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Autore: Gaia Bessie    24/09/2014    1 recensioni
Ripensando ad Ellie, la prima cosa che Harry ricorda, è che lei le scritte sui muri le trovava un sacco romantiche. Come se ci fosse stato davvero qualcosa di tenero o sentimentale in quell'ammasso di lettere storte, con le a che sembravano u e le doppie tutte sbagliate. Harry continua a vedersela davanti, Ellie con l'uniforme della scuola o Ellie con i jeans a toppe colorate del sabato mattina, mentre guarda estatica quel grandissimo ammasso di orrori grammaticali. Forse, in una tacita richiesta che Harry non ha mai voluto accogliere: sotto le battute demenziali, i capelli ricci e la fossetta sulla guancia, Harry è sempre stato lo stereotipo incarnato del ragazzo di buona famiglia. Nella camicia dell'uniforme, nei pantaloni un po' scuciti all'altezza delle tasche, è sempre stato l'ennesimo studente di una scuola qualunque. Non si è mai visto, Harry Styles, con una bomboletta in mano che scrive il nome della sua ragazza sul muretto del parco.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Devo fare una doverosa promessa: non sono una Directioner nel vero senso della parola, sono soltanto una ragazza che ha ascoltato un paio di canzoni a tempo perso. Il vero motivo che mi ha spinta a scrivere questa fanfiction, dopo una buona dose di ispirazione, è il seguente: la mia beta ama le sfide e io amo vincere. Ma, secondariamente, sotto questa sfida della Giuls, ci sta dietro un discorso pregresso sulle banalità dei fandom. E beh, facendo un giretto qui, ho trovato mille storie (piene di recensioni e non) dove Harry o chiunque altro della band è una sorta di aggressore/stupratore/cattivo ragazzo che non fa che mettere sotto torchio la povera protagonista, solitamente depressa/autolesionista. E, quindi, ovviamente la vera sfida sta nel non farsi prendere a male parole con questo discorso. Perché, presunzione esclusa, ho cercato di scrivere l'esatto contrario di quel che piace nel fandom. Il che potrebbe anche portare a un pubblico linciaggio, ma rischiare mi è sempre piaciuto. Per quel che vale (e, Giuls, mangiati il fegato), la storia è questa qui. E adesso dovrei chiudere con un “recensite, plz” ma non lo farò. Spero solo di essere riuscita nel mio intento, ovvero quello di mostrare l'esito (credo) reale di una violenza, dove non finisce a coccole e a gattini. In ogni caso, ci ho provato. Buona lettura.

Piesse: Ovviamente la canzone usata per gli intermezzi è “Story of my life” dei One Direction, così come il titolo proviene sempre da quella canzone.


 

Dietro il parco, c'è il mondo: ma non l'universo concentrato in forme e colori, soltanto la rappresentazione veritiera del posto in cui, purtroppo, si continua a vivere. È un percorso a ostacoli fra siringhe e bottiglie rotte, da un estremo all'altro della strada. Da un lato, vi sono le camicie allacciate fino all'ultimo bottone e le calze scure, i capelli legati e i sorrisi scoloriti come nelle vecchie foto. Nell'altra sponda vi sono i proprietari delle siringhe e dei cocci di vetro. Sono anche quelli delle scritte sui muri, delle risse, dei venerdì sera passati a bottiglie e pasticche.

Harry non li ha mai capiti. Ogni passo che compie, costeggiando quelle mura come abbandonate, diroccate, è una fatica immensa persa nel decifrare graffiti neri e sbavati. Nomi, frasi. Se Harry legge il nome di Ellie, improvvisamente quella sensazione di oppressione, al centro esatto del petto, comincia ad amplificarsi. Lui, di scritta, non ne ha mai fatta una. E le storie sui muri, non le ha mai capite. Riesce solo a pensare che Ellie si è sepolta in un bozzolo di coperte da cui non riemerge da giorni, in quella strana catatonia che sembra volerla divorare. Ma, tutto quello che Harry riesce a fare è tornare a casa, senza dire una parola. E forse, la verità,è che lui, Ellie, non l'ha mai compresa.

