Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: elev    30/09/2014    5 recensioni
"In un mondo pieno di dolcificante artificiale, aspartame, saccarosio e derivati vari.
C'è chi ha perso la dolcezza dello zucchero e la naturale duttilità del miele."
Per quel giorno avevano previsto neve.
Erano le 7.30 di mattina e Juliet svoltava l’angolo del 142 di Portobello Road.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic


Metafisica e cioccolato
 
Adesso io e lei sediamo insieme nella sua stanza e mangiamo cioccolato, e io le dico che in un futuro lontano, quando entrambi andremo in cielo, dovremmo cercare di prendere le sedie una accanto all’altro, vicino al tavolo del dessert.
(Anne Lamott)

 

– Capisco quanto per te sia difficile, voglio dire, in poco tempo ti sei ritrovato in un’altra casa, con un’altra persona e soprattutto con una sorella che non sapevi di avere.  Vorrei che tu capissi quanto è difficile anche per me. Non sono t-nostra (si corresse) madre, questo è chiaro, ma anche se non posso cambiare il modo in cui ti ha trattato – ci ha trattato in verità – mi sento responsabile per te! – Asserì Juliet Edwards con convinzione aggiustandosi la cintura di sicurezza dell’automobile. Aveva iniziato a parlare al plurale e non se n’era nemmeno resa conto! Un brivido le percorse la schiena ma lei prontamente cercò di ignorarlo cercando di rimanere calma. – E levati quelle cuffie quando ti parlo! – Sbraitò questa volta arrabbiata, stringendo il volante con entrambe le mani.
Con una manata che rischiò di farla uscire di strada e cozzare contro una fioriera piazzata alla fine del viale, spostò le cuffie “b” che coprivano le orecchie di quello zuccone di suo fratello impegnato a fissare il vuoto con un’espressione ora esasperata stampata in viso seduto sul sedile del passeggero.
– Ehi! – sbuffò poi, ma non ebbe il tempo di aggiungere altro poiché il monologo di sua sorella era già partito.
 
Aveva già passato l’intera serata a sostenere che era ora di rispettare le regole di una convivenza – benché forzata - minimamente civile, ma vista la riluttanza totale di Sean ad ascoltare le sue argomentazioni, Juliet era stata costretta a disseppellire l’ascia di guerra:
–  Pagella impeccabile, frequentazione irreprensibile delle lezioni e accompagnamento forzato in automobile da casa all’entrata dell’istituto scolastico e viceversa  fino alla fine del semestre! – Aveva tuonato.
Lo sproloquio veniva ripetuto alla nausea ad ogni tentativo di protesta del giovane. Quindi anche quel mattino.
Non ottenendo nessuna risposta o segno vitale oltre che a qualche sospiro e ad un irritante tamburellare delle dita lungo il bordo della portiera, esalò un ultimo tentativo di riconciliazione: – E va bene, non hai voglia di ascoltare. Capisco anche questo, ma abbi pazienza, mi sembra di parlare con un muro per la miseria! – Protestò scocciata voltando leggermente la testa verso il passeggero.
– Ah già, giusto! Perché si capisce, no!? Tu capisci sempre tutto! – Sputò velenoso, d’improvviso – mi sembra  di stare in galera! – Borbottò il ragazzo abbassando la voce.
– Ah No, stai zitto! Guarda che non prendo mezzora di permesso dal ristorante per venirti a prendere la sera così, intanto per divertimento, razza di ignorante che non sei altro! – Ribatté lei.
– Appunto, chi cazzo te l’ha chiesto!? – Sibilò suscitando le ire della sorella, che, ancora più irritata, si immise sgommando sulla strada principale. Percorse in silenzio quei due chilometri che separavano casa sua dal liceo di Sean, finché non inchiodò davanti ad un piazzale affollato di studenti.
– Porta il tuo culetto d’oro fuori di qui, avanti marsch! E studia! – Latrò poi puntandogli contro l’indice.
Sean scese dall’automobile grugnendo l’ennesimo insulto contro di lei e quel sistema a cui era inesorabilmente condannato, sbatté la portiera e voltò le spalle senza salutare.
– Alle cinque in punto qui, mi raccomando e niente stronzate! – Strillò la bionda fuori dal finestrino. Ammise che il ruolo di “carceriera” le stava riuscendo anche bene e, mentre controllava a vista i passi del fratello che si avvicinava all’entrata della scuola trascinando i piedi, lasciò andare uno sbuffo e una risata isterica.
L’intera scena, inevitabilmente, suscitò gli sfottò più penosi da parte dei suoi compagni di classe.
 

