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Autore: Ikki95    26/09/2014    1 recensioni
Le prime righe della storia: "Batti dati al computer, riordina scartoffie. Alzati per prendere un caffè, vai in bagno. Torna al pc, scrivi un resoconto su una vendita. Sorridi ad Anita mentre risponde al telefono, scherza con Alfred su quanto le donne non sappiano fare a guidare. Ripeti l'operazione all'infinito ed otterrai la vita di Joseph, impiegato della GIE, Global Industry of Economy. Per lui era sempre stato così: buona famiglia, colloquio di lavoro con tanto di raccomandazione da parte di papà e posto garantito a soli 25 anni..."
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Batti dati al computer, riordina scartoffie. Alzati per prendere un caffè, vai in bagno. Torna al pc, scrivi un resoconto su una vendita. Sorridi ad Anita mentre risponde al telefono, scherza con Alfred su quanto le donne non sappiano fare a guidare. Ripeti l'operazione all'infinito ed otterrai la vita di Joseph, impiegato della GIE, Global Industry of Economy. Per lui era sempre stato così: buona famiglia, colloquio di lavoro con tanto di raccomandazione da parte di papà e posto garantito a soli 25 anni. All'inizio, indubbiamente, tutto filava per il meglio. Lavoro poco faticoso, colleghi simpatici, riunioni aziendali mai invadenti e soprattutto un ottimo stipendio. E poi, bhè... Claire. Era un dannato schianto, quando l'aveva conosciuta. Era stato amore a prima vista, di quello che si racconta ai bambini nelle favole. Si erano fidanzati e adesso convivevano da un anno. Quando tornava a casa dal lavoro, Joseph si portava a letto una donna da urlo e al mattino si svegliava sapendo di potersi godere i suoi soldi. E di mocciosi neanche a parlarne; Claire non li voleva. Una vita perfetta. Ma adesso, dopo 5 anni della stessa routine, quel "tlick tlack" continuo che lui e i suoi colleghi compivano picchiettando le dita sulle varie lettere e numeri della tastiera gli stava dando sui nervi. Adesso ogni rumore di quell'ufficio gli pareva un fracasso insensato: il rumore del caffè che veniva erogato dalla macchinetta, quello di Anita che chiacchierava con le sue colleghe di lavoro spettegolando di come Katia avesse tradito suo marito o di quanto fossero belle le scarpe della catena Diamond; odiava il rumore della sedia di Alfred, la quale mugolava come un cagna in calore quando quel viscido ciccione ci si siedeva sopra. Da qualche settimana, ogni volta che Joseph udiva un suono che lo aveva accompagnato da quando aveva iniziato ad essere uomo, si portava le mani alla testa, disegnandosi dei piccoli cerchi sulle tempie con le dita.
"Non ne posso più, cazzo." Pensava. "Perchè, perchè, perchè? Ho la vita che tutti vorrebbero avere eppure mi sento stanco, vuoto."
Se ne voleva andare, Joseph. Non era più a suo agio. Ma ovviamente non poteva. Se se ne fosse andato il suo capo, Andrew, lo avrebbe licenziato seduta stante (e come biasimarlo, d'altronde). Aveva sempre avuto la nomea di uno severo, eppure scavando nella memoria Joseph non si ricordava di averlo mai visto. Si ricordava di aver sentito Anita che spettegolava su quanto fosse maiale Andrew ad averci provato con lei, una volta che l'aveva chiamata nel suo ufficio, ma Joseph aveva sempre pensato che si stesse inventando tutto.  Si ricordava anche di aver sentito Alfred parlare di quanto fosse stronzo Andrew a non dargli mai un aumento di stipendio, ovviamente mentre stava biascicando una ciambella ripiena di canditi. Eppure Joseph non riusciva ad andare oltre con la memoria, come se anche i suoi ricordi fossero incatenati a quel dannato edificio senza poter uscire.

Le 6. Tutti gli impiegati uscirono ordinatamente dall'edificio. Joseph si diresse a casa a bordo della sua cabrio nera, una delle tante auto che aveva cambiato in questi 5 anni di lavoro alla GIE. Tornò a casa e girò la chiave nella serratura.