 

 

Chasing the clouds

 

 

Written in these walls are the stories that i can’t explain
I leave my heart open but it stays right here empty for days

 

Ripensando ad Ellie, la prima cosa che Harry ricorda, è che lei le scritte sui muri le trovava un sacco romantiche. Come se ci fosse stato davvero qualcosa di tenero o sentimentale in quell'ammasso di lettere storte, con le a che sembravano u e le doppie tutte sbagliate. Harry continua a vedersela davanti, Ellie con l'uniforme della scuola o Ellie con i jeans a toppe colorate del sabato mattina, mentre guarda estatica quel grandissimo ammasso di orrori grammaticali. Forse, in una tacita richiesta che Harry non ha mai voluto accogliere: sotto le battute demenziali, i capelli ricci e la fossetta sulla guancia, Harry è sempre stato lo stereotipo incarnato del ragazzo di buona famiglia. Nella camicia dell'uniforme, nei pantaloni un po' scuciti all'altezza delle tasche, è sempre stato l'ennesimo studente di una scuola qualunque. Non si è mai visto, Harry Styles, con una bomboletta in mano che scrive il nome della sua ragazza sul muretto del parco.

Harry è famiglia, e amici. Ed Ellie. Nei suoi ricordi congelati dal tempo, Harry non riesce ad andare abbastanza indietro per scoprire un mondo privo di Ellie. Dovrebbe ripercorrere tutti gli anni che hanno passato a uscire come amici, come due idioti che non riuscivano a interpretare i sottintesi. Solo che non lo fa mai. Perché dilaterebbe quel taglio fastidioso che Ellie gli ha fatto, al centro esatto del petto, così che si vede un pezzo di cuore e il tessuto spugnoso dei polmoni, dietro le costole. Ellie non esce di casa da dieci giorni, tre ore e venticinque minuti esatti. Harry ha provato a chiamarla, ad andare a trovarla ogni singolo giorno. Ha ricevuto solo un mutismo ostinato e irritante, con una tacita spiegazione che lui non ha mai chiesto. Perché, alla fine, lui continua a ricordarla com'era dieci giorno prima: con i capelli color nocciola tinti di blu scuro sulle punte, e quegli occhi incredibili color nerofumo. Ellie e il suo sorriso indescrivibile, con i denti che sembravano piccole perle incastrate fra le labbra impiastricciate di rossetto color corallo, con il naso un po' arricciato su un'espressione che si portava dietro dai suoi cinque anni. L'ultima volta che l'ha vista, quella prima Ellie era come stata fagocitata dal nulla: Harry ricorda di averla trovata accovacciata con la testa sul muretto del parco, accanto alla scritta che aveva il suo nome ma che risaliva a troppi anni addietro. Era una macchia color blu polvere, in quella tuta troppo grande per lei, con le maniche talmente lunghe che sembravano aver inghiottito le mani. Harry la ricorda così. La ricorda con i capelli tirati indietro sulla fronte, in una crocchia sfatta e disordinata, il trucco della sera prima dimenticato sul viso, come un clown spezzato e abbandonato per strada. E i lividi, come un bordo merlettato violaceo sul collo, sulle spalle, sulle braccia. Un taglio ancora incrostato di sangue, sotto lo zigomo, come un sorriso diagonale che s'infrangeva con l'angolo di quello reale.

Ripensandoci, Harry deve trattenersi dal fare diverse azioni, anche se nemmeno lui è completamente certo di sapere cosa fare, in caso. Perché vorrebbe correre da Ellie e abbracciarla, prendere la vernice e scrivere il suo nome sul muro nello stesso blu polvere dei suoi capelli, fare a botte con qualcuno, prendere una pasticca con i ragazzi dell'altro lato del parco. Potrebbe fare tutto questo allo stesso tempo, ma non servirebbe a nulla. Perché Ellie si è rinchiusa in camera sua e non mangia, non beve e non piange. Fissa il muro con gli occhi spalancati, come se stesse leggendo una storia lunghissima. Harry lo sa perché, una volta, la madre di Ellie l'ha fatto entrare in camera della figlia, sperando anche in un minimo movimento di lei che, nonostante tutto, continua a non muovere un muscolo. In quel momento, Harry è crollato. Si è sentito aperto a metà, con il cuore squarciato e completamente svuotato. Non è più tornato. Anche se Ellie continua a non uscire, tremando sotto le coperte, rifiutandosi di piangere. Harry è sicuro che esista una qualche divinità pagana che esige un debito di lacrime che lei si rifiuta di versare. Potendo, Harry pagherebbe per lei. Piangerebbe anche il suo sangue, se servisse a riportare Ellie fuori dal letto. Ma non può.

