«mein
g…NO!!!»
Il tedesco crollò sulle
ginocchia alla scena che gli si
presentò davanti agli occhi. Il biglietto che aveva stretto
nella mano destra
nella corsa fatta da casa sua fino a lì gli
scivolò dalle mani.
Era inutile ormai…
Era tutto inutile.
Vide Suzie Tusket stringere Dorothy a
poca distanza. Almeno
loro si erano salvate.
Ma la Muscle League, a quel punto,
dopo la distruzione
completa della famiglia Kinniku, era ufficialmente morta.
Così come i suoi
componenti.
:: qualche ora prima ::
«è quasi
finita».
«vero, lo
è».
Erano in cima ad un palazzo nella
città di Tokyo. La luce
rossastra del tramonto si spargeva sia sui due, che sulla busta piena
di cibo
comprato poco prima al supermercato.
«la prova che ti serviva
più un aiuto in termini economici
che altro. Ad avere avuto le risorse disponibili, la Muscle League
sarebbe
caduta già da un pezzo anche se avessi agito in
solitaria».
«forse. Ma purtroppo le
bombe per Sunshine, che peraltro non
ha neppure compiuto il proprio dovere come avevamo stabilito, le
avevano
prosciugate tutte. È assurdo quanto aumenti il prezzo di
bombe del genere in
tempi di crisi».
«le bombe dici! E la sabbia
rossa, allora? Quelle streghe
dello spazio sono di un’esosità assurda.
Quantomeno visto che sono abbastanza
abile a gestire il denaro ho riottenuto in breve il quadruplo di quanto
abbiamo
speso per la droga, le auto, le bombe, i vari cellulari, le sim
prepagate, e
quel programma non rintracciabile che consente di mandare
automaticamente sms
reimpostati».
«più le mazzette
per i tizi delle pompe funebri che ti hanno
permesso di entrare a volto coperto nel posto dov’erano le
bare la notte prima
dei funerali».
«si, anche
quello».
« …E ultimo ma
non per importanza le preparazioni di un
viaggio di sola andata per Nettuno previsto tra stanotte e domani
mattina».
«distruggere la Muscle
League ci è costato una fortuna.
Ringraziando il cielo possiamo raggiungere il pianeta con mezzi
personali».
Dal sacchetto del supermercato una
delle due figure tirò
fuori due bottiglie di birra. «brindiamo al completamento
della missione,
Redraft?»
«non con quella roba.
Accidenti a me, eppure lo sapevo che
dovevo portare lo champagne. Lo sapevo!»
Dopo quelle mezze proteste
seguì una pausa di silenzio.
«solo una cosa».
«quale?»
«non mi hai ancora detto
perché del feto che Trixie portava
in grembo hai voluto occuparti tu, Redraft. Come fosse stata una
questione
personale».
Redraft si appoggiò al
muretto che li divideva dal vuoto.
«per gli stessi motivi per cui tu volevi distruggere la
Muscle League, anzi per
lo stesso motivo: una banale psicosi».
«ehi. La mia non
è psicosi. Da quando ho preso il
sopravvento sul quell’altro sono
completamente stabile».
«ah-ha. Sicuro».
«e comunque non mi hai
ancora risposto».
Redraft assunse un’aria
pensierosa. «credo che mi facesse
rabbia l’idea che lei potesse averne ed io invece non
potrò mai. Non di miei,
almeno».
«per via di quella
faccenda?»
«proprio di quella faccenda
lì. Credo che qualunque
psichiatra la definirebbe la causa scatenante della mia cosiddetta
“psicosi”.
Quella, e quel che non è stato detto del
contorno».
«ad ogni modo, dicono che
le persone particolarmente
intelligenti a volte tendano ad avere un equilibrio psichico
più fragile»
aggiunse Ravage «e a quel punto basta poco. Una vita poco
tranquilla. Qualche
bulletto che ti tormenta per anni. Il mancato reale
riconoscimento per
un lavoro che peraltro non era quello sognato. L’essere
sottovalutati anche se
“di facciata” ciò non sembri. Il peso
dei farmaci da rubare e prendere in
segreto per tenere sotto controllo la “personalità
cattiva”. La conferma di
valere meno di niente per il proprio padre. E comunque alla fine ho
sempre
avuto un certo controllo sull’altro, visto
che gli impedivo di andare da
uno psichiatra e -pur non riuscendo ad impedirgli di procurarsi
farmaci- lo
spingevo a farlo come l’avrei fatto io».
