Libri > Sherlock Holmes
Segui la storia  |       
Autore: Padmini    03/10/2014    5 recensioni
{Fan fiction sulla serie di libri Sherlock Lupin e Io}
Dopo mesi e mesi di lontananza, Arsène finalmente riesce a raggiungere i suoi amici, Irene e Sherlock, a Londra, con il circo del padre. I tre ragazzi, che proprio non sanno tenersi fuori dai guai, verranno coinvolti in un mistero che avrà per teatro proprio il circo di Theophraste e dovranno cavarsela tra trapezisti, domatori, maghi e i loro sentimenti.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Irene Adler, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il corso del fiume

 

Mentre la carrozza mi portava a Pall Mall, dove aveva sede il club esclusivo di cui Mycroft faceva parte, cercavo di pensare a cosa dirgli. Non mi ero mai sentita particolarmente a mio agio con lui, sia perché ogni volta in cui ci incontravamo Sherlock non nascondeva i suoi sentimenti nei confronti del fratello, ma soprattutto perché lo avevo sempre visto come una persona molto chiusa e riservata. Non sarebbe stato facile chiedergli di aiutarmi, ma sapevo quanto tenesse al suo fratellino e che ciò lo avrebbe spinto a dirmi ciò che poteva essermi utile per svelare finalmente quel mistero riccioluto che era il mio amico Sherlock.

Arrivai a destinazione troppo presto, o forse fu solo una mia impressione, perché ancora non avevo bene in mente cosa gli avrei detto. Presi un profondo respiro ed entrai. Stavo per chiedere all'usciere di chiamarmi il signor Holmes, ma lui mi precedette e mi porse un blocco e una penna. In quell'istante mi ricordai dell'assoluto divieto di parlare in quell'edificio, salvo per la stanza degli ospiti, e scrissi il messaggio. L'usciere lo prese e, posatolo su un vassoio d'argento, andò a consegnarlo al destinatario mentre io già mi dirigevo verso la sala dove lo avrei atteso.

Ero entrata da pochi minuti e già mi aggiravo impaziente tra le poltrone e gli scaffali, quando entrò Mycroft Holmes. Mi fece cenno di sedermi e obbedii, mentre lui si accomodava davanti a me. Mi fissava in silenzio, ma dal suo sguardo, così simile a quello del fratello, capii che già sapeva perché mi trovavo lì.

“Non dovrà espormi il suo problema, miss Adler” mi disse, rompendo il ghiaccio che io non mi ero ancora azzardata a sfiorare “So esattamente cosa vuole sapere.”

Il rumore della porta che si apriva lo fece interrompere e voltare verso il cameriere che ci stava portando il tè. Restammo in silenzio mentre ci venivano riempite le tazze e solo quando fummo nuovamente soli mi sporsi verso di lui e aprii la bocca per parlare, ma ancora una volta mi precedette.

“Ci sarebbero due cose che potrei fare” disse, prendendo tra le mani la sua tazza fumante, per poi posarla valutando che il tè era evidentemente ancora troppo caldo per poter essere bevuto “Potrei dirle cosa succede a mio fratello, dirle perché si è comportato così, spiegarle quali pensieri si aggirano in quella sua testa ...” lasciò la frase in sospeso e restò ad osservare la mia reazione a tale proposta “ … ma in realtà ciò che credo lei voglia sapere, e che anch'io sono convinto sia la cosa migliore, è come poterlo chiedere direttamente a lui. Mio fratello è un ragazzo molto sveglio, ma altrettanto chiuso per quanto riguarda i suoi stessi sentimenti. Posso solo supporre cosa sia successo tra di voi in questi giorni e ti assicuro che non denuncerò Arséne per quello che ha fatto …”

Sbiancai, chiedendomi come facesse a sapere dell'identità del ladro, ma ancora una volta Mycroft mi sorprese.

“Non preoccuparti, e soprattutto non avere mai dubbi su mio fratello. Non è stato lui a rivelarmi ciò che sospettavo e che la tua reazione ha confermato. Mi è bastato osservarlo e leggere il giornale di oggi. Niente di più facile.”

Sospirai di sollievo e solo allora, da quando avevo messo piede al Diogenes Club, mi azzardai a parlare.

“Allora … cosa possiamo fare?” domandai, senza riuscire a celare la preoccupazione.

