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Autore: DreamWanderer    27/09/2014    3 recensioni
Draco abbandonò quel riflesso per andarsi a sedere sul letto a baldacchino. Pose il mento sulle mani giunte a pugno, cercando di riflettere.
Non riusciva a credere che la ragazza che aveva visto sfilare come una prostituta sul tappeto di un night club fosse la Sanguesporco Grifondoro Hermione Jean Granger.
STORIA VINCITRICE DEL TITOLO "BEST AU" DEL "neverending stories awards", ottavo turno.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Il trio protagonista, Serpeverde | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'All for Love'
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Just For Love

    Friend or Foe?


Le settimane cominciarono a susseguirsi, accavallandosi, confondendosi, dilatandosi inesorabilmente in mesi; i giorni scorrevano tutti uguali, pur essendo tutti diversi, ed Hermione li navigava come una barca a vela sospinta da folate di libeccio, tanto in fretta da inciampare tra quei numeri neri e rossi segnati sul calendario, a volte addirittura rimuovendo dalla memoria interi quadratini.

Il tempo sembrava non bastarle mai: il corso serale di Medimagia a cui si era iscritta le impegnava le serate fino a tardi, così Theodore aveva cominciato a ridurle gradualmente i turni di lavoro alla sede londinese di Chez Daph, decidendo alla fine di farla lavorare solo nei pomeriggi, cosicché le mattine potesse passarle a studiare; il weekend era sempre una giostra da calibrare con una perfezione quasi architettonica in modo da non scontentare nessuno – né le ex-Serpi, né gli ex-Grifoni.

La situazione le aveva improvvisamente permesso di tirare fiato quando Ginny aveva proposto di cominciare ad uscire tutti assieme: lei stava frequentando Blaise, Harry e Pansy ormai sembravano essere diventati l’uno il completamento dell’altra… che senso aveva continuare a mantenere i gruppetti divisi, fingendo di non conoscersi?

Tuttavia, Draco si era immediatamente chiamato fuori dalla proposta, accettando di ospitare il gruppo sui terreni della sua famiglia o tra le stanze dello Châteu, quando i ragazzi decidevano di passare le giornate isolandosi dal caos di Diagon Alley, ma senza mai prendervi parte attivamente, limitandosi a fare comparsate o ad offrire gentilezze quali inviti per cene o picnic – ma, d’altra parte, era ciò che gli si confaceva da cortese, impeccabile padrone di casa qual era.

Anche Theodore e Daphne partecipavano raramente alle loro uscite, essendo entrambi due individui più scostanti e riservati, ma non disdegnavano la compagnia per passeggiate a cavallo o, anche se più raramente, sortite di shopping durante i saldi post-natalizi.

Con Ronald, invece, era… beh, era guerra aperta.

Il rosso si opponeva strenuamente a qualsiasi iniziativa contemplasse la presenza di chiunque non facesse parte di quella ristretta cerchia di persone che, ad Hogwarts, erano state la sua famiglia, finendo per costringere Harry ed Hermione a dividere i weekend in maniera più indolore possibile, nonché riempiendo sua sorella Ginny di tonanti scenate di gelosia riguardo a “quel disgustoso escremento umano con cui si ostinava ad andare in giro” – una frase che la rossa aveva riferito smorzando i termini che, di certo, non erano stati affatto altisonanti.

C’era da dire che Blaise si era comportato da gran signore, trattenendosi dallo spaccare la faccia al delizioso fratello maggiore della sua ragazza – sfasciando, in compenso, tutti i bersagli per il tiro con l’arco di Draco, che però gli aveva sorriso e gli aveva offerto il palmo della mano in un complice “batti-il-cinque”.

Il clima di sopportazione, però, non era affatto destinato a durare: Ginny stessa stava già dando segni di cedimento, avendo sempre mal sopportato qualsivoglia genere di interferenza nelle sue vicende sentimentali, ed Harry stesso cominciava ormai ad averne abbastanza di tutto quel fracasso.

