Capitolo
III
La porta dello studio sbatté contro la parete. La calma apparente che
regnava nella stanza fu disturbata da quella intrusione non tanto improvvisa.
L’uomo seduto sulla grande poltrona di pelle, infatti, non si stupì di nulla.
Era preparato. Conosceva l’impetuosità del giovane che era entrato senza
tante cerimonie e per questa ragione, era stato chiaro con il suo uomo di
fiducia: lasciargli il permesso di entrare se voleva evitarsi un pugno in pieno
viso.
- Che cosa significa?
Non aveva neanche salutato. Era
arrivato dritto al punto. Era furioso. Si era fidato ed adesso… era stato
deluso. Deluso dal suo migliore amico. Era come precipitare in un tunnel e non
vederne la fine. Si sentiva oltre che deluso, anche arrabbiato perché era a lui
che aveva affidato il suo tesoro più prezioso, ed adesso… era sparito.
L’altro, preparato da tempo, decise
di alzarsi dalla sua poltrona. Diede le spalle al giovane, si fermò ad
osservare il paesaggio che gli offriva la grande finestra che dava sul parco
della sua villa di Chicago. Chiuse gli occhi e, solo per un attimo, sperò di
risvegliarsi nel suo letto. Quello era solo un incubo. Nulla di più. Non poteva
essere stato così sciocco da non accorgersi di nulla. Non poteva aver chiuso
gli occhi di fronte a tanta sofferenza ed invece… invece lo aveva fatto. Si
era fidato del suo sorriso senza voler leggere in fondo a quegli occhi che tanto
gli ricordavano quelli di Jane.
- Il tuo nervosismo mi fa intuire che
tu abbia ricevuto il mio messaggio. Da ciò deduco che tu sappia benissimo cosa
significa.
Alla fine si era girato e, con i suoi
grandi occhi azzurri, ma così diversi da quelli di lei, di loro, aveva fissato
l’amico in viso senza tradire alcuna emozione. Aveva parlato con il suo solito
tono calmo anche se dentro, nel più profondo della sua anima, era in corso una
tempesta dettata dai suoi sentimenti.
- Io l’avevo affidata a te. Ti avevo chiesto di vegliare su di lei e
non… di spedirla al fronte.
Albert, a quelle accuse, non
trattenne oltre la sua rabbia e picchiò duro contro la scrivania che gli stava
davanti. Fissò l’amico negli occhi ed iniziò a parlare con un tono di voce
che non credeva di possedere. Era arrabbiato ma soprattutto stanco. Stanco di
quella situazione. Tutti pretendevano qualcosa da lui. Lui che aveva poco più
di venti anni. Lui che non aveva potuto fare nulla per alleviare il dolore della
persona che aveva portato, nuovamente, la serenità nella sua esistenza.
- Non attribuirmi colpe che non ho.
È stato il tuo atteggiamento a spingerla a commettere una simile stupidaggine.
Se tu ti fossi degnato di salutarla quella sera adesso Candy non sarebbe chissà
dove in Europa. Non cercare giustificazioni. È già difficile per me accettare
di aver fallito.
Terence rimase fermo nella sua posizione con gli occhi fissi sul volto
dell’amico. Era vero. Aveva sbagliato lui, ma non poteva fare diversamente.
Albert, però, non capiva. Era per lei che lo aveva fatto. Aveva deciso di
evitare un qualsiasi incontro sino a quando non ne sarebbe stato degno e, a quel
punto, nulla li avrebbe più divisi. Se solo avesse avuto l’accortezza di
dirlo a lei, ed invece… invece aveva sbagliato. Candy era fuggita convinta che
lui non l’amasse. E non era vero. Se Candy si trovava al fronte era solo colpa
sua. E poi c’era Albert. Anche lui soffriva per quella situazione. Candy era
più di una nipote adottiva. Lo sapeva. Lo aveva sempre saputo, intuito, e
queste considerazioni provocarono in lui un’ondata di gelosia che riuscì a
mascherare non con poche difficoltà.
Adesso, fu il suo turno di picchiare
la scrivania. Alzò il capo ed incontrò il volto di Albert, che adesso appariva
più sereno di qualche minuto prima.
