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Autore: pluviophilia    29/09/2014    4 recensioni
[STORIA SOSPESA A TEMPO INDETERMINATO]
"Sei Giulietta, vero?" domandò.
"Juliet." ribattei seccata, non mi era mai piaciuto quel soprannome.
"Giulietta, in Shakespeare, finisce molto, molto male." continuò impertinente.
"Romeo anche peggio."
**
Improvvisamente sentii la presa sui miei fianchi stringersi ancora di più e un dolore acuto
perforarmi la colonna vertebrale, seguito da un bruciore dove era appoggiata la sua bocca.
Colpii il pavimento con un tonfo e non riuscii più a distinguere le figure intorno a me.

[Siete gentilmente pregate di non plagiare le mie idee; nuovo sovrannaturale.]
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Then you come to revive
Wait, wait, wait, I'm alive

 
 -Juliet-


Non saprei dire di preciso quando mi svegliai, perché fu come se una sensazione di torpore abbandonasse lentamente il mio corpo lasciando sempre più spazio ai sensi, uno per volta, ma in maniera tale che non ebbi subito coscienza di me. Dovevo aver dormito un giorno intero. Socchiusi piano gli occhi, lasciandomi il lusso di poterli abituare alla calda luce del tardo pomeriggio. Ricordavo di essermi addormentata sulla spalla della mia amica, ma lei al mio risveglio non era lì. Mi alzai incerta, guardandomi intorno.
“Niall?” sussurrai, credendo che il biondo fosse a risposare nella camera da letto, ma trovai un bigliettino appoggiato sul comò all'ingresso.
Sono andato a prenderti qualcosa da mangiare, a casa non c'è niente. Se ti sei svegliata non ti agitare, sarò di ritorno fra un attimo. Jade é al lavoro '
Mi complimentai con i miei migliori amici per la loro comprensione: mi lasciano a casa da sola in stato di shock sapendo che posso svegliarmi da un momento all'altro e avere un attacco di panico.
Tornai ad accartocciarmi sul divano, volendo solo essere più piccola di un microbo e sparire dal mondo, stringendo le ginocchia con le mani e conficcando le unghie nella pelle tanto da farmi male. Ero confusa, sola, arrabbiata e... e disperata. Era questo l'aggettivo che mi descriveva meglio: senza speranza. Sentivo costantemente la mancanza di Zoe, e anche se ormai avevo superato la sua perdita tanto da non piangere ogni sera sotto alle coperte, sapere che il suo assassino era quello che avrei definito il mio fidanzato aveva riaperto lo squarcio sigillato a fatica nel corso di anni di pratica. Avevo imparato a tenere Zoe con me, e trarre dalla sua presenza solo l'amore che mi aveva sempre dato, ma riaprire la ferita voleva dire riaprire il vaso del dolore. Ripensavo a quando lei era uscita da casa e con la mia mente componevo la scena dell'omicidio: una tentata fuga, un urlo di dolore, una piccola mano esangue cadere a terra priva di vita.
Bastò un secondo, e fu come se il dolore mentale lasciasse spazio a quello fisico. Non fui più capace di pensare a mia sorella perché mi ritrovai terrorizzata davanti allo specchio del bagno. Le mani e le gambe mi tremavano, e sentivo prudere caviglie e braccia. Sollevando pantaloni e maniche scoprii delle orribili chiazze rosse e delle bolle, simili a punture di zanzara ma qualvolta più grandi e decisamente più fitte, che si espandevano lentamente sulla mia pelle. Aprii il secondo cassetto del lavandino, e con le dita tremanti inghiottì tre pastiglie di Bentelan grazie a un sorso d'acqua. Sciocco pensare che potesse essere una reazione allergica, ma non avevo mai ottenuto sintomi simili diversamente. Senza esitare un secondo di più mi levai i vestiti e mi precipitai nella doccia, accendendo il getto alla massima intensità e girando la manopola dell'acqua fredda. Il contatto dell'acqua con le bolle produsse un bruciore gelido lancinante mentre il prurito diventava insopportabile. Morsi le labbra senza riuscire a contenere i tremiti e tenendo il getto ben puntato sulle zone infette fino a quando, vari minuti dopo, le bolle non scomparirono del tutto lasciando delle macchie rossastre che però non davano più fastidio. Mi ero stretta il labbro inferiore talmente forte da sentire il sapore dolciastro del sangue in bocca, ed ero paralizzata dalla paura di chiudere il getto e vedere le macchie riformarsi. Poteva essere tutto questo dovuto soltanto alla mancanza di Zayn? Ma ero riuscita a fermarlo da sola. Ero davvero malata e il morso mi aveva trasmesso qualche virus? Se con il tempo dovevo migliorare, allora perché questo attacco?
Uscii dalla doccia con poche forze, sentendomi estremamente debole ma incredibilmente determinata. Avevo aspettato più di un mese senza chiedere nulla, un mese di fiducia e di poche domande.
Era ora che qualcuno chiarisse tutti i miei dubbi, in gioco c'era la mia salute, fisica quanto mentale, e non avrei accettato un no come risposta.
 