Hermione, dal canto suo, la pazienza l’aveva esaurita da parecchio: il suo rapporto con Ronald era uno sfacelo, per quanto il rosso continuasse a considerarla “la sua ragazza” nonostante lei quasi non gli rivolgesse la parola neppure durante le loro uscite. No, ormai la riccia ne aveva avuto abbastanza di quel ragazzino capriccioso ed infantile. Le cose su cui si stava concentrando davvero erano il corso di Medimagia, il suo lavoro e… il suo rapporto con Draco.

Difatti, Malfoy e la Granger sembravano bloccati in un’impasse tutta loro: non si ignoravano e non si evitavano, ma nemmeno interagivano particolarmente l’uno con l’altra; era come se avessero deciso di mettere in attesa qualunque cosa potesse causare un cambiamento nel loro rapporto, al punto da aver persino lasciato in sospeso il discorso riguardo alla cicatrice di Draco. Eppure, la tensione tra di loro era evidente e vivace, guizzante come una corrente elettrica ad alto voltaggio che non si sarebbe lasciata imbrigliare ancora a lungo… ma sembrava aver bisogno di qualcosa prima di poter finalmente esplodere in libertà – qualcosa come una spintarella, un catalizzatore.

Un punto di svolta.

Un punto di svolta che arrivò, puntuale, circa nove settimane dopo quella furiosa litigata tra lei e Ronald che aveva fatto tremare i cancelli dello Châteu.

|~*~|

Hermione terminò di scrivere un’ultima cifra e ripose la penna stilografica con evidente soddisfazione, contemplando orgogliosamente il risultato di quel test di prova che il suo professore di Lesioni da Incantesimo le aveva fatto avere, in via del tutto eccezionale: 100%.

La sua vena da studentessa perfezionista non l’aveva per niente abbandonata, rifletté la riccia, sorridendo però di fronte a quelle tre cifre sinonimo di impegno ed eccellenza.

Era stato così bello riscoprirsi ancora impaziente di apprendere, e tanto brava a capire e memorizzare. Lo studio l’aveva avvolta come un piumone caldo, confortandola e rassicurandola, dimostrandole quanto – nonostante quel periodo buio da cui ormai si era quasi completamente ripresa – non fosse poi così cambiata dai tempi della sua adorata Hogwarts.

Uno scricchiolio la riportò improvvisamente al presente, facendo svaporare il ricordo delle scalinate di pietra; la giovane si affrettò a coprire la prova del test di valutazione per la richiesta d’apprendistato presso il San Mungo, proprio nel momento in cui una cliente tutta sospiri si avviava all’uscita con un’espressione beata in viso. La signorina – una trentenne – lanciò un’ultima occhiata sognante al bel massaggiatore del centro estetico, poi salutò con cortesia ed infilò la porta. Annabelle, che stava riordinando le riviste della sala d’attesa, aspettò che fosse completamente fuori vista, poi controllò rapidamente l’orologio; un sorriso sbocciò sulle sue labbra sottili.

-E anche oggi è fatta!- esclamò con un sorriso, stirando leggermente la schiena per sciogliere le spalle un po’ affaticate.

Si affrettò a girare la targhetta che pendeva sul battente a vetri, decretando così la fine, per quel giorno, delle attività. Il suo sguardo dardeggiò verso l’alto quando un tintinnio di acciaio contro vetro richiamò la sua attenzione: c’erano delle campanelle a vento appese alla porta della nuova sede babbana di Chez Daph.

Era un aggeggino semplice, una di quelle impalcature orientaleggianti a cui erano appesi tanti tubicini di metallo, che trillavano finemente nel cozzare gli uni contro gli altri al minimo soffio d’aria, o quando la porta ci sbatteva contro nell’aprirsi.

Tin-tin-tin…

Era un suono che Annabelle amava. Un suono familiare, lieve, ma per lei tanto tiepido. Le ricordava i pomeriggi passati a giocare sul portico della nonna, con le campanelle che suonavano allegre quando si alzava il vento che le scompigliava immancabilmente i capelli.

