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Autore: Lotiel    24/09/2014    0 recensioni
Una storia che non ha bisogno di essere capita fino in fondo. Semplice e senza pretese.
Si stringeva nel suo cappotto invernale e guardava davanti a sé, fisso.
Aveva il naso rosso per il freddo e per la troppa frizione del fazzoletto sulla pelle. Lo si sentiva ogni tanto starnutire, probabilmente aveva solo il raffreddore.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si stringeva nel suo cappotto invernale e guardava davanti a sé, fisso.
Aveva il naso rosso per il freddo e per la troppa frizione del fazzoletto sulla pelle. Lo si sentiva ogni tanto starnutire, probabilmente aveva solo il raffreddore.

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Era così che lo vedevo ogni giorno, appoggiato a quel muro e con lo sguardo fisso davanti a sé che guardava tutto e niente. Non mi ero mai avvicinata per chiedere come stava prima di quel giorno e ormai era diventato come una presenza costante nella nostra viuzza di esercizi commerciali.
Eravamo sempre chiusi dietro le nostre vetrate quando il gelo di quell’inverno in particolare non ci faceva mettere il naso fuori dalla porta. Non ricordo quante volte gli avevano offerto una bella tazza di tè fumante e lui, cortesemente, l’aveva sempre chiesto senza zucchero. Non un solo cucchiaino. Ma non c’era nulla di strano poiché molti nella via lo prendevano così.
Persa la novità, poche persone andavano da lui per offrirgli qualcosa, ma non perché sembrasse un barbone o cos’altro, ma perché se ne stava lì fermo ad osservare il nulla e non dava conto a nessuno.
Mi ero interessata a lui, chiedendogli da dove veniva, ma non mi aveva mai risposto completamente, solo delle parole appena accennate e quello sguardo azzurro che ogni tanto si posava su di me.
Era della zona e si chiamava Michael.
Non capivo nemmeno perché non andasse a casa, per scaldarsi un po’. Ma ora che ci penso , lo avevo visto spesso anche nell’estate di quello stesso anno. In pantaloncini ed infradito.
Portava un berretto di lana ogni volta che lo vedevo e sempre di un colore diverso che ben si abbinavano al colore del cappotto. Ogni tanto avevo anche visto una signora anziana avvicinarsi e prenderlo sotto braccio e lui, riluttante, l’aveva seguita.

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Una sola volta mi ero avvicinata a quella signora e, con un sorriso sulle labbra, mi aveva guardata. Era una signora sulla settantina, con poche rughe sul volto e degli occhi grandi e sinceri. I capelli erano quasi tutti bianchi e sulla testa portava sempre un cappellino dalla foggia particolare.
Non erano persone pericolose, tutti li conoscevano e una volta il panettiere mi aveva raccontato un po’ di storie.


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“Dimmi John, visto che tu conosci tutti da queste parti, chi è quell’uomo che sta sempre poggiato al muro dall’altra parte della strada?”
L’avevo chiesto con una particolare curiosità. Era il mio più grande pregio e il mio peggiore difetto.
John mi aveva guardata e poi aveva guardato il signore dall’altra parte della strada.
“Parli di Michael?”
Avevo annuito con una certa agitazione e l’avevo guardato con occhi pieni di aspettative.
John, mentre mi porgeva un bel panino alle olive appena sfornato (la mia passione), aveva osservato Michael con comprensione.
“Quello  è il figlio di Beatrice. Hai mai visto la madre in giro?”
Me lo chiese con una certa dose di enfasi, come se mi stesse rivelando il segreto del secolo.
E visto che io e la mia curiosità volevamo sapere, avevo annuito ancora una volta.
“Beatrice” e dicendo il nome, John, aveva sospirato. “Una delle donne più belle del quartiere, credimi. Anzi, forse in assoluto la più avvenente. Aveva un fascino che ti faceva cadere ai suoi piedi anche se lei non ti guardava affatto. Ma è sempre stata buona quella donna, sempre.”
Io avevo annuito a quelle parole, ma c’era qualcosa in quella storia che non mi piaceva. Una qualche specie di segreto che dovevo assolutamente sapere e quindi continuai a chiedere a John sulla faccenda.
“Cos’è successo?”
John mi guardò e per qualche istante non parlò. Il panettiere aveva spostato lo sguardo verso destra e poi verso sinistra e, con fare cospiratorio, si avvicinò a me.
“Beatrice si è sposata con uno di fuori che a quanto sembra l’ha lasciata per una più giovane. Quando la sua bellezza è sfiorita, quel malfattore ha deciso di lasciarla. Di uomini ormai ne sono rimasti davvero pochi.”
Lo aveva detto con una certa enfasi e scuotendo il capo da una parte all’altra in segno di diniego.
Io continuai a mangiucchiare il pane alle olive, ormai rimasto a poco più di un boccone. Infatti, il panino, non arrivò alla fine della mia domanda.
“Sì, ma a Michael cos’è successo?”
Lo chiamavo per nome, come se fosse un mio vecchio amico che aveva bisogno di aiuto, ma mi ero accorta da fin troppo tempo che lui non ne aveva affatto bisogno.  Era proprio così.
John aveva picchiato un palmo della mano sulla fronte e sorrise appena in mia direzione, per poi servire l’ennesimo cliente e tornare da me.
“Sembra che sia diventato così da un momento all’altro. Nessuno sa che cosa gli è successo e non sembra assolutamente interessato a ciò che lo circonda.”
Io avevo annuito, ma proprio in quel momento era entrato mio padre. Aveva bisogno di me in negozio.
“Devo andare” risposi. “Grazie per le informazioni” e detto questo feci l’occhiolino a John e andai ad aiutare mio padre nel nostro negozio di fiori.