L'aria era tiepida e le mie gambe acquistarono fiducia muovendo i primi passi per strada. Era tardo pomeriggio, come avevo pensato, e se Zayn non era venuto a cercarmi in tutto questo tempo doveva esserci un motivo serio. Chissà, magari aveva capito qualcosa anche lui. Quindi, dubitando di trovarlo a casa sua, mi diressi dall'unica persona che avrebbe potuto dirmi dove si trovava: Louis Tomlinson, il tanto caro e buon compare del mio fidanzato infanticida.
Svoltai angoli, attraversai larghi corsi e camminai in vicoli, sempre più sicura delle mie azioni, fino a trovarmi al campo dove lui abitava, senza fermarmi per un secondo fino a quando raggiunsi la sua porta. Era stata la memoria fotografica a guidarmi, al diavolo l'energia vitale e menate varie per una buona volta.
Toc Toc, é Juliet che vorrebbe delle risposte, Juliet che si è stancata di dare senza chiedere, quella Juliet che hai quasi ucciso, magari come atto di pietà per farle passare del tempo con sua sorella, tempo che non avrà mai indietro per quante menzogne tu le possa dire. Sostenere che fossi arrabbiata con Zayn per non avermi detto di mia sorella era sbagliato: ero sì infuriata perché aveva ucciso dei bambini, ma non poteva sapere che fossimo imparentate. Ero arrabbiata nera per tutte le cose che non mi aveva detto, per il passato che mi aveva tenuto nascosto e perché avevo appena capito che si stava prendendo gioco di me: lui sarebbe rimasto giovane per sempre, ed era evidente una volta finito di divertirsi con me mi avrebbe dato il colpo di grazia. Innamorato? Certo, con gli anni doveva aver raffinato le sue doti di attore.
Picchiai con più decisione alla porta, e Louis arrivò ad aprirmi dopo un attimo. In effetti non era ancora tarda sera, ero stata fortunata a trovarlo lì.
Giulietta?” domandò, abbastanza sorpreso.
“Non sono in vena di scherzi. Sai dirmi dove posso trovare quel bastardo del tuo amico?” le parole mi uscirono dalla bocca senza essere pensate, mentre l'espressione tranquilla e leggera che vagheggiava così spesso sul volto di Louis mutò all'improvviso, facendomi quasi paura.
“Zayn non é qui. Ho una vaga idea di dove sia, ma non ne sono sicuro. Quel ragazzo ha tante buone qualità, ma se posso essere d'accordo con te più che un bastardo lo definirei un'idiota. Fammi indovinare, stamattina hai avuto un attacco di qualcosa e sei venuta a cercarlo - trovò l’aspettata conferma nei miei occhi - Penso che sia abbastanza disperato e che tu debba parlare con lui, ma se non collabora sai dove trovarmi. Certo, a meno che lui... - si interruppe - Cercalo nella sua vecchia casa” finì, lasciandomi di sasso. Iniziai a correre in direzione del boschetto, che sapevo mi avrebbe condotta a destinazione.
L'edificio che cercavo era meno lontano di quanto ricordassi, e raggiunsi in un attimo la grande entrata sbarrata e recintata da metri su metri di nastro rosso e bianco. Notai un'apertura abbastanza grande nella rete vicino alla fiancata sinistra, e mi ci infilai senza troppi problemi. Cominciai a salire le scale, piano per piano, sentendo dei rumori provenire da alcuni piani: non tutti se ne erano andati con le minacce della polizia. Arrivai all'appartamento dove una volta viveva Zayn, ben attenta a non far rumore per evitare che si accorgesse di me e mi evitasse. La porta era semi aperta, e sgattaiolai in salotto guardandomi intorno. A destra, seduto sul davanzale della piccola finestra con il viso rivolto verso il cielo, c'era lui.
“Ti ho vista arrivare” sussurrò, girando la testa verso di me. Non piangeva, ma i suoi occhi brillavano e si capiva che doveva esser stato seduto lì per molto tempo.
 
