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Autore: saitou catcher    23/09/2014    3 recensioni
Cosa succede se due mondi differenti si uniscono e personaggi che non hanno nulla in comune finiscono per incontrarsi?
O meglio: cosa succede se due folli decidono di fondere gli universi di Harry Potter e I Miserabili e di tirare a sorte per creare coppie imperdibili?
Raccolta di one-shot su coppie create dal caso fra i personaggi di Harry Potter e dei Miserabili.
Leggete e recensite!
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il dono della serenità è nascosto nel cuore di ciascuno di noi.”

Paulo Coelho

 

 


Try not to get worried,
try not to turn on to
Problems that upset you
Don't you know
Everything's alright,

yes, everything's fine?

 

Quando fece il suo ingresso nella guferia, spalancando la porta con tanta violenza da mandarla ad urtare contro la parete, Harry Potter sentiva una sorda rabbia ribollirgli al centro del petto. Sul dorso della mano, le parole che la Umbridge l'aveva costretto ad incidersi sulla pelle bruciavano, rosse del sangue che le componeva, rosse come la rabbia che in quel momento lo animava. Le fissava, Harry, e più le fissava, più l'ingiustizia di quelle parole -Non devo dire bugie, Non devo dire bugie- accresceva l'amarezza del fiotto di bile che gli risaliva la gola.

Era troppo. Tutto stava diventando troppo. La Umbridge, l'opposizione del Ministero, gli sguardi dubbiosi che lo seguivano ovunque, avidi di sapere, e allo stesso tempo sprezzanti, forti della loro convinzione che lui fosse un pazzo; Silente che non lo degnava di uno sguardo, Sirius che non poteva stargli vicino, Ron e Hermione sempre troppo intenti a battibeccare tra loro per prestargli davvero attenzione; e poi Piton, lui e le sue massacranti lezioni di Occlumanzia, lezioni che non impedivano ai pensieri di Voldemort di penetrare nella sua testa, di accendergli la cicatrice di un calore che gli impediva di dormire; tutto era troppo, e tutto minacciava di schiacciarlo. Era come se, giorno dopo giorno, la sua stessa vita si stesse tramutando in una gabbia che gli si chiudeva inesorabimente intorno, e non c'era nulla che lui potesse fare per sfuggirle; di quella gabbia ne sentiva il peso e la consistenza, ed era come venirne soffocato lentamente.

Attorno a lui, i gufi agitarono le ali, contagiati dalla sua irritazione, ma Harry non se ne curò; l'urlo che gli si gonfiava in gola minacciava di soffocarlo.

-Vaffanculo!- sbottò, sferrando un calcio violento al suolo- Vaffanculo Caramell, la Umbridge, Silente, l'Ordine, tutti, e Caramell e la Umbridge di nuovo, già che ci siamo!

Si chiuse con violenza la porta alle spalle, e solo allora si accorse che il suo sfogo non era passato inosservato. Una ragazza lo fissava, in piedi di fronte a lui, le mani che delicatamente andavano ad accarezzare le ali di un gufo.

Harry la fissò, e tutta la sua rabbia sembrò sbollire in un solo colpo, mentre una vampata di umiliazione gli accendeva le guance. Cercò disperatamente qualcosa di intelligente da dire, ma il suo cervello sembrava essersi improvvisamente svuotato.

-Buo... buongiorno- riuscì a balbettare, maledicendosi mentalmente per quella risposta così idiota.

Incredibilmente, lei gli sorrise, ed Harry la fissò, chiedendosi dove diavolo l'avesse già vista, e allo stesso tempo incapace di credere di averla conosciuta e poi dimenticata. Il sorriso che in quel momento gli stava rivolgendo possedeva una dolcezza che sembrava illuminarla dall'interno, accendendo di un morbido bagliore gli occhi più azzurri che Harry avesse mai visto; era alta, snella e delicata, con un viso dai tratti fanciulleschi circondato da folti capelli biondi, che ricadevano in lunghe ciocche dorate fino alla schiena.

