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Autore: marrymezayn    05/10/2014    1 recensioni
«Ehi, volete un autografo?» Sbuffò infastidita da quello sguardo. Subito i due tornarono a guardarla negli occhi.
«Cerchiamo Aaron Tyler!» Alzò un sopracciglio nello stesso momento che vide i due fare un ghigno che conosceva fin troppo bene. Si sporse un pochino verso la cucina, fissando ancora i due.
«Tyler… Ci sono due tizi che fanno il tuo stesso ghigno!» Lo sentì far strusciare la sedia per terra e poco dopo le si affiancò. I due sorrisero, per poi abbracciare il biondo che tanto le stava sul cavolo.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Blaise Zabini, Draco Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Hermione
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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Controllò il cellulare ma no, non vi erano messaggi. Sbuffò e tornò a sentire la musica, chiudendo gli occhi e cercando di rilassarsi sotto il sole. Joey, al suo fianco, fischiettava il ritmo della canzone, mandandosi messaggi con qualcuno.
«Tu sapevi che Aaron avesse due cugini?» Si girò verso la sua amica, alzando un sopracciglio.
«No, ma non che mi interessasse molto.» Ammise con voce sottile, tornando a posizionare la testa in modo da prendere il sole su tutto il viso e non solo su un lato.
«E’ strano…» Joey interruppe ancora il silenzio che si era creatosi tra di loro. Amava l’amicizia con lei proprio per quello; perché non stavano scomode nel silenzio che spesso si creava tra due persone. «Conosciamo Aaron da tanti anni… Ma è come se non lo conoscessimo realmente.»
A volte Joey aveva quelle uscite da donna pensierosa che le mettevano ansia. Keyra era invece, a differenza di Joey, una che non faceva troppe domande sulla vita. Se una persona le voleva dire qualcosa, lei ascoltava… Ma lì finiva.
«Per questo, stasera mi andrò ad ubriacare come se non ci fosse un domani.» La schernì, prendendo una sigaretta dalla borsa e accendendola con difficoltà visto il leggero vento che incombeva sulla spiaggia. Quando si girò a guardarla, la trovò a scrutarla con cattiveria.
«Possibile che tu te ne freghi così tanto di quel ragazzo?» Ed erano anni che cercava di farla accasare; peccato che Keyra non volesse.
«Joey, ti voglio bene! Ma Aaron non è il mio tipo.» Ripeté facendo un lungo tiro, sotto le risatine sarcastiche di Joey. Era sicura che di lì a poco avrebbe detto qualcosa che l’avrebbe infastidita; quando rideva in quel modo, Keyra perdeva presto le staffe.
«No infatti. Non è il tuo tipo ma ci sbavi dietro ogni volta che esce dall’acqua.»
Roteò gli occhi al cielo, esasperata. Decise di lasciar cadere l’accusa, ma presto la sua migliore amica tornò all’attacco. «E poi dovresti essere contenta. E’ un mago come te.»
Si girò verso la sua amica e, con le sopracciglia corrucciate, arricciò le labbra. «Se è per questo, è un mezzosangue.»
«Da quanto ti interessa della purezza del sangue?»
«Da quando capirai che io e Aaron siamo uno l’opposto dell’altra e non finiremo mai insieme.»
«Ma perché no?» Si lagnò, ma fortunatamente arrivò il centro del loro discorso a interrompere quella manfrina che, purtroppo, si ripeteva da anni. A volte pensava che era colpa di Joey se faceva pensieri peccaminosi su Aaron. Erano come tre anni che Joey provava a farli mettere insieme, ma entrambi avevano mandato pienamente a fare in culo i suoi piani. Ma Keyra non riusciva a smettere di pensare a loro due che si rotolavano in qualsiasi superficie orizzontale. Maledetti ormoni.
Il biondo andò al bar della spiaggia e ci rimase per un bel po’ tanto che Joey provò anche a ritornare sul discorso. Ma Keyra si alzò e annunciò che si andava a fare un bagno; tutto purché rimanere lì a sentirla blaterare.
Rimase in acqua il più possibile, cercando di non pensare che era ghiacciata e si fece una nuotata, perdendosi completamente nei suoi pensieri. Quando il suo corpo chiese pietà per il freddo, uscì tamponandosi i capelli e levando l’acqua di troppo. Si fermò di fronte al suo asciugamano, come faceva sempre.