– Cristo Santo, amico, ma chi è quella stragnocca? – Ansimò una voce riprendendo fiato dopo aver percorso di corsa il piazzale.
– Lascia perdere, Will, davvero. – Farfugliò Sean voltandosi.
– E perché mai? Lo sai che se non sono impegnato con la palestra rispondo come il pronto intervento: dove c’è una “pollastra” mi trovi sul posto! – Ridacchiò, e aggiunse – Iniziare la giornata in quel modo lì non può che renderla buona!
– Buona un cazzo! – Ribadì di tutta risposta il biondo strattonandolo per la maglia della tuta – Quella “pollastra” è mia sorella, ed è pure una grande stronza. Quindi lascia perdere!
– T-tua sorella?!, balbettò, certo che potresti anche presentarmela…ma è stronza quanto te ?
– Vaffanculo Will! – brontolò a denti stretti
– Rilassati, e che cavolo! – Sbuffando, Will, ricominciò a saltellare sul posto – dovresti fare più moto, ti vedo pallido e quel livido sotto l’occhio? No, non aiuta di certo e dire che non saresti per niente male, “tesoro” !
– Ma fammi il piacere! Sarai anche uno e ottanta tutto muscoli ma mi pare che sarebbe meglio che ti facessi una doccia –  lo spintonò – Fai schifo, puzzi come un caprone, altro che attirare le donne… attiri le mosche e tu sai dove si posano le mosche?! – Nascose una risata con una smorfia.
Will, che teneva in modo maniacale al proprio aspetto, incrociò le braccia al petto offeso – Almeno si può sapere come mai vieni a scuola con la scorta?
– Arresti domiciliari, ti basta?
– Mh – Bofonchiò Will guardandolo dall’alto in basso. – Comunque dovresti smettere di ridurti così, sempre con quel maledetto rock nelle orecchie, insomma, non lo vedi? Là fuori che ci sono un mare di donne che cadrebbero ai tuoi piedi!
Che Sean considerasse Will l’incarnazione del concetto di superficialità, senza cultura (soprattutto musicale) era una cosa appurata ma era altrettanto vero che Will considerava Sean l’essenza della noia e della tristezza perché preferiva passare il tempo libero a fare schizzi su un quaderno e ascoltare qualche vecchio disco inedito o bere una birra in un pub fumoso, piuttosto che frequentare le discoteche o andare in palestra. – Sei vecchio dentro, caro mio! – gli diceva.
Si erano conosciuti da poco ma i loro continui battibecchi li avevano in un qualche modo legati, benché non fossero mai d’accordo su nulla.
Will era un viziato figlio di papà, e oltre ad essere bello e pieno di soldi, con le donne, che non doveva nemmeno sforzarsi di cercare dato che erano loro che andavano direttamente da lui, aveva sempre avuto un grande successo. Popolarità che non faceva che aumentare la già grande stima che aveva di sé. Will le frequentava qualche giorno e poi le mollava, loro piangevano e lui passava oltre, – non è una questione personale – diceva.
 

***
– Sta’ attenta ragazzina che se tenti di ingannarmi finisce che ti faccio fare la prova alla bocca della verità! –
Si erano conosciuti così, Luca e Tea.
Tea che amava giocare mentre sua madre pesava frutta e verdura nel suo negozio. Tea che, allora, era una vivace bambinetta di sette anni che faceva le boccacce allo specchio e provava in ogni modo ad “ingannare” i clienti aggiungendo di nascosto qualche oggetto pesante sul piatto della bilancia assieme alla merce che stavano per acquistare.
– La bocca della verità? – Esclamava lei fissando con curiosità quel giovane moro che aveva osato contraddirla. – Certo! – Rispondeva lui – Se non dici la verità e se tenti di ingannare le persone la infili e… Zac! Ti mangia la manina!
Lei spalancava la bocca impressionata e scappava urlando – tanto non mi prendi, non mi prendi! – Nascondendosi dietro la madre che sorrideva.
Da allora Tea aveva voluto sapere tutto. Gli aveva chiesto chi era quel signore che mangiava le mani dei colpevoli, come faceva a sapere che la mano infilata era di un bugiardo e se non era mai stufo di mangiare mani, ogni dettaglio. E da allora, ad ogni passaggio, Luca aveva dovuto spiegarle tutto, per filo e per segno.
In realtà aveva tralasciato il fatto che in realtà quella terribile bocca non era altro che un antico tombino, Luca scorgeva la meraviglia negli occhi di quella bambina incantata dalle sue storie e non aveva voluto deluderla. Le aveva voluto bene dal primo istante.
Tea era cresciuta assieme all’affetto che nutriva per lui e benché ormai non credesse più che il gatto Romeo degli Aristogatti esistesse veramente e vivesse al Colosseo, aveva trasformato il giovane, dieci anni dopo, in un vero e proprio punto di riferimento.
Le labbra di Luca tremarono leggermente e si tesero in un sorriso appena pronunciato, quei ricordi lo fecero sentire meglio. Come se, quel boccone amaro, che gli si era bloccato in gola dalla sera prima si fosse finalmente deciso a scendere. Con Tea non aveva mai litigato, non in quel modo e forse per questo si era trovato impreparato.  La sera prima aveva sbattuto la porta e si era buttato a peso morto sul letto credendo che addormentarsi ignorando il problema fosse la cosa migliore. Era stato un sonno tormentato quello di Luca: davvero Juliet credeva quelle cose? E Tea? Tea aveva diciassette anni e un paio di “paletti” non le avrebbero fatto troppo male. Decise di rimanere fermo sulle proprie decisioni: avrebbe chiarito con Juliet e le avrebbe promesso di tenere lontana Tea da suo fratello Sean per un po’ di tempo. Si passò una mano sulla fronte e sbuffò infastidito quando si accorse che se non si fosse vestito nei prossimi tre minuti sarebbe arrivato in ritardo sul lavoro.
Luca era ancora in piedi accanto al tavolo del salotto con un foglietto in mano. “Tolgo il disturbo. Tea” diceva. Quattro parole calcate a penna tra i quadretti del bloc notes,  un solco sul suo cuore. Tea se n’era andata.
Per l’appunto tre minuti dopo, l’uomo uscì dall’appartamento cacciando nervosamente le chiavi nella tasca della giacca.

