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Autore: _joy    30/09/2014    5 recensioni
«E di me ti fidi?»
«Posso fidarmi?» rispondo «Dimmelo tu» 
«Sì» risponde senza esitazione. 
 
Gin/Ben
[Serie "Forever" - capitolo IV]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forever'
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«Come hai fatto, ad arrivare subito?» chiedo, nel silenzio.

 
La mia stanza è buia, ma la finestra aperta lascia intravedere le prime luci del giorno.
Sono distesa sulla schiena e Ben è steso sul fianco, accanto a me.
La sua testa è posata sulla mia spalla, la barba corta mi solletica la pelle.
Una delle sue mani è abbandonata tra i miei capelli, mentre con l’altra mi accarezza la pancia.
 
Siamo entrambi nudi.
Abbiamo appena fatto l’amore.
Non potrei chiamarlo in un altro modo.
 
È stato come tornare a casa.
A casa con lui.
E per quanto io non volessi e nonostante tutta la paura… essere tra le sue braccia mi ha fatto dimenticare i dubbi.
Anche lui sembrava un disperso che ha ritrovato la strada.
Ed è stato dolce e bello e meraviglioso più che le altre volte… o forse mi è sembrato così perché temevo che non sarebbe più successo?
O perché l’ho visto piangere e mi sembra che, se qualcuno piange mentre condivide qualcosa di tanto bello con te, allora è davvero tuo?
 
Sto pensando a questo mentre fisso il soffitto.
Non posso fingere che lui non ci sia, perché mi abbraccia e intreccia una gamba alle mie, come se non sentisse di essermi abbastanza vicino.
Eppure…
Vorrei restare così per sempre.
Senza chiedermi cosa dovremo fare tra poco.
«Ho preso una stanza nell’hotel in fondo alla strada» mormora Ben, punteggiandomi di baci lievissimi la spalla e il braccio «Volevo esserti vicino…»
Volto appena il capo e osservo la sua testa bruna.
«Malgrado io non ti abbia aperto il portone?»
«Soprattutto per quello» fa una smorfia e posa la testa sul cuscino, accanto alla mia.
Con il naso mi sfiora la guancia, poi mi bacia lievemente.
«Volevo vederti… Non sapevo dove trovarti, Lidia e Colin non mi hanno voluto dire nulla… Poi mi è venuta in mente Serena. E quindi ho comprato un biglietto aereo»
«E se non fossi stata a Milano?»
«Bè, sapevo che Lidia ti aveva vista, ma comunque il passo successivo era andare dai tuoi»
«Mio padre ti avrebbe ucciso!»
«Lo immaginavo, ma… sarebbe andato comunque bene, se ti avessi trovata»
Ci penso su.
«E la casa? Come l’hai trovata?»
«Sapevo l’indirizzo, no?» sembra stupito «È casa della tua migliore amica!»
Io aggrotto la fronte.
«Quando te l’ho mai detto?»
«Mah, tempo fa…» mi accarezza i capelli, meditabondo «Forse non eri neppure venuta a Londra…»
«Così tanto tempo fa?» mi stupisco «Come fai a ricordartelo?»
La sua mano si immobilizza, poi mi dice, con tono sorpreso:
«Gin, ma… è una cosa che riguarda te. Che mi hai detto tu! Ti pare che non me lo ricorderei?»
 
Io resto senza parole.
È una cosa da Ben… da Ben com’era prima.
Quello che non mi avrebbe mai ferita, quello che mi metteva sempre al primo posto.
E questo particolare mi provoca uno strano sussulto interiore, come se vedessi contemporaneamente il vecchio Ben e quello nuovo… o è sempre la stessa persona e io vedo una spaccatura a causa di quello che è successo?
Sono in confusione totale.
Mi servirà una vita per metabolizzare tutto questo.
 
