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Autore: v_vanny05    25/09/2014    0 recensioni
"Ginevra Di Maria aveva ventisette anni, e si era laureata da qualche mese in Italia. Non aveva ottenuto un punteggio particolarmente elevato, la matematica e alcuni docenti troppo rigidi le avevano impedito di ottenere la media alta che sognava al momento della sua iscrizione. Tra alti e bassi, il suo voto finale fu un discreto novantasette; non era un 110 e lode, ma i voti non sono tutto." - ha inizio così la storia di Ginevra, una ragazza come tante che decide di dare una svolta alla propria vita, senza conoscere cosa le riserva il destino.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

Ginevra Di Maria aveva ventisette anni, e si era laureata da qualche mese in Italia. Non aveva ottenuto un punteggio particolarmente elevato, la matematica e alcuni docenti troppo rigidi le avevano impedito di ottenere la media alta che sognava al momento dell’iscrizione. Tra alti e bassi, il suo voto finale fu un discreto novantasette; non era un 110 e lode, ma i voti non sono tutto.

Mentre ripensava, con una certa nostalgia, agli anni universitari, stava aspettando la sua valigia all’aeroporto. Non poté fare a meno di sorridere: si trovava a Londra, e non per una vacanza. Finalmente i bagagli cominciarono ad arrivare; iniziando a cercare la sua valigia con lo sguardo, raccolse i lunghi riccioli rossi in un elastico, formando una coda di cavallo.

Fuori da quell’aeroporto la vita la stava aspettando. Aveva passato anni a sognare Londra, quella città caotica e piena di opportunità.

L’emozione aumentò, facendola saltellare sul posto ed emettere un gridolino di gioia, quando finalmente vide arrivare la propria valigia viola. Prese al volo il bagaglio dal nastro trasportatore, facendone cadere altri due; arrossì visibilmente e corse via, biascicando qualche debole scusa, un po’ in italiano e un po’ in inglese.

Uscendo dall’aeroporto, trovò la fermata della metropolitana e ne scese le scale, iniziando a consultare la mappa con le linee per trovare il binario giusto.

«Menomale che mi sono fatta arrivare l’abbonamento via Internet» – borbottò tra sé e sé. Rischiava già di perdersi così, chissà dove si sarebbe ritrovata se avesse dovuto cercare un posto per fare i biglietti. Erano passati diversi minuti, e lei era ancora lì a fissare – senza capirci molto – le linee multicolore della cartina e il biglietto con segnato l’indirizzo.

“Forse dovrei prendere quella rossa”

Fece qualche passo indietro, per guardare la piantina da un punto di vista differente e, soprattutto, per lasciare spazio ai pendolari più esperti che sbuffavano esasperati dietro di lei. Il suo passo da gambero fu bruscamente interrotto quando andò a sbattere contro qualcosa, o meglio qualcuno. Passandosi una mano sul viso, perfettamente conscia della figuraccia, si voltò pronta a chiedere scusa in ogni modo. Alzando il viso, notò immediatamente un paio di occhi blu, all’interno di un bel viso dai tratti delicati, incorniciato da un accenno di barba. In quel momento, aveva voglia di scavare una buca nel terreno e sparire al suo interno.

«Oh… Ehm… Scusami io…»

Parlò talmente piano che il ragazzo non poté sicuramente sentirla, mentre lei udiva benissimo la sua risata.

«Stai cercando qualcosa?» – chiese lui gentilmente, indicando le linee della metropolitana.

Ginevra era un po’ riluttante a rispondere, ma poi cedette; ormai la figuraccia era stata fatta. Meglio ammettere di non avere un briciolo di senso dell’orientamento, che vagare per Londra. Mostrò al giovane il biglietto con l’indirizzo verso cui era diretta. Si torceva le dita mentre lui le mostrava il percorso che avrebbe dovuto fare.

“Mi perderò sicuramente”

Sospirò rassegnata, mentre le indicava una fermata della linea blu alla quale sarebbe dovuta scendere per cambiare linea.

«Aspetta, fammelo segnare» – tirò fuori dalla borsa il blocchetto per gli appunti e vi scrisse le indicazioni.

«Tutto chiaro?»

Il giovane lanciò un’occhiata perplessa al blocco note della rossa, ma per lei quegli scarabocchi erano chiarissimi.

«Certo, grazie mille!»

«Benvenuta a Londra, allora!»

Sorrise ancora una volta in modo educato e, tenendo strette le indicazioni per la metro si diresse finalmente verso il binario corretto.

Il treno arrivò in pochi minuti; non le sembrò neanche di aspettare essendo abituata agli autobus della sua cittadina, che avevano almeno mezz’ora tra una corsa e l’altra. Non trovò un posto a sedere, così cercò di stare almeno nelle vicinanze dell’uscita.

