesserino del CBI e qualche parola delicata, facendosi accompagnare senza troppi problemi dall'ultimo compagno di cella di Frank McDale. Il galeotto - Roger Hoover - era un ragazzo sui trenta, con lunghi capelli unticci e le braccia coperte di tatuaggi e cicatrici. Quando fu svegliato dal rumore della cella che si apriva non sembrava particolarmente felice di quella visita inaspettata.
- Ciao. - lo salutò amichevolmente Patrick.
L'uomo grugnì, sfregandosi gli occhi.
- Tu conosci Frank McDale, giusto? -
- Dipende perchè lo vuoi sapere. -
Fu il secondino a rispondere:
- È morto. -
Patrick gli lanciò un'occhiata di disapprovazione:
- Certe notizie vanno date con tatto. - Lo riprese. Poi si avvicinò al ragazzo e si accovacciò di fronte a lui per guardarlo negli occhi. - Ascoltami bene, Roger. Frank è stato ucciso e io voglio scoprire chi è stato, ma per farlo devo sapere chi incontrava qui in carcere. -
- Gente. -
- Che tipo di gente? -
- Gente tirata. Scarpe lucide, capelli in ordine, camicia bianca. Uno di 'sti figli di papà con la puzza sotto il naso che si vedono nei notiziari. -
- Era uno della tv? -
- Era per dire. - Sbottò Roger - Una "faccia da notiziario". -
Patrick rimase un secondo in silenzio, riflettendo.
- A te non piaceva, vero? -
- Quelli vengono per tutti noi. I tipi tirati, intendo. Vengono, ti parlano... si sentono Gesù Cristo che converte i peccatori. Tutti coi loro bla bla bla, che possiamo avere e fare ed essere... le chiacchiere di chi non sa cosa vuol dire prendersi un coltello nella pancia. Gente tirata. Gente bene, di quella che con i bigliettoni da cento euro ci si pulisce quando va al cesso. -
- Che diritto ha gente così di venirvi a dire cosa dovete fare? - Domandò Patrick.
- Nessuna! - Sbottò Roger, gli occhi accesi dall'entusiasmo. - Nessuna, dico io. Di solito vengono tre, quattro volte… alla quinta se ne vanno col naso rotto o un braccio lussato e non tornano più. -
- Ma Frank li ha ascoltati. -
- Non subito. Il primo a venire è stato un ragazzetto che non sapeva di niente. Frank non lo voleva nemmeno ascoltare e lo insultava tutte le volte. Più di una volta ha tentato di mettergli le mani addosso... ma poi è arrivato 'sto fotomodello. E allora lì Frank si è messo in testa idee strane. E ha smesso di piacermi. -
- È cambiato? -
- È diventato un'altra persona! Tutto con 'sti discorsi filosofici sul redimersi, sull'avere un'altra occasione, una nuova vita… sull'immaginare un "te migliore per un futuro migliore". -
- Ti ha mai detto come si chiamava? L'altro, intendo. -
Roger scosse la testa.
- Quanto attaccava con quelle frottole lo minacciavo di spaccargli tutti i denti. Di solito taceva, ma durava due giorni al massimo. Poi ricominciava. - Rispose. - Diceva sempre che 'sta religione a cui si era votato l'avrebbe portato fuori di qui. Non ci ho creduto finchè non l'ho visto uscire davvero, con la sua valigetta e tutto… e prima del tempo! -
- Prima del tempo? -
- Sì. Mi aveva detto che stava organizzando di andare fuori in autunno. Ma poi è arrivata 'sta chiamata e lui era terribilmente gasato. Negli ultimi giorni non parlava d'altro. Non di uscire, eh. Di parlare con quattro mocciosi del fatto che "puoi davvero cambiare te stesso". Come se fosse davvero possibile. - Disse Roger sconfortato.
In quel momento il suono del campanello che svegliava i detenuti fece riscuotere il secondino dal mezzo stato di trance con cui Patrick l'aveva convinto ad accompagnarlo alla cella.
- Bene, la visita è finita. - Sbottò, afferrando Patrick per un braccio.
- Ok, ok, non mi trascini. Cammino da solo. - Disse l'uomo.
Appena prima di andarsene, però, Roger disse:
- È stato lui ad uccidere Frank. Il tizio ben tirato. -
- Come lo sai? -
- Io sono cresciuto per strada. Voi saprete tanto di indagini e di leggi, ma io riconosco subito un assassino, quando lo vedo. -
Lo scambio di sguardi che seguì durò meno di un secondo, ma fu molto più intenso di una stretta di mano.

Mentre guidava verso Sacramento, Patrick non guardava veramente la strada. I suoi pensieri erano così densi nella sua mente che stava perfino rispettando i limiti di velocità, viaggiando a velocità di crociera sulla corsia di destra e lasciandosi superare da chiunque.
All'improvviso inchiodò, ritrovandosi il conducente della Jeep alle sue spalle praticamente nel cofano della macchina. Il suono di un clacson anticipò il rumore di una portiera che si apriva e si chiudeva sbattendo, ma Patrick non aspettò di vedere il conducente per rimettere in moto.
Alzando una mano per scusarsi, fuggì sgasando lungo la strada, spostandosi rapidamente a sinistra per imboccare la prima uscita utile in direzione di Monterey.
Ripercorrendo tutte le tappe della sua indagine si era soffermato sulla visita alla scuola di Dorothy, sulla sua maestra e sul dialogo che avevano avuto fuori dalla porta.
E lì si era reso conto di una cosa, di una piccola coincidenza - se le coincidenze esistevano davvero - che gli aveva richiamato alla mente il cadavere di Warren Doyle. Era solo un piccolo,  ininfluente dettaglio. Una di quelle piccole cose che però rientravano perfettamente nello stile di John: il suo amore per i dettagli, la scelta di location, luci e momenti appropriati per tutto… lui non lasciava mai niente al caso.
Niente, nemmeno il luogo dove lasciare un cadavere perchè venisse ritrovato.













Con qualche ora di ritardo, ecco il nuovo capitolo!
L'indagine procede, ora dovreste avere in mano tutti gli elementi necessari a svelare il colpevole...
riuscire ad arrivare alla soluzione del caso prima di Jane è una delle cose che mi gasa di più, a voi no?


Grazie ad
I Love Books e alle sue bellissime e costanti recensioni e a tutti quelli che leggono anche senza commentare!
il prossimo capitolo vedrà un sopralluogo su una scena del crimine e dovrei pubblicarlo verso il
24 settembre!
Ormai la storia si avvia (ahimè) alla sua conclusione.

Flora
   
 
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