All’improvviso, Ben si alza sul gomito e si mette sopra di me.
Mi prende il mento tra due dita e mi fa voltare in modo che le nostre fronti si sfiorano.
«Dimmi che ti sono mancato» bisbiglia.
I suoi occhi bruciano nei miei, pur nella poca luce.
Io deglutisco.
Lui mi bacia.
Mi sento sciogliere.
Provo a lottare contro questa sensazione di stordente dolcezza, contro i miei stessi sentimenti, ma con scarsa convinzione.
E poi lui si ferma.
«Dimmi che mi vuoi» ripete «Dimmi che mi ami»
Io scuoto la testa, in un gesto di paura più che di negazione.
Lui mi afferra il viso con entrambe le mani.
«Gin, io ti amo» mi dice, convinto «C’è una cosa sola che so, adesso, ed è che ti amo»
 
Mi viene di nuovo da piangere, accidenti a lui.
 
Ben bacia ogni mia singola lacrima, finché non mi stringo a lui, finché non lo prego di restare con me.
«Dimmi che mi ami» mi supplica ancora.
Ma io non riesco a parlare.
 
Facciamo di nuovo l’amore ed è persino più bello di prima.
Io scoppio a piangere e lo sento mormorarmi che, per lui, io sono tutto.
 
*
 
Dormiamo a tratti.
 
Sono su un fianco e lui è raggomitolato contro la mia schiena, con un braccio che mi circonda la vita, quando il mio cellulare inizia a suonare.
Lo sento sussultare quando si sveglia di colpo.
Mi allungo verso il comodino per prendere il telefono e Ben, irrazionalmente, mi stringe di più con il braccio.
È l’ufficio.
Guardo il display, poi spengo il cellulare senza il minimo rimpianto.
«Chi era?» mormora lui, assonnato.
«L’ufficio»
«Che ore sono?»
«Le 10.45»
«Oh» affonda il viso nei miei capelli e la sua mano mi accarezza «Ma non abbiamo dormito molto…»
Io chiudo gli occhi.
«Non vado in ufficio, infatti»
Lo sento sospirare.
«Stiamo a letto tutto il giorno?» chiede, felice.
«Ben, francamente non so cosa succederà quando ci alzeremo da questo letto…»
Il suo braccio serra la presa, poi lui si protende per avvolgermi nel lenzuolo.
«Allora dormi» mi dice «Restiamo qui. Io resto comunque con te»
 
Mi addormento con queste parole nelle orecchie.
 
*
 
In un momento imprecisato del pomeriggio mi sveglio.
 
Lui mi sta baciando dolcemente il collo.
Resto immobile, ma Ben mi tira vero il suo petto.
Appoggiato su un gomito, mi posa il mento sulla fronte.
«Lo so che sei sveglia» bisbiglia, prima di baciarmi il naso.
Ha una luce così calda negli occhi.
Ho come la sensazione che non sia passato un attimo e, contemporaneamente, che sia trascorsa una vita.
Chiudo gli occhi, cercando di non pensare.
Ben continua imperterrito a baciarmi e io tremo tra le sue braccia.
Mi rifiuto di aprire gli occhi: ce l’ho con il mio corpo traditore.
E con quella metà della mia testa che mi sussurra, incoraggiante, che è inutile cercare di resistergli.
 
All’improvviso, lui chiede a bassa voce:
«Tua nonna?»
Io mi irrigidisco, mentre una stilettata di dolore ormai noto mi impedisce di parlare.
Istintivamente vorrei scansami, vorrei scostare quella mano che mi accarezza, ma mi sforzo di dominarmi.
Non è colpa sua, razionalmente lo so.
Ma…
Lui espira.
«Mi dispiace» bisbiglia «Mi dispiace di non esserci stato… per te»
 
Non gli rispondo.
E, dopo un po’, mi addormento di nuovo.
 
*
 
Mi sveglio quando sento un peso che abbassa il materasso.
 