Prese dalla tasca il suo telefono, era spento ormai da giorni. Aveva lasciato un messaggio alla famiglia, prima di partire, dicendo che avrebbe cercato di avere una vita soddisfacente. Da quel momento in avanti, il suo desiderio più forte era tagliare ogni ponte col passato. Con un sospiro partito dal fondo dell’anima, smontò il cellulare e cambiò la scheda, mettendo il numero inglese.

«È la mia fermata!» – gridò a un certo punto, attirando l’attenzione degli altri pendolari. Sentirsi osservata non le era mai piaciuto e si ritrovò a bisbigliare delle scuse, mentre il suo viso prendeva il colore dei suoi capelli.

Senza perdersi, riuscì ad arrivare alla stazione di King’s Cross in largo anticipo. Si sedette su una panchina, appoggiando borsa e valigia in terra. Chiuse per qualche istante gli occhi, “ce l’ho fatta” pensò, e respirò profondamente. Quando si alzò decise di guardare la stazione, i negozi e ristoranti che conteneva.

Trovò un bar, dove l’insegna recitava “Caffè espresso italiano”; aveva seriamente bisogno di energie, quindi si avvicinò al bancone e chiese un caffè.

«Che è sto schifo?» – il barista la guardò male. Non voleva fare un’altra figuraccia ma quella brodaglia era davvero impossibile da bere, così guardò l’orologio che portava al polso e si affrettò a uscire, fingendo di essere in ritardo per chissà quale cosa di vitale importanza.

Si diresse verso i bagni per darsi una rinfrescata al viso e una sistemata generale, in modo da nascondere leggermente l’aria stravolta che era sicura di avere.

Non appena l’acqua fresca toccò la sua pelle, si sentì subito meglio. Rimase a guardarsi qualche istante allo specchio, indecisa se usare o no il correttore per nascondere le occhiaie che stavano crescendo indisturbate attorno ai suoi occhi verdi.

“Mi sa che è il caso di nasconderle un po’”.

Aprì la borsa che portava a tracolla, prese l’astuccio in cui metteva il necessario per il makeup e prese a passarsi il cosmetico. Decise che era il caso di usare anche un filo di trucco, giusto per non sembrare trasandata: un filo di matita e un ombretto dalla tinta naturale, mascara e un lucidalabbra trasparente ed ebbe l’impressione di essere cambiata totalmente, sentendosi più sicura di sé. Slegò i capelli e si mise a testa in giù, ravvivandoli con le mani. Quando fu nuovamente in posizione eretta sorrise al proprio riflesso, sistemando qualche ricciolo ribelle.

Fu proprio in quel momento che la vide. La sua figura non era la sola nello specchio, dietro di lei c’era una donna alta e bionda, con indosso una tunica, che la fissava con freddi occhi di ghiaccio. Non aveva sentito entrare nessuno, non aveva visto la porta aprirsi. E quella donna… era così strana. Aveva un’aria famigliare, eppure c’era qualcosa di sbagliato in quegli occhi che la scrutavano.

«Chi sei? Che cosa vuoi da me?» la sua voce uscì meno sicura di quello che si aspettava. La bionda non rispose, rimase immobile.

Ginevra si girò, per poterla guardare meglio, ma dietro di sé non c’era nessuno.

“Com’è possibile?”

Tornò a guardare nello specchio e trovò solo se stessa, con un’espressione spaventata in volto. Si sentì le gambe tremare e dovette reggersi al lavello.

“Che cosa succede? Non è possibile che mi sia immaginata tutto”.

Osservò ancora per qualche istante lo specchio, si pose più vicina, ma non c’era più niente, se mai c’era stato qualcosa.

Il rumore della porta che si apriva la fece sobbalzare, tanto che la signora che stava entrando si preoccupò sul suo stato di salute.

«Sto bene, sono solo stanca per il viaggio» - si congedò velocemente, per dirigersi all’agenzia immobiliare.

Camminare le fece bene, immersa nel traffico londinese non ebbe più modo di pensare a ciò che era successo nel bagno della stazione, era più impegnata ad attraversare guardando dal lato giusto. Da dove veniva lei poteva fare anche a meno delle strisce pedonali, a Londra, farlo, avrebbe significato suicidarsi. Fortunatamente quasi ogni incrocio era munito di semaforo e, sull’asfalto era indicata la direzione da cui arrivavano le macchine.

Dopo pochi incroci, finalmente trovò l’insegna “Home in London”. Appoggiò una mano sulla maniglia, si prese un istante per un respiro profondo ed entrò.

Il suo ingresso fu segnalato dal suono di un campanellino che richiamò l’attenzione di una delle impiegate, che si apprestò ad accoglierla.

«Buongiorno signorina, in cosa posso esserle utile?».

Ginevra frugò nella borsa in modo frenetico per alcuni secondi, quando ne riemerse aveva in mano la documentazione per il contratto d’affitto. L’impiegata prese i fogli che le porse, controllò alcuni dati al computer e sparì per pochi momenti nel retro, per tornare con un mazzo di chiavi.

 

   
 
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