Capitolo XXIX
Valzer viennese
Non riusciva
a smettere di guardarla.
Da quando
avevano fatto il loro trionfale ingresso sulla
carrozza ducale, madamoiselle la Comtesse
non era stata lasciata sola con lui neppure un attimo. Aveva stretto la
mano e
conversato con tutti i rappresentanti dell'amministrazione locale e
rispettivi
consorti. Poi era stato il momento degli invitati speciali,
ossia quelli che, con il loro contributo economico,
assieme a Nicole avevano assicurato la riuscita della festa. E in quel
momento
era l'ora di tutti gli altri invitati.
Era un evento
eccezionale la partecipazione di un
discendente della casata nobiliare che viveva allo Chateau
da prima della rivoluzione francese. A quanto gli aveva
detto Nicole, il Duca e la Duchessa erano stati gli ultimi ad
assistervi: dagli
anni dieci agli anni cinquanta del novecento venti di guerra avevano
soffiato
in tutta Europa e, anche nei momenti in cui non si combatteva, lo
spirito non
era dei migliori per festeggiare. Tranne la figlia che si era fatta
suora, gli
altri tre figli del Duca erano rimasti in Inghilterra e a quanto aveva
ricostruito da vecchie carte ritrovate mentre studiava alla Sorbona (a
quei
tempi scoprire la storia della sua famiglia era stato, assieme alla
fotografia,
il suo maggior interesse, che le forniva anche l'ottima scusa per
allontanarsi
dai continui litigi familiari) non avevano mai vissuto allo Chateau, tranne che per brevi soggiorni
mirati a visitare le tombe dei genitori o dare disposizioni ai vari
amministratori della tenuta succedutisi nel corso degli anni. Per
quanto
riguardava i nipoti e successivi discendenti le cose non erano state
molto
diverse.
Neppure sua
madre aveva mai partecipato all'evento, troppo
impegnata a tentare, invano, di farsi amare dall'uomo che aveva sposato
per
soddisfare la sete di nobiltà materna: la nonna di Nicole, infatti,
aveva
dedicato la propria vita a tentar di ripulire il sangue della famiglia
dopo che
la bisnonna, nipote di Lady Alexandra e bis-nipote del Duca, lo aveva
insozzato
sposando un borghese; e non importava se in seguito quel borghese si
sarebbe
rivelato essere imparentato in primo grado con colui che un giorno
sarebbe
diventato il famoso generale Montgomery della seconda guerra mondiale,
al
momento del matrimonio era soltanto un semplice ufficiale dell'esercito
britannico.
Per volontà
dell'antenato a cui doveva comunque il titolo
di contessa, nel cognome per le figlie femmine destinate ad ereditare
il titolo
doveva mantenere traccia della linea femminile di discendenza, pertanto
l'acquisita fama della famiglia per meriti impropri era l'unico motivo
per cui
il cognome Montgomery continuava a figurare accanto a quello del
consorte di
turno. Ciononostante, la nonna di Nicole aveva fatto il possibile per
sposarsi
con un nobile e aveva costretto la figlia a fare altrettanto, arrivando
a
scovarle persino un duca e riportando così il sangue della famiglia al
livello
di nobiltà originaria che tanto agognava.
A quanto
ricordava Nicole, la madre l'aveva portata alla
tenuta una sola volta da bambina, quando aveva compiuto dieci anni e
lei aveva
adorato da subito quel luogo che la mamma aveva detto un giorno le
sarebbe
appartenuto per eredità. Allora non immaginava che ne sarebbe entrata
in
possesso tanto giovane, tuttavia era stato proprio quel luogo, e il
desiderio
di scoprire qualcosa su chi glielo aveva destinato, che l'aveva spinta
verso la
passione per
Tutte queste
informazioni Nicole gliele aveva date durante
il tragitto in carrozza, mentre lui non riusciva a smettere di
guardarla: era
splendida con indosso l'abito da ballo della sua antenata e coi lunghi
capelli
raccolti sul capo, alla foggia ottocentesca. Madeleine aveva scovato
anche un
antico fermaglio tra gli oggetti appartenuti alla Duchessa, e lo aveva
usato
per decorarle l'acconciatura.
