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Autore: Doomsday_    05/10/2014    5 recensioni
Draco è solo. Dovrà eseguire ciò che l'Oscuro Signore gli ha ordinato di compiere. E non ha nessuno... nessuno tranne lei.
Astoria farà qualsiasi cosa è in suo potere per restargli accanto. Perfino quando sarà lui stesso ad allontanarla.
Il loro amore è come una stella che, nel buio della notte, brucia in tutta la sua intensità fino a distruggersi.
Dal capitolo dieci:
- Ripensare alla biblioteca diede a Draco un senso di forti brividi: ancora gli era ignoto quel che lo aveva trattenuto dal baciarla quando, per la prima volta dopo mesi, aveva finalmente potuto tenerla tra le braccia. Nel toccarla ogni tentativo di starle distante era crollata, e un intenso malumore l'aveva colto nel godere di quel suo sguardo insolitamente luminoso. Stelle aveva definito quegli occhi, stelle di quel suo cielo buio.
Genere: Drammatico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Blaise Zabini, Daphne Greengrass, Draco Malfoy, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Astoria
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Angolo Autrice: Salve a tutti! Eccovi un nuovo capitolo, che spero non vi abbia fatto attendere troppo!
Una piccola precisazione, priva di lasciarvi alla lettura: ho preferito chiamarla la "Stanza delle Cose Nascoste", invece che la "Stanza delle Necessità", perché è con questo nome che Draco la conosce e la chiama. Quindi, di fatto, lui non sa che si chiama "Stanza delle Necessità" e mi è sembrata una cosa più lineare continuare a chiamarla così anche durante la narrazione!^^
Detto questo, ringrazio con tutto il cuore NarcissaBM, AlexisVictorie e Guglielmo da Baskerville (la favolosa new entry^^) per aver lasciato delle meravigliose recensioni!
E un grazie speciale anche alle 17 persone che hanno aggiunto la storia nelle preferite, le 40 che l'hanno aggiunta nelle seguite e le 6 nelle ricordate.
Un bacione a tutti,
Giuliii





La Stanza delle Cose Nascoste.





Era una mattina temporalesca e ben poco adatta ad una partita di Quidditch. L'inverno era alle porte e il maltempo non sembrava far altro che anticiparne la venuta.
Eppure questo non sembrava interessare ai giocatori, quasi invisibili dalle tribune sotto lo scrosciare continuo della pioggia.
Tra Daphne e Sean, Asteria agitava entusiasta la bandierina con lo stemma di Serpeverde, incurante delle gocce di pioggia che li raggiungevano nonostante avessero la testa coperta dagli spalti soprastanti.
Daphne, al contrario, non era dello stesso avviso e sembrava ben poco propensa a farsi rovinare l'acconciatura dal mal tempo; ma tutti gli incantesimi che pronunciava per proteggersi dalla pioggia sembravano durare pochi minuti per poi svanire, rendendo vano ogni suo sforzo e più irritabile il suo umore.
I giocatori sfrecciavano come tante piccole saette, da una parte all'altra del campo. A stento Asteria riusciva, ogni tanto, a scorgere di sfuggita Draco, il quale inseguiva il boccino praticamente invisibile alla vista a causa del maltempo.
Per questo non fu una partita particolarmente entusiasmante, la quale si concluse con la conquista del boccino d'oro da parte di Corvonero, ma la vittoria di Serpeverde grazie ad un totale di dieci punti in più.
Gli studenti lasciarono velocemente il campo da Quidditch per correre a rintanarsi tra le asciutte mura del castello e incontro ad uno dei soliti banchetti caldi e prelibati nella Sala Grande. Tutti, tranne Asteria che - nonostante le proteste di Sean e Daphne - volle aspettare Draco vicino agli spogliatoi per congratularsi della vittoria appena conquistata.
Ma quando finalmente la squadra di Serpeverde giunse, ad Asteria il loro umore parve tutto fuorché allegro. Difatti il Capitano della squadra sembrava trattenere a stento la rabbia, mentre inveiva apertamente contro Draco, il quale - in testa al gruppo - sembrava intenzionato a raggiungere gli spogliatoi quanto prima.
Quando egli si accorse della presenza di lei, accanto all'entrata, si arrestò di colpo. Probabilmente era uno degli ultimi posti in cui avrebbe immaginato di trovarla.
Asteria, leggendo l'espressione sul volto di Draco, si pentì immediatamente di averlo voluto aspettare e per questo si affrettò a giustificare la sua presenza, che in quel momento sembrava particolarmente sgradita: « È la prima volta che vengo a vederti giocare e volevo festeggiare con te la vittoria ».