“Tu ed io dobbiamo parlare, Zayn - cominciai - Dovresti raccontarmi un po' di cose, oppure risponderai alle mie domande. Sono sempre stata zitta e ho aspettato che tu mi dicessi quello che devo sapere perché mi fidavo di te nonostante tutto. Ma a quanto pare così non ha funzionato” finii, sentendo il peso delle parole che pronunciavo. Fiducia. Funzionare.
“Juliet, io...”
“E non dire che pensavi fosse meglio così: la verità viene sempre a galla e preferirei sapere tutto ciò che mi riguarda” mi avvicinai.
“Stavo giusto per dire che lo so. Io... oggi mi sono svegliato. E ho avuto un flashback, quando non ti ho trovato accanto a me. Ho capito che quella Zoe, quel nome su cui hai indugiato e su cui ho riflettuto, era tua sorella” proferì senza nessuna incertezza.
Raccontami. Raccontami come é andata quella sera - gli intimai - penso che tu mi debba almeno questo.”
Sembrò riflettere un secondo sulle parole adatte, poi iniziò a parlare, lentamente.
“Sono diventato un parassita circa quarantadue anni fa, quindi é successo quando ne avevo vissuti circa trenta della mia nuova... vita. Conoscevo già Louis da tempo e fu quando decidemmo di trasferirci nelle prossimità di Londra arrivando da qualche anno passato nelle campagne del centro Europa. Viaggiammo in condizioni che non ci permisero di nutrirci adeguatamente per gran parte del viaggio, visto l'alto rischio di essere scoperti, ed io ero sempre stato abituato a vivere solo di energia di soggetti poco raccomandabili - qualora ne avessero, certo. Per il resto vivevo di animali e simili. Ritrovarmi a Londra fu un grande problema: uccidere era più complicato, gli animali scarseggiavano e così iniziai a succhiare via l'energia vitale di altre persone, cercando di evitare bambini e madri di famiglia, cose di questo genere. Senza stare a spiegare i motivi ed addurre scuse, la vita cittadina mi fece semplicemente impazzire, e dopo un periodo di approvvigionamento troppo scarso e nessun animale particolarmente vivace di cui cibarmi diedi di matto, sentii come se avessi dovuto uccidere follemente o sarei morto, non riuscivo a controllarmi, mi sentivo oppresso, e in più fui costretto a uccidere una donna perché mi aveva visto nel... nel vivo dell'azione, e ne rimasi scioccato. Era come se stessi soffocando, annegando nell’oceano. Affamato e fuori di me feci una strage, e uccisi un gruppo di bambini che erano venuti a fare dolcetto o scherzetto da soli alla mia porta - i suoi occhi cercarono i miei, come a chiedermi se potesse continuare, ma io ero decisa a sentire ogni parola - Li invitai dentro, erano attratti dall'influenza che esercitavo su di loro e accettarono. Tranne una, che titubò. Tua sorella. Così entrarono, mentre lei rimase vicino alla porta, dicendo che aveva già abbastanza dolcetti. Ne uccisi uno in cucina, soffocandolo in modo che non urlasse e gli altri due in salotto, vicino alla parete. La loro energia mi dava una scarica di pura adrenalina. Era viva, semplice. Tornato alla porta, vidi che tua sorella non c'era più, ma riuscii a sentirla: tremava, era nascosta dietro al divanetto e si tappava la bocca con la mano. Avevo sentito i suoi amici chiamarla Zoe. Mi avvicinai a lei, che cercò di tirarmi un calcio e... non le riservai un trattamento diverso. Quel mese uccisi venti bambini. Furono tra i primi a cui mai sottrassi l'energia vitale, e di sicuro gli ultimi. Se cibarmi della loro vita mi rendeva euforico in un primo momento, poi mi distruggeva dentro. Solo a raccontarlo mi faccio schifo, e penso che dedicare la mia vita a quelle famiglie, uccidermi, costituirmi, niente potrebbe risolvere la cosa. Mangiando, bevendo e senza usare l'energia per particolari sforzi posso uccidere anche una volta ogni due mesi, se trovo una preda particolarmente idonea. Il tempo aiuta, ma di sicuro non ti ridarà tua sorella e io non posso scusarmi per questo, come non posso farlo per le altre persone che dovrò uccidere in futuro.” concluse, ma ero troppo impegnata a ripensare alle sue parole per accorgermene. Qualunque cosa provassi, decisi che non era il caso di espormi a lui in quel momento. Non gli avrei mostrato come mi sentivo.
