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Autore: Strega_Mogana    30/09/2014    1 recensioni
Severus Piton non è il Principe Azzurro.
Severus è un cattivo.
E per i cattivi non esiste un “per sempre felici e contenti”
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altro personaggio, Severus Piton
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Storia scritta per la Severus House Cup - mese di Settembre, indetta dal Calderone di Severus.
Nota 1: Prima di urlare all’OOC (sì potreste anche pensarlo), vi prego di leggere fino in fondo la storia. C’è una spiegazione a tutto. Promesso.
Nota 2: la parola chiave per leggere questa storia è una sola: divertirsi!
Nota 3: dal secondo capitolo la storia diventa folle. Vi ho avvisato.


Capitolo 1: Vecchie abitudini


Severus Piton era al Ministero della Magia, si guardava attorno alla ricerca di una persona ben precisa.
Ignorava le occhiate di tutti i presenti che gli passavano accanto, ignorava i sussurri e le dita puntate nella sua direzione, ignorava, perfino, i quadri di Ministri e maghi famosi che cercavano di guardarlo oltre la propria cornice.
Erano passati quasi otto anni dalla fine della guerra, anni in cui aveva cercato di riprendere in mano la sua vita o quello che ne restava. Aveva ripreso il ruolo di Preside e, questa volta, non era un compito che gli pesava sulla coscienza. Sapeva di meritalo, poteva uscire alla luce del sole e camminare a testa alta senza sentirsi a disagio, senza vedere le sue mani sporche di sangue innocente.
Ovviamente il vecchio Severus era sempre in agguato ed era pronto ad uscire in ogni momento di apparente serenità.
Sapeva di essersi macchiato di crimini orrendi; di notte gli incubi tornavano a tormentarlo, fortunatamente non con la frequenza di prima.
Poteva definirsi un uomo nuovo, ma comunque legato a quello che era prima. Non che potesse dimenticare quello che era stato.
Alcune etichette sono difficili da levare, altre sono così incollate alla propria anima che, ormai, era impossibile togliersele.
Il mago mise una mano nella tasca dei pantaloni neri e prese un vecchio orologio da taschino appartenuto a suo padre, una – se non l'unica – cosa buona che aveva ereditato da lui.
Lesse velocemente l'ora sul quadrante leggermente graffiato in un paio di punti e masticò una silenziosa imprecazione: la persona che stava aspettando era in ritardo. Come ogni singola volta.
Era un atteggiamento che lo infastidiva a morte.
L'irritante assistente che seguiva quella persona non lo lasciava entrare nel suo ufficio dicendo che aveva l'ordine di non fare entrare nessuno in assenza della signorina Kent.
Aveva cercato di spaventarla come quando era un'insignificante Corvonero dietro un banco o un calderone con una pozione decisamente sbagliata che bolliva male, ma la sua famosa occhiata non funzionava più come un tempo.
Ovviamente con la sua miracolosa sopravvivenza avvenuta grazie ad un repentino, e per nulla richiesto, intervento di Fanny e con Potter che parlava al suo posto nel periodo in cui la gola non poteva sopportare un discorso senza che le ferite si riaprissero; non solo doveva sopportare occhiate e dita puntate, ma la sua reputazione di bastardo dall'animo nero e solitario era andata a farsi benedire. Il tutto sotto le risate sguaiate del ritratto di Albus che gli diceva che tutto quell'affetto non poteva che fargli bene.
Lui era convinto che tutto quell'affetto fosse peggio di una Maledizione Crociatus.
Così le sue famose occhiate non bastavano più per incutere un certo timore, venivano viste come una maschera che nascondevano un animo puro e un buon cuore colmo di sentimenti; le frecciatine sarcastiche erano prese come battute rendendo la sua vita da eroe miracolato un inferno in terra.
Ma c'erano anche risvolti positivi in quella vita completamente inaspettata.
Poteva finalmente sentirsi libero di amare, anche in quegli anni nessuna donna sana di mente abbia mai dimostrato interesse nei suoi confronti. Lui e Minerva avevano chiarito ogni equivoco, avevano parlato per ore, avevano pianto insieme, lei lo chiamava ancora figliolo. Era bello avere di nuovo la sua stima e il suo appoggio, due cose che gli erano mancate più di quanto osasse ammettere durante il lungo anno in cui era stato Preside contro la sua volontà.
Aveva riallacciato vecchi rapporti di amicizia con maghi che credeva morti in battaglia o scappati per paura di morire in battaglia.
Una di queste era Patricia Kent.