Andrew
ricordava ancora la scena di seduzione letta nel
diario: si parlava di un abito rosso fuoco, dalla provocante
scollatura, ed
egli era sicuro che si trattasse proprio di quel vestito. Si spiegava
il motivo
per cui, tra tanti abiti da ballo che la Duchessa avrà posseduto,
quello era
uno dei pochi conservato con grande cura: era di certo il capo con cui
era
vestita e dal quale lui l’aveva spogliata la notte in cui aveva
confessato al
marito di aspettare il loro primogenito.
Vederlo
indossato dalla donna che desiderava tanto, gli
sembrava l'ennesimo segno del destino. L'ulteriore conferma che i loro
incontri, che la loro storia d'amore, quella che Nicole si ostinava a
non
ammettere, era scritta in un destino le cui radici arrivavano almeno a
quasi
due secoli prima. E gli confermava, ancora una volta, che loro due
insieme
avrebbero dovuto chiudere un cerchio aperto ormai da troppi anni.
Era immerso
nei suoi pensieri quando, prima ancora si
vederla o sentire la sua voce, riconobbe la fragranza intensa che la
circondava
sempre e si voltò, trovandosi così a fissare Monique negli occhi.
"Buona sera,
Andrew".
"Ciao
Monique. Sei bellissima..." la lodò con un
complimento che non era per nulla forzato. La provocante antiquaria
indossava
un abito molto prezioso che, per semplicità del taglio e del colore,
volutamente sobri per esaltare il prezioso ricamo di piccoli diamanti e
perle
del corpetto, attenuava la sua sensualità prorompente senza tuttavia
offuscarla
del tutto. Al contrario, la delicata tinta avorio dell'abito le
illuminava la
carnagione e faceva risaltare il color rosso tiziano della sua chioma,
anch'essa adorna di un intreccio quasi virginale di perle e diamanti.
L'insieme era eccezionale.
"Sei il
solito adulatore, mon cher.
Tuttavia quella davvero splendida, stasera, è Nicole"
disse Monique, sorprendendolo.
La donna
rise, col suo timbro roco che lui ben conosceva,
quando vide la sua espressione incredula.
"Suvvia,
Andrew, sono una donna, e sono cosciente che
come tale ammettiamo con difficoltà che un'altra donna possa essere
bella, ma
solo un cieco potrebbe restare impassibile di fronte a lei, questa
sera... È
bellissima".
"Hai ragione,
lo è" ammise lui, osservando
l'oggetto del suo incontenibile desiderio. Quella sera tanto Monique
appariva
più casta di quanto la sua personalità e il suo aspetto di solito
lasciavano
immaginare, altrettanto l'abito indossato da Nicole portava alla luce
tutta la
sensualità celata della giovane donna. L'abito della Duchessa, così
audacemente
scollato per quei tempi e di una tinta tanto appariscente, rendeva la
figura di
Nicole molto provocante ed esaltava la sua incredibile bellezza, che di
solito
lei sminuiva più che sottolineare. L'insieme la rendeva una donna
splendida,
sensuale e molto eccitante; ciononostante, grazie alla sua innata
eleganza e
raffinatezza, per nulla volgare.
"E tu, chéri, sei innamorato pazzo di lei,
vero?" aggiunse la donna seguendo
il suo sguardo.
"Mi spiace,
Monique..." disse lui.
"Non
scusarti. Me lo avevi già detto l'altra mattina,
ma non volevo crederci. Sei un uomo difficile da lasciar andare, mon cher, e avevo bisogno vederlo coi
miei occhi. Ora so che dicevi sul serio. Con te è stato bello, e non lo
dimenticherò” aggiunse sporgendosi verso di lui per baciarlo su una
guancia.
“Anche per me è stato bello” disse lui, accettando il bacio e ricambiandolo con una carezza, “neppure io ti dimenticherò. Sei una donna generosa, Monique” aggiunse poi, ripensando a come lo aveva accolto nel proprio letto.