"Ciao, tesoro."
Claire lo avvinghiò al collo stampandogli un lungo bacio sulle labbra. Capelli neri corti, orecchini a cerchio d'oro 18 carati e corpo slanciato, aiutato dai tacchi che indossava perennemente, anche in casa. Una vera sventola. Joseph ricambiò il bacio e raccontò la noiosa giornata di lavoro alla fidanzata, durante la cena. Omise i dettagli sui suoi pensieri, a Claire non sarebbero piaciuti. Probabilmente i pensieri che stava facendo da qualche settimana a questa parte non sarebbero piaciuti neppure a suo padre, o a suo madre, anche se stranamente Joseph non sapeva dire il perchè, come se sentisse per istinto delle cose ma non riuscisse a ricondurre tutto all'origine. Claire e Joseph fecero l'amore, quella sera, ma mentre lo faceva, Joseph aveva la testa da un'altra parte. L'indomani, seduto alla sua scrivania, ripensò alla sera prima. Se neppur il sesso aveva più sapore che cosa lo aveva, in quella gabbia dorata? Si decise: doveva parlare con Andrew, il Direttore della GIE. Pensò che se avesse chiesto un'udienza regolare ci avrebbe messo mesi per ottenerne una, così tagliò la testa al toro. In fondo, era risaputo che il Direttore avesse il suo ufficio al cinquantesimo piano dell'edificio. Si assentò durante la pausa pranzo, tra il marasma di uomini in giacca e cravatta e donne in camicia che si affollavano a prendere posto alla mensa, come se avessero trovato la Terra Promessa. Joseph s'infilò nel primo ascensore e schiacciò il tasto numero 50. A ogni piano l'ascensore emetteva un suono. Joseph si guardò allo specchio e si mise a posto la cravatta, annodandosela per bene. Notò suo malgrado che lo stress di quei giorni gli aveva fatto perdere qualche capello. "Poco male" - si disse - "di sicuro non ho perso il mio fascino." Bisogna ammettere che se c'era una cosa che non mancava a Joseph quella era la sicurezza. Tutta la sua vita si basava sulle sicurezze, a partire dalla famiglia benestante, passando per il successo con le donne fino a quello lavorativo. Joseph si sentiva bene con il suo corpo, e non aveva mai avuto bisogno di fare palestra poichè aiutato da Madre Natura.
Cinquanta. Era arrivato. Le porte dell'ascensore si aprirono e Joseph s'incamminò per la grande sala antistante a lui. Le vetrate davano sulla zona industrializzata della città: per fortuna Joseph non soffriva di vertigini. Anche la segretaria del signor Andrew  era andata momentaneamente a strafogarsi con gli altri: via libera. Entrò dalla porta dell'ufficio del Direttore senza neanche bussare. Lo vide seduto alla sua scrivania, intento a scrivere qualcosa a mano.
"Prego, signor Kenton, venga dentro."
Joseph si sorprese. Il signor Andrew non aveva neppure alzato gli occhi dalla sua scrivania, eppure lo aveva visto entrare e sapeva il suo cognome.
"Di cosa ha bisogno?" Chiese il Direttore.
Joseph rispose, anche se un po' intimorito da colui che aveva di fronte: "Senta, ehm, io volevo dirle che..."
"Lei voleva lasciare questa azienda, dico bene?"
Joseph strabuzzò gli occhi. Che il Direttor Andrew fosse un mago? Come diavolo faceva a sapere che cosa avesse intenzione di chiedergli?
"S-Si..."
Andrew posò la penna. "Venga con me." Si alzò dalla scrivania e spostò uno dei libri posti nella biblioteca personale dello studio del Direttore. Lo scaffale si mosse, rivelando una stanza nascosta.