- È tutta colpa mia. Dannazione!
Andrò a cercarla e la riporterò qui, sana e salva. A costo di dover vagare per
tutta l’Europa.
Stava per andare quando, la voce di
Albert, lo bloccò.
- Fermati. Cosa credi di fare? Non sappiamo neanche dove si trova. Prima
di partire dobbiamo essere certi di dove cercarla. Non possiamo perdere tempo
inutilmente, e poi c’è dell’altro.
Terence si rabbuiò. Non voleva
perdere tempo. Doveva partire e trovare Candy altrimenti sarebbe impazzito, ma
Albert aveva ragione. Non poteva andare in Europa ed iniziare a cercare senza un
punto di partenza.
Intanto il biondo capofamiglia Andrew
porse al giovane attore una lettera.
§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*
New
York, il 16 ottobre 1917
Caro zio William,
Non so neanche io se
sia giusto chiamarla così dopo ciò che sto per comunicarle.
Mi creda non so da dove
iniziare. È difficile scrivere questa lettera per tutto ciò che lei ha
rappresentato per me in questi cinque anni. Un padre. Un amico. Un sostegno. È
sempre stato presente nei momenti più difficili della mia vita senza mai volere
nulla in cambio.
Dalla morte di Anthony non mi
ha mai lasciata sola accompagnandomi nella mia crescita e se oggi sono una donna
finalmente realizzata lo devo, soprattutto, alla fiducia che ha riposto in me.
È stato grazie al suo
intervento, tramite la persona di George, se ha impedito alla zia Elroy di
ostacolare i miei studi e permettermi di diventare un’infermiera.
Ma partendo da molto prima, è
stato grazie al suo intervento se non sono finita in Messico come invece avevano
progettato i Legan.
Ha deciso di adottare, senza
neanche conoscerla, una bambina cresciuta in un orfanotrofio e poi assunta come
cameriera dalla famiglia di sua sorella. Lei, però, non ha tenuto conto di ciò
ed ha sempre cercato di darmi il meglio per la mia crescita e formazione.
Ho avuto la possibilità di
studiare in un’importante scuola inglese anche se, alla fine, ho deciso di
abbandonarla per motivi personali. Nonostante tutto lei ha accettato di buon
grado quello che, per molti, è stato un colpo di testa.
Non si è mai opposto alle mie
decisioni anche se ai più potevano sembrare avventate. Mi è sempre rimasto
accanto senza mai impedirmi di seguire il mio cuore, ma è giunto il momento per
me di iniziare a vivere la mia vita.
È con rammarico che le
comunico la mia decisione di rinunciare formalmente e legalmente al nome degli
Andrew. D’ora in poi sarò semplicemente Candice White come è sempre stato.
La prego di accettare la mia
decisione senza tentare di farmi cambiare idea. Non m’impedisca di partire ora
che ne ho più bisogno. Ora che è necessario per me scappare da quella che non
sento più come la mia casa. La mia vita. La prego di capire senza fare domande.
Oltre a ciò vorrei
comunicarle la mia decisione di partire per l’Europa come volontaria della
Croce Rossa Americana.
Anche per questo motivo ho
deciso di rinunciare al buon nome degli Andrew. Il semplice fatto che, un altro
membro della famiglia, parta per la guerra potrebbe, in qualche modo, facilitare
la mia vita al fronte considerando la tragedia che ha già colpito la sua
famiglia.
Mi spiace se, con la mia
scelta, in qualche modo io l’abbia delusa. Non era mia intenzione. Spero solo
che, anche se adesso non sarò più un membro effettivo della famiglia, continui
a serbare nel suo cuore, un angolo per la sua “nipote ribelle”.
Con affetto e
riconoscenza
Candice White
§*§*§*§*§*§*§*§*§*§*
Terence finì di leggere la lettera ed alzò gli occhi fissandoli sul volto, cupo, di Albert. La ripiegò seguendo i segni lasciati in precedenza.
Non
poteva sapere cosa provava l’amico in quel momento. Era qualcosa che a lui era
estraneo. Ma stranamente, ed egoisticamente, provava un sentimento di serenità
riposando la lettera all’interno della propria busta.