In breve, era la ragazza più bella che Harry avesse mai visto.

-È successo qualcosa?- domandò poi lei. Persino la sua voce era dolce e delicata, trillante come quella di un uccellino.

Harry trasalì, improvvisamente strappato alle sue fantasticherie. -Eh, come, scusa? No, non è successo niente, va tutto...- s'interruppe, capendo a cosa lei si riferiva, e di nuovo il rossore salì a inondargli le guance. -Oh. Nulla. Scusami, non volevo spaventarti- borbottò, gli occhi fissi sul pavimento.

Lei gli sorrise, e i suoi occhi ritornarono a posarsi sul gufo, che sbatteva le ali irrequieto. Le mani di lei gli accarezzarono delicatamente il capo, e l'animale smise immediatamente di agitarsi, sistemandosi ordinatamente sul suo trespolo.

Harry la osservò, ammirato, mentre con dita celeri annodava un biglietto alla zampa del gufo e lo sollevava, il viso teso per lo sforzo, e raggiungeva le finestre. Le sue labbra si muovevano, ma da quella distanza il giovane non riusciva a capire se stesse cantando o parlando fra sé.

Il gufo aprì le ali e superò la finestra, inoltrandosi nell'azzuro fresco del mattino, e la ragazza lo seguì con lo sguardo, gli occhi della stessa tonalità del cielo. Quindi si voltò verso di lui, le labbra di nuovo sollevate in quel sorriso.

-È per la Umbridge, vero?- domandò- So che ti sta facendo passare le pene dell'inferno- mentre parlava, accennò col mento alla mano di lui, chiusa a pugno contro il suo fianco.

-Sì- rispose Harry, sentendosi quasi infastidito dal tono di lei- ma non preoccuparti, va tutto bene.

-A me non sembra- ribatté lei, e nella sua voce non c'era la benché minima nota di sarcasmo. Si portò vicina ad un altro gufo, frugando nella veste per poi estrarne una scatoletta da cui attinse del mangime. Harry la seguì con lo sguardo, notando come i gufi si placassero immediatamente in sua presenza.

-Vieni spesso qui?- si trovò a domandarle.

-Sempre- rispose lei, accarezzando l'ala di un gufo- Silente sa che mi piace occuparmi ei gufi, e mi ha dato il permesso di venire qui tutte le volte che voglio. Sono belli, non trovi?- mentre parlava, fissò gli occhi azzurri in quelli arancioni dell'uccello, che le picchiettò delicatamente col becco sul naso.

-Già- rispose lui. -Beh, allora vado. Non vorrei infastidirti.

-Non mi dai fastidio- ribatté tranquillamente lei.

Harry si fermò, stupito, e per un istante sembrò sul punto di andarsene: ma una parte di lui desiderava restare, assorbire la serenità che sembrava alegiasse attorno a lei.

Si sedette, e con assoluta naturalezza, la ragazza incominciò a parlare; parlò di tutto, del tempo, dei gufi, delle lezioni, persino del Quidditch. Harry dapprima ascoltò, poi si ritrovò a rispondere, e infine rise con lei, unendosi alla sua risata fresca e argentina, simile al tintinnio di un campanello. Più parlavano, più la rabbia che fino a poco prima gli rodeva le viscere sembrava scomparire, assorbito da un quasi assurdo senso di serenità e di freschezza, come se, semplicemente con le sue risate, quella ragazza avesse il potere di allontanare tutti i demoni che lo attorniavano. In quella breve ora, Harry scordò la Umbridge, scordò il Ministero, lasciò che tutto quello che fino a poco prima era sembrato schiacciarlo scomparisse; per il breve spazio di un'ora, la vita gli sembrò semplice, gli sembrò bella, ed Harry Potter cessò di essere quello che era sempre stato, per diventare un normale ragazzo di quindici anni.