Keyra era una di quelle che, dopo essere uscita dall’acqua, non riusciva a stendersi sull’asciugamano. Perché? Semplicemente odiava rialzarsi e ritrovarsi impanata di sabbia come una fettina. Joey chiacchierava sotto l’ombrellone con i famosi due cugini di Aaron. Li scrutò attentamente, poi guardò verso il bar da dove Aaron ancora non era ritornato. Era lì a chiacchierare con una ragazza, bruna e molto carina.
«Vuoi andare lì a prenderti qualcosa?» Per poco non saltò come un petardo rendendosi conto che Joey era dietro di lei, come un’ombra.
«Dio Joey… Mi succhi la vita. Finiscila di insinuare che io sia gelosa, che io e Aaron finiremo insieme, finiscila di respirare e crepa, ok?» Esasperata dall’ennesimo tentativo della sua amica di farla accasare, si ributtò sull’asciugamano anche se non si era asciugata del tutto. Prese le cuffiette e mettendole, ben presto si addormentò cullata dal suono di un pianoforte.
 
Accartocciò la lettera e la lanciò verso il secchio posto vicino alla scrivania. Proprio mentre esultava come un giocatore per il canestro entrò Aaron in camera, per farsi la doccia. Non si scambiarono più di un soffiato ‘ciao’ e lei tornò a guardare lo schermo del computer posto di fronte a lei, sul letto.
La lettera che aveva appena buttato era mandata da suo padre. Il suo padre biologico, non quello adottivo. E ancora non riusciva a capire perché, tanti anni prima, si era incaponita nel capire di chi era veramente figlia; a volte si malediceva per aver preso quella decisione. Non poteva, che ne so’, farsi una sveltina con qualche ragazzo?
Ridacchiò di quel pensiero, perché in primo lei faceva tutto, tranne che farsi scappatelle con i ragazzi.
E ora il suo caro padre biologico pretendeva da lei, anche di più di ciò che si poteva permettere.
Joey entrò di lì a poco, senza neanche bussare e buttandosi sul letto, al suo fianco.
«Che fai?» Chiese la sua amica, sbirciando sul computer portatile.
«Cerco un volo economico per Londra.»
«Perché?»
«Perché visto che stavo qui ad annoiarmi, ho pensato di farmi un giretto su un sito di aerei…» Replicò con tono sarcastico, senza neanche guardarla in faccia. A volte si domandava come poteva, una come Joey, essere la sua migliore amica. Keyra poteva essere snervante, saccente e tremendamente fastidiosa. Il novanta per cento delle volte rispondeva in modo sarcastico, e avrebbe fatto perdere la pazienza a dei santi.
«Perché devi tornare a Londra?»
«Chi deve tornare a Londra?» Entrambe alzarono lo sguardo dal computer e lo posizionarono sul petto di Aaron che, ingenuamente, era uscito dal bagno in camera solamente con un asciugamano legato in vita. Ora: perché i ragazzi uscivano dal bagno sempre, e dico sempre, solo con l’asciugamano legato in vita? Che gli costava rivestirsi in bagno come ogni comune mortale nel mondo? No, loro dovevano giocare con le ragazze e far perdere l’uso della parola anche a quella megera della McGranitt.
Joey perse il contatto visivo con quel dio greco molto prima di lei. Keyra invece si deliziò dello spettacolo, mordicchiandosi l’interno della bocca e calcolando la distanza che la divideva da quel dio sceso in terra. Quando tornò sul mondo dei vivi, fissò la faccia di Joey che sembrava somigliare ad un peperone. Sorrise per quello; sicuramente pensarlo nudo sotto quell’asciugamano l’aveva fatta vergognare.
Ah… La verginità. Bel periodo quando non aveva gli ormoni che si mettevano in riga aspettando di attaccare il nemico. Che in quel caso – e da anni era così – rispondeva al nome di Aaron Tyler.
«Devo tornare a Londra.» Rispose alla domanda di entrambi, lasciata cadere come un iphone in piena faccia, di notte.
«Perché?» Chiese Aaron, questa volta.
«Perché fatevi gli affaracci vostri, che cazzo!» E fece cadere di nuovo la cosa, come se non fosse nulla. Beh, entrambi non erano dell’idea di Keyra, visto che pensarla tra le mani di quell’uomo metteva ansia ad entrambi.