“Innanzitutto non avere timore di affrontarlo. Quando andrete a parlargli si terrà sulla difensiva e probabilmente vi attaccherà, ma ciò non dovrà scoraggiarvi. In secondo luogo, dovete scegliere il momento più favorevole, per impedirgli di poter fuggire. Vi consiglio di andare a cercarlo qui ...”

Si alzò e andò allo scrittoio, dove scrisse su un pezzo di carta un indirizzo. Tornò indietro e me lo restituì per poi prendere in mano la tazza di tè.

“È la palestra presso la quale si tengono i suoi allenamenti di scherma. Oggi pomeriggio sarà lì fino alle sei. Quando fa sport si stanca parecchio e quando è stanco fisicamente è anche più debole mentalmente. Forse, se avrete fortuna e userete le giuste tattiche, riuscirete a strappargli una confessione. Il segreto con lui è essere insistenti.”

Annuìì e presi a mia volta la tazza di tè. Restammo in silenzio qualche minuto, sorseggiando la bevanda calda, infine mi alzai e mi congedai.

“La ringrazio, signor Holmes. Spero che ...” inizia, ma lui mi interruppe ancora una volta.

“Andrà tutto bene, signorina Adler.” rispose lui e, incredibilmente, mi sorrise.

 

Uscii dal Club rigenerata. Le parole di Mycroft e soprattutto la fiducia che sembrava riporre in me mi avevano dato nuova energia. Ora sapevo dove trovare Sherlock e sapevo che avrei avuto una possibilità di parlargli. Chiamai una carrozza e mi recai immediatamente da Arséne.

Come aveva previsto Orazio, il tendone era già per un terzo smontato e tutti si davano un gran daffare per la partenza. Anche Arséne era tra gli operai e in quel momento stava aiutando a sistemare le attrezzature dei trapezisti. Quando mi vide si fermò e lanciò un'occhiata ai suoi colleghi, i quali dovevano essere già stati informati del mio arrivo perché annuirono e lo lasciarono venire da me. Mi raggiunse trafelato, per la stanchezza del lavoro ma soprattutto per la preoccupazione.

“Andiamo a bere qualcosa così potremo parlare con più calma?” mi domandò, senza nemmeno salutarmi.

Normalmente mi sarei arrabbiata, ma in quel caso capii che l'amicizia di Sherlock aveva la priorità per lui.

“Sì” risposi, con un sorriso “Ci sono alcune cose che devi sapere”

Senza attendere risposta mi avviai verso la strada, dove ancora ci attendeva la carrozza. Lui mi seguì docile, impressionato dalla mia sicurezza, e in breve arrivammo alla caffetteria.

Ci facemmo portare due tazze di cacao e, rassicurati da quel luogo, ci lasciammo andare in confidenze e rassicurazioni. La paura di quei giorni svanì e anche i sentimenti che avevo provato nei confronti di Arséne. Mentre parlavamo lo vidi tornare a guardarmi come un tempo, quando pensavo che fosse innamorato di me. Se avevo avuto qualche dubbio nei suoi confronti in quel momento capii che il suo comportamento era dettato dalla paura di essere scoperto, ma ora che quell'ostacolo non c'era più era tornato l'Arséne di sempre, galante e premuroso.

Gli raccontai della chiacchierata con Orazio e poi di ciò che mi aveva detto Mycroft e, senza quasi che ce ne rendessimo conto, arrivò l'ora di recarci da Sherlock. Pagammo la consumazione e, chiamata una carrozza, ci facemmo portare all'indirizzo della palestra.

 

Erano quasi le sei quando Sherlock uscì dall'edificio. Era palesemente esausto, ma qualcos'altro gli incupiva il viso oltre alla stanchezza. Era così preso dai suoi pensieri che quasi non si accorse di noi o, se lo fece, finse di no. Non ci facemmo scoraggiare dal suo atteggiamento e ci avvicinammo di corsa per non farlo scappare.

“Sherlock!” gridai “Fermati! Ti prego!”

“Fermati! Per favore!” aggiunse Arséne, ma lui non diede cenno di volersi fermare.

Lo raggiungemmo e fu proprio lui ad afferrarlo per un braccio.

“Vuoi fermarti o no?” gli urlò contro, strattonandolo.

Per un momento temetti una sua reazione violenta, ma si limitò a voltare la testa per evitare il nostro sguardo e mormorò.