"Stiamo scherzando?" Pensò Joseph. Quelle cose le aveva viste succedere solo nei film. Almeno, in quelli che si ricordava di aver visto. Mosso dalla curiosità prese a seguire il suo capo. Egli lo precedeva con le mani dietro alla schiena. Dopo pochi passi, i due si ritrovarono davanti a centinaia di schermi. Ciò che Joseph vide fu incredibile: tutti i dipendenti della GIE erano costantemente osservati. Fissò ogni schermo per un tempo indeterminato: riconobbe Anita, e pure Alfred. E vide anche la sua scrivania.
"Sorpreso, signor Kenton?"
"Che cazzo sta succedendo qui?" Joseph si fece scontroso.
"Oh, per piacere, eviti l'ira, signor Kenton. E' normale che lei reagisca così."
"Perchè ci spii, eh? Che cosa vuoi da noi? Che cosa vuoi da me?"
"Io non vi spio, signor Kenton. Io ci controllo. Crede che mandare avanti un'azienda come questa, la quale controlla l'economia di tutto il continente, sia un'impresa facile?"
"Non me ne frega un cazzo dei suoi discorsi sui soldi o di quanto sia faticoso il suo lavoro, io voglio delle risposte."
"E le avrà. Ma prima mi dica, che cosa si ricorda della sua infanzia?"
"Cosa te ne frega?"
"Lei vuole delle risposte, signor Kenton. Mi dia prima ciò che voglio io."
Joseph deglutì con violenza. "Poco o nulla. Mi ricordo qualcosa, ma è tutto sfocato. Quando ero al liceo, ero in macchina con degli amici e a causa di un incidente con l'auto ho subito un urto alla testa. I medici non hanno potuto recuperare i mieri ricordi."
Andrew sorrise beffardamente. "Molto bene, noto ancora con piacere che il sistema funziona."
"Di che cazzo stai parlando?"
"Vede, signor Kenton, lei crede di aver avuto un incidente d'auto. Ciò che non sa è come noi della GIE scegliamo i nostri dipendenti. Vede, grazie a questa bellezza qua dietro..." Indicò il supercomputer al quale erano collegati gli schermi. "Siamo in grado di calcolare con assoluta precisione vari parametri persino nei neonati. Lei, signor Kenton, è stato riconosciuto come un dipendente modello: poca inclinazione alla ribellione, mente facilmente controllabile e dedizione ad un lavoro ben retibuito, nonchè mancanza di ideali solidi. E' quasi come poter predire il futuro, solo che voi credete di poter scegliere autonomamente il vostro."
"Tu sei fuori di testa... Devi esserti bevuto il cervello..."
"Oh, lo so, signor Kenton, è difficile accettare la verità quando si è abituati a vedere il mondo in un certo modo. Ma mi creda, è raro che i nostri calcoli siano errati, anche perchè cerchiamo sempre di non farvi mai mancare nulla. Da quando vi compriamo dai vostri genitori..."
Joseph lo interruppe. "Da quando ci comprare? Cosa vai farfugliando? Vorresti dire che... Quelli che conosco io... Non sono i miei veri genitori?"
"Esattamente. I suoi veri genitori l'hanno venduta a noi per una cifra che definirei ragionevole. E ovviamente in cambio che noi non le rivelassimo mai i loro nomi. Tutto ciò che lei pensa di sapere di sè stesso, o della sua vita, è il risultato di un chip che le abbiamo installato da bambino."
Il senso di vuoto attanagliò Joseph, il quale si mise istintivamente una mano alla testa. "Cosa...? Tutto...? I miei genitori..."
"Vedo, signor Kenton..." Continuò il Direttore. "Come le stavo appunto dicendo, da quando vi compiramo dai vostri genitori, diventate proprietà della GIE. Solo bambini dotati del chip di controllo possono frequentarsi, e anche i professori che vi hanno insegnato a leggere e a scrivere hanno impiantato il nostro chip di controllo. E, allo stesso modo, sua moglie Claire lo ha, e anche tutti i suoi colleghi. Con questo espediente noi della GIE riusciamo ad assicurarci generazioni pure di futuri dipendenti che continueranno a svolgere il lavoro che noi richiediamo senza farsi domande. E' tutto prestabilito, signor Kenton. Eppure... Evidentemente dobbiamo aver commesso un errore."
