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Autore: Dragon_Flame    26/09/2014    3 recensioni
Firenze, luglio 2013.
La vita di Lidia Draghi, adolescente alle prese con l'ultima estate prima degli esami e con la fine di una relazione sofferta, prende una svolta inaspettata nell'incontro con Ivan Castellucci, padre di Emma, che deve affrontare un difficile divorzio.
Una strana alchimia li lega e la certezza di aver trovato la propria metà si fa pian piano strada nei loro cuori. L'unico problema sta nella loro differenza d'età: vent'anni. Lidia ha diciott'anni, Ivan trentotto. Aggiungiamo poi una madre impicciona, un ex-ragazzo pedante, un fratello inopportuno e pseudo ninfomane, un'ex-moglie inacidita che cerca di strappare a Ivan la loro unica figlia e mixate il tutto.
Mille difficoltà ostacoleranno la relazione segreta fra i due protagonisti, ma il loro sentimento sarà più forte del destino che sembra contrario al loro amore?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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17.


 

L'undici settembre viene ricordato come data storica, data dell'attentato alle Torri Gemelle nel 2001. Nel 2013, invece, quel giorno sancì l'inizio del nuovo anno scolastico, l'ultimo per Lidia, Céline, Aurelia, Antonio e Alessandra, che avrebbero affrontato la maturità nell'anno seguente. I cinque studenti, con a Mauro, Eva e Matteo, frequentavano l'Istituto Paritario "P. Calamandrei", nel centro di Firenze.

Quella mattina prima dell'inizio del nuovo anno i cinque amici, insieme a Mauro, si incontrarono in un bar poco distante dall'istituto che frequentavano tutti e sei per poter fare colazione insieme. Il locale era situato sul Lungarno Corsini, dall'altra parte dell'Arno rispetto a Palazzo Guicciardini.

"Sai, Lì, avevo incontrato proprio ieri il professore di tedesco in quel negozietto di vestiti a poco prezzo vicino casa mia: era con la moglie. Bell'uomo, lui; peccato che sia già sposato..." chiacchierava allegramente Aurelia con l'amica, che era ancora mezza intontita dal sonno. La sera prima la ragazza s'era scambiata messaggi con Ivan fino alle tre inoltrate e alle sei e mezzo si era dovuta alzare per prepararsi ed incontrarsi con gli amici al loro bar preferito. "Sono riuscita a strappargli qualche nuova informazione sulla nostra classe... sai che quest'anno saremo in venticinque? Ci sono cinque alunni nuovi. E tre sono maschi!" cinguettò la ragazza, scrollando eccitata la folta chioma di ricci ramati.

I suoi occhi verdognoli splendevano d'entusiasmo.

"Wow, che notizia fantastica" commentò Céline in tono sarcastico, attirandosi l'occhiataccia di Aurelia.

"Be', almeno in classe non ci saranno più solo tre ragazzi" constatò Lidia, sbadigliando.

"Perché sei così attiva stamattina, Lì?" intervenne Antonio con un sorriso ironico.

"Ho smessaggiato fino alle tre, stanotte" replicò la castana senza riflettere, dandosi mentalmente della stupida subito dopo.

Infatti aveva attirato su di sé l'attenzione del gruppo.

"Con chi parlavi?" s'intromise Alessandra, la più ficcanaso tra tutti e sei.

Lidia tacque, facendo lavorare velocemente il cervello per trovare una risposta sufficiente ad evitare altre domande.

"Ehm... con... con..." balbettò, facendo vagare lo sguardo su ogni volto proteso verso di lei a fissarla ed ascoltarla con interesse.

"Con me" intervenne Céline, salvandola dalla curiosità morbosa della loro amica.

Aveva compreso con chi Lidia avesse parlato quella notte e, essendo l'unica della loro combriccola a conoscenza della sua frequentazione con Ivan, aveva deciso di aiutarla a proteggere il suo segreto, celandolo a tutti.

"E perché tu non sei una specie di zombie come Lidia?"

"Ma l'hai vista prima, Ale? Céline s'è scolata tre caffé stamattina! Lidia invece non ne prende nemmeno un goccio" ridacchiò Mauro ironicamente.