«personalmente trovo Ravage
più interessante rispetto a…l’altro».
«da dopodomani
smetterò completamente di fingere. Non ce ne
sarà più bisogno. Giusto il tempo di assestare un
ultimo colpo a qualcun altro.
Un paio di altre morti che per l’altro sarebbero
come un bel dito medio
splendente alzato nel cielo».
«serve una mano?»
Ravage rifletté un
po’.
«non sarebbe male. Poi ti
spiego come vorrei fare».
«d’accordo. Solo
una cosa…»
«dimmi».
«seriamente, tu hai
un’idea anche vaga di chi sia -A? perché
per quanto mi stia scervellando a cercare indizi in Pretty Little
Liars,
proprio non riesco a capirlo».
«non te lo rendono nemmeno
facile considerando che per i
vari mascherati/incappucciati usano pure delle controfigure degli
attori».
«la prossima missione
sarà quella: scoprire l’identità di
-A!»
Che due persone che avevano fatto
tutto quel che avevano
fatto loro riuscissero a scherzare tranquillamente su simili
stupidaggini era
qualcosa che aveva quasi dell’assurdo.
«tre a uno che ancora non
lo sa neppure Marlene King».
«dalle dichiarazioni che ha
fatto pare di sì».
«magari mente».
«probabile. Allora, come ci
muoviamo?»
:: dieci
minuti prima
dell’arrivo di Jeager ::
Erano le ultime bombe rimaste, ed
intendeva utilizzarle al
meglio.
Ravage non aveva avuto grandi
difficoltà a posizionarle dove
gli interessava, era l’unico a poter entrare dovunque in
quella casupola,
inclusa la stanza dive si era rinchiusa Belinda e, adesso, anche un Kid
Muscle
che finalmente si era deciso ad aprire la porta.
Che brutto errore, Kid, che brutto
errore.
Gli aveva posizionato una bomba sotto
il letto e non se
n’era nemmeno accorto, così come non se ne era
accorta Belinda.
Né lo aveva fatto nessun
altro.
Tanto era sempre stato
così. Nessuno badava mai a cosa
faceva lui. Forse perché lo conoscevano come uno dei buoni,
o perché lo
ritenevano semplicemente inoffensivo. In fin dei conti aveva vinto un
solo incontro
in vita sua con una suplex. Probabilmente lo ritenevano anche
più debole di Van
Dik. Già, era un peccato che Redraft non potesse perdere
tempo a sistemare
definitivamente anche lui; dopo quel che avevano deciso di fare,
avrebbero
dovuto darsi ad una fuga repentina appena
avesse finito.
Essere sottovalutato: la costante che
aveva accompagnato
Ravage -ed anche l’altro-
per tutta
la vita.
Sottovalutato dai suoi compagni di
scuola, sottovalutato
-anche se non sembrava, ma poi eccolo a fare quel che voleva senza che
nessuno
se ne accorgesse, segno che non gli davano poi tutta questa importanza-
sottovalutato dalla sua stessa famiglia...suo padre lo aveva dato via
in cambio
di un motoscafo. Un motoscafo. Con
le
sue sorelle non aveva fatto così, lui era l’unico
maschio, c’era da domandarsi
cosa diavolo gli fosse saltato in testa.
Era stato quando era venuto a
conoscenza di questo fatto,
anni prima, che la sua fragile altra personalità gli aveva
ceduto il posto.
E da quel momento in poi lui aveva
lavorato per ottenere la
giusta vendetta contro suo padre, che l’aveva abbandonato, e
con tutti coloro
che non l’avevano mai realmente apprezzato.
Non avendo molti mezzi fino a qualche
tempo prima non aveva
potuto fare altro che raccogliere informazioni su quanti più
scheletri
nell’armadio possibile.
E non gli era stato difficile, sia
perché era intelligente
che perché ispirava fiducia.
Poi aveva incontrato Sunshine, aveva
preso accordi con lui,
ed aveva usato tre quarti dei propri risparmi per procurargli le bombe
con cui
far saltare la sede della D.m.P. in cambio della distruzione della
Nuova
Generazione.
Già allora Ravage non
aveva mai pensato nemmeno minimamente
di dargli anche il resto dei soldi promessi, ma di ucciderlo appena ne
avesse
avuto l’occasione.
Quelli che erano seguiti erano stati
tempi morti, fino alla
Massima Sfida.
Lì aveva dato luogo alla
sua più grande interpretazione: il
dolore per il rapimento e la morte del padre, da parte del mercenario
Bone
Cold, e la sorpresa per “scoprire
solo
allora l’identità di suo padre e di essere stato
venduto”.