In quei giorni sentiva spesso il doversi giustificare difronte alle occhiate che le lanciava il ragazzo. Era più forte di lei. Ma, probabilmente, era facile sentirsi indesiderati quando si faceva di tutto per imporsi su qualcuno. E in quei giorni non aveva fatto altro che scovare i luoghi in cui Draco si rifugiava, per potergli stare accanto. Alcune volte sentiva di renderlo felice, mentre altre - come in quel momento - in risposta riceveva nient'altro che il gelo più assoluto.
Eppure Draco, dopo essersi ripreso dallo stupore iniziale, si precipitò subito a coprirla con il proprio mantello, in quanto la ragazza era ormai zuppa dalla testa ai piedi.
« Ma sei pazza? » disse, mentre la trascinava dentro « Potresti prenderti una polmonite, o che so io! »; la strinse forte a sé e solo una volta entrati nello spogliatoio la lasciò andare.
Asteria tremava leggermente, cercando in ogni modo di non darlo a vedere per non far accentuare l'espressione contrariata già presente sul volto di Draco.
Mentre il ragazzo la scrutava con aria di disapprovazione, si sorprese a guardarla realmente e non nel solito modo distratto di quei giorni. La trovò diversa, come un'immagine dapprima sfocata, divenuta finalmente definita. Notò i suoi capelli neri, i quali le aderivano al viso, le punte leggermente arricciate in piccoli boccoli; gli occhi luminosi abbelliti dalle lunghe ciglia scure e le gote colorite. Draco ora la guardava nello stesso modo in cui si può ammirare l'alba, dopo aver passato l'intera notte in ardente trepidazione.
La trovò bella, così bella da fargli nascere nel cuore il desiderio di tenerla tutta per sé e nasconderla alla vista di qualsiasi altra persona al mondo che non fosse se stesso. D'altronde egli discendeva da generazioni di uomini che nascondevano i loro più inestimabili tesori in oscure profondità, dentro camere blindate sorvegliate da draghi.
Ma quell'istante di intenso desiderio durò poco, poiché anche il resto della squadra raggiunse gli spogliatoi e l'attenzione del ragazzo venne inesorabilmente spostata lontano da Asteria.
Montague entrò di gran carriera. « Draco, sono il Capitano della squadra! Mi devi ascoltare » esclamò, visibilmente infastidito.
« Per nostra sfortuna, Montague » ribatté Draco. Dietro il Capitano, Tyger e Goyle ridacchiarono, superandolo per avvicinarsi a Draco.
Asteria si tirò indietro istintivamente, spostandosi in un angolo della stanza, cercando di dare nell'occhio il meno possibile.
« Oggi hai giocato da schifo, Malfoy » sbottò Montague, lanciando da una parte il proprio mantello e la scopa.
« Abbiamo vinto, no? »,
« Di sicuro non grazie a te. Eri distratto, Malfoy. Sei un Cercatore, non puoi essere distratto, maledizione! » Montague stava alzando la voce e Draco non sembrava affatto contento del modo in cui gli si rivolgeva.
« Oggi ci è andata bene, ma sarà dura contro Grifondoro. Quindi potresti degnarti di venire per lo meno agli allenamenti ».
Asteria seguiva la discussione con il respiro sospeso, con addosso la spiacevole sensazione di non doversi trovare lì ad ascoltare. Presa com'era non si rese subito conto della presenza di uno della squadra, fermatosi troppo vicino a lei.
Adrian Pucey se ne stava con un braccio poggiato contro il muro, a fissarla. Le rivolse un sorriso accattivante: « E così tu saresti la ragazza di Malfoy. È per questo che non si fa più vedere agli allenamenti? »; Asteria fece per rispondere, ma a lui si unì Bletchley: « Ma non stava con la sorella? Neanche io mi farei più vedere in giro se avessi la possibilità di farmi le sorelle Greengrass » rise dando una gomitata al fianco di Pucey.
« Peccato che ragazze come le Greengrass non ti guarderebbero neppure da lontano, Bletchley! » si aggiunse anche Warrington, togliendosi la maglia della divisa. Bletchey rispose tirandogli un pugno sulla spalla, il quale - dato la grossa stazza da portiere del suddetto - sembrò fare alquanto male al malcapitato.
Asteria impallidì visibilmente e cercò di andarsene, ma Pucey la trattenne sul posto prendendo tra le dita una ciocca dei suoi capelli bagnati. « Certo, non si può dire che Draco non abbia gusto » mormorò con voce suadente.