A scuola, nei corridoi, qualcuno ha cominciato già a raccontare quella storia. E tutti guardano Harry come un cucciolo abbandonato, perché Harry ed Ellie si sono lasciati da quando lei è stata violentata. Da quando l'hanno sbattuta contro un muro, prendendola da dietro, stringendo troppo forte su quella sua pelle delicatissima, strappandole ciocche di capelli e puntandole un coltello alla gola. Una biondina con più capelli che cervello, ha asserito che lei preferirebbe essere accoltellata piuttosto che stuprata. Harry ha dovuto combattere con la voglia di sgozzarla solo per avere conferma dell'incoerenza che avrebbe mostrato, al posto di Ellie. Lo chiamano “aiutare l'aggressore”, hanno spiegato per consolare Harry che continuava a pensare alla sua ragazza sbattuta contro un muro e poi stesa in un vicolo, con la schiena tagliata dai vetri di bottiglia. È successo nel parco, probabilmente vicino al muretto dove Ellie si era accovacciata il giorno seguente, come una bambina in cerca di conforto. Ma, il fatto che Ellie sia stata costretta ad “aiutare l'aggressore” non fa che aumentare l'angoscia che preme sul petto di Harry, come un macigno. È in ogni singolo incubo ad occhi aperti, Ellie che grida il suo nome contro la mano dell'aggressore che minaccia di sbriciolarle la trachea. La madre di Ellie, singhiozzando, ha detto che sua figlia non aveva nemmeno lottato così tanto, rispetto ad altre vittime di stupro che dovevi ricucirle pezzo per pezzo, dopo che riuscivano a chiedere aiuto. Il corpo di Ellie, sotto i tagli e i lividi e le escoriazioni e altre lesioni già in via di guarigione, è messo meglio di altri. La mente di Ellie, su quella, nessuno si pronuncia. Perché lei non parla e non esce da giorni, si rifiuta di andare da una psicologa o anche di guardare il suo ragazzo che paga per lei un debito di lacrime.

Harry, come lei, si è congelato in quell'istante. Si ferma nel parco, per ore, guardando un punto dove i cocci sono un po' di meno e gli sembra di vedere sbavature di sangue. Continua a immaginare Ellie, che era uscita senza di lui, che aveva quel vestito celeste sbiadito che le stava benissimo. Rievoca il momento in cui Ellie l'ha salutato, quel pomeriggio, dicendo che sarebbe tornata il mattino dopo, una volta smaltiti i postumi della festa di Lily. Ma Ellie non è nemmeno arrivata a casa sua. Harry non riesce a non pensarci, mentre la rivede con quel suo sguardo assente, mentre le sollevavano il vestito e le allargavano le gambe. Ellie, a casa, non ha fatto in tempo ad arrivarci.

 

***

 

She told me in the morning she don’t feel the same about us in her bones
it seems to me that when i die these words will be written on my stone

 

Harry torna a trovarla che è la mattina dei quindicesimo giorno, e ancora Ellie non ha trovato la forza necessaria per alzarsi e far vedere al mondo che è ancora viva. Harry non si è mai rassegnato. Quando finalmente la madre di Ellie ha chiamato, dicendo che sua figlia aveva chiesto di lui, il cuore di Harry ha mancato un battito. O magari anche due. Si è precipitato a casa di Ellie, accompagnato da un riluttante macchina-tenente conosciuto anche come Liam, prima di entrare trafelato nella camera della sua ragazza. E stentando a riconoscerla. Ellie si è come assottigliata nei giorni che sono passati, riducendosi a un lievissimo tratto di matita che si affila nei tratti del viso, nei capelli tirati indietro con troppa forza per scoprire il viso pallido come cera. Non ha reagito all'abbraccio di Harry, che ci ha messo troppa poca forza, sperando di non vederla frantumarsi come una bambola di porcellana. Se avesse alzato lo sguardo dalla spalla di lei, si sarebbe accorto che Ellie ha gli occhi lucidi. E avrebbe capito che tutti i pensieri su un ritorno della vecchia Ellie, della ragazza blu polvere che si è asciugata fra i cocci di vetro e il muretto, sono infondati e inutili. Non tornerà. Se la sono presa e l'hanno frantumata come una bottiglia vuota, come una bambola lanciata sul pavimento. Ma Harry non ce la fa, a comprenderlo, proprio non ci riesce. Continua a mormorarle dei ti amo che la fanno soltanto trasalire, ricordandole che è lei quella sbagliata. Usata, slargata, sporca. Una ragazzina accartocciata sui suoi spigoli, inutile.