«Noi prendiamo la pizza, tu la vuoi?»
«No, mi cucino qualcosa.» Rispose sbattendo le ciglia, di fronte ad un’offerta. Joey si dileguò ancora prima che Aaron potesse decidere di togliersi quell’asciugamano. Keyra invece aspettava con ansia quel momento, ma il bastardo si mise l’intimo da sotto l’asciugamano, facendo crollare i castelli che si era fatta.
«Perché devi tornare?»
«Oddio… Finitela di starmi con il fiato sul collo, per dio!» Sbottò, già innervosita di suo. Non ci voleva anche il carico da cinquanta di quei due. Poi che cacchio voleva Aaron da lei, ancora non l’aveva capito.
«Vai a trovare quella sanguisuga di tuo cugino?»
«No.» Sentì Aaron sospirare affranto da quella risposta e dopo aver controllato i prezzi dei biglietti, chiuse il computer, stendendosi sul letto. Non prima di aver controllato l’ora.
«Allora… Quando parti?»
«Ora, se non ti stai zitto per tre minuti.» Ringhiò dai denti stretti e si passò le mani nei capelli, cercando di calmare quella tipica ansia che le prendeva quando si parlava di andare a casa sua. Lei e suo padre biologico non avevano un bel rapporto. All’inizio le era sembrato tutto rose e fiori, ma poi aveva scoperto che le rose erano piene di spine e i fiori erano marci.
Aaron si buttò sul letto al suo fianco e lo sentì messaggiare con qualcuno. Non si interessò minimamente di ciò che stava facendo e, dopo l’ennesimo sospiro di Keyra, Aaron ci riprovò.
«Calmata?»
«Si.» Si girò verso di lui, trovandolo a guardarla con un sorriso debole. Fortunatamente con tutti quegli anni Aaron aveva imparato a gestirla. Keyra era una di quelle persone strane, che non si capiscono facilmente. Ma Aaron era stato sempre un amico-nemico. Diventava suo nemico quando capiva che Keyra aveva bisogno di sfogarsi, oppure quando qualcosa non andava tra di loro. C’era questo amore-odio che li caratterizzava e che li faceva conoscere in tutta la scuola. Non poche erano state le volte in cui quei due si erano fatti richiamare per schiamazzi dai professori.
«Che succede?»
«Ha bisogno di parlarmi. So di cosa vuole parlarmi, e preferirei non andarci. Ma dirgli che sono nel mondo babbano, in vacanza con babbani ed è per questo che non vado, lo farebbe infuriare. Tutto voglio tranne che farlo incazzare.»
«Digli che sei venuta a trovare i tuoi genitori adottivi.» Le propose lui, corrucciato.
«Mio padre ha potere su chiunque. Ci scommetto dieci sterline che se gli dico così manda qualcuno a casa mia per controllare che è davvero come dico. Ci manca solo che faccia del male alla mia famiglia.»
Dopo aver scoperto chi erano i suoi veri genitori, le cose non erano cambiate. Keyra continuava a sentire la sua vera famiglia, quella che l’aveva adottata. Non quella con cui divideva dna e purezza del sangue.
«Non capisco cosa vuole tuo padre da te…» Ammise il biondo, pensieroso. Sorrise dolcemente a quella frase. Dolce e ingenuo Aaron. A volte si domandava come una faccetta così angelica potesse tirare fuori tutto quel carattere. Perché il biondino ne aveva di carattere, ma a quanto pare lo usava solo con lei.
«E non deve interessarti. Meno ti impicci della mia vita, più tu sei al sicuro. Continuiamo a far credere che ci odiamo, e vedrai che starai una favola.» Perché era quello che dovevano fare, a scuola. Far finta di odiarsi. In realtà si odiavano, ma quella non era mica la prima chiacchierata che si facevano. Solo che, dalla sua famiglia, l’amicizia con un mezzosangue non era il massimo. Quindi preferiva continuare a far finta di odiare Aaron con tutta se stessa.
Aaron si accigliò come succedeva spesso, sbuffando sonoramente e borbottando come una teiera. Si alzò e si diresse chissà dove. Lui non era mai stato d’accordo su come Keyra portava avanti quella cosa. Ma era l’unico modo per rendere la vita di tutti più semplice.