C’era dell’altro però, era come
se, cambiare anche solo una piega di quella missiva, significasse cambiare
qualcosa che aveva fatto Candy. Terence sorrise dentro di sé pensando che, in
quel momento, chiudendo gli occhi poteva sentire il contatto con la pelle
delicata di lei. Era stupido lo sapeva. Pensare di sfiorare le sue mani solo
perché quella lettera l’aveva scritta lei, ma al momento era l’unico
contatto che poteva permettersi con la sua Tarzan-tutte-lentiggini.
Terence, per rompere quel silenzio
decise di parlare. Erano rari i momenti in cui con Albert al proprio fianco
restava in silenzio e, quando accadeva, era sempre un silenzio carico di
significati. Si scrutavano e si promettevano di proteggere Candy ad ogni costo.
- Motivi personali!
Poteva benissimo dire che è stata tutta colpa di quella strega di Iriza.
Albert fece finta di non aver sentito
le parole di Terence e parlò con un tono serio che non piacque al giovane duca.
Forse era meglio restare in silenzio.
- C’è dell’altro.
La voce di Albert lo convinse che, a volte, un silenzio carico di
tensione è molto più piacevole di una sgradita verità. Guardò l’amico ed
alla fine rispose.
- Cos’altro ha combinato?
Albert sorrise a Terence. Il primo
sorriso da quando aveva ricevuto quella lettera. Il che equivaleva al primo
sorriso dopo cinque giorni di ansia e tensione. Entrambi conoscevano Candy e
sapevano che, quando la ragazza si metteva in testa qualcosa, difficilmente,
cambiava idea. Se aveva deciso di partire come missionaria per il fronte, e non
voleva aver nessuna facilitazione, avrebbe fatto di tutto per ottenerla.
Intanto aveva tirato fuori dal
cassetto un’alta busta più grande. La diede a Terence che l’aprì e si stupì
di leggere il nome di un famoso studio notarile di New York. La sua espressione
divenne ancora più sorpresa quando lesse il contenuto dei documenti.
- Allora è davvero decisa.
- Già. Quello è un documento con il
quale dichiara di rinunciare a titolo definitivo alla famiglia Andrew. Lo studio
notarile è quello di fiducia degli Andrew. Ma non è ancora tutto.
Terence a quel punto si mise a sedere
sulla poltrona posta davanti alla scrivania di Albert. Si passò le mani tra i
capelli e con le braccia, poggiate sui gomiti, sorreggeva il capo avvilito.
Aveva paura di scoprire dell’altro.
- Non so se riuscirò a resistere ad
un’altra notizia devastante.
Albert non si fermò davanti
l’espressione stravolta dell’amico e gli porse l’ennesimo documento.
Terence lo rifiutò con un movimento brusco della mano, ma Albert lo costrinse,
in ogni modo, a prenderlo. Il moro lesse quei fogli e giunto alla fine alzò il
capo chiedendo spiegazioni all’amico.
- Quello è l’elenco delle persone
che si sono imbarcate sulla corazzata partita per l’Europa. Civili. Militari.
Volontari. Crocerossine… noti qualcosa di strano?
Terence era shockato.
- Quando la ritroverò mi dovrà
spiegare come ha fatto ad imbarcarsi con dei falsi documenti. È impossibile. Me
la pagherà per questo scherzo. Sto perdendo venti anni della mia vita.
Buongiorno a tutti!
Scusate l’enorme ritardo ma questa storia ha causato diversi problemi.
Il mio account è stato bloccato per 22 giorni per una serie di motivi che non
vi sto qui a precisare. Anzi, lo faccio.
Sin dal primo capitolo ho esplicitamente dichiarato che faccio
riferimento ad un’altra fic da cui ho preso ispirazione “Incontro nel
vortice”, presunta prosecuzione della storia di Candy. Ma, a quanto pare,
non è stato solo questo il motivo che ha spinto l’amministrazione a bloccare
il mio account. C’è dell’altro. Esiste una fanfic, “La lettera del
destino”, pubblicata in un sito che io visito frequentemente (e a cui sono
iscritta con il nick di Semplicementecarmen) che è basata su di una lettera che
la madre di Candy indirizza alla figlia.