Ex compagna di scuola, Serpeverde intelligente e bellicosa, da sempre, o per lo meno da quando Severus ne ha memoria, fervida sostenitrice di Silente e della sua causa.
Severus non ha mai saputo cosa legasse l'amica Patrica a Silente, voci di corridoio dicevano che il vecchio l'aveva adottata quando il fratello di lei aveva sacrificato la famiglia all'Oscuro Signore condannando i genitori ad una morte orribile e tremendamente dolorosa.
Erano solo voci e lui, per rispetto, non aveva mai indagato, però ricordava molto bene le parole di affetto che Albus aveva per Patricia. La chiamava figlia quando pensava che lui non lo udisse.
Ricordava anche il giorno in cui aveva messo piede a Hogwarts. Giovane Mangiamorte redento, spia che da poco camminava sul sottile confine tra vita e morte; si trovava nel ufficio circolare del Preside, affacciato alla finestra con nel cuore la paura di perdere per sempre Lily. Desideroso di vederla in salvo con la felicità che meritava e che lui non avrebbe mai saputo darle e che lei, comunque, non avrebbe mai accettato.
Lei era entrata come una furia. Aveva spalancato la porta così forte che un quadro aveva dondolato pericolosamente, il preside che ci dormiva aveva avuto la nausea per due giorni ed era stato costretto a riposare in un quadro al secondo piano che raffigurava l'infermeria. Aveva estratto la bacchetta così velocemente che non se ne era neppure accorto, gliela aveva puntata alla gola. Era furiosa come un drago, gli occhi verdi, ma diversi da quelli così tanto amati, mandavano fiamme di collera e disgusto.
Aveva cominciato a sbraitare, urlava che era un traditore della peggior specie, una serpe, che doveva andare a nascondersi e che non aveva diritto di stare in quell’ufficio. Non aveva neppure il diritto di respirare su quella terra.
Lui non aveva risposto, non poteva, Patricia aveva pienamente ragione. E in quel periodo voleva veramente essere morto per la condanna che aveva lanciato sulla testa della donna che amava.
Poco dopo era entrato Silente, con la solita irritante calma e, per una volta, senza l’usuale fastidioso sorriso a fior di labbra, aveva messo una mano sulla spalla della donna incoraggiandola ad abbassare la bacchetta.
Lei non lo ascoltava, lo fissava dritto negli occhi cercando qualcosa che era morto il giorno in cui aveva ricevuto il Marchio. Cercava l'amico di scuola, quello che le dava ripetizioni in pozioni, senza però trovarlo e lui non sapeva come tornare ad essere quello di un tempo. Forse non ne sarebbe mai stato capace.
Poteva ancora sentire il sospiro carico di dolore di Silente e, dopo avergli lanciato un'occhiata cercando il suo consenso, aveva cominciato a raccontare la sua storia, dicendole che ora Severus Piton, era dalla loro parte.
Ci aveva creduto, si era sempre fidata ciecamente di Silente e aveva abbassato la bacchetta che stava per trafiggerli la gola, ma non aveva abbandonato quello sguardo di fuoco. Si era voltata e se n’era andata.
Avrebbe dovuto seguirla quella notte, cercare di parlarle e di scusarsi, ma la sua preoccupazione per Lily e i suoi sensi di colpa lo schiacciavano rendendogli impossibile riallacciare i rapporti con quella che era stata una delle sue amiche più care nella sua vita post Lily.
Si erano rivisti dopo svariate settimane, era andata lei a cercarlo. Volarono parole dure, entrambi avevano urlato, erano arrivati ad estrarre le bacchette e un paio di libri della sua personale libreria erano finiti in brandelli. E quando entrambi si erano fissati esausti e con il fiatone avevano abbandonato le bacchette sul tappeto del suo nuovo ufficio da professore e si erano abbracciati.
Patricia aveva pianto sul suo petto per un tempo infinito e lui aveva sorriso.
Non poteva avere Lily, ma poteva riavere un pezzetto della sua vecchia vita.
Una vita che, nonostante il dolore per la perdita del suo grande amore, era stata quasi felice con accanto anche quel ciclone verde e argento che faceva esplodere il calderone ad ogni lezione facendo infuriare Lumacorno.
Le cose erano migliorate nei dieci anni che avevano separato le due guerre.
Lui era l'arcigno professore di Pozioni che vedeva ogni anno rifiutata la sua richiesta per la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure. Lei era impegnata al Ministero, prima nell'Ufficio Applicazione delle Legge sulla Magia poi all'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale, aveva affiancato Barty Crunch per alcuni anni per poi prendere il suo posto alla Confederazione Internazionale dei Maghi.