Apro gli occhi – ormai non so neppure più che ore sono – e vedo Ben, vestito, che mi sorride.
«Ora di cena» dice «Che dici, ti alzi?»
Io mi metto a sedere a fatica.
Lo stare a letto mi ha rintronata.
O forse è la mancanza di sonno dei giorni precedenti.
Oppure è Ben.
 
Sono dolorante.
Il mio stesso corpo mi ricorda quanto la mia vita sia cambiata e non sia più abituata a tutto questo.
Faccio una smorfia e lui si siede accanto a me e mi circonda con un braccio.
«Vuoi fare una doccia? Ho ordinato la pizza, ma arriva fra mezz’ora»
Mi sfrego gli occhi.
Magari una doccia mi sveglia.
 
Resto sotto l’acqua per un tempo infinito e intanto spero con tutte le mie forze che, quando uscirò, lui sarà sparito.
Non posso affrontarlo.
Non so cosa fare.
 
Ma, ovviamente, lui c’è.
 
Sento il citofono, poi Ben che parla.
E, dopo un paio di minuti, viene a bussarmi.
«Tutto bene? La pizza è arrivata»
Mi asciugo e mi vesto, cercando di farmi coraggio.
Quando esco dal bagno, vedo che Ben ha apparecchiato la tavola.
Mi scosta la sedia con un sorriso.
«Prego» mi dice.
Mi siedo, esitante, e lui mi posa davanti un cartone con la mia pizza preferita, quella con la bufala e i pendolini.
Chiudo gli occhi.
Il mio vecchio Ben.
«Non è esattamente una cena romanticissima…» dice lui, sedendosi di fronte a me «Con i cartoni e tutto il resto. Però posso fare di meglio… Se me lo permetterai»
Il suo tono è speranzoso e io apro gli occhi per guardarlo.
Non so cosa dire.
Abbasso gli occhi sulla pizza.
Ne taglio un pezzetto, ma non ho fame.
Cincischio con il cibo mentre Ben mangia di gusto.
Quando arriva a metà pizza si accorge che io non sto mangiando.
«Che c’è?» chiede «Ho sbagliato pizza?»
«No. No va benissimo. Solo… Non ho fame»
Lui aggrotta le sopracciglia.
«Gin, che storia è? Devi mangiare!»
Mi innervosisco subito.
«Cosa vorresti dire? Non ho fame! E non ho cinque anni, per cui…»
«Non è per la storia della linea, vero?»
«No!»
«Non dirmi bugie!»
Sembra furioso e questo fa imbestialire anche me.
«Se proprio vuoi saperlo» ribatto, sbattendo il tovagliolo sul tavolo «Sei tu che mi hai tolto la fame! E non per un fatto di linea o cosa, ma perché mi hai tolto anche la voglia di fare qualsiasi altra cosa!»
 
Dopo questo mio sfogo restiamo entrambi in silenzio, a fissarci.
Passano minuti interi, poi lui fa un gesto con la mano.
Di sconforto, credo.
Ha le labbra serrate e non capisco se è arrabbiato o spaventato o confuso.
O tutte e tre le cose.
 
Mi faccio forza e parlo per prima:
«Scusa. Mi ero ripromessa di non… Di non comportarmi così. Fai finta di non aver sentito»
Lui sgrana gli occhi.
«E come faccio?» chiede «Come dovrei fare, secondo te?»
Io sospiro.
«Ben, ascolta, non voglio che diventiamo due persone che passano il tempo a rinfacciarsi le cose. Io di sicuro non voglio farlo. Quindi non parliamone più»
«Gin, è proprio questo l’errore!» si oppone lui «Se ne parlassimo, se tu mi urlassi addosso ogni offesa che ti sei tenuta dentro… Poi almeno saremmo liberi. Staresti meglio»
Inorridisco.
«Sei pazzo? Io non voglio urlarti addosso! E, per quanto io possa essere arrabbiata o ferita tu non sei certo un bersaglio!»
«Ma è colpa mia!»
«È stata colpa anche mia» rispondo.
 
