Klaus osserva la sua mano come se fosse altro da sé: scruta le dita flesse, le unghie macchiate e la cute irrigidita dal sangue secco; studia gli spasmi che gli scuotono i muscoli e i tremori che gli squassano le falangi gelide. Non alza lo sguardo a guardare il corpo che giace a terra, con la camicia e il petto squarciati e i capelli biondi che le circondano il volto sfigurato dal tradimento.
Klaus osserva la sua mano e stringe le dita intorno al cuore che ha rubato, prima ancora di strapparlo dal petto con un gesto brusco e rapido, come quello con cui, decenni prima, l’aveva strappata dalla traiettoria di un paletto di legno con cui avevano tentato di portarla via da lui. Avevano pensato di poter uccidere Caroline davanti ai suoi occhi, avevano pensat-
Sente una morsa stringergli il cuore al solo ricordare a quanto sia andato vicino a perderla per sempre. Inconsciamente, serra la mano intorno al cuore e se lo avvicina al petto, in modo che nessuno possa portarglielo via, neanche lei stessa. Lei che voleva lasciarlo, voleva andarsene e Caroline lo sapeva che – Lo sapeva che una volta che avesse scelto di andare da lui, sarebbe stato per sempre. Per questo, le aveva dato tempo, per quest- Gliel’avevo detto. Aveva detto: sarò il tuo ultimo amore. Non è colpa sua, Caroline sapeva –
Caroline sapeva e aveva comunque deciso di lasciarlo, senza curarsi della sua vita o di lui e Klaus non poteva semplicemente ignorarlo, non potev – non poteva far finta di niente e lasciarla andare, lasciarle passare anche questa-
 
Pensa: Caroline secoli prima aveva detto che gli donava il suo cuore ed era un suo diritto impedirle di portare via qualcosa che lei gli aveva dato e che ora gli apparteneva di diritto. Era suo diritto, digrigna. C’è qualcosa che sembra volergli spezzare il petto, ma era suo diritto e vorrebbe urlare, ma le parole sembrano rimanergli incastrate nella gola e ne esce un solo grido gutturale.
 
Klaus stringe il cuore al petto, quando si accascia contro la parete, continuando a ringhiare e a sbattere la testa al muro.
 
 
 
Caroline non gli dice perché le parole vengono rubate dal grigio che le invade la gola e il petto e le dissecca la cute, che sarebbe tornata, che aveva solo bisogno di tempo, di qualche giorno per riprendersi dall’ultima lite e dal modo in cui Klaus aveva ucciso quella bambina solo perché la figlia di una strega che un tempo aveva minacciato i Mikaelson; aveva bisogno di tempo per sentire la sua mancanza e per ricordarsi che era Caroline Forbes e l’avrebbe perdonato perché l’amava ancora come il primo giorno, come l’avrebbe amato anche l’ultimo – perché era Caroline Forbes e non poteva fare altro.
Caroline non pensa perché non c’è più vita nella sua mente a quanto sia ironico che ora, davvero, non possa fare altro.





 

---

Note:
- Livia, perché chiami "Lieto fine" una storia che il lieto fine non ce l'ha manco a pagarlo? Perché sono simpatica così.
- Seconda e ultima parte di questa breve raccolta che potrebbe essere riassunta con: le paranoie di Livia.
- Il chiosco per lasciare (o lanciare) insulti è lì in fondo, sulla destra.