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Autore: Alexandra e Mac    21/09/2014    4 recensioni
Il Passato e il Futuro si mescolano in questo racconto che conclude la trilogia iniziata con Giochi del Destino. Per tutti coloro che hanno amato i personaggi storici da noi inventati.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Scritto nel Destino'
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Capitolo XXIX

Valzer viennese



Non riusciva a smettere di guardarla.

Da quando avevano fatto il loro trionfale ingresso sulla carrozza ducale, madamoiselle la Comtesse non era stata lasciata sola con lui neppure un attimo. Aveva stretto la mano e conversato con tutti i rappresentanti dell'amministrazione locale e rispettivi consorti. Poi era stato il momento degli invitati speciali, ossia quelli che, con il loro contributo economico, assieme a Nicole avevano assicurato la riuscita della festa. E in quel momento era l'ora di tutti gli altri invitati.

Era un evento eccezionale la partecipazione di un discendente della casata nobiliare che viveva allo Chateau da prima della rivoluzione francese. A quanto gli aveva detto Nicole, il Duca e la Duchessa erano stati gli ultimi ad assistervi: dagli anni dieci agli anni cinquanta del novecento venti di guerra avevano soffiato in tutta Europa e, anche nei momenti in cui non si combatteva, lo spirito non era dei migliori per festeggiare. Tranne la figlia che si era fatta suora, gli altri tre figli del Duca erano rimasti in Inghilterra e a quanto aveva ricostruito da vecchie carte ritrovate mentre studiava alla Sorbona (a quei tempi scoprire la storia della sua famiglia era stato, assieme alla fotografia, il suo maggior interesse, che le forniva anche l'ottima scusa per allontanarsi dai continui litigi familiari) non avevano mai vissuto allo Chateau, tranne che per brevi soggiorni mirati a visitare le tombe dei genitori o dare disposizioni ai vari amministratori della tenuta succedutisi nel corso degli anni. Per quanto riguardava i nipoti e successivi discendenti le cose non erano state molto diverse.

Neppure sua madre aveva mai partecipato all'evento, troppo impegnata a tentare, invano, di farsi amare dall'uomo che aveva sposato per soddisfare la sete di nobiltà materna: la nonna di Nicole, infatti, aveva dedicato la propria vita a tentar di ripulire il sangue della famiglia dopo che la bisnonna, nipote di Lady Alexandra e bis-nipote del Duca, lo aveva insozzato sposando un borghese; e non importava se in seguito quel borghese si sarebbe rivelato essere imparentato in primo grado con colui che un giorno sarebbe diventato il famoso generale Montgomery della seconda guerra mondiale, al momento del matrimonio era soltanto un semplice ufficiale dell'esercito britannico.

Per volontà dell'antenato a cui doveva comunque il titolo di contessa, nel cognome per le figlie femmine destinate ad ereditare il titolo doveva mantenere traccia della linea femminile di discendenza, pertanto l'acquisita fama della famiglia per meriti impropri era l'unico motivo per cui il cognome Montgomery continuava a figurare accanto a quello del consorte di turno. Ciononostante, la nonna di Nicole aveva fatto il possibile per sposarsi con un nobile e aveva costretto la figlia a fare altrettanto, arrivando a scovarle persino un duca e riportando così il sangue della famiglia al livello di nobiltà originaria che tanto agognava.

A quanto ricordava Nicole, la madre l'aveva portata alla tenuta una sola volta da bambina, quando aveva compiuto dieci anni e lei aveva adorato da subito quel luogo che la mamma aveva detto un giorno le sarebbe appartenuto per eredità. Allora non immaginava che ne sarebbe entrata in possesso tanto giovane, tuttavia era stato proprio quel luogo, e il desiderio di scoprire qualcosa su chi glielo aveva destinato, che l'aveva spinta verso la passione per la Storia.

