Il Fiocco perduto diPiccola Yuki è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
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Ciao. :) Ero certa che il
capitolo precedente non vi avrebbe entusiasmato molto, però
non vi nego che io
ci sia rimasta male a vedere tante
visualizzazioni (più di duecento in soli due giorni) e quasi
nessuno che mi
facesse sapere il suo parere o che mettesse la storia tra i preferiti,
ricordate o seguite. Ero convinta, e lo sono tuttora, che io vi avessi
deluso
profondamente. :( Per questo motivo, ho deciso di tagliare
metà di questo
capitolo (l’ho interrotto proprio sul più bello,
ne sono mortificata) per
vedere se la fanfiction vi stia ancora a cuore. Nell’angolo
autrice ho scritto
il periodo più probabile del
prossimo aggiornamento, spero
che ci diate un’occhiata. :) Buona lettura, Yuki. <3
Una notte senza stelle (prima
parte)
Il demone continuava a
mangiare come se niente fosse successo, magari fosse stato realmente
così. Mi
pareva alquanto improbabile che egli si nutrisse veramente
di sangue, ma quando lo vidi assaporare quel liquido con
tanta ingordaggine, dovetti autoconvincermi che ciò non
fosse soltanto un
brutto sogno. Chi erano questi demoni, in realtà? Io non
riuscivo più a toccare
cibo e solo alla vista di quest’ultimo, mi veniva da
rimettere. Il calice
contenente del sangue era ancora al suo posto e dei dubbi si fecero
largo in
me: a chi apparteneva e, soprattutto, da dove se lo procuravano i
Demons? La
curiosità mi stava divorando dall’interno e la
voglia di dare una risposta a
tutti i miei dilemmi, diveniva ogni secondo più
incontenibile. Proprio nel
momento in cui stavo per porre i miei quesiti allo stronzo, un
domestico
interruppe brutalmente la cena. Da dov’era spuntato? Non
l’avevo nemmeno
sentito arrivare. Chi era? L’agente 007, per caso?
-Scusatemi per la brusca
interruzione, padroncino.- ogni
qualvolta che sentivo quella parola, nella mia mente, ridevo come una
pazza
isterica. -Ma è arrivata una lettera da parte…-
egli non riuscì a completare la
frase, che uno Shade, carico di bile e risentimento, si alzò
dalla sedia, sulla
quale era rimasto seduto qualche attimo prima, e fece scuotere il
tavolo, se non
l’intera abitazione, sbattendo ferocemente le sue mani su di
esso. Che cavolo
stava succedendo? Perché questa sua rabbia improvvisa?
-Non t’azzardare a
nominare quel bastardo!- a chi si
stava
riferendo? Domande su domande continuavano ad affollarmi la mente; ero
certa
che sarebbe potuta esplodere da un momento all’altro.
-Ma, padroncino,
sembra qualcosa d’importante.- il domestico era terrorizzato,
quanto me, per l’essere
fuori
controllo che si trovava accanto a noi. -Il nobile…-
-T’ho detto di non
nominarlo
più, cazzo!- l’atmosfera intorno a noi era carica
d’elettricità -Ed adesso
consegnami quella stramaledetta lettera.- era furioso. Possibile che quella persona avesse realmente fatto
qualcosa capace di risvegliare una tale furia? Chi era veramente
costui? L’uomo
fece ciò che gli ordinò il suo padrone e si
dileguò ad una tale velocità, che
credetti, per un solo istante, che fosse più veloce di
quella della luce. Ero
rimasta sola col demone e ciò aumentò il mio
terrore nei suoi confronti; ero
rimasta completamente pietrificata per l’indescrivibile
paura. Lui, che nel
frattempo aveva iniziato a leggere, non si era ancora reso conto della
mia
agitazione, grazie al cielo. -Fine, va’ nella mia stanza e
non uscire da lì.-
ciò non era un ordine, però ebbe su di me lo
stesso effetto; non volevo farlo
arrabbiare ulteriormente. Quando arrivai a destinazione, chiusi la
porta alle
mie spalle e mi sedetti sul morbido letto. Lì tutto aveva
l’odore di Shade. Mi
avvicinai di più all’enorme finestra, situata
proprio accanto a dove mi trovavo
io, ed osservai silenziosamente il panorama che si prospettava ai miei
occhi.
Ad un tratto, vidi lui che
s’inoltrava nell’immenso giardino, scomparendo a
poco a poco dalla mia visuale.
Dove stava andando? Volevo tanto seguirlo, ma la paura m'impediva di
compiere
un solo passo per raggiungerlo; mi sembrava che uno spazio indefinito
ci
dividesse. E se in quella lettera ci fossero scritte delle brutte
notizie? Era
meglio se non ci rimuginassi più e che mi concentrassi per
ideare un piano idoneo, per
ritornare nel mio
regno. Mi mancavano tanto i miei genitori, i miei compagni di classe e
la mia
migliore amica Rein. Avevo come l’impressione che
quest’ultimi non m’avrebbero
mai e poi mai lasciata in balia del tremendo fato che
m’attendeva inesorabilmente,
perché io non avevo
ancora visto niente: quello era solo l’inizio.