Era stato lui stesso a pagarlo con
quel che gli era rimasto,
sotto mentite spoglie, proprio perché facesse quel lavoro.
Ed una volta terminata la sfida,
quando -con sommo astio del
vecchio MacMadd- erano finiti a festeggiare lì nella sua
villa, c’era stata la
“svolta maxima”.
Nessuno si era accorto di lui, quando
se l’era filata in
sordina dai festeggiamenti per andare a spiare i discorsi dei MacMadd.
Né Redraft si era accorta
di essere seguita fino in cucina,
determinata a fare quel che aveva fatto solo un paio di mesi dopo, fino
a
quando lui stesso non gli si era palesato…trovando
imprevedibilmente una grande
alleata con altrettanto grandi mezzi, incredibilmente efficiente.
Anche Redraft aveva i suoi motivi per
volerli tutti morti.
Pur meritandolo, il padre non le aveva dato il controllo della Lega
unicamente
perché donna. E come se questo non fosse bastato, aveva
scoperto che la
domestica che da piccola aveva ucciso sua madre e quasi ucciso lei, suo
padre e
suo fratello, aveva continuato ad intrattenere una relazione con lui
anche
quando era sposato. Fino a quando non l’aveva mandata
definitivamente al
diavolo, facendo succedere quel che era successo.
Inoltre Redraft sapeva che, sempre in
quanto donna, i
misogini del quale il mondo del wrestling era pieno non le avrebbero
mai dato
retta. E che se avesse ucciso padre e fratello così,
all’improvviso, avrebbero
avviato un tale mucchio di indagini che sarebbe diventata vecchia prima
di
riuscire a mettere le mani sulla Muscle League.
Per cui, meglio liquidare quanto
più possibile e godersi un
mucchio di soldi da tutt’altra parte sapendo di avere
ottenuto la propria
rivalsa.
Nonché un improbabile
amante, nella persona di Ravage per il
quale la cara vecchia ed abusata regola della L sembrava valere eccome.
Ravage, ossia -a questo punto si
può pure dire chiaramente- Alexandria
Meat, uscì per l’ultima volta dalla
casupola di legno che gli era
appartenuta per tanti anni.
Oh, si, a proposito, quella
dell’essersi ibernato era stata
una balla a metà. In realtà non aveva passato poi
così tanto tempo in quella
specie di frigorifero, se non per periodi di tempo programmati ad arte;
essere
in uno stato di ibernazione poteva essere un buon alibi, se si trattava
di
pensare a “chi poteva essere a conoscenza degli scheletri
nell’armadio di
Tizio, Caio e Sempronio?”. E non pareva granché
invecchiato, forse anche perché
il tipo di nanismo da cui era affetto -oltre ai periodi di ibernazione-
gli
aveva causato un rallentamento nell’invecchiamento dei
tessuti.
Salì su una bicicletta a
misura di bambino, che di solito
era il suo mezzo preferito per spostarsi. Avrebbe fatto la telefonata
che
avrebbe innescato l’esplosione da una distanza di circa
cinquecento metri,
considerando il raggio di esplosione della bomba era meglio sfruttarli
tutti
quanti.
Arrivato nel luogo dove aveva
stabilito di incontrarsi con
Redraft, fece un gran sospiro.
Come le aveva detto quel pomeriggio,
erano arrivati ormai
alla fine.
Quanti ne avrebbe uccisi con
quell’ultima azione? Allora:
Kid Muscle e Belinda Muscle che erano ancora rinchiusi in camera e a
quell’ora
dormivano, Terry Kenyon e Terryman che stavano facendo la stessa
cosa…
“suvvia, Terry, non dovrai
più preoccuparti di nulla una
volta morto”.
E infine Suzie Tusket e Dorothy
Tusket, nella cui stanza
silenziosa non si era nemmeno curato di controllare; erano una donna di
mezz’età ed una bambina, che potevano fare se non
dormire?
Si, via, tutto sommato sarebbe stato
un bel massacro.
Si era perfino vestito di nero per
l’occasione, e dalla
tasca che la felpa nera che indossava aveva sul davanti tirò
fuori il
cellulare. Nessuno avrebbe sentito squillare l’altro
telefono, visto che aveva
messo il silenzioso.
«tanti team di lottatori
hanno tentato invano di distruggere
la Muscle League combattendola sul ring, quando sarebbero bastati un
po’di
veleno, un po’di sabbia rossa e qualche bomba. Beata
stupidità!» sospirò,
facendo partire la chiamata.