Però erano ricordi lontani… così irrecuperabilmente lontani: appartenevano a un’infanzia non ancora segnata dalle liti che avevano consumato la sua famiglia, che avevano condannato sua sorella, e che ora rischiavano di schiavizzare anche lei.

Divorzi. Litigi. Ebbrezza. Rabbia.

Tin-tin-tin.

E quel suono che tornava a salvarla, strappandola ai suoi ricordi grazie alla porta che si richiudeva docile dietro al cliente appena entrato, e che ora lei doveva rispedire in strada e pregare di ripassare in orario di apertura con tutta l’affabilità in suo possesso!

--Ci dispiace ma abbiamo appena chiuso, la preghiamo di tornare dom__-- si bloccò, riconoscendo di colpo chi aveva davanti, e rabbrividendo. --__ani.--

Sentendo la seguente pausa di silenzio sconvolto, Hermione alzò gli occhi dagli incartamenti e dalle ricevute di cui si stava occupando e li fissò sull’ingresso.

La potenziale cliente era una giovane donna dai capelli bruni, legati in un distratto nodo sotto la nuca. Aveva un viso pulito, libero da qualsiasi traccia di trucco, eccezion fatta per un filo di matita che accentuava l’implacabilità dei suoi occhi grigio ardesia – occhi che, in quel momento, sembravano aver raggelato la piccola Annabelle, che aveva l’espressione terrorizzata di chi ha visto per la prima volta Nick-Quasi-Senza-Testa togliersi la testa dalla gorgiera senza essere preparato.

Fu quel particolare a spingere Hermione ad intromettersi. --Posso aiutarla, signorina?--

La donna spostò lo sguardo sulla riccia, producendosi immediatamente in un sorriso cortese e fece per replicare, ma la sua voce venne sovrastata dal furioso squillo delle campanelle appese e dallo sbattere del battente.

Ronald Weasley aveva fatto il suo ingresso da Chez Daph, e non sembrava affatto di buon umore.

--Non sei ancora pronta ad andare?-- esordì, irritando immediatamente la giovane Granger.

--Ronald, ti avevo detto che sarei venuta a casa da sola, non ho bisogno che tu mi venga a prendere come se fossi una bambina.--

Annabelle sbuffò sonoramente, chiudendo gli occhi e scacciando con irritazione i ricordi dolorosi che le riaffioravano alla mente ogniqualvolta si creasse un litigioso trambusto nell’ambiente in cui si trovava. Svincolandosi con difficoltà dallo sguardo della malcapitata cliente, infilò il corridoio e si diresse senza colpo ferire verso l’ultima porta: lo studio di Theodore.

Bussò due volte con cortesia, attendendo il cenno che le desse il permesso di entrare, così schiuse l’uscio e vi fece capolino.

--Signor Nott, posso disturbarla?--


--Ronald, non ti sopporto più!-- stava strillando Hermione nell’esatto momento in cui Theodore apparve dalle ombre del corridoio, le labbra strette per l’irritazione e il viso tirato.

--E io non sopporto questo comportamento, invece.-- s’intromise, facendo scattare la riccia all’indietro al solo suono della sua voce. La scrutò in volto, pensieroso, dispiaciuto eppure inflessibile. --Capisco tutto, Herm, ma ti pregherei di risolvere le vostre beghe al di fuori del posto di lavoro.-- la riprese, cercando di suonare comprensivo e severo al tempo stesso. Quando si rivolse al rosso, invece, ogni traccia di disponibilità si era dileguata dalla sua espressione come neve al sole. --Signor Weasley.--

Ron gli rispose uno sguardo sprezzante, ma qualcosa in lui venne profondamente inquietato dall’occhiataccia implacabile del bruno. --Nott, che vuoi?--

--La prego cortesemente di non importunare più le mie dipendenti sul luogo e in orario di lavoro.-- lo informò, avvicinandoglisi di qualche passo e mormorando: --Anche perché di certo non mi spingerai a licenziarla facendola sbottare di proposito qui in negozio.--

Le orecchie del giovane Weasley avvamparono. --Io non__!--

--La prego di uscire, adesso, in modo da permetterci di chiudere in tutta tranquillità.-- lo interruppe immediatamente Theodore, affatto intenzionato a dare ulteriore legna da ardere a quella ridicola discussione. --E di scusarsi con la nostra cliente per la scena penosa a cui l’ha costretta ad assistere.-- aggiunse, indicando la sconosciuta bruna con un gesto della mano.