“Lasciami, Arséne. Vi ho chiesto di non cercarmi più.”

Arséne lo strattonò violentemente e lo costrinse a guardarlo negli occhi.

“Non ti lascio andare, sai perché? Perché voglio capire cos'hai contro di noi! So che ti abbiamo ferito e ci siamo arrabbiati con te, ma credo che ora tu possa perdonarci, non credi?”

Sherlock restò impassibile, ma dal colorito che stavano prendendo le sue guance capii che in realtà stava reprimendo la rabbia. Si liberò dalla presa e ci fissò in silenzio per qualche minuto, per far calare l'ira e poterci parlare senza gridare, o almeno così sembrava.

“Volete che vi dica tutta la verità?”

Sobbalzai. La sua solita calma era per un istante svanita e pensai che, se fosse stato una belva feroce, non avrebbe esitato ad aggredirci. Per prima cosa si rivolse ad Arséne e lo fissò con disgusto a malapena celato da un'apparente indifferenza.

“È da qualche tempo che ti osservo, Arséne. Da quando hai scoperto che tuo padre è un ladro sei cambiato. All'inizio non ci avevo dato peso, credevo che fossi solo sconvolto da quella scoperta, invece con il passare del tempo mi è stato sempre più chiaro che in realtà aspiravi ad emularlo.”

A quel punto Sherlock fece un passo in avanti. Il disprezzo che provava nei confronti dell'amico era ormai palese e temetti per un istante che lo avrebbe preso a pugni.

“Questa volta ho dovuto rimediare e dire ciò che avevo scoperto, ma non è la prima volta che commetti un furto e non sarà nemmeno l'ultima. Posso solo sperare per te che migliorerai e non ti farai più beccare così! Questa volta ti ho aiutato perché non volevo che ne andassero di mezzo i tuoi amici del circo, ma sinceramente mi ripugna pensare di doverti difendere mentre fai delle azioni così basse!”

Quelle parole mi spaventarono e soprattutto mi spaventò Sherlock. Non avevo mai sentito così tanta rabbia da parte sua. Vidi Arséne abbassare lo sguardo, colpito da tanta violenza emotiva.

“Sherlock … ragiona … anche suo padre è un ladro, eppure lo hai aiutato in passato e non hai perso la stima che avevi in lui ...”

Non feci in tempo a terminare la frase che lo sguardo di fuoco di Sherlock si posò su di me.

“Ecco, lo sapevo! Li difendi sempre!” tremava e credetti per un attimo che stesse per piangere “Cosa ti fa pensare che non abbia perso la stima che avevo per lui? L'ho aiutato perché il mio unico obiettivo è scoprire la verità e, nonostante fosse colpevole del furto, non era un assassino!”

“Sherlock … calmati, per piacere ...” mormorai, più intimorita che mai dal suo atteggiamento.

“No, non mi calmo e a questo punto non smetterò di parlare fino a quando non avrò chiarito ogni cosa.”

Prese un profondo respiro e ci guardò, prima Arséne, poi me, infine parlò.

“Credevo di poter essere tuo amico, ma ora so che non posso più continuare a ignorare il fatto che sei un ladro e che in futuro non ti limiterai più a rubare cose da poco conto come cibo o qualche spicciolo. Avevo avuto il sospetto che volessi fare le cose sempre più in grande qualche tempo fa, ma ciò che hai fatto durante lo spettacolo mi ha dato la conferma definitiva.”

Fece una pausa, poi si rivolse a me, che ero raggelata dalla sorpresa.

“Per quanto riguarda te, Irene, sapevo che saresti stata dalla sua parte, nonostante tutto. Lui è quello che va contro la legge eppure lo difendi. Avrei anche altre cose da dirti, ma non so se meriti di conoscerle.”

A quel punto si interruppe e sospirò, amareggiato. Pensai che fosse il momento più propizio per parlare, ma lui riprese.

“Mi dispiace, ma non posso essere vostro amico e ora sapete anche il perché. Per piacere, lasciatemi in pace.”

Detto questo, ci guardò ancora una volta negli occhi, ci diede le spalle e si allontanò.

Arséne e io ci guardammo negli occhi. Non c'era più niente da fare o da dire. Era finita, la nostra amicizia con Sherlock era finita per sempre. Arséne e io ci allontanammo, io diretta a casa e lui al tendone del circo, ma entrambi tramortiti da ciò che era accaduto.