:: nel frattempo,
altrove…::
Quella ragazza sembrava scioccata,
disperata, e non l’aveva
vista in quel modo nemmeno al funerale del padre e del fratello.
Quindi nonostante l’ora
tarda Sergent Muscle non intendeva
rifiutare a Jacqueline MacMadd il proprio aiuto.
L’aveva vista correre
piangendo sotto la terrazza sulla
quale lui stava fumando la sua cara vecchia pipa, come
d’abitudine;
puntualmente alle due di ogni notte il suo orologio biologico lo
induceva a
svegliarsi, e non gli permetteva di riaddormentarsi fino a quando non
si
decideva a farsi una fumatina di pipa.
Con il giubbotto antiproiettile sotto
il pigiama e la
maschera come sempre ben calcata sul volto, naturalmente.
Era saltato dunque giù
dalla terrazza, che era appena al
secondo piano, deciso a soccorrere quella povera figliola che ne aveva
già
passate tante. Oltre che per domandarle cosa ci facesse in giro a
quell’ora
vestita in quel modo, con guanti e cappotto nero nemmeno fosse stata
una specie
di 007.
Forse era anche a causa
dell’ora tarda che Sergent
Muscle pur con
tutta l’esperienza che
aveva e pur -almeno di solito- non essendo completamente stupido, non
aveva
fiutato la trappola.
«miss MacMadd! Che
succede?! Vi stanno inseguendo?!»
Non si era nemmeno curato di
svegliare il gruppo di soldati
flessibili che si era portato dietro,
non ci poteva volere un drappello di militari per portare
al sicuro una
ragazza che, da quel che vedeva, non sembrava neppure essere inseguita
da
nessuno.
Magari era riuscita a seminare
temporaneamente il suo
aggressore.
La rossa sollevò i begli
occhi verdi apparentemente ricolmi
di paura verso il kinniku. «l’assassino della mia
famiglia...» balbettò «s-so
di chi si tratta!» guardò in un punto indefinito
verso la direzione da cui era
venuta, cosa che fece anche il kinniku.
«adesso vi porto al sicuro,
non permetterò che vi uccida»
disse deciso, facendola mettere dietro di sé.
«oh, Sergent
Muscle…vi posso assicurare che non accadrà. Non
ho intenzione di suicidarmi».
Lui non fece neppure in tempo a
voltarsi in stato di shock,
perché venne raggiunto da tre colpi alla nuca sparati da una
pistola silenziata
che Jacqueline, mentre correva verso l’auto lasciata a poca
distanza, fece
sparire sotto il cappotto nero.
«pensavo che sarebbe stato
più difficile, ma l’età e
l’ora
tarda devono avergli annebbiato il comprendonio»
commentò cinicamente.
Aveva appuntamento con Ravage tra
poco, doveva passarlo a
prendere per poi andare dritti in aeroporto, e non c’era
tempo da perdere.
«ma
mammaaaaaaa!!!»
«Dorothy, non voglio
sentire una parola uscire dalla tua
bocca! Cosa ti è saltato in testa di scappare via dalla
stanza, sperando che
non ti avrei beccata?! Mi dici cosa avevi in mente di fare?!!»
Con un figlio in coma e tutto il
resto la signora Tusket non
era proprio in vena di stare dietro anche ad una figlia minore che
stava
rivelando un lato scapestrato fino a quel momento inedito, visto che
era
scappata giusto una decina di minuti prima.
«io non ce la facevo
più a stare lì dentro!!!»
strillò la
trichechina «avevo avuto un incubo su Wally e…e le
pareti sembravano
minacciose, e…e non lo so! Sono scappata perché
ho avuto paura!»
A quelle parole la rabbia della
signora Tusket diminuì
drasticamente in favore di un’occhiata tra il comprensivo ed
il preoccupato.
«piccola mia, ma potevi semplicemente svegliarmi?»
erano ormai a trecento metri
da Beverly Park, ma si fermarono ugualmente sul marciapiede, la donna
chinata
verso sua figlia «ti avrei rassicurata sul fatto che era
tutto a posto».
«non…non lo
so…io ho agito d’impulso»
cercò di giustificarsi
Dorothy «volevo solo scappare via, e non sono riuscita a
trattenermi. Mi
dispiace».
«capisco. Adesso torniamo a
Beverly Park a-»
Entrambe si lasciarono sfuggire un
urlo di paura quando
improvvisamente sentirono un fragore assordante provenire proprio dal
parco,
seguito da altissime fiammate che tingevano il paesaggio attorno di un
colore
rossastro.