Ronald digrignò i denti, come se fosse tentato di ringhiare, ma si trattenne. Dedicò uno sguardo di sfuggita alla ragazza in questione, fece un cenno contrito col capo e infilò la porta senza aggiungere altro. Theodore, per buona misura, diede un giro di chiave.

--Non si preoccupi, signorina, è solo per scongiurare ulteriori sfuriate.-- sorrise affabile alla cliente, che in risposta ridacchiò affatto preoccupata.

--Nessun problema.-- li tranquillizzò, voltandosi poi verso Annabelle. --Sono solo passata per recuperare mia sorella e portarla a casa.--

Theo annuì. --Annabelle non ci aveva detto di avere una sorella.--

La giovane in questione chinò il capo, arrossita, brontolando qualcosa che suonava molto come un “so camminare anche da sola” che però la bruna non mancò di cogliere.

--Lo sai perché insisto, Annie.-- la riprese con gentilezza, un’ombra a oscurare un secondo i suoi occhi.

Hermione, dal canto proprio, non riusciva a togliersi l’impressione di aver già visto la maggiore delle due brune…

--Shannon, io non__--

--Se non è un problema posso riportare io Annabelle a casa.--

Tutti i presenti si voltarono verso Keith, il giovane massaggiatore ventiduenne. I suoi occhi verdi scrutavano attentamente il volto di Annabelle, chiaramente preoccupati dall’evidente disagio che vedeva solcare l’espressione di colei che, nel corso di quei due mesi passati a lavorare assieme, considerava ormai una sua cara amica.

La ragazza gli sorrise con gratitudine, arrossendo appena e ringraziandolo con un cenno – ringraziandolo, soprattutto, per lo sguardo intenso che stava rivolgendo a lei e non a quella gnocca impareggiabile che era sua sorella Shannon.

--Posso, Shannie?-- le domandò, sempre senza guardarla negli occhi.

La maggiore le sorrise con affetto. --Ma certo, ci mancherebbe altro. State attenti per strada, okay?-- aggiunse infine, rivolgendosi al ragazzo con espressione gentile.

Annabelle raccolse in fretta la borsa e il cappotto, poi Theo aprì ad i due la porta e sparirono nell’aria frizzante della sera londinese.

Shannon li guardò perdersi tra le ombre prima di voltarsi verso il bruno. --Signor… Nott, mi è parso di aver capito, potrei scambiare due parole con la sua gentile collaboratrice per prendere un appuntamento?--

Il giovane ex-Serpeverde inclinò appena il capo lateralmente, ma non mostrò altri segni di disagio o sorpresa. Annuì verso la bruna con gentilezza e si avviò verso il corridoio per tornare al suo ufficio, senza però lesinare un “chiamami se hai bisogno” mormorato a mezza voce mentre passava accanto alla sua amica.

La riccia annuì, perplessa, sorridendogli debolmente mentre lo guardava svoltare l’angolo per poi riportare le proprie iridi ambrate in quelle grigie – grigie di un piombo tormentato, anche troppo familiare per i suoi gusti – della bruna.