 

Il giorno successivo Arséne ripartì con suo padre. Credetti che, come sempre faceva, sarebbe rimasto qualche giorno in più per stare con me, ma si scusò e mi disse che voleva stare solo, lontano da tutto ciò che gli ricordava quello che era stato il suo migliore amico. Non protestai e, nonostante avessi la morte nel cuore, lo lasciai andare.

I mesi successivi provai a scrivergli e lui mi rispose un paio di volte, ma sempre molto sbrigativamente e dopo smise del tutto.

Trascorsero gli anni e presto dimenticai. Continuai a cantare e ben presto divenni professionista.

Non incontrai più né lui né Sherlock, anche se sentii parlare molto di loro, Arséne per i suoi furti e per il soprannome di “Ladro Gentiluomo” e Sherlock per i successi dei suoi casi come detective. Aveva ragione, lui e Arséne erano destinati a diventare rivali.

 

Oggi sono allegra. Anche se ciò che mi aspetta mi ha fatto tornare alla mente questi ricordi dolorosi, so che mi divertirò. Sono passati tanti anni e sono accadute molte cose, ma io sono sempre libera e testarda. Il principe di Boemia, che aveva promesso di sposarmi, dovrà pagare per avermi ingannata. Non si spezza così il cuore di Irene Adler e la si passa liscia. Al piacere per questa mia piccola vendetta si associa il fatto che, ne sono sicura, avrà chiesto l'aiuto di Sherlock per recuperare la fotografia che, se resa pubblica, stroncherebbe il suo matrimonio.

Sono felice perché lo rivedrò e perché, finalmente, sposerò l'uomo che amo. Fuggiremo insieme e non ci sarà più spazio nella mia vita per principi ingannatori o detective codardi. Sì, Sherlock è stato un codardo, ma forse io lo sono stata più di lui perché non l'ho spronato a confidarsi.. Ha avuto paura dei suoi sentimenti e io anche più di lui. Lui mi ama, mi ha sempre amata e sempre lo farà, glielo lessi negli occhi quel giorno, quando mi disse addio. Ora però è troppo tardi. Godfrey mi aspetta per celebrare le nostre nozze.

 

 

 

FINE …

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

?

 

 

 

Eh, no! Non finisce solo qui! Dovete sapere che, quando ho iniziato a scrivere questa storia, mi sono posta il problema di come finirla. Io avevo in mente un finale, ma qualcosa mi frenava. Non poteva assolutamente finire così, non sarebbe stato canonico! Avrei storpiato totalmente i personaggi di Sherlock Holmes, Irene Adler e Arséne Lupin!

La mia mente era in lotta tra due finali, così ho deciso di scriverli entrambi e di lasciare a voi il piacere di scegliere quello che più vi piace. Ovviamente prima vi ho fatto prendere un colpo con questo angst, ma molto più canonico, ora però mi farò perdonare con quello che state per leggere … o lo metto in un altro capitolo … ? Va bene, sono stata già abbastanza cattiva, lo metto qui ;)

Ricominciamo da quando Irene e Arséne incontrano Sherlock dopo la scherma. Questo è ciò che vorrei che accadesse.

 

 

 

 

 

 

Arrivammo relativamente presto fuori dalla palestra dove sapevamo si allenava Sherlock, giusto in tempo per vederlo uscire. Sembrava tranquillo, ma era evidente che qualche pensiero lo stava tormentando, nonostante lui cercasse di sembrare distaccato, o almeno così credetti. Ci avvicinammo e, proprio come mi aveva detto Mycroft, riuscimmo a coglierlo di sorpresa. Ci fissava stupito, come se non capisse se fosse uno scherzo o la realtà. Arséne approfittò del suo disorientamente e lo trascinò via, lontano dalla strada. Li seguii, leggermente in ansia per quello che stava per accadere. Una volta arrivati Sherlock sembrò riprendersi e riuscì a liberarsi dalla stretta di Arséne.

“Vi avevo chiesto di non cercarmi più!” esclamò, rosso per la rabbia e forse anche un po' per la stanchezza “So che non è la prima volta che rubi, Arséne, e so altrettanto bene che non sarà l'ultima. Stavolta non volevo che coinvolgessi gli altri del circo, per questo ti ho aiutato, ma non voglio più avere a che fare con un ladro e ...”