«MAMMA!!!»
«o m-mio
Dio…!»
Era stata un’altra bomba,
l’ennesima dannata bomba che tra
l’altro non aveva colpito solo Beverly Park ma anche diversi
edifici abitati
che stavano attorno, distruggendoli e dando in pasto alle fiamme quel
poco che
era rimasto su.
Strinse a sé la figlia, ma
in quel momento non pensò
minimamente di ringraziare il cielo che fosse fuggita e che dunque
almeno loro
fossero scampate all’esplosione. Riusciva a pensare solo a
coloro che erano
rimasti dentro, i Muscle, Terryman e figlio, il povero Meat….
Non aveva nemmeno un telefono per
chiamare la polizia, ma
con il disastro che c’era stato era sicura che non ci avrebbe
messo molto ad
arrivare.
«mein
g…NO!!!»
Jeager.
Suzie pensò che se non
fosse stato per il suo ruolo di
madre, sarebbe crollata in ginocchio esattamente come lui.
Il tedesco adesso riteneva di avere
sulle proprie spalle la
vita di tutte quelle persone, oltre che un pesante senso di fallimento
per non
aver carpito prima un indizio così evidente.
“Aiax Ravage
D’Arnel”.
Togliendo
“Ravage” che così come
“Rage” e “Redraft” era un
nome in codice, rimaneva “Aiax D’Arnel”.
E fin lì ok, c’era arrivato.
Ma come aveva potuto, lui che
comprava per diletto “La
Settimana Enigmistica”, non accorgersi del fatto che
“Aiax D’Arnel” era
nientemeno che l’anagramma di “Alexandria”?!
Altro che nuovi avversari francesi,
si erano covati una
serpe in seno fin dall’inizio!
Ed una volta colto
quell’indizio era andato quasi tutto a
posto come per magia.
Chi poteva essere a conoscenza dei
segreti della nuova e
della vecchia generazione se non lui?
Chi altri -a parte Wally, da lui
manipolato- li conosceva
tutti così bene e conosceva le loro abitudini in modo
così perfetto se non lui?
Chi era con lui
all’ospedale, quando era andato a trovare
Terry e, pure se in modo discreto, avevano deciso di raccontare di #R
alla
polizia? Lui!
Ed ultima cosa ma non per importanza,
chi lì in giro aveva
abbastanza intelligenza da archittettare certe cose? Meat, unicamente
Meat, a
cui nessuno avrebbe potuto pensare perché sembrava che tutto
lo escludesse dai
possibili nomi che rispondevano alla domanda “cui
prodest?”, a chi
giova?
Restava solo da chiarire un punto
fondamentale: perché?
Forse anche a causa dello shock, pur
sforzandosi non
riusciva a capire per quale accidenti di motivo Meat, proprio
Meat,
avrebbe dovuto fare una cosa simile. Distruggere
un’organizzazione nella quale
aveva lavorato per tanto tempo. Uccidere degli amici ed i figli degli
amici in
questione.
Perché?!
:: cinque minuti dopo ::
«tutto fatto?»
«fatto. A te non lo chiedo
nemmeno, ho visto da sola
l’esplosione. Salta su».
Meat salì rapidamente
nell’auto, sul sedile del passeggero,
andando per prima cosa ad accarezzare fuggevolmente una gamba della
ragazza.
«ora è finita».
«sì.
È proprio finita».
…più o meno,
manca giusto l’epilogo. Si vedrà chi si
è
salvato -sempre che nell’esplosione si sia salvato qualcuno-
e chi no, cosa
pensano i sopravvissuti della faccenda, che fine faranno i due #R e
quant’altro.
Non credo di avervi sorpresi
eccessivamente, alcuni di voi
avevano già capito chi era chi da diverso tempo, e se aveste
colto l’indizio
dell’anagramma (ok, non era così palese) lo
avreste saputo già dal
capitolo…quale era? Quattro o cinque? Vabbè dai.
So che avevo detto che in questo
capitolo si sarebbero
chiariti i ruoli degli #R, ma ho cambiato idea. Spero di non essere
stata
troppo confusionaria con i salti aventi ed indietro nel tempo, e
soprattutto di
non esserlo stata con ciò che riguarda Meat e Jacqueline.
Due psicotici geniali
che si sono incontrati…! Se così fosse, e non si
capisse assolutamente niente,
vi chiedo scusa.