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Autore: SARAHGORDON    05/10/2014    0 recensioni
Trama.
Molti di voi pensano che la vita di un adolescente di 18 anni sia molto facile e molto movimentata, ma non sanno che alle volte dietro ai sorrisi finti si nasconde l'anima distrutta di una persona che ha visto di tutto.
Mi chiamo Elena Wayne, sono una ragazza di 18 anni con due genitori molto diversi tra loro. Mia madre si chiama Stefania ed è italiana mentre mio padre si chiama Jordan.
Mia sorella si chiamava Lilian ed in questo periodo avrebbe dovuto compiere 16 anni ma purtroppo non ci sarà nessuna festa perché lei...non c'è più.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 1

 

Sono passati due mesi da quando mi sono stabilita in una piccola casetta a Bradford.

Due mesi in cui mi sono scervellata per trovare il modo perfetto per vendicare mia sorella recando a Jordan più dolore possibile ma fino ad ora non sono riuscita a trovare un modo per distruggere lui e i suoi scagnozzi.

In questi due mesi sono riuscita a comprarmi una casetta in un quartiere tranquillo usando i soldi che avevo fottuto a quel bastardo il giorno della mia fuga.

La casa non era un granché. Un salotto, una cucina e due camere da letto più quella degli ospiti.

La cosa bella era il giardino. Era situato dietro la casa con un muro a nascondere quel piccolo angolo della casa ad occhi indiscreti. Potevo rilassarmi e stare all'aria aperta con in mano la mia adorata canon, regalo di mia madre prima della fuga dato che sapeva della mia passione per la fotografia.

Potevo stare ore a fotografare qualsiasi cosa stando in quel piccolo giardino dietro casa. La fotografia è sempre stata il mio passatempo preferito. Se avessi avuto una vita tranquilla come tutte le adolescenti, avrei scelto di andare a frequentare corsi privati di fotografia ma purtroppo l'egoismo della donna che ci ha messo al mondo ha distrutto quel sogno. Ora sono costretta a fare un lavoro che odio solo perché non posso permettermi altro.

Non avevo speso tutti i soldi che avevo preso da Jordan mettendoli da parte per qualsiasi inconveniente. Invece mi sono trovata un lavoro da cameriera con cui potessi mantenermi per non ricorrere al riparo.

Certo, tornavo a casa stanca da non riuscire a fare altro che buttarmi sul letto e cadere in un sonno profondo ed avvolte tornavo tardi e non era per niente comodo, come questa notte.

Avevo fatto due ora in più perché erano a corto di personale e c'era una festa in pieno svolgimento. Erano le due di notte quando sono uscita da locale andando verso casa mia che non è molto lontana da dove lavoro.

Voi dite: ma come cazzo fa ad andare in giro da sola alle due di notte ma io ci sono abituata e poi qui non mi conosce nessuno ed ho tutte le facoltà per potermi difendere da sola da qualsiasi attacco.

Certo camminavo per strada con i sensi all'erta per captare qualsiasi movimento.

Lo facevo da quando sono scappata sapendo che gli scagnozzi di Jordan potevano trovarmi in qualsiasi momento.

Quella notte come tutte le altre pensavo a come vendicarmi, ed a come riuscire ad arrivare a Jordan senza metterci di mezzo la mia vita ma un piccolo movimento in un vicolo buio attirò la mia attenzione. Credevo fossero le solite persone che scopavano senza ritegno ma mentre stavo per riprendere il mio cammino un grido infantile mi fece rizzare i capelli sulla nuca. Una voce sottile, di una bambina che tentava di chiedere aiuto ma il suo grido venne mozzato.

Mi precipitai a passo spedito verso la direzione da qui ho sentito provenire il grido e la scena che mi si presento d'avanti mi ghiacciò il mio sangue.

Un uomo stava schiacciano una bambina da un corpo cosi minuto che nemmeno si notava in quel buio. La stava tenendo salda per riuscire a slanciarle i pantaloni.

Non persi tempo a pensare o a cercare aiuto ma mi precipitai subito verso l'uomo mollandogli un calcio dritto sul viso del bastardo.

Il corpo del uomo si riversò dall'altra parte tenendosi la faccia in preda al dolore ed io subito non persi tempo e presi la bambina dolorante in braccio cominciando a corre per riuscire a sfuggire a quel uomo o ragazzo che fosse. Svoltai l'angolo e mi lanciai in una cosa sfrenata ma feci pochi passi ed un dolore allucinante mi fece vacillare.

Le lacrime cominciarono a pizzicare i miei occhi ed il dolore rese quasi impossibile ogni mio movimento. Quasi ho detto perché l'adrenalina non mi abbandonò dandomi la giusta spinta per continuare a correre verso casa.

La cosa positiva era che casa mia non era molto lontana quindi nel giro di pochi minuti arrivai a casa dolorante.

Appena entrai feci scendere la bambina che era ancora scossa dai singhiozzi e mi appoggia alla porta scivolando fino a sedermi a terra.

Portai la mano sulla ferita al fianco destro cercando di fermare il sangue.

Quel bastardo era armato. Non sono riuscita a fuggire in tempo che lui ci ha rincorsi e mi ha ficcato una pallottola al fianco. Spero solo che non mi abbia visto in viso.

Il dolore era allucinante ed il sangue non smetteva di uscire. Dovevo medicarmi al più presto.

Aprendo gli occhi per alzarmi mi accorsi che la bambina aveva smesso di piangere e mi guardava tra la paura e la gratitudine porgendomi la sua piccola felpa.

La guardai in modo interrogativo e lei accennò un piccolo sorriso.

“ti servirà per rallentare il flusso di sangue” mi disse facendosi avanti.