« Smettetela! » sbottò, a quel punto, Asteria, tirando no schiaffo alla mano di Adrian Pucey per indurlo a lasciare la presa, « Non sono la ragazza di Draco. E ora spostati! ».
Draco e Montague, che nel frattempo avevano continuato quel secco e tagliente botta e risposta, si voltarono verso di lei, sorpresi dalla sua esclamazione seccata.
Asteria arrossì violentemente, incrociando il proprio sguardo con quello di Draco. Ne seguì un lungo silenzio imbarazzato. Persino Montague sembrava aver dimenticato le accuse che stava gettando contro Malfoy.
Asteria tentennò un attimo, poi uscì in fretta dagli spogliatoi, preferendo di gran lunga la pioggia, che sferzava inclemente, alle occhiate divertite e sorprese dei ragazzi della squadra.
Eppure la ragazza non dovette percorre troppa strada prima di essere nuovamente avvolta da un caldo mantello. Sollevò lo sguardo e trovò gli occhi azzurri di Draco a fissarla.
« Mi dispiace, Draco. Ti ho messo in imbarazzo. Sono una sciocca » si scusò subito, ancora rossa in volto.
« Cammina, Asteria. Non voglio affogare in mezzo a un prato. Questo si che sarebbe imbarazzante » accennò ad un sorriso, mentre la trascinava dentro al castello.
Non parlarono più finché non raggiunsero la Sala Comune. Asteria gli restituì il mantello. « Ora è meglio che vada a cambiarmi ».
« Ascolta, Asteria » la fermò lui, trattenendola per un braccio. « Senti, lo so di aver detto che per noi adesso non è il momento giusto. Ma volevo sapere se... si, insomma, se vale ancora la promessa che mi hai fatto sul treno ».
Asteria arrossì, ripensando a ciò che lui gli aveva chiesto: di non baciare mai nessun altro. Annuì, titubante, poi sorrise accorgendosi dell'imbarazzo che provava anche lui, « Non ho nessuna intenzione di infrangerla ».
Draco la seguì con lo sguardo mentre lei saliva le scale ed entrava nel proprio dormitorio. Si era meravigliato di quanto vedere Pucey accanto ad Asteria l'avesse turbato; nonostante fosse consapevole del fatto che Pucey era solito importunare qualsiasi ragazza si imbattesse sul suo cammino. Era consapevole che il suo compagno di squadra non aveva fatto altro che parlarle; difatti a preoccuparlo era Asteria, non i ragazzi di cui attirava costantemente l'attenzione. Lui le aveva chiesto di aspettarlo, pur trattandola sempre con indifferenza. Non le prestava attenzione, aveva altro a cui pensare. Nonostante lo sforzo che lei ci metteva per stargli accanto, lui la stava dando per scontata. E Asteria non era tenuta ad attenderlo, per quanto ella lo volesse. Si sarebbe potuta innamorare di qualcun altro, in qualsiasi momento. Di qualcuno che gli avrebbe potuto dare tutte le attenzioni e tutto ciò che lui non poteva darle adesso.
Difronte a quella considerazione Draco si sentì mancare. Si sentì improvvisamente privato della sua vita. Privato di vivere la sua adolescenza. Sentì quel che il Signore Oscuro gli stava rubando, pezzo dopo pezzo. Ogni sentimento, emozione felice per sostituirle con rabbia, paura, impotenza. Lo stava trascinando verso un pozzo dalle profondità sempre più oscure, e qualsiasi cosa facesse per tornare in superficie, sembrava sciocca e vana perché lui non poteva scegliere altra via se non continuare a cadere in quel pozzo senza fine.

Quando Asteria tornò nella Sala Comune trovò Draco seduto di fronte al camino, intento a leggere. Anche lui si era cambiato d'abiti, anche se i suoi capelli biondi erano ancora umidi. Gli si sedette accanto e, con la coda dell'occhio, diede una sbirciata a quel che leggeva. Non intese molto, sembrava parlasse di incantesimi difficili e forse proibiti, di magia nera e maledizioni. Gli lanciò una lunga occhiata indagatrice, la quale sembrò scivolargli addosso come uno sbuffo d'aria. Asteria non era neppure sicura che il ragazzo si fosse accorto della sua presenza, figurarsi se si rendeva conto di essere guardato.