--Signorina Shannon, vuole prenotare un massaggio o vuole provare alcuni dei nostri prod__--

Ma quella fece un gesto di noncuranza con la mano, trapassandola con un’occhiata tanto intensa da parerle quasi disperata. --Hermione, mi devi aiutare.--

|~*~|

Camminava di corsa, Hermione, marciando con passo deciso verso i sobborghi di Londra, infilando una stradina tortuosa dietro l’altra con una disinvoltura che, col senno di poi, avrebbe tanto voluto non avere. I suoi piedi calcavano il percorso con una naturalezza dettata dall’abitudine, mentre la sua mente era libera di vagare tra quei ricordi sconvolgenti, risalenti ad appena due giorni prima.


Lo sguardo della sua ex-collega è confuso, ma Shannon si aspettava di non venire riconosciuta.

--Mi scusi, ma io non credo di averla già incontrata, signorina…-- tenta infatti la riccia, strappandole un sorriso amaro.


--Permettimi.-- si scusa.


Con un solo gesto l’elastico per capelli scivola via dalla sua nuca, e le sue dita scompigliano quella chioma di crini in modo da lasciarla più gonfia e voluminosa. Stringe le labbra in una smorfia altera e superba, sollevando il mento e dedicandole uno sguardo dall’alto in basso, piegando la bocca in un mezzo sorriso irriverente, un luccichio birichino ed invitante negli occhi improvvisamente piatti e opachi.


Vede il riconoscimento farsi strada immediatamente sul visetto impallidito di lei.


--Shanya?!--



Era stato uno shock, per Hermione, riconoscere in quella pulita giovane donna bruna la ragazza spregiudicata e sicura di sé che tante volte aveva calcato con lei la stupida moquette rossa di quello che, dopo il suo licenziamento, aveva cominciato a definire come un “disgustoso bordello”.

Non sapeva, esattamente, cosa in quel momento la stesse spingendo a ripercorrere quel labirinto di viuzze che l’avrebbe riportata nuovamente lì, tra quelle stanzette asfittiche ed appariscenti che era stata felice di non vedere per così tanto tempo. Ma alla preghiera accorata di Shannon proprio non era stata in grado di fare orecchie da mercante.


--Uno degli scout dell’ometto ha adocchiato Annabelle.--

Shannon guarda lo sgomento dipingersi sui tratti ancora tirati della giovane, e capisce di aver trovato qualcuno che, anche se non potrà aiutarla, per lo meno l’ascolterà.


--Non voglio che venga tirata dentro queste schifezze. Io in un certo senso ho avuto poca scelta, o facevo così o non sarei nemmeno riuscita a mangiare, e ora sto cercando di trovare un’altra strada. Ma Annie non deve finirci in mezzo.--



Non aveva chiesto a Shannon quale fosse stata la sua storia, non ne aveva avuto bisogno e di certo non ne avrebbe avuto il diritto. Aveva colto qualcosa qua e là, ovviamente, tra il suo racconto e i tanti piccoli indizi che facevano capolino durante le chiacchierate distratte con Annabelle – divorzi, sfratti, studi incompleti e bollette da pagare –, ma non sarebbe certo andata a chiedere i dettagli di una vita a una ragazza che, alla fin fine, nemmeno conosceva così bene.

Eppure questo favore glielo voleva fare. Shannon le aveva chiesto solo di tornare al night-club e al suo menu clandestino per convincere il gestore a lasciare in pace Annabelle.


--E cosa pensi che possa fare io per convincerlo?!-- le chiede la riccia, la voce notevolmente più acuta a causa della pressione che il suo discorso accorato le sta scaricando sulle spalle.

--Non lo so! Un tentativo, Hermione, ti chiedo solo un tentativo, piuttosto denuncialo per il bordello.--


--Shannon, se io lo denuncio, tu__--


Ma lei l’aveva interrotta con uno svolazzo determinato delle dita: non aveva bisogno di sentirselo dire.

--Troverò un modo, ma Annabelle deve essere al sicuro. Deve finire gli studi e viversi la sua vita senza interferenze da mondi del genere. Ci sto lavorando anche io, ho quasi preso una laurea e con quella potrò cercare un lavoro che possa darmi un po’ di respiro dal punto di vista finanziario. Ma per tenere dietro a tutto ho bisogno di sapere che Annie è a posto.--


Ancora non sapeva che cos’avrebbe fatto… ma un tentativo che male può fare?, si chiese, mentre contemplava la scala antincendio che l’avrebbe condotta ai salotti clandestini del night-club.