Quando infine arrivò il momento di recarsi a lezione, il rimpianto gli serrò le viscere in una stretta amara. Si alzò lentamente, esitando, quasi volendo prolungare quell'attimo di congedo.

-Io vado- sussurrò. Rimase immobile, turbato. Sarebbe stato un ottimo momento per ricordarsi il nome di quella ragazza, ma in quel momento tutto ciò che in realtà avrebbe voluto dirle era Grazie.

Lei gli sorrise, e qualcosa in lui sembrò sciogliersi. Gli si fece più vicina mentre gli passava accanto, alzando delicatamente una mano per salutarlo.

La seguì con lo sguardo, e fu solo quando fu sul punto di svoltare l'angolo che trovò il coraggio di dirle qualcosa di un po' diverso da quelle che erano le sue intenzioni, ma altrettanto vero e concreto.

-Potrei venire di nuovo qui, qualche volta?- le gridò.

Lei si voltò a guardarlo, ed Harry si lasciò annegare in quegli occhi così azzurri, nel sorriso infinitamente dolce che le sollevò le labbra.

-Mi piacerebbe- rispose infine.

 

Quando il giorno dopo si recò di nuovo alla Guferia, Harry sapeva già tutto quello di cui aveva bisogno sulla ragazza che in quel momento lo attendeva.

Hermione gli aveva detto che il suo nome era Cosette Valjean e, come loro, era stata smistata nella casa di Grifondoro,( non riusciva a capacitarsi di come avesse potuto averla vicina per anni senza mai notarla); suo padre era un membro dell'Ordine della Fenice, anche se Harry non lo aveva mai conosciuto; infine, eccelleva in tutte le materie, era generalmente benvoluta, (sopratutto dalla popolazione maschile di Hogwarts) e faceva parte di un gruppo di studenti conosciuti unicamente come Lés Amis; per il resto, di lei non si sapeva molto, in quanto era noto che fosse una ragazza abbastanza riservata.

Ma Hermione non avrebbe mai potuto dirgli che quando Cosette rideva, il mondo intero sembrava ridere con lei. Ed Harry non avrebbe mai potuto descrivere, nemmeno se avesse voluto, il senso di pace e di calore che sentiva nascere nel suo petto ogni volta che gli occhi azzurri della ragazza si posavano su di lui.

Ritornò alla Guferia. Cominciò a capitarvi ogni giorno, sempre alla stessa ora, e ogni volta la trovava, pronta ad accoglierlo con un sorriso e carica di aneddoti divertenti. Parlavano di tutto, letteralmente, per ore, e accanto a lei Harry sentiva di non doversi più preoccupare; nelle brevi ore che riempivano con la loro conversazione il mondo intero sembrava rimpicciolire e tutto acquistava una sua dimensione, più tranquilla, più familiare, nei quali i problemi erano quelli della vita normale, e non quelli di una guerra sempre incombente su un mondo dominato dall'angoscia e dalla sfiducia.

Presto, cominciò a confidarsi. Le parlò di Voldemort, della Umbridge, di Piton, di tutto quello che lo angosciava: sfogarsi era un modo come un altro di rendere un po' meno soffocante la gabbia che gli gravava sul petto. Le disse tutto quello che sapeva, senza tralasciare nulla, perché di lei sapeva di potersi fidare, perché non poteva esserci ne' trucco ne' inganno nello sguardo limpido di Cosette Valjean.

Harry non avrebbe mai dimenticato quel giorno. Quel giorno in cui le lacrime si erano affacciate per la prima volta nei suoi occhi e avevano minacciato di scivolargli sul viso. Non ricordava nemmeno cosa fosse stato ad esasperarlo in quel modo. Aveva provato a resistere, davvero, aveva tentato. Ma poi il dolore era stato troppo forte, e il suo pugno si era abbattuto con violenza sul pavimento, mentre un singhiozzo sordo gli lacerava il petto.

Nella nebbia creata dalle sue lacrime non si era accorto che lei si era mossa fino a che non l'aveva sentita sedersi accanto a lui con un fruscio.