Considerando il fatto che io ho dichiarato di aver preso spunto da una
fic preesistente – Incontro nel vortice – e l’esistenza della seconda
fanfic – La lettera del destino – l’amministrazione si è ritrovata a
sospettare che io scopiazzassi da una e l’altra e da qui la decisione di
bloccare il mio account chiedendomi spiegazioni.
Ho nuovamente dichiarato di aver preso spunto dalla fic spagnola ma ho
aggiunto di non aver mai letto “La lettera del destino” se non ieri sera,
tanto che l’ho pure commentata. Sembra che adesso i problemi e le
incomprensioni siano state risolte ed io
possa proseguire nella mia pubblicazione.
L’amministrazione non mi ha obbligata a dichiarare nulla ma io ho
deciso, comunque, di mettere in chiaro la questione come forma di rispetto verso
voi che siete i miei lettori.
Ciò che è accaduto, però, mi ha portata a prendere una decisione
importante: la mia storia subirà delle modifiche e partirà da un punto preciso
della storia di Candy. Al momento della partenza per il fronte. Sarà Candy a
partire e non Flunny, come già avete intuito e come avevo già anticipato
all’inizio della pubblicazione. Candy, inoltre, non conosce l’identità
dello zio William – mentre Terence ne è al corrente – e l’incidente di
Susanna non è mai avvenuto, aggiungo anche che Albert non ha mai perso la
memoria.
Ho anche deciso di prendere, alla fine della pubblicazione delle fic che
ho in corso, un periodo di riposo non tanto per stanchezza od altro, ma solo
perché sono rimasta fortemente delusa da tutta questa storia. Avrei preferito
che l’amministrazione mi comunicasse di interrompere la pubblicazione di questa
fic sino a che la situazione non si fosse chiarita, e non
arrivasse al blocco dell’account.
È stato come mettere in dubbio la mia onestà di scrittrice. Per alcune
di voi può sembrare cosa di poco conto ma vi assicuro che non è così.
Infatti, sono diverse le storie che ho letto in cui ho trovato particolari
identici ad altre storie, a volte anche a storie mie, ma non ho mai detto nulla
non perché la cosa non mi interessi, ma semplicemente perché sono dell’idea
che, certe situazioni, possono essere impiegate in modi diversi senza incappare
nel plagio. Ma a quanto pare per l’amministrazione non è così ed io sono
stata subito bloccata senza tenere conto delle dichiarazioni da me riportate
all’inizio della pubblicazione, anzi adducendo quelle come fonte primaria del
blocco. Sarà stato un eccesso di zelo da ambo le parti, non so cos’altro
dire.
Ma chiudiamo questa parentesi e passiamo alla storia. Si è scoperto
qualcosa di più e che Candy è partita con un’identità diversa dalla sua.
Vedremo cosa accadrà adesso. Inoltre, vorrei ringraziare Lauramaria per
il sostegno (prima di tutto ti do l’indirizzo del sito a cui faccio
riferimento così potrai andare a leggere le fic di cui
parlo, http://candycandy.forumfree.net/.
Per il resto che posso dirti? Quello che dici tu è vero, già la vita è
difficile e triste, ma è anche
vero che, personalmente, credo che scrivere sia un modo per sfuggire dalla realtà
– come dici tu stessa – ma anche un modo per descriverla senza nasconderci
dietro false speranze. Il lieto fine o meno ancora non sono riuscita a
deciderlo, ma posso dirti che cercherò di scrivere qualcosa di vero in cui
saranno presenti tutte le emozioni, belle o brutte che siano!) e Kaoru
che ha commentato ed inserito la fic tra i preferiti ( chi è Catherine è
chiaro, vediamo come giustificherà l’abbandono di Candy più che altro.
Cos’altro ti posso dire se non grazie per le bellissime parole che ogni volta
esprimi a mio indirizzo? Grazie di cuore, così mi farai arrossire!).
Vi saluto e vi do appuntamento ai primi di novembre: il 5 novembre. Un
bacio a tutti!