L’ometto tarchiato che piantonava l’atrio dello strip club tirò un immenso sospiro di sollievo quando il battente affacciato sulla scala antincendio si richiuse sonoramente alle spalle della loro ex-collaboratrice Hermione: fu lo stesso sospiro che aveva esalato alcuni mesi prima, quando una fatina furiosa dagli sbarazzini capelli bruni lo aveva affatto candidamente minacciato di non avvicinarsi mai più alla giovane donna che se n’era appena andata.


Entra con un passo disinvolto, sicuro, tanto spavaldo che lui, quasi, la scambia per una nuova collaboratrice. Invece bastano le sue poche, dure parole intimidatorie d’apertura per fargli cambiare drasticamente idea.

Chiama subito i due energumeni che si occupano della sicurezza, allarmato dalla rabbia e dal disgusto così evidenti nello sguardo della brunetta, ma l’effetto sortito è nullo: i gorilla sono storditi a terra in appena un battito di ciglia – non l’ha nemmeno vista muoversi, per l’amor del cielo!


--Ora ascoltami bene, inutile omuncolo tirapiedi che non sei altro.-- esordisce quella furia di donna afferrandolo per il bavero e tirandolo a sé, costringendolo a stendersi sul banco dietro al quale siede appollaiato su uno sgabello. --Voi lascerete in pace la mia amica Hermione, sono stata chiara? Niente pedinamenti, niente intimidazioni, niente ritorsioni. Se pesco anche solo l’ombra di uno dei vostri scout nelle sue immediate vicinanze torno qui, ti cavo gli occhi e ci giocherò a biglie sul tuo sporco, puzzolente cadavere. Ci siamo capiti?--



L’ometto tremò al ricordo, visibilmente inquietato, sollevando la cornetta per dare nuove disposizioni a quello scout che, sicuramente per caso, aveva malauguratamente incrociato la strada della riccia – sperando ardentemente che la furia non ne sapesse ancora nulla!

|~*~|

Annabelle picchiettava a terra con un piede, nervosa e a disagio, il tacco di gomma delle ballerine che ticchettava soffice contro le piastrelle di marmo levigato. Hermione la guardava di sottecchi, alzando furtivamente lo sguardo dalle ricevute di tanto in tanto.

--Non capisco perché hai chiesto a mia sorella di passare a prendermi.-- soffiò distrattamente, evidentemente indispettita per quell’accordo che la riccia aveva preso con Shannon.

--Perché stasera Keith non c’è per accompagnarti a casa visto che ha preso un giorno di malattia.-- le rispose la giovane Granger con pacatezza, continuando a scribacchiare con la sua adorata stilografica sulla sull’agenda che usavano come registro di conto.

Sentì la sua giovane collega brontolare, piccata, borbottando un “non sono più una bambina” che la fece sorridere. Ma quando le campanelle a vento tintinnarono, annunciando l’entrata di Shannon, tutta l’impazienza della ragazza parve improvvisamente svaporare, come se dopotutto non è che avesse tutta quella voglia di sorbirsi la strada di casa in compagnia della sorella maggiore.

--Non c’è bisogno di guardarmi così, Annie, stasera guidi tu per tornare a casa.-- le fece l’occhiolino la maggiore, ristorando immediatamente il suo entusiasmo e strappando una risatina divertita ad Hermione.

--Ti aspetto in macchina!-- annunciò Annabelle afferrando la borsa e correndo fuori in un tintinnante, caotico scalpiccio.

--Sì, ma non partire senza di me!-- le gridò dietro Shannon, divertita, per poi girarsi con espressione grave verso la sua ex-collega.

Per Hermione era sorprendente accorgersi di quanto quel viso potesse essere reso irriconoscibile dal semplice mutare della smorfia sulle sue labbra.