Con un lungo sospiro, infine, Asteria prese a studiare un brano di Storia della Magia, il quale si rivelò particolarmente noioso. Ben presto la stanchezza prese il sopravvento e, senza volerlo, Asteria abbandonò la testa sulla spalla di Draco. Egli non si spaventò al contatto improvviso, nonostante fosse completamente assorto nella lettura, bensì accomodò la spalla in modo tale da renderle più confortevole l'appoggio. Era stato un gesto istintivo, come se fosse abituale, di cui si rese davvero conto solo quando ebbe poggiato a sua volta il capo su quello di lei. Allora Draco si scoprì a sorridere, quasi imbarazzato nonostante nessuno stava dando peso a ciò che loro facevano, e la baciò sulla fronte. Sentiva il suo respiro regolare contro il collo, leggero come piccoli baci fugaci.
Provò a tornare alla lettura, ma i suoi occhi fuggivano sempre sul suo volto. Avrebbe speso volentieri interi anni della sua vita, volti unicamente a contemplarla. Voleva dire questo innamorarsi? Volere una persona ogni attimo, per viverlo assieme. Assaporare quei momenti, come se non fossero mai abbastanza. Non c'era solo la paura per la sua incolumità, aveva scoperto, non sentiva solo il bisogno di proteggerla come aveva creduto. Era molto di più. C'erano i suoi colori, che lavavano via il nero; c'erano i suoi sorrisi che lo tenevano aggrappato alla realtà, e c'erano anche i suoi baci. Questi ultimi erano rari, distratti, ma c'erano e gli regalavano sempre la stessa sicurezza, lo consolavano, ricordandogli di essere amato.
E c'era anche un futuro, composto da tutte queste piccole cose. Draco si rese conto che quando guardava lei vedeva non solo il suo presente, ma anche il suo futuro.
Quello stesso futuro di cui si sentiva intimamente privato, ma che non era andato ancora perduto.
Per lui fu inspiegabile come la sola presenza di Asteria riuscisse a fargli vedere speranza, quando prima - rimasto solo, davanti alle scale del dormitorio- percorrendo simili pensieri, non ne aveva trovata.
Con le nocche della mano, le accarezzo piano la guancia. A quel contatto la fronte le si increspò appena, per poi tornare subito distesa.
Draco la guardò come se non ci fosse null'altro attorno, e con una semplicità disarmante le sussurrò piano, accanto al viso: « Ti amo, Asteria Greengrass ».
Sapeva di guardarla con uno di quei imbarazzanti sguardi sognanti e innamorati; ma in quel momento non gli importava. « Sei il meglio della mia vita. E sei l'unica che riesce a tirare fuori anche il meglio di me ». La strinse contro il suo petto, chiudendo poi il libro e gettandolo da una parte.
« Ti amo, e sono un codardo a dirtelo mentre tu dormi » mormorò, e un lungo sospiro di dispiacere accompagnò la frase.

Doveva provarci di nuovo, era la sua unica opportunità e non poteva arrendersi così. Cercò Mirtilla Malcontenta in ogni bagno di Hogwarts, finché non la trovò in quello in cui le aveva parlato la prima volta.
Come Draco si aspettava, Mirtilla non reagì affatto bene alla sua entrata. Quando il giorno precedente le aveva chiesto scusa, non sapeva come rivolgersi a lei. Ma adesso aveva capito: Mirtilla Malcontenta non era solamente un fantasma, era prima di tutto una ragazza. Certo, una ragazza fantasma, ma che importanza aveva? Nonostante fosse morta ormai da tanti anni, Mirtilla ragionava e reagiva proprio come una ragazza.
Draco pensò a come di solito si comportava con Asteria quando doveva farsi perdonare qualche mancanza: sincero, senza nessuna maschera a nascondere i sentimenti che provava.
Ed era proprio questo il motivo per cui Mirtilla gli si era avvicinata la prima volta. L'aveva trovato sconvolto, spaventato e per questo si era mossa in suo soccorso.
« Ascoltami Mirtilla, ti prego » le disse, prima che lei potesse andarsene via come l'ultima volta.
« E perché dovrei? Per farmi offendere ancora una volta? » ribatté con tono lamentoso.
« No, ascolta. Sai chi è Colui-che-non-deve-essere-nominato? ».
Mirtilla parve indispettirsi « Certo che so chi è! Tutti lo sanno ». Il fantasma lo scrutava dall'alto in basso, ma qualcosa nel viso di Draco parve addolcire l'espressione perennemente offesa di lei.
« Lui mi ha dato un compito » la voce gli si strozzò in gola, ma cercò comunque di andare avanti « Vuole che io faccia una cosa orribile. E se non riesco ha detto che... ha detto che mi ucciderà ». La verità cruda di quelle parole era facilmente leggibile sul suo viso.