Zayn, l'energia mi sta uccidendo, per caso? Avevi detto che col tempo tutto sarebbe andato bene e invece sto solo peggio.” mi resi conto che ogni piccola influenza, raffreddore o capogiro non poteva essere casuale.
“L'energia é finita, Juliet. Ieri o oggi, credo. Me ne sono accorto da poco, ma non sento più il legame dovuto all'energia vitale” finì con un'espressione che non riuscii a decifrare. Sgranai gli occhi. Era finita. Non sarei comunque stata più costretta ad avere a che fare con i parassiti. Era giunto il momento dei chiarimenti.
Sapevo di dover procedere con ordine, ma troppe domande facevano a gara per uscire dalle mie labbra.
“Cosa é successo alla festa?- scossi la testa - Anzi, la domanda é ancora quella: perché non sono morta? Finiscila con la storia degli occhi, avevi detto che c'erano due motivi” se Zayn si era follemente innamorato di me e aveva deciso di non darmi il colpo di grazia dopo che ci eravamo conosciuti era un conto, ma sapevo che quella sera c'era stato qualcosa di strano.
“Non ti ho potuto uccidere perché... perché Louis ti aveva Protetto. Louis ti aveva trovata per prima. Sono così abituato alla sua presenza che probabilmente non me ne sono accorto. É la prima volta che succede” e poi forse aggiunse qualcosa, ma stavo pensando ad altro. Era vero che se mi avesse trovata Louis per prima non sarei stata in grado di raccontarlo, ma era anche grazie a lui che ero ancora viva, in fin dei conti. Avrei dovuto odiarlo? 
Avevo ancora una domanda. Non volevo spingermi oltre nell’universo dei parassiti, di come vivevano, di come uccidevano non me ne importava niente; ma prima di lasciare la stanza e sentire la voce di Zayn per l'ultima volta avevo bisogno di sapere una cosa. Era un'ultima domanda che non potevo trattenere, e visto che il passato era passato ora sapere la risposta era la cosa più importante.
Zayn - attirai nuovamente la sua attenzione, cercando di mantenere una voce ferma, che però sentii vacillare mentre formulavo la fatidica domanda - tu mi vuoi uccidere?” 
Mi sarei aspettata, da sciocca qual ero, una risposta immediata. Un ‘No, Juliet, ma cosa dici, come te lo immagini, dal momento in cui ti ho vista eccetera eccetera’, giusto per tranquillizzarmi, per sapere che il dubbio che mi assillava, la domanda che premeva da un mese ma non riuscivo a formulare, era solo una paranoia. Mi fissò intensamente negli occhi, alzandosi sul cornicione prima di saltare giù. Nella sua voce c'era un'emozione che non riuscii a cogliere: paura, forse.
“Se posso chiederti un'ultima cosa, solo una, e prometto che sarà l’ultima, e darti la vera risposta che meriti, vieni domani a Harrison Road, 14, al tramonto”
 
























OH MY JOSHHHHH.
Eccoci qui! Ringrazio tutte quelle che hanno letto e/o recensito lo scorso e coloro che hanno appena cominciato la fan fiction, Per me significa davvero molto!
Okay, ora mi ucciderete perché speravate di scoprire di più su Harry....
ma per lui c'é tempo, oh, c'é ancora molto tempo.

Vi ricordo che se avete voglia di sapere qualcosa di più sui personaggi basta chiederlo.... a loro! Tramite i loro profili ask c:

 


Alla prossima :)
Joanne

 





Fece un risolino triste: "Non sono stato io a decidere. Mi hanno trasformato in un parassita" strabuzzai gli occhi. Da quando si poteva essere trasformati? Ma chi, poi, poteva fare una cosa del genere a un essere umano? Neanche ucciderlo, ma condannarlo a una vita dipendente dalla morte degli altri, dall'omicidio di quelli che una volta erano tuoi simili.
   
 
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