«Harry, è finita» sono state le uniche parole mormorate da Ellie. «Non... io non posso più stare con te. Me lo sento nelle ossa, non posso continuare».

Per tutta la durata della visita, Ellie non ha detto più niente. Ha continuato a toccarsi la gola, in un riflesso involontario, mentre Harry continuava a parlare e parlare, esponendo argomentazioni che lei non udiva nemmeno. Sempre se Harry avesse prestato un minimo di attenzione in più, si sarebbe accorto che Ellie metteva le mani in un determinato modo. Il calco preciso delle impronte che aveva sul collo, sulla trachea, quelle che minacciavano di toglierle il respiro per sempre. Avrebbe anche potuto notare, Harry, i segni ancora visibili di tagli su tutta la lunghezza delle cosce. Ma non l'ha fatto. Harry ha continuato a mormorare di amore e di tutta questa gran marea di cazzate che, francamente, ad Ellie non interessano più. Quando Harry l'ha abbracciata, lei si è resa conto che non riuscirà mai più a farsi toccare da un uomo. Perché lei ama Harry, lo ama davvero. Ma, quando l'ha toccata, le ha fatto schifo. Ha ripensato al mondo che ondeggiava mentre lei si aggrappava, una volta al muro, una volta all'asfalto. Quando se n'è andato, Ellie non ha avuto la forza di dire altro. Si è avvolta in una coperta e ha nascosto il viso nel cuscino, casomai le venisse da piangere. Non succede mai. È finita. Harry è uscito a passi pesanti. Harry è uscito con il capo chino e una mano sepolta nei capelli, ripetendosi le parole di Ellie. Se si fosse voltato un'ultima volta, l'avrebbe vista abbracciare il cuscino come un pupazzo per un bambino che ha paura del buio e, allora, sarebbe rimasto. Non l'ha fatto. Ha continuato a ripetersi che è finita e che quelle, probabilmente, per qualche buffo e ironico gioco del destino potrebbero anche essere l'epitaffio perfetto per una persona qualunque.

 

***

 

And i’ll be gone gone tonight
the ground beneath my feet is open wide
the way that i been holdin’ on too tight

 

Harry si è perso nelle volute notturne del parco. Si è fermato, seduto sul muretto dove c'è il nome di Ellie, a guardare quel gigantesco via-vai di gente. Non ha la forza di muoversi, ormai, e deve lottare contro quell'enorme voglia di scappare. Se lo immagina già. Pensa a quando la madre di Ellie dovrà dire alla figlia che Harry è sparito, sparito in una voragine che si è aperta sotto i suoi piedi. Sarebbe bello. Sarebbe sempre meglio di una nottata passata a guardare un povero relitto che impreca in un angolo, perché non riesce a stappare una bottiglia di birra. Harry tiene duro, digrigna i denti. Anche se ha una discreta voglia di prendere anche lui qualcosa da bere o da fumare o di fare a botte. Non lo fa. Si congela sul muretto, con il fiato che diventa vapore e sale e sale sempre più su. La vorrebbe davvero, la voragine sotto i piedi. Harry si sfiora lo sterno, dove le costole si congiungono e il battito del cuore arriva attutito. Ci sono sere, in cui Harry vorrebbe non sentirlo nemmeno, come se non ci fosse nulla nel centro del suo petto.