Draco si appoggiò al muro, sempre più pallido. Mirtilla Malcontenta gli si avvicinò, fluttuandogli proprio difronte. Allora lui sollevò la manica del braccio sinistro e quando Mirtilla vide il Marchio Nero un urletto le scappò dalle labbra, che si sbrigò a smorzare tappandosi la bocca con le mani.
« Ti prego. Non so a chi altro chiedere aiuto ». Teneva lo sguardo basso, per paura di leggere sul viso del fantasma un altro rifiuto. E per un attimo credette persino che Mirtilla se ne fosse andata, ma poi udì la sua vocetta nasale: tremolante, ma non più lamentosa.
« Esiste una stanza » disse Mirtilla, ancora titubante. « Una Stanza Va-E-Vieni. È lì che devi andare se ti serve qualcosa ».

Draco correva su per le scale, attraversando poi i corridoi con lunghe falcate. Gli echi stizziti dei quadri lo seguivano ovunque andasse.
« Va' piano ragazzo! Non si corre per i corridoi! » gridavano indispettiti, chi per essere stato svegliato, chi perché la considerava una grave dimostrazione di maleducazione.
Ma qualsiasi cosa dicessero non servì a fermare Draco, che continuava a salire piano per piano, interrompendosi solo per aspettare le scale cambiare direzione. Così, fino al settimo piano.
Lo trovò pressoché deserto e lo percorse con passo sicuro, ma lento; lo sguardo attento scrutava ogni particolare. Arrestò il passo dinanzi ad una parete spoglia, priva di ornamenti e quadri. Difronte ad essa stava l'arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll.
Il cuore di Draco mancò un colpo, tanto era l'emozione. "È qui" pensò. Le mani gli tremavano "Qui si trova la Stanza Va-E-Vieni".
Si avvicinò alla parete vuota e ne sfiorò la superficie con la punta delle dita. Mirtilla gli aveva detto tutto ciò che sapeva, ma quelle informazioni non comprendevano però il come entrarci.
Doveva desiderarlo o chiederlo espressamente? Si guardò un'ultima volta attorno, poi a voce bassa disse: « Ho bisogno dell'Armadio Svanitore. Ti prego, mi serve ».
Ma il muro rimase tale, senza subire la minima variazione, del tutto impassibile alla supplica accorata del ragazzo.
Draco strinse le labbra. "Ti prego, ti prego. So che ascolti i bisogni delle persone. A me serve l'Armadio Svanitore. Appari, per favore, appari" pensò con forte intensità, ma la Stanza Va-E-Vieni continuava a mostrarsi sorda alla sua richiesta.
« Maledizione » imprecò, sbattendo il pugno contro la parete. La vista gli si appannò, sudava freddo e non riusciva più a controllare il tremore alle mani. Quella era la sua ultima possibilità, non sapeva cos'altro fare. Un altro fallimento l'avrebbe fatto di sicuro crollare.
Camminò avanti e indietro per il corridoio, cercando di ragionare lucidamente, ma non riusciva a pensare ad altro che all'Armadio Svanitore e a quanto ne avesse disperatamente bisogno per far si che il suo piano riuscisse.
D'un tratto sentì un rumore e il suo passo si bloccò di colpo. Si guardò attorno, ma il corridoio continuava a restare deserto: le lezioni erano finite per quel giorno e tutti gli studenti si trovavano in biblioteca o nelle proprie Sale Comuni.
Draco tirò fuori la bacchetta. "Forse il solo desiderarlo non basta, forse..." ma persino i suoi pensieri si arrestarono quando, voltandosi nuovamente verso il muro, vi trovò una porta ad attenderlo. Quasi gli cadde la bacchetta dalla mano. Si sbrigò a riporla nella tasca della divisa, e si avvicinò alla porta per poggiarci sopra la mano, quasi a volersi assicurare della sua effettiva esistenza.
Il suo cuore batteva all'impazzata: ce l'aveva fatta davvero. Aprì la porta, improvvisamente impaziente di entrare.
Draco non sapeva bene cosa si aspettava di trovare oltre quella porta. Forse una stanza vuota al cui centro troneggiava l'Armadio Svanitore. Fatto sta che non poté far altro che impallidire difronte allo spettacolo che gli si mostrò dinanzi. Una stanza grande come una cattedrale, interamente colma di pile e pile formate dagli oggetti - di qualsiasi tipo, forma, dimensione e colore - nascosti da generazioni di abitanti di Hogwarts. La porta gli si chiuse alle spalle, con un forte rumore secco.
Draco Malfoy aveva finalmente trovato la Stanza delle Cose Nascoste.



   
 
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