***
– Problemi? – Sibilò Juliet all’ennesima occhiataccia di Luca da dietro la mensola.
La cucina era immersa nel silenzio più totale. Liz ed Angie si erano ammutolite quando avevano trovato le luci accese in cucina già prima di iniziare il turno e dentro avevano trovato Juliet intenta a caramellare degli spicchi di frutta che andavano inseriti in una complicata cesta di cioccolato decorata con delicati fili di zucchero di canna e pagliuzze d’oro.
Luca fece segno di no abbassando lo sguardo sul brodo di pesce. Erano le dieci di mattina quando “sweet child o’mine” iniziò a suonare nella sua tasca.
La canzone riprese almeno quattro volte prima che, spazientita, Juliet sbatté il mestolo sul piano di lavoro e sbraitò – Qualcuno vuole rispondere a quel dannato telefono?   E voi? Che avete da guardare?  Al lavoro! – Juliet apostrofò Angie e Liz e tese un orecchio verso il guardaroba poco distante ma non udì null’altro che la porta dell’entrata per i fornitori che si richiudeva.
Luca uscì sul retro ed ispirò profondamente chiudendo la telefonata. – Tea sei tu? – Fu tutto quello che riuscì a chiedere prima che due braccia gli cinsero il collo quasi soffocandolo.
– Ehi, ehi! Che c’è?! – Esclamò cercando di districarsi da quell’abbraccio e sforzandosi di rimanere fermo sulle sue posizioni.
– Scusami – Singhiozzò Tea.
– Tea, hai combinato un bel pasticcio, ora sono nei guai pure con… – fece cenno con una mano alla cucina.
– Guarda che lo so che lavora con te! – Ridacchiò la ragazza – Secondo me le piaci anche…
– Ma se mi odia! – Ora basta! Tea! – protestò l’uomo – Dimmi che cavolo sei venuta a fare!
La ragazza abbassò lo sguardo e sul suo volto si dipinse un’espressione pensierosa. – Sean – mormorò – Sai quel ragazzo con cui mi hai vista a casa tua? Ecco, oggi l’ho incontrato e praticamente mi ha liquidata dicendomi che non c’è mai stato nulla e che non potrà mai esserci niente. E io che credevo di piacergli, insomma almeno un pochino… – aggiunse delusa.
– Oddio Tea! Non mi dire che mi hai chiamato nel mezzo del mio turno per raccontarmi questa storia! Era questa l’emergenza?! – Sbuffò.
– Ma è un’emergenza, Luca! – Protestò la ragazza stringendo i pugni.
– Che stronzo – affermò dopo qualche istante.
– Chi? Io o il tuo amico? – rispose Luca fissando un punto indefinito sul marciapiede.
– Tutte due! – rise lei. – Questi ragazzi inglesi non capiscono nulla, Luca, portami in Italia! – lo pregò poi tirandolo amichevolmente per un braccio.
– Vedremo insomma si potrebb…  – si interruppe – Tea, vai a scuola che è meglio và…
Luca seguì con lo sguardo la ragazza che voltava l’angolo mandandogli dei baci volanti con la mano e sorrise stringendo le braccia al petto. Rimase solo per una manciata di minuti prima che la porta alle sue spalle si spalancasse nuovamente e una voce gli rivolgesse nuovamente la stessa domanda  – Problemi?
– Che caz… C-Chef c-cioè – Juliet! – balbettò.
– Tutto a posto? – Insisté lei con voce  più calma ma inarcando un sopracciglio.
– Tutto a posto – sospirò – Tuo fratello ha appena respinto Tea!
– Lo so! Alleluia! Mio fratello mi ha ubbidito allora! – Fece lei tutto d’un fiato.
– Che cosa? – Luca voltò lo sguardo verso la Chef in piedi accanto a lui con le mani sui fianchi avvolti nel grembiule candido. – Come fai a saperlo?  Quindi tu sapevi tutto… Voglio dire cosa gli hai detto?! –