 

with nothing in between

 

Gli basterebbe prendere il telefono e fare una chiamata. Ha ben quattro numeri di amici per le emergenze, sempre e comunque e dovunque. Non chiama nessuno. Harry si è come fossilizzato in quell'angolo del parco, preso a guardare i fantasmi come in un vecchio film. Se guarda un certo punto del muretto che pare estendersi per tutto il parco, Harry crede di vederli. Sono due e tengono Ellie per le braccia, l'unica sera in cui lui non ha potuto riaccompagnarla a casa. Li vede ridere e ancorarla al muro con il loro peso sgradevole, con il loro puzzo di alcol e, chissà, magari anche con una pasticca sciolta sotto la lingua o un buco appena fatto. E vede Ellie con il vestito sollevato lungo i fianchi, accartocciato, stropicciato. Le sue cosce bianche, nella luce della notte, sono qualcosa che fa male. A Harry viene da urlare. Vorrebbe tanto mettersi le mani sulla testa e spingere, perforando il cranio, afferrare il cervello e tirarlo contro il muretto. Userebbe la sua materia celebrale per scrivere storie e insulti, prima di morire. Una fine migliore di altre, dopotutto. Harry vorrebbe tanto riuscire a piangere: eppure sembra esser diventato una statua di sale e ghiaccio, che non riesce a versare una singola lacrima, come Ellie. Posando la mano sul petto e premendo forte, sente le sporgenze appena accennate delle costole. Non riesce ad avvertire il battito placido, appena accennato, del cuore. Sembra che non ci sia nulla. Quando Liam lo trascina, aiutato da Zayn e Niall, a Harry sembra ancora un sogno: non si è nemmeno accorto di aver avviato la chiamata.

 

***

 

The story of my life I take her home
I drive all night to keep her warm and time

 

In macchina, non fa che parlarne, mentre Niall continua a dargli pacche sulla spalla con aria sollecita. Continua a raccontare, come domato da fantasmi che non riesce a scacciare. Ricorda tutte le sere passate con Ellie, da quando hanno cominciato a uscire insieme. Non ne dimentica una. Perché si assomigliano tutte, in particolare quelle invernali, passate a coprire Ellie con la sua sua giacca, per portarla a casa in tempo e senza farle prendere freddo. Quando riesce a prendere fiato, Harry si accorge di aver pagato il suo debito di lacrime. Liam sorride, dallo specchietto retrovisore.

Probabilmente, sa già che Ellie è persa per sempre. Che sono finiti, i tempi in cui Harry vagava ogni sera per il parco, a prender freddo per tenere Ellie al caldo. Si sono come congelati, appiattiti, nella memoria di Harry. Liam ha un sorriso che ti toglie il fiato. Ma Harry, alla fine, ha smesso di respirare da un po' di tempo. Forse, si è congelato anche lui, in quei tempi.

 

Is frozen

 

***

 

Ellie non si è mai ripresa. Nel parco, quando trova la forza di uscire e si accovaccia sempre nello stesso punto, Harry l'ha vista piangere. Alla fine si è spezzata anche lei, che aveva giurato di non farlo mai. Lui non ha avuto la forza per andare a consolarla. Ha preso il cellulare e ha chiamato Liam, Louis, Niall e Zayn per farsi venire a prendere. E, nel parco, non ci è più tornato.

Ha sempre paura di rivedere Ellie, sempre più spezzata. Oltre al suo corpo, ha consegnato anche la sua mente. E il suo senno se l'è portato via il buio. Harry non potrebbe sopportare di vederla ancora. L'ha amata talmente tanto che fa male ripensarci. Anche in macchina con Liam e i ragazzi, con la musica sparata a palla e le risate che piovono come grandine dal cielo. Ha cominciato a nevicare. Sicuramente, nel parco, Ellie si sarà dimenticata la giacca. Harry deve stringere i denti per non chiedere a Liam di riportarlo indietro. Ha abbastanza forza per farlo: l'ha amata. Almeno finché Ellie non si è frantumata in via definitiva, come i cocci di vetro accanto al muretto.

Passandoci accanto, Harry ha riletto la scritta. Ellie si è rotta e tre punti esclamativi. In un certo senso, è proprio quel che è successo.

 

I spend her love until she’s broken inside 

   
 
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