 
«Ho invitato Sarah e qualche sua amica qui, se non vi dispiace.» A quella frase alzò la testa dal libro che stava leggendo mentre la pasta si cuoceva e, inclinandola di lato, si unì al gruppo che fissava Aaron con occhi increduli.
E ora chi cazzo era Sarah?
«Non sarà mica la ragazza conosciuta oggi al bar.» Buttò lì Daniel e dopo aver annuito si diede il cinque con suo cugino. Maschi.
Tornò a leggere ma poco dopo sentì una presenza inquietante alle spalle. Il fiato lento di qualcuno sul collo e si girò a guardare chi fosse; Joey. Tornò a leggere, come se nulla fosse. Ma aveva notato lo sguardo infuriato della sua amica.
«Tu sai che cazzo vuole questa da lui?»
«Sarà la nuova scopamica del biondastro, Joey. Non tutti vogliono preservare la propria verginità fino al matrimonio come te, eh!» La sfotté senza staccare lo sguardo dalle parole del libro.
«L’ammazzo, quant’è vero in dio.» La bloccò ancora prima che potesse fare un passo, tanto che Joey si girò a guardarla, incredula.
«Ma sei innamorata di Aaron?» Dalle orbite fuori dagli occhi dedusse che, no… Non era innamorata di Aaron. Ma l’idea cominciava a balenarle in testa visto che portava una gelosia malsana verso quel ragazzo. E non erano poche le volte che l’aveva beccata a guardarlo. Oppure quando apriva discorsi su di lui, parlando di Aaron come se fosse un dio sceso in terra. «Ma ti sei per caso fottuta il cervello?»
A quella domanda, fu Keyra ad alzare le spalle.
«No. Però mi sembri un po’ troppo incazzata per questa cosa.»
«Non sono io ad essere innamorata di Aaron, ma tu tesoro..»
Le uscì una risatina divertita anche se tendeva al nervoso.
«Ti fai di droga, vero? Quando io mi innamorerò di Aaron nevicherà rosa.» La cosa che neanche Keyra ammetteva a se stessa era che, la sua migliore amica, aveva dannatamente ragione. Erano almeno tre anni che era innamorata di Aaron, ma non riusciva neanche ad ammetterlo a se stessa. La mora non era una di quelle che si innamorava facilmente; aveva sempre preferito i stronzi. Perché dagli stronzi non ti devi aspettare niente e loro, altrettanto, non si aspettano niente da te. Era una cosa che le andava bene e quando, una sera aveva pensato di essere gelosa di lui visto che non rientrava in Sala comune.
Solo che aveva dovuto nascondere quella cosa nel fondo del cassetto… Perché non poteva finire che si innamorava di Aaron, finendo a starci male per non essere ricambiata. Perché anche se lui la ricambiasse, il biondo era un mezzosangue. E suo padre era stato più che chiaro. I mezzosangue erano feccia.
Voleva tutto, tranne che Aaron rimanesse ferito per qualcosa fatto da suo padre. Era praticamente impossibile che potessero avere una storia sana.
«Quando la finirai di essere così idiota ed accettare la verità fammi sapere.» Annuì poco convinta e tornò a leggere. Finché poteva nascondere ad Aaron e a Joey che non era pazzamente innamorata del biondino, tutto filava liscio.
Fissò il libro per cinque minuti, pensando a quella cosa. Era meglio così. Non doveva farlo vedere. Ed era sicura anche che Joey andava a supposizioni e non si basava su nient’altro, per dire quella cosa.
Di certo Keyra non era una di quelle persone normali che appena scopriva di essere innamorata di qualcuno, si metteva li a fare sospiri, a parlare con la propria migliore amica di come poteva farsi avanti. No.
Si alzò dalla sedia per controllare la pasta nello stesso momento che suonarono alla porta. Non si girò neanche, davvero poco interessata alle tizie che stavano varcando casa di Aaron, presentandosi a tutti.
«E lei invece è Keyra.» A quella frase, si girò e guardò le quattro ragazze. Arricciò le labbra, scrutandole attentamente e poi, con le labbra ancora arricciate, fece un gesto di saluto.