Era sempre impegnata in viaggi in giro per il mondo, si vedevano poco, ma si scrivevano spesso. Silente all'inizio lanciava maliziosi commenti sul loro rapporto fin troppo stretto, insinuava che ci fosse molto di più oltre la semplice e disinteressata amicizia.
Poi tutto era nuovamente precipitato quando il Marchio aveva ripreso a bruciargli la pelle.
Patricia era riuscita a restare al Ministero il più a lungo possibile, non era mai stata accettata dall'Ordine per via del suo aperto schieramento con Albus. Aveva lavorato in seconda linea, cercando di tessere più rapporti possibili con i Ministeri esteri. Quando il Ministero cadde nelle mani dell'Oscuro lei riuscì a ristare al suo posto per poche settimane, per poi scappare quando iniziarono le udienze contro i Nati Babbani.
Dalla morte di Albus non si erano più parlati.
Lui non l'aveva cercata e lei era sparita dall'Inghilterra.
L'aveva rivista solo al San Mungo, mentre le pozioni e gli unguenti gli guarivano le ferite del corpo, ma non dell'anima.
Lei era entrata nella sua stanza, si erano fissati a lungo, lui non poteva ancora parlare, lei non sembrava intenzionata a voler dirgli qualcosa. Si era seduta accanto a letto ed era rimasto a fissarlo in silenzio, erano rimasti così per parecchio tempo, mentre il mondo scorreva fuori da quella stanza leccandosi le ferite.
Quella volta non c'erano bacchette sguainate, non c'erano parole dure, urla e libri in frantumi.
Sul volto di entrambi c'erano le rughe di due guerre combattute in due modi completamente differenti. C'era la consapevolezza che il mondo era cambiato, che loro erano cambiati, che non erano più i ragazzi e non erano i libri ad essere in brandelli, ma le loro anime.
- Stupido. - aveva mormorato dopo un tempo di infinito silenzio prendendogli una mano pallida.
Quella era stata la loro unica parola sull’argomento.
Il mago si guardò attorno cercando di non sbuffare infastidito. Aspettava da troppo tempo e iniziava ad irritarsi sul serio, era quasi arrivato al punto di rottura: il momento in cui avrebbe scritto un biglietto, lasciato all'irritante assistente e se ne sarebbe andato in attesa delle sue scuse.
Meditava su cosa scrivere quando e porte dell'ascensore si aprirono, Patricia uscì dal piccolo abitacolo con passo sicuro e a testa alta. I capelli erano stati raccolti in uno chignon morbido, indossava una seste da strega color zaffiro, i tacchi picchiavano sul pavimento del corridoio.
Solo dalla camminata Severus capì che era stata una pessima mattinata.
- Sei in ritardo. - l'attaccò quando fu abbastanza vicina, anche se la sua mattina non era stata delle migliori non era una scusa per farlo attendere in corridoio come un’idiota.
- Non ti ci mettere anche tu. - sbuffò lei infastidita – E' stata una pessima, pessima mattina. Perché sei qui in piedi come una statua? Ho un ufficio con delle poltrone molto più comode.
- La tua zelante assistente non fa entrare nessuno in tua assenza.
La strega spostò lo sguardo sulla porta del suo ufficio e sbuffò.
- La Corvonero più stupida del mondo. - borbottò entrando nell'ufficio dopo aver fatto un cenno al mago invitandolo a seguirla.
L'ufficio di Patricia era piccolo e in disordine. Alcuni fascicoli erano aperti sulle due scrivanie che occupavano due dei quattro lati della stanza. La terza parete era occupata da una libreria piena di tomi sulle leggi magiche e sui trattati tra i vari Ministeri, la terza scrivania era quasi al centro dell'ufficio, alle spalle aveva la finestra magica che mostrava un cielo limpido e una splendida giornata di sole estivo.
La donna fissò la finestra qualche istante poi si sedette sulla poltrona nera che emise un lieve cigolio.
- Scusa il ritardo.- disse prendendo la pila di bigliettini che stavano al centro della scrivania color ciliegio – Ho passato la mattinata a discutere con il capo del Folletti della Gringott.
- Non è una questione che riguarda l’Ufficio del controllo delle Creature Magiche?