"Già è un miracolo che io sia sveglia" replicò la castana, emettendo un lieve sospiro di sollievo e lanciando una veloce occhiata piena di gratitudine a Céline e a Mauro. Quest'ultimo era ignaro del vantaggio che aveva procurato all'amica, ma la prima invece le rispose facendole l'occhiolino di nascosto, consapevole di poter rivendicare un favore, prima o poi.

Quindi l'intreccio dei loro sguardi si sciolse e le due si unirono al nuovo argomento di conversazione.

Intorno alle otto meno dieci il gruppo decise di recarsi all'edificio scolastico, che distava un cinque minuti buoni di strada a piedi. Una volta entrati, i sei si separarono al primo piano. Ognuno si diresse nella propria aula: nella classe terza dell'I.T.I. Informatica e Telecomunicazioni frequentata da Mauro e nella classe quinta del Liceo Scientifico Giuridico di Alessandra, Antonio e Céline. Aurelia e Lidia, invece, essendo compagne di classe, si diressero fino alla propria aula, trascinandosi a piedi fin dentro la classe quinta del Liceo Linguistico Internazionale di Palazzo Guicciardini.

Dentro la stanza già c'erano Heydar Lotfollahi, Eliana Rosati, Tommaso Romani e Andrea Ferrero, oltre a un molto cresciuto Enrico Alessi. Non appena Lidia scorse Enrico nel gruppo dei maschi lanciò un gridolino di felicità e si precipitò ad abbracciare il compagno di classe, che nell'anno passato non aveva visto perché quest'ultimo si era trasferito in Canada per un anno di studio intensivo di inglese e francese. Enrico era stato il compagno di banco della castana per i primi tre anni di liceo e, non appena la vide, si alzò di colpo dal banco per correre ad abbracciare la sua migliore amica.

"Non mi avevi detto che saresti tornato da noi per frequentare il quinto anno! Pensavo fossi rimasto a Vancouver!" lo rimproverò con dolcezza la ragazza, sciogliendo poi la morsa soffocante in cui aveva stretto l'amico.

"Volevo farti una sorpresa, Lilì" replicò lui con un sorriso, chiamandola con il soprannome che le aveva affibbiato in primo anno, ispirandosi alla vecchia canzone popolare 'Lilì Marlene'.

"Sei stato via un anno, ma quell'orrendo soprannome non lo hai dimenticato" rise la ragazza, mettendosi a sedere in uno dei posti in seconda fila.

"Dove sono le altre ragazze? Ancora non è arrivata nessuna!" si lamentò Andrea, lo scapestrato della classe, notoriamente il rubacuori della classe dai tempi del terzo superiore.

"Ci sono io, se permetti" lo salutò Aurelia, pavoneggiandosi. "Ed Eliana e Lidia."

"Ma ti ho vista anche la settimana scorsa, Auré... io voglio vedere le altre" scherzò il biondo.

Lidia e Aurelia salutarono velocemente gli altri compagni di classe, mano a mano che essi entravano. Al suono della campanella, Enrico fu chiamato fuori dalla classe dal Prof. Marzi, l'insegnante di tedesco, che gli disse di attendere insieme ai quattro nuovi compagni che si sarebbero aggiunti alla quinta quell'anno. Il professore fece l'appello, poi seguì un breve discorso di presentazione dei nuovi arrivati nella classe. Quindi li fece entrare uno per uno.

Enrico conosceva già tutti i compagni di classe e si mise a sedere dietro Lidia e Aurelia, in terza fila, mentre gli altri quattro studenti si facevano avanti per presentarsi.

I nuovi compagni si chiamavano Christof Schneller, Francesca Letizia Rossi, Federico De Luca e Alexandra Dragan. I primi due provenivano dalla sfilza di gente bocciata della quinta del precedente anno scolastico, mentre Federico si era appena trasferito da Roma a Firenze col padre e Alexandra aveva cambiato istituto perché in quello precedente aveva avuto problemi con i compagni di classe, che per un grosso equivoco si erano dimostrati razzisti nei confronti suoi e di altri due ex compagni di etnia differente che avevano cambiato scuola come lei. Christof e Francesca, essendo già stati compagni e conoscendosi bene, si sedettero allo stesso banco in prima fila parlando esclusivamente fra loro, mentre Federico e Alexandra facevano amicizia con la timida Eliana Rosati, solitariamente seduta al blocco di tre banchi in fondo all'aula.