Presi quel piccolo indumento alzandomi a fatica e lo strinsi forte sulla ferita. Prima mi dovevo occupare della bambina e poi penserò a me, sperando che non svenga prima ancora di finire.

“vieni con me. Facciamo un bagno poi vai a dormire e domani ti porto a casa intesi?” le dissi sorridendole cercando di tranquillizzarla.

Lei annui e mi segui docile fino in bagno- la lavai con cura anche se i miei movimenti erano bruschi a causa del dolore poi la vestì e la misi a letto. Prima di uscire la piccola decise di parlare.

“posso sapere come ti chiami?” mi chiese con un tono innocente. Mi girai con mezzo busto facendo una piccola smorfia di dolore e sorrisi alla piccola.

“mi chiamo Elena” le dissi dolcemente

“ed io mi chiamo Safaa” mi rispose lei prima di chiudere gli occhi per cercare di dormire.

Usci da quella stanza pensando che quella bambina assomigliava molto a mia sorella.

Era piccola e tenera ma allo stesso tempo forte e tenace ed è disposta a tutto pur di aiutare gli altri.

Entrai in bagno pensando a cosa sarebbe successo se io non fossi intervenuta in tempo per quella bambina. Mi venne la pelle d'oca al solo pensiero.

Sapevo come ci si sente quando qualcuno cerca di violare il tuo corpo. Ti senti sporca, usata. Vuoi solo che finisse il prima possibile ma anche rendendoti conto che non hai scampo continui a lottare graffiare ed a colpire sapendo che forse cosi riesci a lasciare loro il segno anche tu.

Pensando a quella bambina mi distrasse un po da dolore ma quando arrivò il momento di estrarre la pallottola la paura mi attanaglio lo stomaco.

Stando a casa di Jordan ho imparato molto. Da come curare semplici graffi a come curare una ferita da arma.

Presi le pinze e cercai di tenere aperta la ferita per poter estrarre la pallottola. Sapevo che rischiavo la vita ma non potevo andare in ospedale. Avrebbero fatto molto domande sulle cicatrici che si trovano sul mio corpo.

Strinsi i denti per non gridare e finire per svegliare la bambina. Il dolore era allucinante ma resistetti e continuai a cercare finché non la trovai estraendola.

Respirai un poco ma non persi tempo a riposarmi. Presi ago e filo e dopo aver pulito bene la ferita togliendo il sangue e pulendola per non rischiare un infezione, con dita tremanti cercai di chiuderla alla bel meglio per fermare il sangue. Ormai le mie braccia non avevano più forze. E come se agissero da sole.

Fini il lavoro e mi pulì per bene cercando di non bagnare la ferita poi mi diressi in camera mettendo una canottiera e dei pantaloncini e mi misi a dormire accanto alla piccola ignorando le fitte al fianco.

Non mi accorsi di niente ed in un batter d'occhio caddi in un stato d'incoscienza.

 

Sentivo dei rumori provenire da piano di sotto e mi costrinsi ad aprire gli occhi. Mi guardai attorno e mi accorsi che la bambina non era con me.

Ero ancora dolorante ma mi alzai lo stesso. Scesi al piano di sotto e trovai la piccola al telefono.

“si sto bene. Va bene ti aspetto. Va bene”.

E chiuse il telefono.

“con chi stavi parlando?” le chiesi in tono debole.

Lei si girò guardandomi e sgranando leggermente gli occhi.

“stavo parlando con mio fratello e gli ho detto dove mi trovavo, cosi può venire a prendermi. Tu sei ferita e non puoi andare da nessuna parte” mi spiegò lei ma poi guardò il mio fianco e sussultò

“stai sanguinando. Vieni a sdraiarti e quando viene mio fratello andiamo in ospedale”.

“niente ospedale” dissi in tono leggero prendendola per mano per andare in salotto ma prima che facessimo qualsiasi movimento il campanello suonò.

La bambina trillo felice e corse ad aprire la porta trovandosi d'avanti ad un ragazzo di una bellezza mozzafiato.

La bambina gridò di felicita e si gettò tra le braccia del fratello. Dai suoi sussurri capì che si chiamava Zayn.

Un bel nome ed un ragazzo non da meno.

Lo guardai per bene. Aveva i capelli nerissimi e gli occhi erano nascosti dietro a delle rayban scure. Aveva un corpo slanciato, fasciato da dei jeans scuri una maglietta bianca ed un giubbotto di pelle. La maglietta era un po scollata e si vedeva un tatuaggio che si estendeva al centro sul petto finendo per scomparire dietro la maglia. Aveva anche due orecchini che gli conferivano un aria sensuale. Lui tutto era dannatamente sexy

Finito l'abbraccio lui posò la bambina a terra e rivolse lo sguardo verso di me togliendosi gli occhiali. I suoi occhi erano micidiale. Un colore strano che in parti si andava a mischiare tra un marrone e verde.

Però il suo sguardo era intriso d'odio. Mi guardava come se fossi io la causa del malessere di sua sorella ma non sapeva che invece sono la causa della sua salvezza. Cercai di ricambiare l'occhiata intrisa d'odio ma poi i suoi occhi si posarono velici sulla macchia di sangue che macchiava la canottiera.

Indietreggia per la paura o forse per nascondermi dai suoi occhi ma andai a sbattere contro la punta del mobile...con il fianco ferito. Sussultai lanciando un piccolo grido.

Mi appoggiai al muro mentre il dolore mi divorava tutta. Vedevo tutto annebbiato, tutto ciò che avevo intorno girava ed il buoi mi stava inghiottendo.

Mi lascia cullare dal quell'oscurità scivolando a terra sperando di non sentire più il dolore ma prima di perdere completamente i sensi, due braccia mi strinsero forte che per un attimo mi sentì al sicuro ma poi il buoi prevalse.

  
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