Non fece in tempo a terminare la frase che lo raggiunse un ceffone, stavolta da parte di Arséne.

“Stai zitto, per piacere! Zitto! Stavolta sarai tu ad ascoltare, almeno all'inizio, perché poi sarai tu a dover parlare … ma non per cacciarci … noi ...”

Era evidente che Arséne non sapeva bene da che parte iniziare, così mi feci avanti e lo supportai.

“Sappiamo che, oltre al fatto del furto di Arséne, c'è altro che vuoi dirci, vero? Non è solo quello!”

Stavo per continuare, ma la risata di Arséne mi interruppe. Sherlock e io ci voltammo a guardarlo

“Ascoltami bene, non è la prima volta che ti comporti così e so che ciò che non ha a che vedere con il furto. Va bene, forse ti scoccia il fatto che ti abbia mentito, ti do tutte le ragioni di questo mondo, ma la realtà è un'altra. Lo so io, lo sai tu … e per una volta potresti essere sincero, perché non devi vergognarti di nulla!”

Sherlock era sempre rosso, ma mi sembrò di cogliere una sfumatura diversa. Non era più rabbia ma imbarazzo. Anch'io però ero disorientata e non esitai a farlo notare.

“Di cosa stai parlando, Arséne?” chiesi, fissandolo “Di cosa non si deve vergognare?”

Stava forse parlando di quel problema che affliggeva Sherlock e di cui tutti, a parte me, si erano accorti? Arséne continuò imperterrito, ma stavolta si rivolse a me.

“Irene, noti niente quando siamo insieme? Ti sembra che Sherlock sia in qualche modo diverso?”

Non mi aspettavo che mi coinvolgesse e soprattutto che mi facesse una domanda del genere, ma in quel momento mi resi conto di un pensiero che, forse da troppo tempo, avevo accantonato.

“In effetti ...” mi voltai verso il mio amico e lo osservai con attenzione “Quando ci sei tu … lui sembra più pensieroso, più chiuso quasi … come se ...”

Il lampo della rivelazione arrivò improvviso e doloroso. Gelosia. Sherlock era geloso di Arséne.

Era ovvio che quando il nostro amico francese veniva a trovarci mi dedicassi molto a lui e festeggiassi la sua presenza, ma non avevo mai pensato, almeno fino a quel momento, che Sherlock potesse essere geloso. In effetti più di una volta mi aveva manifestato il suo affetto ed era perfino arrivato a parlare di me come la sua fidanzata, ma allora avevo creduto che fosse uno scherzo, un modo per confondere coloro che volevano farmi del male, quel giorno all'incontro clandestino di boxe. Uno dopo l'altro, come uno strano domino, i ricordi tornarono e mi sovvenne anche quel bacio rubato, che avevo erroneamente collegato con il disorientamento dovuto al dolore dopo che, per difendere me, era stato pestato a sangue da un gruppo di ragazzini. Tutti i pezzi stavano lentamente andando al loro posto, tranne uno. Io amavo Arséne e lui amava me e tra di noi non ci sarebbe stato spazio per lui. Era dunque per questo che desiderava interrompere la nostra amicizia? Aveva paura di dover soffrire vedendoci insieme e felici? Eppure, ero davvero convinta di ciò? Ero davvero innamorata di Arséne? Più volte mi ero sentita in conflitto, separata dai sentimenti che provavo per entrambi i miei amici perché, me ne rendevo conto in quel momento, anche ciò che provavo per Sherlock poteva essere definito amore. Più volte mi ero trovata vicina a Sherlock e lui era stato capace di scaldarmi il cuore ma, forse per paura, avevo accantonato quei sentimenti che sembravano essere più reali, e per questo più spaventosi, di quelli che poteva provare Arséne per me. Forse ero ancorata ad un sogno che era più rassicurante della realtà.

Restammo in silenzio qualche minuto, ma alla fine fui proprio io a rompere il ghiaccio.

“Sherlock … mi dispiace, ma ...”

Lasciai la frase in sospeso e mi rivolsi ad Arséne, sperando che mi aiutasse a completare la frase, dicendo che ci amavamo, ma lui mi rispose con uno sguardo smarrito.

“Ma … cosa?” domandò.