Joseph respirava affannosamente. "Che cosa vuoi dire?"
"Si è mai domandato come mai nessuno mi abbia mai visto? La risposta è semplice: nessun impiegato della GIE si lamenta della GIE, nessun uomo o donna si lamena per la vita che gli offriamo; NESSUNO. Ma lei si, signor Kenton. Dove abbiamo sbagliato con lei?"
Joseph non capiva, era come frastornato da tutte quelle notizie. "Io... Io non voglio più far parte di questo mondo, io mi licenzio."
Andrew scoppiò in una sonora risata. "Licenziarsi, signor Kenton? Non ci si licenzia dalla propria vita; non si può abbandondarla se siamo stanchi di lei, non crede?"
"Io voglio farlo! Non voglio più vivere sotto il controllo di qualcuno, voglio vivere la MIA vita, avere una famiglia che finalmente mi ami e un lavoro che non mi succhi via l'anima!"
"Non glielo pemetterò, signor Kenton." Andrew si avvicinò al computer alle sue spalle e premette qualche tasto. Sugli schermi apparve la rappresentazione tridimensionale del suo cervello. "Una volta che avrò premuto invio, una scarica elettrica letale le arriverà direttamente al cervello. Lei deve morire, signor Kenton. La GIE non può permettersi fallimenti."
"No...! Non voglio, non così!" Joseph non perse tempo e corse verso Andrew, placcandolo con foga. Il Direttore era rimasto sorpreso da quell'azione e non aveva fatto in tempo nè a scansarsi nè a premere quel tasto. I due finirono a terra, e Andrew sbattè forte la testa, perdendo conoscienza.
"E adesso che cazzo faccio, che cazzo faccio..." Joseph si stava agitando: aveva aggredito uno degli uomini più importanti del continente, e rimaneva il problema di tutto ciò che aveva scoperto sulla sua vita. Non sapeva cosa fare, ma sapeva che non gli importava di continuare a vivere in quel modo. Si avvicinò al grande marasma di fili elettrici che collegavano il supercomputer alla presa di corrente e fece l'unica cosa che in quel momento gli parve sensata: strappò via la spina dal muro provocando un cortocircuito. Si gettò a terra, ma una esplosione lo sovrastò. Perse conoscenza.


Aprì gli occhi piano, quasi disturbato dalla luce che gli arrivava luminosa in faccia. Provò a muoversi, ma era tutto anchilosato. Notò che al braccio destro aveva collegata una flebo. Capì di essere in ospedale. Un dottore, vestito con il consueto camice bianco, entrò nella stanza con una cartellina in mano.
"Signor Kenton, si è svegliato, finalmente!"
"D-dove mi trovo...?"
"Lei è in ospedale, signor Kenton. L'abbiamo dovuta sottoporre ad un intervento chirurgico al cervello: le abbiamo asportato un chip di dati."
"P-per quanto sono stato incoscente...?"
"Per due giorni. La polizia è stata allertata dai passanti che hanno udito l'esplosione nell'ufficio del direttore. Hanno scoperto tutti i file della GIE e un'ambulanza l'ha portata qua. Lei non riacquisterà i ricordi della sua infanzia, ma da adesso in poi, grazie all'operazione, potrà vivere una vita normale."
"D-dice sul serio, dottore...? E... della GIE? Cosa ne è del Direttore?"
"Il suo capo è stato arrestato. Dovrà testimoniare al processo, quando la dimetteremo. Lei è considerato l'elemento chiave della vicenda. Se la sente di prendere questo fardello, signor Kenton...?"
Joseph sorrise. Finalmente, per la prima volta nella sua vita, sentiva di aver il potere di scegliere, si sentiva libero anche se incatenato ad un letto, e sentiva di poter finalmente iniziare a vivere.
"Certo."





 
Spazio dell'autore: ecco un'altra one shot, stavolta con un tema un po' più "stravagante"! Fatemi sapere che cosa ne pensate, accetto tranquillamente critiche e consigli! Grazie, e buona lettura!
P.s: vi lascio i link per altre mie fan fiction, passate anche lì, se vi va!
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