La prima ora fu traumatica. Alberto Marzi cominciò subito a spiegare come si sarebbe delineato il programma dell'anno con tanto di approfondimenti. Aurelia, insieme alle altre numerose esponenti del genere femminile della classe, lo ascoltava con aria assorta, attendendo trepidante che il bel professore si voltasse per scribacchiare qualcosa alla lavagna, suscitando regolarmente più di un sospiro in ognuna delle sue studentesse, che ammiravano l'interessante panoramica offerta dal lato posteriore della figura palestrata e piacente dell'uomo.
Solo Lidia se ne stava con la testa accoccolata tra le braccia incrociate sul proprio banco, pregando qualsiasi entità superiore esistente di far terminare il prima possibile quella tortura in lingua madre. Per lei tedesco era una materia noiosissima, essendo per metà di ascendenza teutonica e conoscendo bene la lingua e la cultura. Sua madre Sara, infatti, faceva di cognome Meier ed era figlia di un'altoatesina e di un austriaco. La nonna materna di Lidia, Christiane, viveva a Bolzano, mentre suo nonno Friedrich era morto un anno dopo la nascita della prima nipote. Lidia non era mai stata in Trentino-Alto Adige dai parenti altoatesini, perché erano sempre loro, prima tra tutti la nonna, a recarsi a far visita alla famiglia Draghi a Firenze durante le vacanze e le festività, però contava di passarci un mese intero nell'estate successiva, una volta ottenuto il diploma. Si domandò per un attimo come avrebbe potuto resistere alla lontananza da Ivan per un lunghissimo, interminabile mese a Bolzano, incapace di accettare di doverlo trascorrere con la nonna intransigente, lo zio scherzoso e bonaccione, la di lui moglie monotona e compassata, i tre cuginetti maschi chiassosi e la cugina maggiore, di sedici anni appena, sfacciata ed estroversa. Molto aperta, quindi. In tutti i sensi, aggiunse Lidia con una punta di acredine.

La seconda e la terza ora andarono anche peggio della precedente. I venticinque ragazzi della nuova quinta furono obbligati dalla Prof. Laura Antonelli, l'insegnante di Storia dell'Arte conosciuta per l'acidità caratteriale che la contraddistingueva, a descrivere ogni minimo monumento che era capitato sotto ai loro occhi durante le vacanze, per chi le aveva trascorse fuori città. Tartassò a lungo il povero Federico, che proveniva da Roma, chiedendogli se avesse già visitato il Duomo Fiorentino, gli Uffizi, le ville medicee della provincia fiorentina oppure qualsiasi altro luogo d'arte di Firenze. La professoressa provava una sorta di venerazione infinita per il capoluogo toscano, culla del Rinascimento italiano ed europeo, che era il suo periodo storico ed artistico preferito. Perciò cominciò un interminabile monologo sulle innumerevoli bellezze della città, facendo letteralmente addormentare Lidia sul ripiano del proprio banco, che fortunatamente non fu scoperta grazie alla massiccia corporatura di Christof, il quale le stava seduto davanti, che la coprì per tutte e due le ore.

Il suono della campanella annunciò la ricreazione. I ragazzi si trascinarono fuori, formando gruppetti e piccoli capannelli oppure coppie. Alcuni, invece, preferirono starsene solitariamente da una parte, senza partecipare alla vita sociale di cui brulicavano i corridoi dell'istituto. Lidia e Aurelia scesero al piano inferiore, in compagnia di Enrico, Federico, Eliana ed Alexandra, i quali erano stati invitati a unirsi a loro.

Federico ed Alexandra non conoscevano la scuola e furono ben contenti di avere qualcuno che facesse loro da cicerone, in modo da non trascorrere la pausa da soli in classe o da non perdersi nel vasto edificio trecentesco.

I sei raggiunsero Antonio, Céline, Alessandra e Mauro, che li aspettavano davanti ai distributori di snacks.

"Ti trovo in forma" commentò la migliore amica di Lidia dopo aver abbracciato Enrico, che non si era aspettata di rivedere così presto.

"Be', ho perso peso. All'estero non si mangia bene così come in Italia" ammise il ragazzo, scatenando la risata della mora.