Improvvisamente, un tremendo
frastuono fece tremare la terra sottostante ed interruppe la magica
quiete che
regnava in quell’immensa tenuta. Credetti che quel rumore
assordante provenisse
dall’interno del giardino, ma non ne ero assolutamente certa;
di lì a poco, si
susseguirono altri boati, tre per la precisione, i quali erano uno
più potente
dell’altro. Chi li provocava? Ora che ci riflettevo un
po’, lo stronzo non era
ancora rincasato, che fosse stato lui a fare tutto ciò? Non
era una possibilità
da escludere, certo, però credevo che, per creare quei
rimbombi, fosse
indispensabile un’energia sovrumana, una
potenzialità che non era da tutti. E
se, contro ogni mia aspettativa, fosse stato proprio lui? Non riuscivo
a
concepire l’ipotesi che egli potesse essere talmente forte. Era qualcosa d’irragionevole.
Già da
parecchio tempo, gli incantevoli colori del tramonto avevano lasciato
il posto
a quelli tenebrosi e cupi della notte, ma, chissà per quale
ragione, nel cielo
non c’era alcuna traccia dei corpi celesti che risplendevano
nell’oscurità. Mio
nonno, prima di perire per la vecchiaia, m’aveva insegnato la
differenza che vi
era tra gli astri che brillavano di luce propria e quelli che la
riflettevano
semplicemente ed ultima cosa, ma non meno importante, che ogni stella
nascondeva
in sé un segreto celato a coloro che pensavano solo ad
arricchirsi; infatti,
esso non era né un tesoro né qualcosa
d’inestimabile valore. Il nonno mi narrò
che, a volte, quei corpi celesti stabilivano perfino il colore del
fiocco di
noi fate e che splendevano più intensamente se si rivolgeva
ad esse per
chiedere qualche tipo di conforto o d’aiuto. Ed era proprio
questo il segreto misterioso che
era accessibile soltanto
a pochi. Però, nel regno dei Demons, non vi era alcuna
traccia di quegli astri
luminosi, lì le notti, a quanto pareva, erano tutte senza
stelle. Solo adesso
comprendevo realmente l’importanza di quest’ultime
nella mia vita, perché, come
diceva il proverbio, ci si rende conto di ciò che si ha,
solamente quando lo si
perde. Più rimuginavo su ciò e più la
disperazione e la tristezza s’impossessavano
di me; mi sentivo completamente vuota, come se mi mancasse qualcosa. Mi
distesi
sul comodo ed enorme letto e mi rannicchiai a riccio; le lacrime,
simili alla
rugiada, iniziarono a scendere vergognose, imperlandomi il volto,
oramai rosso
per il pianto ininterrotto. Volevo scappare da lì. Dopo
chissà quanto tempo,
smisi di piangere e guardai un punto indefinito della stanza in cui mi
trovavo;
la stanchezza si fece largo in me e, di lì a poco, mi feci
cullare dalle
braccia di Morfeo. Al mio risveglio, era tarda notte e, nello stesso
letto in
cui ero sdraiata, c’era anche lui
girato di spalle. Quasi non mi venne un infarto per lo spavento!
Quand’era
rincasato? Ma, soprattutto, avevo davvero dormito tanto profondamente?
Ero
diventata un ghiro, per caso? Osservai il demone/stronzo con
più attenzione e
notai che indossava una maglietta a maniche corte grigia e dei
pantaloni della
tuta grigi anch’essi; doveva essersi cambiato durante il mio letargo. Mi alzai dal letto con
l’intento d’andare nel bagno degli ospiti; non
volevo restare sola con lui un
secondo di più. La camera sarebbe stata nella più
cupa oscurità, se non fosse
stato per la luce opaca che giungeva dagli spiragli della finestra
quasi
totalmente chiusa; inutile dire che trovai non poca
difficoltà ad individuare
l’uscita. Continuai a camminare a tentoni, fino a quando
m’imbattei in dei
vestiti, o almeno mi parvero che lo fossero, che mi fecero quasi
rovinare a
terra. M’abbassai alla loro altezza e li tastai con le mani,
constatando che le
mie ipotesi erano giuste. Com’era
disordinato
Shade. Ad un certo punto, mi resi conto che,
all’interno di una tasca,
c’era un oggetto che non riuscii ad identificare subito; lo
tirai fuori ed il
mio cuore perse un battito: quello era il mio fiocco! Non riuscivo a
crederci,
ero riuscita a recuperarlo; potevo finalmente tornare a casa e
ricominciare la
mia vita di sempre! Non era un sogno, vero? Perché, in caso
contrario, non
avrei più voluto svegliarmi. Non ero mai stata
così felice, in tutta la mia
vita. Strinsi il fiocco al petto e delle lacrime silenziose iniziarono
a
scorrere per l’immensa gioia; sarei stata di nuovo libera,
non riuscivo ancora a
crederci, mi sembrava tutto talmente irreale. Improvvisamente, sentii
un
fruscio di lenzuola alle mie spalle ed un inaspettato brivido
m’attraversò
l’intera colonna vertebrale. Avevo un brutto, bruttissimo
presentimento.
-Fine.- oh, cacchio.
Angolo
autrice: Come vi
avevo preannunciato, ho interrotto proprio sul più bello. :(
Per quanto
riguarda il prossimo aggiornamento, credo che lo
sposterò durante le
vacanze di Natale, tranne che mi facciate vedere il vostro interesse e
che mi
facciate cambiare idea, in qualche modo. Dovete sapere che ho poca
fiducia in
me stessa e che basta la benché minima cosa per farmi cadere
in depressione
(ultimamente sono anche pessimista, ma lasciamo perdere). Pertanto se
volete
che il capitolo successivo arrivi il prima possibile, fate in modo di
convincermi (basta poco) che la storia stia procedendo per il meglio e
che
continui a piacervi. Non ho altro da dirvi, Piccola
Yuki.
<3