Aveva chiusa gli occhi. Non voleva vederla, bruciava di umiliazione all'idea che lei lo avesse visto piangere. Poi, la mano di lei si era insinuata tra i suoi capelli. Un tocco gentile, leggero, che lo aveva riscaldato fin nel cuore.

-Harry- fu appena un sussurro.

Harry serrò la mascella, si costrinse ad inghiottire il nodo che gli aveva serrato la gola.

-Harry, guardami.-

Lui lo fece. La vedeva appena, attraverso il velo di lacrime che gli annebbiava la vista, ma bastò.-

Cosette ricambiò il suo sguardo, nei suoi occhi tutta la dolcezza del mondo. Poi lo abbracciò.

Era rimasto immobile, incapace di reagire, il calore di lei che lentamente lo colmava. Le braccia di lei lo avevano circondato, delicate, gentili, le loro guance che si toccavano.

-Andrà tutto bene- queste erano state le sue parole.

Ed Harry avrebbe voluto crederci, avrebbe voluto crederci davvero, e in quel momento sembrava quasi possibile, mentre le braccia di lei lo stringevano e lo cullavano, e il dolore e l'amore di lei sembravano fargli da scudo, come se solo abbracciandolo avesse potuto proteggerlo dal mondo intero.

Aveva annuito, senza più forze.

Allora, Cosette aveva incominciato a cantare.

Non si era preoccupato di distinguere le parole, aveva semplicemente lasciato che la voce distante e gentile di lei lo colmasse. E lei aveva continuato a cantare, e la sua canzone parlava di castelli sulle nuvole, di luoghi in cui nessuno piangeva e nessuno era perso. E quando ebbe finito di cantare, il cuore di Harry era calmo.

-Che cos'è?- sussurrò.

Cosette si separò da lui e gli sorrise. -Solo una vecchia canzone che cantavo per farmi coraggio quando ero bambina- rispose.

 

Quando l'anno finì, con Sirius morto e la Profezia, Cosette tornò a casa ed Harry tornò dai Dursley. Non si rividero per tutta l'estate e non si sarebbero rivisti più nell' anno a venire. Ma spesso, Harry pensava a lei, e quando il dolore per la morte di Sirius si faceva sempre più insopportabile, si sorprendeva a cantare la sua vecchia canzoncina.

 

 

Think, while you
still have me move
Move, while

you still see me
You'll be lost,

and you'll be sorry
when I'm gone

 

Mi apro alla chiusura.

Il momento era giunto. Non c'era più posto per la paura, adesso. Il cuore di Harry era sereno, mentre avanzava verso la sua morte.

Tutto stava per concludersi, e sarebbe stato lui stesso a porre la parola fine. Ma prima, c'era un'ultima cosa che doveva fare.

La trovò in mezzo ai feriti, mentre si affannava per curare le loro lesioni, il volto sporco di terra e di sangue, i capelli arruffati, ma sempre bella, sempre angelica. Harry la osservò, mentre tra le mani stringeva quelle tremanti di una ragazzina del primo anno e le parlava, sul volto il sorriso angelico che lui ormai conosceva.

-Andrà tutto bene, vedrai- stava dicendo.

Il cuore di Harry sprofondò.

Aspettò che si alzasse, e quando si voltò fece un passo avanti, portandosi alla sua vista. Cosette s'immobilizzò, la mano le salì al volto per reprimere un grido, mentre gli occhi le si facevano enormi nel viso cianotico.

-Harry- fu un sussurro strozzato, il suo.

Harry fece un passo avanti e la guardò, cercando nei suoi occhi il coraggio che un tempo vi aveva trovato. Prese un profondo respiro e si costrinse a pronunciare le parole che sapeva.

-Sto per morire- disse. Semplicemente.

Cosette ondeggiò come se fosse stata colpita. -No- gorgogliò- No, no, no, ti prego, Harry, no!