- Di norma sì. – spiegò continuando a leggere le missive - Ma se ci metti anche la camera blindata di un Ministro spagnolo e l’eredità che ha lasciato alla Gringott senza dire nulla ai parenti la questione diventa di livello internazionale ed entro in gioco io. Ho passato tutta la mattina a cercare di convincere quel cocciuto Goblin che è diritto dei figli vedere cosa diavolo c’è in quella camera anche se non hanno la chiave.
- E la risposta?
- Gli eredi devono cercare quella chiave o quello che c’è dentro diventerà legalmente dei folletti nel giro di cinquant’anni e le chiavi delle camere blindate non sono, ovviamente, appellabili quindi dovranno setacciare ogni angolo della Spagna per cercarla.
Arrivata quasi all’ultimo biglietto Patricia sbuffò contrariata.
- Sue! – gridò.
L’assistente entrò immediatamente nell’ufficio, Patricia non le diede neppure tempo di parlare.
- Per favore, manda un messaggio alla Granger e dille che non ho tempo di discutere con lei sulla legge per la liberazione degli Elfi Domestici. Precisa che le informazioni che ha trovato sulla Nuova Zelanda sono errate e di andare più a fondo della questione, si accorgerà che non è il paese così civilizzato che crede.
- Ma… ma è molto insistente, questa mattina è già passata due volte…
- Non mi interessa. Una discussione con lei vorrebbe dire perdere tutto il mio pomeriggio e rivedere le leggi internazionali sulle Creature Magiche e non ne ho le forze e, comunque, ho il pomeriggio impegnato.
La ragazza uscì dall'ufficio ripetendo a bassa voce quello che le era stato riferito per evitare di dimenticarsi delle parole. Patricia scosse il capo.
- Devo trovarne un'altra. Hogwarts non sforna più giovani streghe di talento?
- Sì, ma la loro ambizione non è quella di venire a fare la tua assistente. - le sorrise Severus comprensivo – Sai che non ti libererai così facilmente della Granger, vero? Quando si punta un obbiettivo è più cocciuta di uno Snaso quando vede qualcosa brillare.
- Il mio piano non è evitarla, ma rifiutarmi di fissare un appuntamento fino a quando non sarà costretta a stare a casa per la maternità. Anche se girano scommesse strane su di lei e quel pancione che si porta dietro.
- Che genere di scommesse?
- C'è chi sostiene che partorirà qui per evitare di perdere preziosi giorni di lavoro.
- Visto il soggetto non mi sorprenderebbe.
Patricia ridacchiò e si rilassò sullo schienale della sedia.
- Devo restituirti una cosa. - disse lei muovendo la bacchetta con un cenno annoiato della bacchetta.
Una fiala contenente una pozione color senape superò la testa del pozionista e si appoggiò senza rumore sul tavolo della scrivania.
Severus sollevò un sopracciglio.
- E questa cosa sarebbe?
- Sai cos'è. - rispose lei.
- Sei riuscita a distillare questa pozione?
- No. E' una delle tue.
Il mago allungò una mano e afferrò la fiala. La sollevò davanti agli occhi constandone consistenza solo con un cenno impercettibile del polso. Riconobbe immediatamente la fiala, era leggermente opaca sul fondo e il tappo di sughero si era sbriciolato da un lato.
Era la sua pozione.
- Quando l'hai presa?
- La stessa sera che mi hai costretto a seguire una noiosa lezione cercando di insegnarmi come distillarla.
Un sopracciglio di Severus si incurvò verso l'alto.
- Noiosa?
Patricia fece un cenno con la mano.
- Non ci saranno sempre le mie pozioni da rubare. - la rimproverò infilando la fiala in una delle tasche interne del grande mantello nero - Devi imparare a distillare le più semplici... - la strega non si scompose, prese la borsa e iniziò a rovistarci dentro come se la cosa non le interessasse – la prossima volta usa un contraccettivo Babbano! - sbottò lui.
- Non sei stufo di ripetermi sempre le stesse cose?
- A dire il vero sì.
- Allora perché sei così cocciuto e vuoi a tutti costi darmi ripetizioni di una materia che trovavo noiosa anche quando andavo a scuola? E, comunque, quella pozione era coperta di polvere. Mi chiedo per cosa la tenevi visto che un monaco ha una vita sessuale più attiva della tua.
Severus sentì le guance imporporarsi appena.
- Non... non sai di cosa parli...
- Davvero? - domandò lei divertita sollevando lo sguardo dalla borsetta – Quando è stata l'ultima volta che hai visto una donna nuda Sevvy?
- Non chiamarmi Sevvy, Patricia. Sai che non lo sopporto.