Tutte queste informazioni Nicole gliele aveva date durante il tragitto in carrozza, mentre lui non riusciva a smettere di guardarla: era splendida con indosso l'abito da ballo della sua antenata e coi lunghi capelli raccolti sul capo, alla foggia ottocentesca. Madeleine aveva scovato anche un antico fermaglio tra gli oggetti appartenuti alla Duchessa, e lo aveva usato per decorarle l'acconciatura.

Andrew ricordava ancora la scena di seduzione letta nel diario: si parlava di un abito rosso fuoco, dalla provocante scollatura, ed egli era sicuro che si trattasse proprio di quel vestito. Si spiegava il motivo per cui, tra tanti abiti da ballo che la Duchessa avrà posseduto, quello era uno dei pochi conservato con grande cura: era di certo il capo con cui era vestita e dal quale lui l’aveva spogliata la notte in cui aveva confessato al marito di aspettare il loro primogenito.

Vederlo indossato dalla donna che desiderava tanto, gli sembrava l'ennesimo segno del destino. L'ulteriore conferma che i loro incontri, che la loro storia d'amore, quella che Nicole si ostinava a non ammettere, era scritta in un destino le cui radici arrivavano almeno a quasi due secoli prima. E gli confermava, ancora una volta, che loro due insieme avrebbero dovuto chiudere un cerchio aperto ormai da troppi anni.

Era immerso nei suoi pensieri quando, prima ancora si vederla o sentire la sua voce, riconobbe la fragranza intensa che la circondava sempre e si voltò, trovandosi così a fissare Monique negli occhi.

"Buona sera, Andrew".

"Ciao Monique. Sei bellissima..." la lodò con un complimento che non era per nulla forzato. La provocante antiquaria indossava un abito molto prezioso che, per semplicità del taglio e del colore, volutamente sobri per esaltare il prezioso ricamo di piccoli diamanti e perle del corpetto, attenuava la sua sensualità prorompente senza tuttavia offuscarla del tutto. Al contrario, la delicata tinta avorio dell'abito le illuminava la carnagione e faceva risaltare il color rosso tiziano della sua chioma, anch'essa adorna di un intreccio quasi virginale di perle e diamanti. L'insieme era eccezionale.

"Sei il solito adulatore, mon cher. Tuttavia quella davvero splendida, stasera, è Nicole" disse Monique, sorprendendolo.

La donna rise, col suo timbro roco che lui ben conosceva, quando vide la sua espressione incredula.

"Suvvia, Andrew, sono una donna, e sono cosciente che come tale ammettiamo con difficoltà che un'altra donna possa essere bella, ma solo un cieco potrebbe restare impassibile di fronte a lei, questa sera... È bellissima".

"Hai ragione, lo è" ammise lui, osservando l'oggetto del suo incontenibile desiderio. Quella sera tanto Monique appariva più casta di quanto la sua personalità e il suo aspetto di solito lasciavano immaginare, altrettanto l'abito indossato da Nicole portava alla luce tutta la sensualità celata della giovane donna. L'abito della Duchessa, così audacemente scollato per quei tempi e di una tinta tanto appariscente, rendeva la figura di Nicole molto provocante ed esaltava la sua incredibile bellezza, che di solito lei sminuiva più che sottolineare. L'insieme la rendeva una donna splendida, sensuale e molto eccitante; ciononostante, grazie alla sua innata eleganza e raffinatezza, per nulla volgare.

"E tu, chéri, sei innamorato pazzo di lei, vero?" aggiunse la donna seguendo il suo sguardo.

"Mi spiace, Monique..." disse lui.

"Non scusarti. Me lo avevi già detto l'altra mattina, ma non volevo crederci. Sei un uomo difficile da lasciar andare, mon cher, e avevo bisogno vederlo coi miei occhi. Ora so che dicevi sul serio. Con te è stato bello, e non lo dimenticherò” aggiunse sporgendosi verso di lui per baciarlo su una guancia.

“Anche per me è stato bello” disse lui, accettando il bacio e ricambiandolo con una carezza, “neppure io ti dimenticherò. Sei una donna generosa, Monique” aggiunse poi, ripensando a come lo aveva accolto nel proprio letto.