-Ascolta- sussurrò lui. -Non puoi fermarmi. Non provarci. Sono venuto solo per dirti che...- dovette deglutire un paio di volte, prima di riuscire a continuare- Che senza di te non avrei mai trovato il coraggio di arrivare dove sono. Tu mi hai donato la forza che non sapevo di avere. Hai reso gli ultimi mesi del quinto anno i più belli della mia vita. So che non potrò mai ringraziarti abbastanza per questo, ma volevo provarci.

Cosette piangeva, le lacrime scendevano lievi sul suo viso d'avorio, la bocca si apriva per formulare parole senza trovare la voce. Piangeva, e i suoi occhi sembravano quasi più grandi nelle lacrime in cui annegavano.

Harry alzò una mano e delicatamente le sfiorò una guancia, il pianto di lei che gli bagnava il palmo, e d'un tratto desiderò disperatamente di poterla consolare, di poterle donare un po' di quella serenità che lei gli aveva trasmesso.

Non angosciarti avrebbe voluto dirle, Starai bene, ma una parte di lui sapeva che non era così. Non sarebbe stata bene. Avrebbe pianto, si sarebbe sentita persa e sola, esattamente come si era sentito lui il giorno in cui l'aveva incontrata. E quando il dolore avrebbe minacciato di non fermarsi , quando le lacrime non sarebbero più bastate ad esprimerlo, lui non ci sarebbe stato a consolarla.

-Grazie- fu quindi tutto quello che le disse.

Dalle labbra di lei sfuggì un singhiozzo e Cosette gli gettò le braccia al collo, stringendolo disperatamente come se non volesse lasciarlo andare. Harry ricambiò la stretta, e rimasero così per un po', la mano di lui che delicatamente le accarrezzava i capelli. E tra le sue braccia, Harry sentì la vecchia serenità colmargli di nuovo il cuore. Era davvero pronto, adesso.

-Andrà tutto bene- le disse.

-Lo so- rispose lei, ma Harry sentiva le sue lacrime bagnargli il collo.

Le loro labbra s'incontrarono quasi senza che loro se ne fossero accorti. Fu un bacio lieve, l'unico che si sarebbero mai scambiati, ma bastò.

Harry si separò da lei, si addentrò nella Foresta Proibita. E mentre avanzava verso la sua morte, si costrinse a non guardarsi indietro.

 

-Avada Kedavra!

Il lampo di luce verdastra lo colpì dritto al centro del petto, ma Harry non sentì dolore. Sentì il suo corpo abbandonarsi all'indietro, privo di forze, ma non avvertì l'impatto con il terreno.

Si trovò sul terreno della Foresta, gli occhi che si perdevano tra le fronde degli alberi. Sentiva il freddo impossessarsi del suo corpo. E fu allora, tra gli ultimibattiti del suo cuore ormai spento, che udì la voce di lei.

Chiudi gli occhi, Harry.

Harry obbedì.

Andrà tutto bene.

 

Hola, bella gente!
Sinceramente? A me piace Cosette. E tanto anche. Sin dal momento dell'estrazione questo pairing mi ha ispirato una dolcezza infinita, e spero di essere riuscita a rendere, almeno in parte, le sensazioni che quei due mi trasmettono.
Nel caso qualcuno non l'avesse capito, la canzoncina di Cosette è Castle On A Cloud. Poi, ho quest'idea che durante il sesto anno Harry e Cosette non si siano frequentati, sia per tutte le vicende che si sono succedute, sia per le rispettive vicende sentimentali (Marius e Ginny, per intenderci, non li ho dimenticati. Il bacio alla fine lo considero come una specie di addio).
La canzone da cui sono tratte le strofe in corsivo è Everything's Alright dal musical Jesus Christ Superstar (sono leggermente fissata con quel film), nel caso a qualcuno interessasse, ecco il link:
http://youtu.be/jkje4FiH9Qc
Eh, niente. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Abbondate con le recensioni!
Un bacio a tutti,
Saitou

 

 

 

  
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