“Non, cher ami. Sono una donna
molto egoista, invece. Ti ho voluto sin dal primo
momento e ti ho avuto. Peccato solo che sia durato poco. Se non fossi egoista
potrei tentare di averti anche ora ma, se anche venissi a letto con me, non
saresti mai mio. Forse non lo sei mai stato, ma prima potevo illudermi,
adesso non più. È lei la donna che vuoi” disse facendogli un cenno in
direzione di Nicole si stava avvicinando.
“Solo un
consiglio: non aspettare troppo a dirle chi sei
veramente. Potresti perderla. Ha già sofferto molto per essere stata
tradita”
aggiunse, prima che Nicole li raggiungesse.
“Lo so… Ho
intenzione di dirle tutto quanto molto presto”
rispose lui, confermando l’intuizione che lei aveva avuto sin
dall’inizio.
Monique annuì
con un sorriso; quando si voltò per andarsene,
Nicole era ormai accanto a loro e lei si fermò pochi secondi a
sussurrare
qualcosa all’orecchio dell’amica, quindi
si allontanò, lasciandoli finalmente soli.
***
"Vi vedo
pensieroso, monsieur le professeur..."
disse Nicole per stemperare l’imbarazzo
quando lo ebbe raggiunto. Moriva
dalla
curiosità di sapere di cosa aveva parlato con Monique, soprattutto dopo
quanto
le aveva sussurrato l'amica mentre se ne andava.
Da quando
erano arrivati alla festa non aveva fatto altro
che stringere mani e sorridere; temeva di dover trascorrere tutta la
sera ad
osservarlo da lontano ed invece, in quel momento era lì, davanti a lui.
Da
vicino era ancora più bello e il desiderio di essere tra le sue braccia
la
stava quasi soffocando.
Lo aveva
visto baciare Monique e il senso di possesso che
aveva provato nei confronti di quell'uomo, nonché la morsa di gelosia
che le
aveva stretto lo stomaco, non le avevano lasciato più dubbi: nonostante
avesse
fatto il possibile per evitarlo, si era innamorata di lui. Lo
desiderava da
morire, ma il desiderio non era solo fisico. Voleva Andrew anima e
corpo.
Quando
Monique l'aveva fermata per parlarle, si era
stupita di ciò che le aveva detto.
"Non
lasciartelo scappare, chéri... A
letto è sorprendente!"
Infastidita
da un'immagine alla quale non voleva pensare,
stava per dire alla sua amica di tenerselo, quando Monique l'aveva
zittita
aggiungendo: " Lui vuole te e nessun'altra".
Quel commento
l'aveva eccitata. Da alcuni giorni non
riusciva a smettere di pensare a che tipo di amante fosse. Era
probabile che
dipendesse dalla donna e da quanto la desiderasse, eppure lei avrebbe
voluto
andar oltre e saperne di più. Era difatti convinta che chiunque ha un
suo modo
particolare di fare l'amore, nonostante possa essere influenzato dalla
persona
con la quale si trova. Proprio per questo avrebbe voluto sapere come
lui era
davvero, nel suo intimo più profondo; avrebbe desiderato poter
conoscere la sua
natura più essenziale, più istintiva. Era tenero e lento e amava
indugiare sui
dettagli per sedurre, o focoso e appassionato, con un desiderio
ardente,
difficile da contenere? Oppure l'uno e l'altro? E cosa intendeva
Monique quando
lo definiva sorprendente?
"Non sono
pensieroso, solo sopraffatto dalla tua
bellezza. Sei splendida, stasera" rispose lui.
Si sentì
arrossire a quel complimento così spontaneo.
"Merito di
questo abito".
"L'abito è
fantastico, te lo concedo, ma su di te è
spettacolare ed è merito della tua bellezza" disse lui, con un tono che
non ammetteva repliche.
"Credi che
sia lo stesso abito..." domandò lei,
più che altro per dire qualcosa che aiutasse in quel momento di
imbarazzo. Si
rese conto troppo tardi, dal luccichìo divertito negli occhi di Andrew,
di aver
scelto l'argomento peggiore per togliersi dall'impiccio.