Non, cher ami. Sono una donna molto egoista, invece. Ti ho voluto sin dal primo momento e ti ho avuto. Peccato solo che sia durato poco. Se non fossi egoista potrei tentare di averti anche ora ma, se anche venissi a letto con me, non saresti mai mio. Forse non lo sei mai stato, ma prima potevo illudermi, adesso non più. È lei la donna che vuoi” disse facendogli un cenno in direzione di Nicole si stava avvicinando.

“Solo un consiglio: non aspettare troppo a dirle chi sei veramente. Potresti perderla. Ha già sofferto molto per essere stata tradita” aggiunse, prima che Nicole li raggiungesse.

“Lo so… Ho intenzione di dirle tutto quanto molto presto” rispose lui, confermando l’intuizione che lei aveva avuto sin dall’inizio.

Monique annuì con un sorriso; quando si voltò per andarsene, Nicole era ormai accanto a loro e lei si fermò pochi secondi a sussurrare qualcosa all’orecchio dell’amica,  quindi si allontanò, lasciandoli finalmente soli.

 

 

***

 

 

"Vi vedo pensieroso, monsieur le professeur..." disse Nicole per stemperare l’imbarazzo quando lo ebbe raggiunto. Moriva dalla curiosità di sapere di cosa aveva parlato con Monique, soprattutto dopo quanto le aveva sussurrato l'amica mentre se ne andava.

Da quando erano arrivati alla festa non aveva fatto altro che stringere mani e sorridere; temeva di dover trascorrere tutta la sera ad osservarlo da lontano ed invece, in quel momento era lì, davanti a lui. Da vicino era ancora più bello e il desiderio di essere tra le sue braccia la stava quasi soffocando.

Lo aveva visto baciare Monique e il senso di possesso che aveva provato nei confronti di quell'uomo, nonché la morsa di gelosia che le aveva stretto lo stomaco, non le avevano lasciato più dubbi: nonostante avesse fatto il possibile per evitarlo, si era innamorata di lui. Lo desiderava da morire, ma il desiderio non era solo fisico. Voleva Andrew anima e corpo.

Quando Monique l'aveva fermata per parlarle, si era stupita di ciò che le aveva detto.

"Non lasciartelo scappare, chéri... A letto è sorprendente!"

Infastidita da un'immagine alla quale non voleva pensare, stava per dire alla sua amica di tenerselo, quando Monique l'aveva zittita aggiungendo: " Lui vuole te e nessun'altra".

Quel commento l'aveva eccitata. Da alcuni giorni non riusciva a smettere di pensare a che tipo di amante fosse. Era probabile che dipendesse dalla donna e da quanto la desiderasse, eppure lei avrebbe voluto andar oltre e saperne di più. Era difatti convinta che chiunque ha un suo modo particolare di fare l'amore, nonostante possa essere influenzato dalla persona con la quale si trova. Proprio per questo avrebbe voluto sapere come lui era davvero, nel suo intimo più profondo; avrebbe desiderato poter conoscere la sua natura più essenziale, più istintiva. Era tenero e lento e amava indugiare sui dettagli per sedurre, o focoso e appassionato, con un desiderio ardente, difficile da contenere? Oppure l'uno e l'altro? E cosa intendeva Monique quando lo definiva sorprendente?

"Non sono pensieroso, solo sopraffatto dalla tua bellezza. Sei splendida, stasera" rispose lui.

Si sentì arrossire a quel complimento così spontaneo.

"Merito di questo abito".

"L'abito è fantastico, te lo concedo, ma su di te è spettacolare ed è merito della tua bellezza" disse lui, con un tono che non ammetteva repliche.

"Credi che sia lo stesso abito..." domandò lei, più che altro per dire qualcosa che aiutasse in quel momento di imbarazzo. Si rese conto troppo tardi, dal luccichìo divertito negli occhi di Andrew, di aver scelto l'argomento peggiore per togliersi dall'impiccio.