"Io te l'avevo detto di non partire... sei cambiato tanto, dal giugno 2012. Sei rimasto magro come un chiodo, se non addirittura dimagrito di qualche chilo."

"Più o meno siamo lì. Ma non sono qui per raccontarti dei miei drammatici mesi di sopravvivenza alla cucina canadese - che poi non era tanto male... solamente un po' troppo insipida rispetto a quella italiana. Piuttosto, voi che mi raccontate? Mi siete mancate un sacco."

"Ne parleremo più tardi e con calma, altrimenti non finiremo prima di stasera di scambiarci le esperienze vissute nell'ultimo anno" e Céline scoppiò a ridere.

"Forse hai ragione."

"Ragazzi, di cosa parlate di così interessante?" s'intromise Alessandra, come suo solito, interrompendo la conversazione tra i due.

"Di nulla in particolare. Si parlava" rispose frettolosamente Céline, che non sopportava l'invadenza dell'amica.

Sviando la chiacchierata su altri argomenti, i dieci ragazzi del gruppo formatosi di fronte ai distributori approfondirono un po' la conoscenza con le new entries, ossia Federico, Eliana ed Alexandra, fino a che il trillo della campanella segnò la fine della pausa, accolta con un brontolìo di malumore e protesta dalla maggior parte degli studenti.

"Alla prima assemblea con i rappresentanti d'istituto bisogna assolutamente chiedere di poter allungare la durata della pausa. Quindici minuti sono troppo pochi per sei ore di lezione al giorno" borbottò Lidia con gli amici, sbadigliando sonoramente un istante dopo.

"Già, ma per ora dovremo accontentarci. Prima della fine della settimana non la convocheranno" disse Céline, salutando poi la migliore amica con un bacio a stampo sulla guancia e con un cenno della mano rivolto in generale al resto della comitiva.

"E chi le sopporta altre tre ore?!" fu la protesta di Aurelia, seguita dai commenti degli altri cinque compagni di classe che stavano lentamente salendo al secondo piano per rientrare in classe.

Fortunatamente per loro, le lezioni seguenti furono più semplici da sopportare, almeno per Lidia. Le due ore di Filosofia e Storia passarono velocemente: il Prof. Guido Castellucci sapeva trasmettere con abilità gli insegnamenti delle materie che spiegava, entusiasmando gli alunni e facendosi adorare da quasi tutti. Ben pochi non capivano le sue spiegazioni, ma si trattava per lo più di studenti pigri ed estremamente distratti. Lidia, inoltre, aveva in simpatia quel professore anche grazie al suo cognome, lo stesso di Ivan.

Gli studenti della quinta linguistico trascorsero l'ultim'ora di lezione con la loro adorata professoressa di francese, la belga Floriane Ottaviani. L'insegnante, sapendo di avere cinque nuovi alunni, propose un innovativo gioco per favorire la conoscenza con la classe, in modo da incoraggiare nuove amicizie e una più forte coesione di gruppo tra i vari ragazzi e ragazze. L'ultima lezione, perciò, trascorse nell'allegria e in fretta, permettendo ai già tartassati studenti di rilassarsi e riprendersi un pochino dal primo giorno di scuola.

All'una e mezzo, quindi, gli alunni della quinta uscirono rinfrancati dal liceo, tornando a casa dopo sei ore di noiose lezioni da cinquanta minuti ciascuna.

Lidia salutò Céline, il cui padre Giorgio era giunto all'edificio scolastico per riaccompagnarla a casa, con un cenno frettoloso e salì nella Lancia Musa della madre, che l'attendeva per riportarla a casa.

Eva frequentava lo stesso istituto della sorella e, prendendosela comoda per salutare con calma le compagne di scuola, arrivò soltanto dieci minuti dopo, accolta dagli sbuffi annoiati della madre e dagli sbadigli ripetitivi e sonnolenti della primogenita.


 

***


 

Hey, come va? Sei sopravvissuta al primo giorno di scuola? :D


 

Recitava così il primo sms che Ivan inviò a Lidia dopo pranzo. La ragazza, ancora esausta per la notte trascorsa quasi in bianco, s'era appisolata in camera intorno all'una e cinquanta, cadendo preda di un sonno leggero subito dopo un pranzo veloce, ma dopo appena dieci minuti aveva avvertito la vibrazione del Samsung propagarsi sul suo ventre - Lidia si addormentava in posizioni molto strane, a detta di Eva - e si era svegliata di soprassalto, spaventata, trattenendo il respiro e osservandosi intorno smarrita e confusa.