Aggrottò le sopracciglia per un istante, poi sembrò capire perché le rialzò e mi sorrise.

“Irene … credo che tu abbia frainteso ...” si portò una mano dietro la nuca, imbarazzato “Io non sono innamorato di te. Mi piace fare il galante, ma lo faccio con tutte! Ovviamente tu sei speciale!” si affrettò a dire, temendo una mia scenata di gelosia “ … ma sei una buona amica, la mia migliore amica, ma … niente di più.”

Quelle parole parole mi raggelarono. Mi ero dunque sbagliata? Cos'erano tutti quei baci? Quegli sguardi intimi? Illusioni? Ancora una volta fu Arséne a parlare.

“Mi dispiace, ma se c'è qualcuno che è innamorato qui ...” si rivolse a Sherlock e gli diede una gomitata “Avanti! Sarai anche il più intelligente ma in quanto a coraggio in certe situazioni mi sembri un po' scarso!” scoppiò a ridere e posò una mano sulle spalle di entrambi.

“Vi lascio soli, devo andare ad aiutare mio padre per il viaggio, però vorrei vedervi domani mattina prima di partire!”

Ci fece l'occhiolino e, prima che potessimo dire alcunché, scappò via.

Ora toccava a noi, eravamo soli, imbarazzati e spaventati. Stavo per parlare, ma stavolta fu Sherlock a esprimersi, finalmente libero dalle sue paure. Il suo sguardo era limpido e sembrava che, nonostante sapesse che forse sarebbe stato rifiutato, non gli importasse. L'unica cosa che voleva era essere totalmente sincero con me.

“Ti ho regalato io la catenina, entrambe le volte” iniziò, facendomi ricordare quando avevo iniziato a farmi domande sul mio rapporto con loro “Quando vedo come guardi Arséne, lo ammetto, divento triste perché sono geloso, so che non mi guarderai mai così e ciò mi rende triste perché ho paura che ...”

Lo interruppi. Ero stanca di tutte quelle paure e ciò che volevo era solo essere felice. Lo interruppi nel solo modo che ritenni opportuno per poterlo zittire e per sradicare, una volta per tutte, le sue paure.

Lo baciai.

Ero stata baciata tante volte da Arséne, una sola da lui, ma era la prima volta che io baciavo qualcuno, e quel qualcuno era proprio Sherlock.

Fu un bacio casto, molto dolce, ma anche profondo. Lo sentii rilassarsi pian piano e sorridere sotto le mie labbra. Solo allora, quando fui certa che avesse recepito il messaggio, mi azzardai a parlare.

“Lo ammetto, credevo di essere innamorata di Arséne e credevo che lui fosse innamorato di me. Tu sei sempre stato molto più riservato e timido di lui e forse è per questo che fino a questo momento non ho capito ciò che provo per te. Io ...”

“Io ti amo, Irene ...” mi interruppe lui “ … ma non credevo che tu ...”

“Ti amo anch'io, Sherlock ...” mormorai, e lo abbracciai stretto “Sei il mio migliore amico e ti amo e Arséne è il mio migliore amico e gli voglio tanto bene.”

Scoppiai a ridere, sembrava impossibile ma, dopo la tempesta, era arrivato il più bello degli arcobaleni a illuminare il cielo. Pensai ad Arséne e al suo sorriso quando ci aveva salutati. Lui era felice del nostro amore così come noi lo eravamo della sua amicizia.

Riaccompagnai Sherlock a casa o, meglio, fu lui ad accompagnare me.

Durate il tragitto parlammo molto, lui mi confessò molte cose che non mi aveva mai rivelato, mormorii che fino a quel momento erano rimasti solo nella sua testa. Si liberò di molti pesi e anch'io mi sentii più leggera.

La mia vita aveva preso una svolta inaspettata, ma ero felice. Avevo un amico e un fidanzato e tutti e tre eravamo finalmente riusciti a trovare quell'armonia che stava per sfuggirci di mano.

Lo lasciai con un bacio a fior di labbra e un sorriso, certa che il futuro ci avrebbe riserbato sempre nuove avventure da vivere insieme.

 

 

FINE!

 

 

Stavolta per davvero! Grazie per aver letto fino a qui. Un abbraccio

MINI

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Sherlock Holmes / Vai alla pagina dell'autore: Padmini