"Non ho
dubbi. Sono certo che sia proprio l'abito che
il Duca descrisse nel diario..." rispose lui. Poi, per concederle un
attimo di tregua, aggiunse divertito:
"Quanti abiti
rosso fuoco, con un taglio tanto
provocante, credi che avesse una duchessa nel suo guardaroba?"
Lei sorrise a
sua volta, grata che lui l'avesse buttata
sul divertente. Per fortuna aveva letto quel passo del diario da sola,
per
mettersi alla pari prima di iniziare a procedere assieme, altrimenti
non sapeva
come sarebbe riuscita a resistere alla lettura fatta da lui.
In quel
momento la musica in sala terminò, per
ricominciare subito dopo. Andrew le sfiorò con le dita una ciocca di
capelli
che le incorniciava il volto, indugiando sulla curva del collo; quindi
si piegò
in un perfetto inchino d'altri tempi, le prese la mano guantata e,
portandosela
alle labbra, le chiese:
"Lady
Sinclair, mi fate l'onore di questo
ballo?"
Al suo cenno
affermativo la prese tra le braccia e la
condusse, con un'abilità che di certo non si aspettava da un professore
americano, sulle note di un valzer viennese.
"Sorpresa?"
domandò lui sornione. Ancora una
volta le aveva letto nel pensiero.
"Non ti
credevo avvezzo a questo genere di balli.
Persino io, che frequento l'alta società europea dall'età di sedici
anni, non
ballo un valzer da almeno cinque anni... e anche prima l'ho danzato
molto
poco".
"Ciononostante
sei bravissima" le disse, dopo
averla fatta volteggiare in una figura degna dei migliori maestri.
"Ah, io sarei
brava. E tu? Cosa mi dici di te? Ve lo
insegnano ad Harvard, assieme alla storia?" gli chiese con un sorriso.
"Per questo
devi ringraziare mia madre, che non
voleva che diventassi come mio padre per il ballo, ossia un elefante in
un
negozio di porcellane, e il suo strano amore per le danze viennesi".
"Perché dici
strano?"
"Converrai
che è insolito che un'americana, per di più
avvocato, trovi affascinanti i valzer viennesi di duecento anni fa"
rispose lui, mentre la guidava nella danza.
"Perché un
avvocato non dovrebbe amare il valzer? Tua
madre è pur sempre una donna".
"Non un
avvocato qualunque, ma un avvocato della
procura militare. Mia madre è sì una donna, ma è anche un colonnello
dei Marine
fino al midollo. Per certi versi è persino più soldato di mio padre, a
sua
volta avvocato della procura militare, per alcuni anni capo del Jag in
Europa
prima di diventarlo di tutto il Jag, nonché pluridecorato aviatore
della Marina
Americana".
"E tu come
sei finito a fare il professore?"
domandò lei, divertita da quanto aveva appena appreso sui suoi genitori.
"Sono
laureato in legge ad Harvard" rivelò lui.
"Sei un
avvocato?"
"No, non ho
mai esercitato la professione, anche se i
miei genitori hanno sempre sostenuto che sarei potuto diventare un
principe del
foro ".
"Non stento a
crederlo... E come sei arrivato alla
passione per la storia e ad insegnarla?"
"Non insegno
storia" ammise lui.
"Non sei un
professore?"
"Beh, sì,
anche. Tengo lezioni in varie università
americane".
"Quindi hai
mentito".
"Non ho
mentito: io sono anche un insegnante
universitario. Diciamo che, come te, mi sono presentato con uno solo
dei miei titoli" le disse,
ricordandole con
astuzia che non era il caso che scagliasse la prima pietra.
"E quali
sarebbero gli altri?"
"L'altro. Uno
solo. E non è un titolo, ma una
qualifica professionale, semmai".
"Non dirmi
che sei davvero un modello di
professione?"
"Lo trovi
così improbabile? Sono stato così imbranato
quando mi hai fotografato?"
Lei lo
scrutò, rendendosi conto solo in quel momento che
il valzer era terminato.
"Non ti va di
dirmelo chi sei veramente?"
"In questo
momento preferisco farti ballare
ancora..." eluse la risposta riprendendola tra le braccia e
trasportandola
di nuovo nel magico mondo delle danze viennesi.