Accorgendosi dopo qualche secondo che la causa di quel risveglio, a suo modo brusco, era il cellulare, la castana soffocò una colorita imprecazione fra i denti, addolcendosi di colpo non appena visualizzò il messaggio di Christian.

Christian era il nominativo falso che aveva dato al numero di Ivan, in modo da depistare la madre se questa avesse disgraziatamente letto i messaggi che si scambiavano la figlia e il collega di lavoro. Sara non riusciva a ricordare nemmeno il proprio numero a memoria, per cui i due non avrebbero avuto problemi se la donna avesse letto le dieci cifre. Anche nei messaggi non si chiamavano mai per nome, in modo da non tradirsi con i rispettivi parenti: Ivan non doveva farsi scoprire da Alessia, perciò inviava messaggi il più innocenti e vaghi possibile a Daria, il nominativo fittizio che copriva l'identità di Lidia, e lo stesso faceva la ragazza per salvaguardare la sua relazione segreta con l'uomo di fronte all'invadenza materna e fraterna. Già, perché anche Eva non poteva essere propriamente definita una persona che si faceva gli affari propri.

Di fronte a quella domanda le spuntò un sorriso esausto sulle labbra scarlatte.


 

Un inferno. Stanotte non ho dormito e stamane mi scoppiava la testa. Ho dormito per tre ore di lezione su sei e sono stata uno zombie per il resto della mattinata. Trai le tue somme da solo xD


 

Mi dispiace, dovevo staccare ad una certa ora.


 

Potevo farlo anche io, per cui non incolparti :)


 

Va bene. Io adesso comincio il turno, devo staccare. Ci sentiamo stasera alle nove.


 

Stasera sarò ancor più zombie di adesso, dato che non posso farmi un sonnellino pomeridiano, perciò mi faccio viva io se riesco ancora a stare sveglia, ok?


 

D'accordo. Buon pomeriggio, mio fiore. :*


 

Buon turno di lavoro, tesoro ^^


 

E, dopo questo breve ma intenso scambio di messaggi durato non più di cinque minuti, Lidia impostò una sveglia per le tre e mezza dello stesso pomeriggio, in modo da svegliarsi in tempo per prepararsi in maniera decente e arrivare in pochissimo ritardo all'appuntamento che aveva fissato per le quattro e mezza con Enrico e Céline di fronte all'entrata del Ponte Vecchio, in modo da poter trascorrere con i suoi due migliori amici di sempre qualche oretta insieme. Solo loro tre, da soli, dopo tantissimo tempo.

Quindi Lidia si assopì nuovamente in cinque minuti, sognando se stessa con la sola compagnia di Ivan in atteggiamenti piuttosto equivoci. Si svegliò intorno alle tre e venticinque, poco prima del trillo della sveglia, sudata e lievemente umida tra le gambe.

Cielo, devo smettere di pensarci o finirò per morirci, per quanta voglia ho di fare l'amore con lui!


 

***


 

"Cielo, Lidia, ci potevi mettere di più!" fu l'aspro rimprovero che Céline rivolse alla sua amica quando la vide, ansimante e affaticata, arrivare in fretta e furia con più di venti minuti di ritardo in sella alla sua mountain bike rossa, nera e bianca.

La castana le lanciò un'occhiataccia, scendendo prima ancora di arrestare effettivamente la corsa della bicicletta, riprendendo fiato per alcuni lunghi istanti prima di legare il mezzo a due ruote ad una sbarra metallica lì vicino. Paonazza per lo sforzo compiuto, senza respiro e umidiccia per il sudore provocato dalla fretta e dal calore di quella giornata di fine estate non ancora spazzata dai freschi aliti di vento settembrino, la ragazza si mise a sedere sul parapetto che isolava la strada dall'Arno che scorreva sotto nel suo letto plumbeo e placido, recuperando ossigeno ad ogni boccata d'aria che inspirava.

"Céli, non ti ricordavo così acida" la prese in giro Enrico, riuscendo a strappare una smorfia di disappunto alla ragazza interpellata e una risata stentata a Lidia, ancora esausta per lo sforzo.