- Preferisci verginello?
- Non giocare con il fuoco ragazzina.
- Oooh che paura... Pozionista fallito.
Severus tirò le labbra cercando di nascondere un sorriso divertito.
- Politica inconcludente.
- Secchione.
– continuò la ragazza.
Il mago questa volta non rispose, quei loro piccoli battibecchi erano all'ordine del giorno. Si divertivano a trovare piccoli insulti che si lanciavano con un sorriso sulle labbra. Quel giochetto faceva ridere a crepapelle Albus.
Non aveva mai avuto un'amicizia così, neppure con Lily, ma forse con lei era sempre stato tutto troppo diverso.
Si concentrò su una foto che Patricia aveva sulla scrivania, era una vecchia foto che rappresentava la sua famiglia.
Era ancora piccola, abbracciata al papà che sorrideva all'obbiettivo. Il fratello grande stava vicino alla madre che gli accarezzava teneramente i capelli. Avevano tutti un sorriso felice, uno sguardo sereno. Il piccolo bambino che sorrideva nella foto si sarebbe trasformato in un assassino, avrebbe sacrificato la sua famiglia che lo amava per dimostrare la sua lealtà verso l'Oscuro Signore.
Ora quello stesso bambino, ormai uomo adulto, era rinchiuso in una cella di Azkaban, più morto che vivo, sottoposto al Bacio dei Dissennatori pochi mesi dopo la sua cattura durante la prima guerra.
Un involucro vuoto che non aveva più emozioni, ricordi o sentimenti di alcun genere.
Da quello che lui sapeva Patricia non lo vedeva dal giorno dell'udienza quando la sua condanna fu confermata ed eseguita nella stanza accanto.
Silente le era accanto quel giorno.
Se Patricia, quell'anno, non avesse deciso all'ultimo momento di tornare a Hogwarts per Capodanno avrebbe fatto la fine dei suoi genitori e lui non l'avrebbe mai conosciuta.
- Non mi hai ancora detto perché mi hai mandato quel gufo. - le disse rimettendo a posto la cornice ignorando la foto accanto, anch'essa rinchiusa in una semplice cornice d'argento. La foto rappresentava Albus.
- Per farmi offrire il pranzo. - spiegò lei allegra con il sorriso sulle labbra rimettendo a posto la borsa.
- Fammi capire. Mi rubi una pozione, insulti il mio metodo di insegnamento, mi prendi in giro e pretendi che ti offra il pranzo.
Il sorriso tremò sulle labbra della strega e Severus capì che era successo qualcosa.
Qualcosa di brutto.
Quel sorriso, quell’allegria erano solo una maschera. L’ennesima che Patricia si ostinava ad indossare.
- Joseph è morto. Questa notte... è venuto il Ministro Kinglesy in persona ad informarmi stamattina in ufficio. Beh fisicamente è morto. Da quando ha ricevuto il Bacio era solo uno zombie che respirava. Mi sono sempre chiesta come fosse possibile sopravvivere così a lungo, solitamente i detenuti che subiscono il Bacio muoiono nel giro di pochi mesi, qualche anno al massimo. - Severus la vide spostare lo sguardo sulla fotografia che raffigurava la sua famiglia – Io... io devo avere qualcosa che non va, Severus. Ha condannato a morte i nostri genitori e se io non avessi deciso di tornare prima a scuola sarei morta anch'io. Ha distrutto tutto quello che avevamo, mi ha lasciato sola, senza più una casa, senza neppure i soldi per comprare i libri. Eppure... eppure... da quando Kingsley me l'ha detto non riesco a non pensare che era stato un bravo fratello... prima... quando non era stato intaccato dalle idiozie sul sangue puro.
- Patricia...
- Dovrei odiarlo. Con tutta me stessa eppure... eppure... c'è una parte di me che non... non...
- Era tuo fratello.
La strega annuì, non stava piangendo, ma fissava con tristezza quella foto dove un tempo tutti erano felici.
- Mi aveva chiesto perdono…- disse la donna senza staccare gli occhi dalla cornice – poco prima di essere trascinato in quella stanza. Mi ha fissato e nei suoi occhi c’era una richiesta di perdono a cui non ho dato risposta. Non potevo… non potevo perdonarlo per quello che aveva fatto… ma… era mio fratello.
- Sai già dove vuoi mangiare? - le domandò Severus cercando di cambiare argomento.
Patricia sollevò lo sguardo dalla fotografia, c’era gratitudine nei suoi scuri occhi verdi. Si sforzò di sorridere, non era un bel sorriso, ma lui non glielo fece notare.