--Mi hai chiamata.-- constatò la bruna, incalzandola con evidente impazienza.

La riccia le sorrise rassicurante ed annuì. --Ci ho parlato.-- esordì. --Hanno detto che lasceranno in pace tua sorella.--
Si era preparata ad una qualche manifestazione di sollievo, Hermione, ma un impetuoso abbraccio tanto stretto da spezzarle il fiato proprio non l’aveva messo in conto.

Shannon ci mise qualche istante ad acquietarsi, aggrappata con una forza insospettabile alle spalle della giovane Granger, ed anche quando si separò da lei mantenne il respiro affrettato.

--Come hai fatto?-- le domandò in un fiato, gli occhi grandi e lucidi per il sollievo.

Hermione, semplicemente, si strinse nelle spalle. --A dir la verità non ne sono sicura. Non appena mi ha vista l’ometto al banco si è tutto agitato, credo avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di mandarmi via…-- le spiegò, pensierosa.

La bruna si espresse in un esauriente fischio di ammirazione. --Incutiamo timore, cara la mia ragazza? Sicura di non essere andata lì dentro armata?--

L’altra si concesse una modesta risata al pensiero delle facce stordite ed incredule che si sarebbe trovata di fronte se si fosse presentata armata di bacchetta magica! --Sicura. Credo ci sia lo zampino di qualcuno di mia conoscenza, ma credo che per stavolta mi terrò il mistero!--

--Molto saggia.-- fu il commento spassionato che ricevette in cambio.

Shannon la ringraziò ancora alquanto profusamente, poi si rimise in spalla la borsetta a sacca e si avviò verso la porta. Una mano sul vetro del battente, tuttavia, parve esitare, dondolandosi indecisa avanti e indietro per alcuni secondi. Si voltò a guardarla nuovamente, come riluttante.

--Hermione…-- esordì lentamente. --Quel rosso isterico così maleducato di qualche giorno fa è il tuo ragazzo?--

Hermione la guardò stranita, incapace di comprendere dove l’altra volesse andare a parare. --Diciamo di sì. Anche se come avrai notato le cose non vanno esattamente bene.--

--Ma convivete?--

La riccia scosse la testa, sempre più confusa. --No, non proprio. Diciamo che è praticamente sempre da me, però ci passa solo le giornate e dopo cena se ne va via per ripresentarsi in tarda mattinata. Ci sono delle eccezioni, per mia fortuna: meglio sole che male accompagnate.-- …quell’ultima, amara uscita proprio non fu in grado di risparmiarsela. --Che succede, Shannon?--

--Vorrei dirti una cosa.-- le confessò la bruna, tuttavia ancora esitante, tormentando nervosamente le frange della sua borsa. --Forse non dovrei, ma ti devo un favore… e credo che ti meriti la verità.--

Hermione, ormai decisamente inquieta, fece del suo meglio per apparire impassibile, in modo da non mettere fretta alla sua recalcitrante ex-collega per non rischiare di spingerla a rimangiarsi tutto.

Dopo qualche minuto, guardandola dritto negli occhi, Shannon confessò: --Ecco, io… beh, so dove passa le notti. E con chi.--












Angoletto!

Non è all'altezza dell'attesa – visto quanto è stato lungo l'intervallo tra questo e lo scorso capitolo, non credo potrebbe mai esserlo... ma questa storia merita una conclusione e la meritate anche voi più di chiunque altro.

Voi che restate a seguire questa storia nonostante le interruzioni e le attese.
Voi che mi mandate anche messaggi privati, chiedendomi come sto, se va tutto bene, se questa storia è stata abbandonata o se è ancora in corso.
Voi che siete arrivati fin qui.

A voi io dico grazie.
Infinitamente grazie.

Non dovrebbero esserci ulteriori interruzioni nella storia: è quasi tutto scritto, ma comunque non manca molto. Ci risentiamo tra due settimane!

Con affetto,
;*
   
 
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