"Non ho dubbi. Sono certo che sia proprio l'abito che il Duca descrisse nel diario..." rispose lui. Poi, per concederle un attimo di tregua, aggiunse divertito:

"Quanti abiti rosso fuoco, con un taglio tanto provocante, credi che avesse una duchessa nel suo guardaroba?"

Lei sorrise a sua volta, grata che lui l'avesse buttata sul divertente. Per fortuna aveva letto quel passo del diario da sola, per mettersi alla pari prima di iniziare a procedere assieme, altrimenti non sapeva come sarebbe riuscita a resistere alla lettura fatta da lui.

In quel momento la musica in sala terminò, per ricominciare subito dopo. Andrew le sfiorò con le dita una ciocca di capelli che le incorniciava il volto, indugiando sulla curva del collo; quindi si piegò in un perfetto inchino d'altri tempi, le prese la mano guantata e, portandosela alle labbra, le chiese:

"Lady Sinclair, mi fate l'onore di questo ballo?"

Al suo cenno affermativo la prese tra le braccia e la condusse, con un'abilità che di certo non si aspettava da un professore americano, sulle note di un valzer viennese.

"Sorpresa?" domandò lui sornione. Ancora una volta le aveva letto nel pensiero.

"Non ti credevo avvezzo a questo genere di balli. Persino io, che frequento l'alta società europea dall'età di sedici anni, non ballo un valzer da almeno cinque anni... e anche prima l'ho danzato molto poco".

"Ciononostante sei bravissima" le disse, dopo averla fatta volteggiare in una figura degna dei migliori maestri.

"Ah, io sarei brava. E tu? Cosa mi dici di te? Ve lo insegnano ad Harvard, assieme alla storia?" gli chiese con un sorriso.

"Per questo devi ringraziare mia madre, che non voleva che diventassi come mio padre per il ballo, ossia un elefante in un negozio di porcellane, e il suo strano amore per le danze viennesi".

"Perché dici strano?"

"Converrai che è insolito che un'americana, per di più avvocato, trovi affascinanti i valzer viennesi di duecento anni fa" rispose lui, mentre la guidava nella danza.

"Perché un avvocato non dovrebbe amare il valzer? Tua madre è pur sempre una donna".

"Non un avvocato qualunque, ma un avvocato della procura militare. Mia madre è sì una donna, ma è anche un colonnello dei Marine fino al midollo. Per certi versi è persino più soldato di mio padre, a sua volta avvocato della procura militare, per alcuni anni capo del Jag in Europa prima di diventarlo di tutto il Jag, nonché pluridecorato aviatore della Marina Americana".

"E tu come sei finito a fare il professore?" domandò lei, divertita da quanto aveva appena appreso sui suoi genitori.

"Sono laureato in legge ad Harvard" rivelò lui.

"Sei un avvocato?"

"No, non ho mai esercitato la professione, anche se i miei genitori hanno sempre sostenuto che sarei potuto diventare un principe del foro ".

"Non stento a crederlo... E come sei arrivato alla passione per la storia e ad insegnarla?"

"Non insegno storia" ammise lui.

"Non sei un professore?"

"Beh, sì, anche. Tengo lezioni in varie università americane".

"Quindi hai mentito".

"Non ho mentito: io sono anche un insegnante universitario. Diciamo che, come te, mi sono presentato con uno solo dei miei titoli" le disse, ricordandole con astuzia che non era il caso che scagliasse la prima pietra.

"E quali sarebbero gli altri?"

"L'altro. Uno solo. E non è un titolo, ma una qualifica professionale, semmai".

"Non dirmi che sei davvero un modello di professione?"

"Lo trovi così improbabile? Sono stato così imbranato quando mi hai fotografato?"

Lei lo scrutò, rendendosi conto solo in quel momento che il valzer era terminato.

"Non ti va di dirmelo chi sei veramente?"

"In questo momento preferisco farti ballare ancora..." eluse la risposta riprendendola tra le braccia e trasportandola di nuovo nel magico mondo delle danze viennesi.

 

 

  
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