"Céline, non l'ho mica fatto apposta ad arrivare in ritardo! Mi sono dimenticata di andare a fare il pieno per lo scooter, che si è spento poco dopo essere uscito dal cancello di casa mia. Non potevo lasciarlo in mezzo alla strada, perciò ho dovuto trascinarlo fino a casa e ho perso dieci minuti. Ho afferrato la bici e mentre pedalavo rapidamente per la fretta ho quasi fatto un incidente con due auto. E tutto questo per colpa di un fottutissimo scooter a secco!" sbottò Lidia, rispondendo con veemenza alla scortese aggressione verbale dell'amica.

"Scusa, non lo sapevo" si giustificò la mora, accomodandosi accanto alla castana e al loro amico con una zazzera color miele che gli ricadeva sugli occhi neri come pece e vivacissimi.

"La prossima volta leggimi nel pensiero come ti riesce sempre a fare" la rimbeccò Lidia facendole la linguaccia in un gesto molto infantile, scatenando l'ilarità degli altri due.

Ben presto tutti e tre si ritrovarono a ridere e a scherzare, raccontandosi a spizzichi e bocconi gli avvenimenti salienti dell'anno trascorso l'uno lontano dalle altre due.

"E quindi cosa è successo con questa Ashley, una volta che ti sei fatto prendere a pugni dal suo ragazzo?" domandò Celia ad Enrico, un po' per curiosità, un po' per conversare e un po' per farsi gli affari dell'amico a proposito del suo turbolento anno passato all'estero.

Lui accennò ad una smorfia delusa.

"Niente. Mi sono tenuto i miei lividi e lei non si è fatta più viva. Quella stronza. E pensare che mi aveva pure detto di essere single. Io non sono del posto, non conoscevo nessuno di quelle parti, perciò che ne potevo sapere che lei stava con quel colosso tutto muscoli e niente cervello di Brian, quello scimmione irsuto di due metri e passa? Comunque, dopo si sono lasciati. Me lo ha detto Mathieu via mail qualche tempo fa. Lei era tornata a cercarmi e credeva che fossi ancora ospite da lui, ma ero già ripartito. C'è rimasta male quando ha saputo che non c'ero più e che non me ne poteva importare di meno di lei, ma le sta bene. Così impara a giocare con i sentimenti dei ragazzi" finì di narrare il biondo, attirandosi uno sguardo di disapprovazione da parte della bruna.

"Ehm, Enrico... ti consiglierei di non parlare più dei sentimenti di ragazzi e ragazze, specialmente di fronte a Céline" tentò di ammonirlo Lidia, gettandogli un'occhiata eloquente.

Lui lesse subito negli occhi della bruna un moto di tristezza e di disaccordo e le chiese prontamente cosa era successo, incurante dell'occhiata di severo ammonimento lanciatagli dalla castana.

"Diego mi ha lasciata. E pensa che mi tradiva perfino con una con cui aveva affermato di non frequentarsi più! Mi ha illusa, Enrì, mi ha illusa e mi ha fatta soffrire tantissimo, e poi tu dici che sono le ragazze a far soffrire i ragazzi! Ma come la mettiamo con Diego?" borbottò Celia, scoppiando poi inavvertitamente a piangere di fronte ai suoi due amici esterrefatti.

"Oh, Céline... mi dispiace" mormorò lui all'amica, cingendola con un braccio per consolarla, mentre Lidia, dall'altra parte della panchina, afferrava e stringeva con forza la mano della ragazza.

"Scusa, Enrico, non volevo accanirmi, in fondo non hai mica colpe, tu, tuttavia sentire quella frase mi ha provocato così tanta rabbia dentro che sono scoppiata" singhiozzò la giovane, asciugandosi velocemente le lacrime che scivolavano sulle sue guance paffute sfregandosele via con il dorso delle mani.

Tirando su col naso, la ragazza riuscì a recuperare un po' di compostezza.

"Dài, su... quel coglione non ti merita. Non merita le tue lacrime, né la tua nostalgia e il tuo dolore. Vedrai che ritornerà da te strisciando come un verme per chiederti perdono e..."