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Dopo quella chiacchierata, la mia curiosità anziché affievolirsi si era acuita ancora di più e nei giorni che seguirono, aspettai la madre di Michael, Beatrice, per parlare direttamente con lei. Avrebbe potuto rispondermi che non erano fatti miei, ma speravo che avesse voglia di raccontare il problema. Sempre se di problema si doveva parlare.
Non era passata neanche una settimana che vidi la signora Beatrice portare qualcosa di caldo per Michael. Così presi coraggio e mi avvicinai.
Appena arrivata davanti alla donna, con le nuvolette di vapore che si condensavano davanti alla mia bocca per il freddo, mi rivolsi alla signora porgendole un piccolo fiore del negozio di mio padre.
“Buonasera signora. So che lei non mi conosce e non voglio in alcun modo importunarla”.
Beatrice in un primo momento sembrava volesse tirarmi una borsettaia in faccia, poi alla fine si rilassò e mi fece un sorriso che solo quello avrebbe potuto sciogliere tutto il gelo che si era creato intorno alla piccola stradina, accettando infine il fiore offertole.
“Cara ragazza, dimmi pure”
Mi voltai per qualche istante verso Michael, ma lui non dava attenzione ne a me, ne alla madre.
“Posso invitarla per un tè caldo?”
Beatrice guardò per qualche istante il figlio e poi annuì mestamente verso di me.
Poco distante, ci sedemmo a un bar dove prendemmo un bel tè caldo e tutte le domande che avevo bloccate nella testa stavano premendo per uscire fuori. Bevvi un sorso senza distogliere lo sguardo dalla signora e infine presi un po’ di quel coraggio che mi era rimasto e parlai.
“Magari le potrò sembrare inopportuna e vede in me una persona che vuole ficcare il naso nei suoi affari. Se non vorrà rispondermi, lo capirò”
La signora Beatrice mi guardò, come se avesse già intuito cosa volessi chiederle.
“Vuoi sapere perché Michael è così, vero?” mi rispose sorseggiando anche lei il suo tè. E con quella domanda mi spiazzò completamente, perché avrei dovuto rivedere tutte le domande che mi ero preparata.
“Non do la colpa al padre. Assolutamente. Purtroppo pochi anni fa se n’è andato per una grave malattia. Anche se non ci vedevamo più io e lui, Michael continuava a vederlo con il mio personale consenso. Sembra che questo abbia fatto impazzire mio figlio e da quel giorno non è stato più lo stesso. Taciturno e ossessionato.”
La guardai per qualche istante un po’ interdetta.
“Capisco la tua sorpresa.” Mi disse Beatrice con un sorriso triste sulle labbra. “Il padre è morto per diabete e Michael ha dato tutta la colpa a qualsiasi cosa avesse un po’ di zucchero”
“Ecco perché non vuole niente di zuccherato” annuì io.
Beatrice aveva risposto anche lei con un cenno del capo.
“Se noti bene” disse voltandosi prima verso Michael e poi verso il motivo per cui era sempre li su quella strada. “Lui è ossessionata dai dolci. Da piccolo li adorava, ma chissà cosa adesso gli passa per la testa. Purtroppo dando la colpa a questi ultimi per la morte del padre non ne mangia, ma li desidera.”
Rimasi per qualche istante senza parole e, avendo finito il tè, la signora Beatrice si alzò dalla sedia per tornare da suo figlio.
“Michael è impazzito e non sente ne freddo e ne caldo. Odia e ama i dolci nello stesso tempo e per lui questo è un pensiero costante, tanto che a volte dimentica anche di mangiare o di svolgere le normali necessità del corpo. Pensavo che sarebbe diventato lui il mio bastone per la vecchiaia e invece…”
Beatrice se ne andò salutandomi con un cenno della mano. Io rimasi seduta al tavolo del bar per qualche altro istante e ripensai a tutto quello che mi aveva detto la madre di Michael. Non potevo credere a questa storia tanto era inverosimile.
Mi alzai, pagai e andai verso il negozio di mio padre assicurandomi prima di una cosa.
Seguii lo sguardo di Michael e vidi ciò che non avevo notato per tutto quel tempo. Qualcosa che nessuno, credo, avesse mai notato come Michael la guardava.
Era la pasticceria di Fred.

 
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Angolo dell'Autrice

Questa storia l'ho scritta ispirandomi ad una canzone che forse avrebbe preteso una vicenda un po' iù importanta, ma quando ho cominciato a scrivere ecco cosa è venuto fuori.
Una storia che non ha bisogno di essere capita fino in fondo. Semplice e senza pretese.
Infatti non vi annoierò con qualche strano saggio su come è stata scritta o cosa. Semplicemente è uscita d'impeto.
Grazie di essere arrivati fino a qui.

Partecipante al contest indetto dalla pagina facebook "La crème della crème di EFP"----> "MUSA(CA)" con la canzone scelta: "Hysteria" dei Muse.


P.S.
Intanto volevo informarvi che se c'è qualcuno che sta seguendo le altre mie storie, sono in stallo a causa trasloco e completo rinnovamento della mia vita.





   
 
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