«Loro sono Marie, Alex…»
«Sisi Tyler. Non mi interessa e lo sai!» Lo interruppe e tornò a girare il sugo, sotto un sospiro depresso del biondino.
«A volte è anche dolce… Anche se spesso sembra uno yogurt scaduto.»
«E tu un platinato.» Ribatté, senza neanche pensarci. Aaron, guardando le sue spalle, sorrise.
«Quante volte ti devo dire che non sono platinato?»
«Tante quante io ti ripeto che tutto quell’alcool ti ha fottuto il cervello.» E girandosi sulla spalla, ghignò. Aaron le diede uno schiaffetto tra capo e collo, poi condusse verso il salone le sue nuove amichette. La pizza arrivò nello stesso momento in cui lei scolava la pasta. Si misero tutti al grande tavolo del salone a mangiare e a dire cavolate, come al solito.
Fu solo quando, alzandosi per portare il piatto nella lavastoviglie che percepì una fitta sulla schiena. Si appoggiò al tavolo, ringraziando il cielo che nessuno aveva sentito il gemito che le era uscito dalle labbra.
Suo padre aveva ricevuto il suo declino all’invito arrivatole quella mattina.
Mordicchiandosi l’interno della bocca, si fece forza e si diresse verso la cucina, percependo molto più dolore ad ogni passo che faceva. Oh, il suo caro paparino era davvero incazzato. Lo immaginava, eccome se lo immaginava.
«Joey, io vado in camera.» Annunciò alla sua migliore amica, con la faccia scura di dolore. E senza aspettare risposta, si diresse verso la scala, pregando in dio che arrivasse a letto prima ancora di svenire. Perché sapeva che prima o poi sarebbe svenuta.
Appena la porta della camera fu chiusa alle sue spalle, si lasciò andare su di essa, nascondendo la testa tra le braccia, cercando di combattere il dolore. Gattonando come una bambina cercò di avvicinarsi al letto, per stendersi, ma dubitava che ci sarebbe riuscita a salire fin sopra il letto.
«Keyr… Stai bene?» A quella voce, imprecò. Si girò sulla spalla, guardando Aaron fermo sulla porta. Annuì, deglutendo e sbiancando ancora per una fitta ancora più forte.
«Solo un calo di zuccheri. Che c’è?» Mentì, aggrappandosi alla sponda del letto per rialzarsi. Doveva farlo, per non destare sospetti su Aaron. Il biondo si accigliò e, fidandosi di lei, alzò le spalle.
«Noi usciamo… Tu vieni?»
«No, Tyler. Ho bisogno di dormire!» Ammise, con un sorriso tirato e alzandosi sulle sue stesse gambe. «Puoi uscire, almeno mi cambio?» Chiese con voce debole, ma il biondo rimase fermo sulla porta.
«Vuoi che ti porti un po’ di acqua e zucchero?»
«No, voglio che esci… Cazzo!» Sbraitò, tenendosi alla struttura del letto a baldacchino, guardandolo in malo modo. Digrignò i denti, percependo ogni secondo più dolore. Possibile che ogni volta che succedeva, faceva sempre più male? Sospirò, stringendo i denti tanto da farsi male.
«Ma sei sicura che stai bene?»
«Ora ti uccido se non stai z…» Deglutì e alzò gli occhi verso il biondino, che si accigliò ancora di più. Lui sapeva quanto lei che non si bloccava per nulla al mondo nel litigare.
Percepì quello strano formicolio che anticipava il mancamento. «Merda.» Gemette sentendo il corpo abbandonare le forze.
«Keyra!!!!» Sentì urlare Aaron… Dio benedica Aaron e quelle braccia possenti che le impedirono di ruzzolare per terra.


Note dell'autrice: Hello everybodyyy! Come state? Ecco il nuovo capitolo di questa storia. Spero che sia di vostro gradimento. Come avete notato ancora non si capisce di quale famiglia fa parte Keyra. Don't worry, lo si scoprirà presto. Se vi state chiedendo che sta succedendo a Keyra, ahahah! Non ve lo dirò non prima del prossimo capitolo. Mi diverto a tenere tutti sulle spine. Sono fatta così. Grazie a quelle due persone che hanno recensito il primo capitolo. Spero che vi piaccia anche questo e... Niente... See ya!
​Un bacio ai pupi.

 
   
 
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