Mi costa fatica ammetterlo.
Ma non per la verità in sé, che alla fine ho capito.
Non ho problemi a riconsiderare un errore.
Mi costa fatica perché finora mi ero rifugiata nella convinzione che la colpa fosse sua e che io avevo fatto del mio meglio.
Mentre ora…
Come faccio a convivere con l’idea che non ho fatto abbastanza per salvare la storia della mia vita?
 
Ben si alza e mi si avvicina, quindi si inginocchia al mio fianco.
«La colpa è soprattutto mia» dice, fermo.
Annuisco.
«Sì. E non lo dico per ferirti, giuro. È stato… Io ho sbagliato a non essere sincera con te, a non dirti come stavo e cosa pensavo davvero delle tue scelte… Ma non volevo stressarti ulteriormente. Capisco che non è una scusa, ma mi sembrava che non riuscissimo più a parlare. Lo so, dovevo cercare un modo nuovo e non abbandonarmi all’autocompatimento»
Sospiro, poi gli sorrido mestamente.
«Che io sia una gran paranoica lo sai già, ma mi scuso per come le mie paure mi hanno impedito di comportarmi da persona matura»
Ben mi prende una mano.
«Gin, è colpa mia» dice, di getto «Io ti vedevo… Lo sapevo che stavi male, l’avevo capito… Eppure ho fatto finta di non vedere, perché era più comodo. E ieri… io voglio che tu ti senta sicura di me, ma non avevo il diritto di rinfacciarti delle insicurezze che ho contribuito a costruire»
Restiamo entrambi in silenzio, poi io chiedo:
«Perché sei qui?»
«Per te» risponde senza esitare.
«Perché? Cosa vuoi?»
Lui deglutisce.
«Perché tu sei casa mia» dice, dopo un po’ «Perché io posso anche girare il mondo… Ma alla fine desidero solo tornare a casa. Con te. Noi due e basta»
 
Io resto muta.
«E tu?» mi chiede, accarezzandomi la mano con il pollice.
«Per me tu sei sempre stato la mia casa»
Sorride, sembra sollevato.
«Perché, credevi di no?» domando «Io l’ho sempre saputo, Ben. Per me è sempre stato chiarissimo»
Lui si morde un labbro.
«Scusami per come mi sono comportato. Per tutti quei mesi in cui ti ho resa infelice» mormora.
Non rispondo e lui si affretta ad aggiungere:
«Lo so, è facile dire “scusa”… Non penso che le cose si sistemino così in fretta. Però… tu vuoi ancora stare con me? Se mi dici di sì… ti giuro, farò qualsiasi cosa!»
 
Mi sento combattuta come non mai.
Lo guardo e ammetto che una parte di me - una grossa parte – vorrebbe solo dire di sì.
Però... come posso fingere che questi mesi non siano esistiti?
 
Ben mi legge il tormento negli occhi e sospira.
«Non devi rispondermi ora» mormora, baciandomi la mano «Posso aspettare. Potrò sempre aspettarti»


***
Buongiorno, carissimi lettori!
Dunque dunque... Sono stata via nel weekend e, per questo, ho anticipato la pubblicazione delle Cronache, ma con Gin e Ben per fortuna sono nei tempi! :)
Detto questo... Mancano due capitoli, io ve lo dico.
Concludere questa storia mi fa davvero troppo strano, tanto che non capisco più se sono soddisfatta o no!
Non inizio a ringraziarvi ora che altrimenti mi commuovo, ma vi ricordo dove trovarmi:
Facebook: https://www.facebook.com/Joy10Efp?ref=bookmarks
Blog: http://dreamerjoy.blogspot.it/
La mia altra storia aperta: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2569037&i=1
Buona lettura!
Joy

   
 
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