"... e allora lo schiaccerò sotto una scarpa, con violenza, con forza! e gli farò capire una volta per tutte che non deve permettersi di trattare così la sua fidanzata, né me, né qualsiasi altra donna sulla terra!" esclamò Céline in uno slancio di determinazione, tirando fuori la sua solita grinta che in quei momenti sembrava essere andata a farsi un giro a quel paese.

"E...esatto" balbettò Enrico, stupito dall'accanimento dell'amica, di solito ben più placida, un po' come le acque tranquille e sonnolente dell'Arno. "Tu invece che mi racconti di bello, Lilì? Come va con Robi il Mollusco?" chiese poi, tirando fuori il soprannome che aveva affibbiato all'ormai ex-ragazzo di Lidia.

Non era mai riuscito a sopportare Roberto: gli pareva troppo affettato, troppo smielato, troppo molle e decisamente troppo poco virile per potersi meritare una ragazza, a detta di Enrico, meravigliosa e dolcissima come la sua migliore amica. Lo giudicava anche un po' troppo efebico, con quei tratti somatici delicati e i modi languidi e schizzinosi, ma non lo aveva mai detto alla giovane, temendo di offenderla. Lo soprannominava Mollusco per la mollezza e la languidezza dei suoi gesti e del suo comportamento, scatendando puntualmente le risate di tutti i presenti.

Lidia scoppiò a ridere a quella domanda inaspettata, lasciando di stucco il suo migliore amico maschio.

"Con Roberto ho chiuso più o meno tre mesi fa... o sono quattro, Céline? Non mi ricordo neanche quando!"

"Hey, ma questa è stata l'estate delle rotture, per caso? Mi sono perso un sacco di eventi" protestò il biondo, scatenando l'ilarità della castana e causando l'apparizione del broncio sul bel volto triste dell'altra amica presente.

"E non è tutto" aggiunse Lidia, facendosi improvvisamente più vicina. L'espressione del suo viso si contrasse, diventando subitaneamente incerta e combattuta. "Però... non so come la prenderai. Ciò che sto per dirti deve rimanere tra di noi e spero che tu lo accetti, perché mi rende felice e appagata, nonostante il segreto sotto il quale deve rimanere celato."

"Che c'è, sei diventata l'amante di qualche quarantenne sposato ed annoiato, per caso?" la buttò sullo scherzo Enrico, ridacchiando ironicamente.

A quelle parole, tuttavia, l'amica si zittì e assunse la colorazione di un estintore, instillando un dubbio nella mente svelta e scaltra dell'amico.

"Ma, Lilì... non sarà mica... mica vero, spero... Eh?" balbettò il biondo, preso alla sprovvista da quell'inatteso silenzio imbarazzato della castana.

La ragazza prese un respiro profondo.

"Be', diciamo che, per quanto riguarda la parte del quarantenne sposato, ci siamo quasi. Per quanto concerne invece la parte del coniuge annoiato e dell'esserne amante, invece sei proprio fuori strada."

"Chi è questo tizio, Lidia? E come hai fatto a conoscerlo?" cominciò ad indagare il biondo, lanciando un'occhiata truce all'amica. "Ti rendi conto che si tratta di un quarantenne, per di più sposato e magari con dei figli?"

"Ivan si sta separando" puntualizzò la ragazza sulla difensiva.

"Ah, si sta separando... non dirmi che lo fa per stare con te perché non ci credo. Gli uomini, specie a quell'età e con matrimoni falliti alle spalle, sanno essere dei grandi bastardi, specialmente se ci sono in mezzo delle giovani idealiste e romantiche, un po' come te. E anche un po' ingenue, fammelo dire."

"No, non lo fa per me. Io sono capitata per caso nella sua vita, all'inizio di quest'estate. Ivan ha appena cominciato le pratiche di separazione legale, ma la sua unione matrimoniale era in crisi già da molto tempo prima."

"Quindi saresti diventata l'amante di un uomo separato che, per sfogare le frustrazioni della sua vita coniugale in crisi, si diverte ad illudere una diciottenne! Ti pare un essere con una spina dorsale, questo? E' un decerebrato anche peggiore di Roberto!"