- C'è un ristorante che vorrei provare. E' nella Londra Babbana, non voglio stare qui, girano già abbastanza voci su di noi e sono quasi certa che la metà le abbia sussurrate Albus in qualche stupido quadro pettegolo del sesto piano.
Il mago fece un debole sorriso, conosceva abbastanza bene Patricia per sapere che non avrebbe pianto per la morte del fratello, ma sapeva che aveva bisogno del suo amico.
Aveva bisogno di lui.
Quel pensiero gli fece stranamente battere il cuore.

* * * *



Se c’era qualcosa che Severus odiava di quel periodo dell’anno erano i cambiamenti improvvisi del tempo.
La mattinata era stata soleggiata, calda e piacevolmente ventosa.
Era bastato perdersi in una libreria per qualche tempo che, all’uscita, li aveva accolti un cielo grigio e spento, un tuono che rimbombava sulle loro teste e una minaccia di pioggia imminente che li costrinse a correre all’appartamento di Patricia per evitare di inzupparsi.
La pioggia li travolse a metà strada, costretti a camminare in mezzo ai Babbani, cercarono di trovare riparo sotto le tende dei negozi, ma arrivarono a destinazione fradici ed infreddoliti.
La porta si aprì con un colpo secco. Patricia gocciolava dai capelli neri, i vestiti zuppi erano appiccicati al corpo e Severus ringraziò che fossero scuri altrimenti avrebbe anche dovuto fare i conti con la visione dell’intimo dell’amica. Sentiva l’acqua anche nelle scarpe e un brivido di freddo lungo la spina dorsale gli fece venire la pelle d’oca.
Patricia trovava quella storia molto divertente. Rideva come una bambina mentre andava nel piccolo bagno a prendere alcuni asciugamani.
Il mago si ritrovò nel piccolo salotto dell'appartamento che conosceva bene, ricordava ancora con orrore il pomeriggio passato a sollevare scatoloni senza l'uso della magia per paura che qualche Babbano li vedesse, così come ricordava le silenziose imprecazioni che le aveva lanciato per aver scelto di vivere in un quartiere Babbano.
L'amica uscì dal bagno: aveva in mano due asciugamani di un improbabile color pesca. Gliene lanciò uno mentre continuava a ridacchiare.
- Per fortuna ho lanciato un silenzioso incantesimo impermeabile al sacchetto e ai libri, altrimenti si sarebbero rovinati tutti.
- Per fortuna... - sibilò sarcastico lui mentre asciugava i capelli con la salvietta – Si può sapere perché ridi?
- E' divertente vederti con i vestiti Babbani e del tutto bagnati. Sai la tua solita espressione arcigna perde d'intensità quando non indossi quel lenzuolo nero sulle spalle che sembrano due ali da pipistrello. - spiegò la strega aprendo il sacchetto – Sono tutti asciutti! – sorrise trionfante mentre ne tirava fuori uno alla volta.
- Libri per bambini.- sentenziò acido il pozionista – Favole, stupide storielle con principi e improbabili cattivi che non vincono mai. Si può sapere perché leggi quella roba?
Ancora bagnata, Patricia prese la bacchetta e con un colpo deciso i volumi si sollevarono dal tavolo e fluttuarono fino alla libreria in salotto dove si riposero in silenzio.
- Non si può sempre leggere libri di incantesimi e manuali di pozioni, Preside Piton. - gli fece una giocosa linguaccia – A volte è bello leggere storie dove tutto è semplice e facile. Dove sai già che il bene trionferà è l'amore è veramente l'arma più forte di tutte. Non mi aspetto che tu capisca Severus, ma a volte trovo le favole Babbane molto più rilassanti di un buon bicchiere di vino. Sai potresti leggerne qualcuna e capire che anche tu puoi trovare una principessa là fuori, innamorarti, sposarti, abitare in un castello con lei e i vostri numerosi figli e vivere per sempre felici e contenti.
- Io non sono un principe, Patricia.- rispose lui passandosi l'asciugamano sul volto – Io sono un cattivo e i cattivi non vivono per sempre felici e contenti.
- Pipistrello guastafeste.

Severus aprì la bocca per ribattere a tono, ma un rumoroso starnuto rispose al suo posto.
Ondeggiò la testa con così tanta forza che i capelli neri ancora umidi si appiccicarono su tutto il volto formando un insolito pizzetto nero.
Patricia scoppiò in una fragorosa risata.
   
 
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