– L’ho solo messo agli arresti domiciliari per un po’– rispose – Niente distrazioni.
– Incredibile! Ti rendi conto che l’ha presa in giro? Guarda che poi quella la devo consolare io! – Protestò trattenendo un sorriso.
–  Come sei tragico! Guarda che io non gli ho detto di fare così!
– Sentiamo, cosa gli avresti detto allora? – protestò lui quasi irritato
Juliet esitò un attimo, poi sbuffò spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e fissò l’asfalto prima di rispondere – Gli ho detto di concentrarsi sullo studio. – Ah, e comunque, non ti odio! Aggiunse senza alzare gli occhi.
– Cosa? Hai origliato?!, Tossicchiò – Non ho mai detto questo! –
– Scagli la pietra e nascondi la mano, Chef? – Chiese ironica la bionda rientrando in cucina seguita dal collega.
– Assolutamente no! Vuoi provare le mie doti consolatorie? – Sogghignò dando un’occhiata al dolce lasciato a metà. – Mi sa che ne dovrai approfittare subito, cara la mia donna tutta d’un pezzo – fece cenno alla cesta di cioccolato crollata.
Juliet cacciò un urlo inorridita e si cacciò le mani tra i capelli – Nooo! La cesta!  Tu e le tue emergenze! – strillò colpendo Luca con piccoli pugni sul petto finché non si sentì afferrare per entrambe i polsi e un respiro caldo non la interruppe sussurrandole – Sei ancora più bella quando t’arrabbi!
Juliet inspirò ed espirò profondamente almeno tre volte contando piano fino a dieci tenendosi la fronte, quindi sparì nella cella frigorifera. Continuò il suo rito zen  finché si accorse di essere stata seguita.
– La smetti di seguirmi? – Brontolò quasi isterica.
– Chi io? Sei tu che mi hai seguito! Luca, cercando di rimanere indifferente, selezionava alcune verdure in una cassetta.
– Ma era per i gastronomi di domani! – Il dolce?, chiese lui. Juliet annuì leggermente chiudendo gli occhi appoggiandosi ad un ripiano.
– Ti darò una mano io, altrimenti gli propineremo dell’altro – asserì il moro strizzando l’occhio.
– Sei pazzo?! Questo è e questo sarà! – Urlò con voce stridula.
– Ma ci vorrà una notte intera per rifarlo! – Gesticolò Luca
Juliet inarcò un sopracciglio e fece un cenno verso la cucina – Già, più o meno come per rifare il tuo brodo…sarà minimo carbonizzato a quest’ora!
Luca uscì di corsa dalla cella frigo, spense il fuoco imprecando e dandosi del cretino per aver risposto a quella maledetta chiamata, poi alzò lo sguardo sentendosi osservato e trionfante annunciò – Allarme rientrato, ragazze – rivolgendosi alle ora incredule, ora sbalordite Angie e Liz.
 
 
Angolo cottura:
Mie care amiche, se credevate di esservi liberate definitivamente della vecchia elev, pensavate male. Se stavate già festeggiando perché avevo smesso di importunarvi con i miei caotici capitoli mangerecci: avete fatto bene ma… pensavate male! Se eravate convinte che qualcuno mi avesse confinato su di un’ isola deserta da due mesi a questa parte: per favore datemi il suo indirizzo che mi ci faccio mandare sul serio!!
Dette le sciocchezze del caso: tadaaaa a volte ritornano. Ebbene sì sono tornata a tutti gli effetti (anche dalle ferie che non ricordo nemmeno più di aver fatto). Spero che, malgrado tutto, apprezzerete anche il dodicesimo capitolo. Se non lo apprezzate cogliete l’occasione per disfarvi delle famose cassette di pomodori che avete conservato durante l’estate (che non c’è stata) XD
Vi abbraccio tutte
-elev

 

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: elev