"Enrico, fammi finire di parlare! Io non ho deciso di confidarmi con te per ricevere critiche su una faccenda che ancora non ti ho raccontato per intero. Io sono felice con lui. E sono certa di non illudermi, perché Ivan è un uomo sincero, onesto, leale. E non credo che si voglia solo divertire con me, perché altrimenti mi avrebbe già voluta portare a letto, non credi? E' così che fanno gli uomini stronzi, o sbaglio?" replicò seccamente la castana, facendo tacere l'amico per qualche secondo, immerso nelle sue frenetiche riflessioni.

"Come lo hai conosciuto?" chiese questo semplicemente, chiedendo poi a Céline di sedersi dall'altra parte della panchina per parlare faccia a faccia con Lidia.

"Ivan è un collega di lavoro di mia madre."

"Ah, ecco perché dovete tenere segreta questa vostra... relazione."

"Esatto. Lui inizialmente fuggiva di fronte alle mie timide avances, mi aveva confessato di provare dei sentimenti e mi aveva anche baciata, ma poi si era richiuso a riccio, dicendomi che non voleva farmi soffrire, che non voleva coinvolgermi in una storia complicata e da mantenere assolutamente segreta per la buona conservazione dell'amicizia tra lui e mia madre e del rapporto affettivo tra lei e me. Era disposto a dimenticare. Ma alla fine si è fatto avanti e mi ha chiesto di frequentarci. Si è detto anche pronto a chiedere il permesso ai miei genitori di poterci vedere regolarmente e senza doverci nascondere, per cui evidentemente lui non ha mai avuto intenzione di ingannarmi. Sono stata io a rifiutare, ma ancora lui me lo domanda, qualche volta, per sapere se desidero ancora mandare avanti la nostra storia in questo modo. Sono io a rifiutarmi, perché conosco bene i miei genitori e so che non ce lo permetterebbero mai. Io mi fido di lui e della sua parola, così come del suo comportamento sempre corretto e schietto nei miei confronti. Non è doppio. Ivan con me è sincero e rispettoso. Soprattutto, mi rende felice, e questo è tutto ciò che chiedo, almeno per ora."

"Va bene, non dirò più nulla a riguardo, ma voglio conoscerlo prima o poi, ok? Voglio giudicare di persona la correttezza del suo comportamento nei tuoi confronti. E spero che la tua fiducia sia ben riposta, perché, se si azzarda a far soffrire la mia migliore amica, gli insegnerò io a temere la furia incontrollata di un quasi diciannovenne scapestrato come me!" terminò Enrico, abbracciando poi l'amica per comunicarle tutto il proprio appoggio incondizionato.

Lidia strinse fortemente a sé il corpo sottile dell'amico, che pareva rasentare l'anoressia per quanto era magro.

Una terza persona si aggiunse alla stretta: Lidia ed Enrico avvertirono l'abbraccio energico e affettuoso di Céline.

"Ricordati di ciò che ti ho detto quella volta, Lidia" mormorò semplicemente la bruna, facendosi comprendere al volo dalla sua best friend, che annuì con decisione a quell'ammonimento.

"Tranquilla, Celia. Se Ivan si dovesse rivelare un uomo non meritevole di fiducia, parlerò con i miei genitori. Sono ingenua, ma non completamente rincretinita. Saprò cosa fare, in quel frangente."


 

***


N.d.A.
Ciao a tutti!
Innanzitutto, grazie a controcorrente per aver recensito lo scorso capitolo e grazie a chiunque abbia visualizzato la storia o la segue, siete tanti e mi rende felice sapere che la storia vi piace!
Dunque dunque, la scuola alla fine deve ricominciare anche per Lidia, eh! Mica poteva succedere solo ed esclusivamente ai poveri malcapitati della vita reale - tra cui anche me, che inizio il quarto... yeeeee! - ... e quindi ecco qui la classe di Lidia e i professori della ragazza, gli stessi dell'anno prima.
Si fa un po' più luce sulla famiglia di Lidia.
Viene introdotto un nuovo personaggio, Enrico, il più caro amico maschio della protagonista. Rispunta dal Canada dopo svariati mesi e, insieme a Céline, sarà il custode del segreto di Lidia, ovvero la sua relazione con Ivan. Che ne pensate di lui?
Bon, termino qui e non vi tartasso più. Spero che il capitolo sia piaciuto e che non ci siano errori di grammatica! In caso contrario, segnalate, grazie :)
Alla prossima, ciao!


Flame
  
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