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Autore: MyShadow19    07/10/2014    1 recensioni
Verba è un racconto dalle lievi tonalità fantasy di grande atmosfera. Narra di Kadas Luthfelt, protagonista tenebroso che avrebbe molte, troppe cose da raccontare... se solo la sua filosofia non glielo impedisse; ogni parola è l'evocazione di un concetto, il più grande veicolo delle idee, la struttura su cui si forma il pensiero e quindi la base del modus ponens degli esseri viventi. La filosofia di Kadas è così forte che quando lui pronuncia una parola tutto questo cessa di essere una convinzione e diventa una verità: la realtà attorno a lui cambia. Per questo pesa attentamente quello che dice. Una parola vale più di mille immagini.
Ogni capitolo è molto breve perché lo stile di scrittura è pesante; spero che apprezzerete. Buona lettura!
Genere: Dark, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gelidi incontri nel tetro nero ancestrale ritmato rovinosamente dagli ingranaggi degli orologi. Notte eternamente scardinata dall’alternarsi turbinante di giorno ed ombra. Drammatico freddo raccoglie viaggiatori sotto drappeggi sporchi. Vibrante paura penetra nelle terre del crimine, protette dal vespro senza requie. 
Caldo sfiancante nel cangiante chiarore che rende candido tutto ciò che chiunque può calpestare. Luce costantemente scardinata dal susseguirsi incessante di canto e sonno. Decadente calura fa cessare qualsiasi cammino. Consensi passivi lasciano accadere cose, asfissiate dalla luce senza concilio.
Perché il mondo si fermò. Siccome il mondo si fermò. In effetti il mondo si era fermato.
Fermo; e perciò le giornate erano soltanto convenzioni. Fermo; e perciò nessuno avrebbe mai più visto sorgere o tramontare il sole. Fermo: c’era il giorno oppure c’era la notte. Il mondo non girava più.
Nelle terre dell’eterna notte si lavorava; la fatica riscaldava dal freddo, ma il crimine ripagava di più.
Nelle terre dell’eterno giorno si oziava; la noia alleggeriva il peso del sole, ma non esistevano lati nascosti.
Una metà attiva ma pericolosa, tremebonda e reticente; una metà passiva ma candida, onesta e raggiante.
Questo era il mondo, dopo che per scherno si era fermato.
Nelle terre dell’eterna notte c’era chi dormiva e chi vegliava in silenzio. L’assenza di suono vigeva imperante in tutto l’emisfero. Vegliava in silenzio chi aveva rispetto e non voleva privare i dormienti del loro riposo, vegliava in silenzio chi non aveva rispetto e voleva privare i dormienti della loro vita.  Il silenzio era l’unico dio che regnava nell’emisfero buio.
Nelle terre dell’eterno giorno c’era chi dormiva e chi vegliava oziando. L’assenza di movimento vigeva imperante in tutto l’emisfero. Vegliava oziando chi voleva muoversi per parlare urlando guaiti e lamentele passo dopo passo, vegliava oziando chi non voleva muoversi per parlare urlando domande e risposte conversazione dopo conversazione. La parola era l’unica dea che regnava nell’emisfero luminoso.
L’eterna notte e l’eterno giorno si abbracciavano sul mondo e, laddove i loro corpi si univano, nascevano le terre temperate, dove la noia era vinta dal freddo e l’inganno era sconfitto dal caldo, dove il caldo era sconfitto dal lavoro ed il freddo era sconfitto dalla parole. Queste terre sacre furono divise equamente dagli abitanti della notte e dagli abitanti del giorno, chiamando terre dell’eterna alba il semianello in cui il sole era fermo nel sorgere e terre dell’eterno tramonto il semianello in cui il sole era fermo nel tramontare. I popoli fecero di questi semianelli un luogo di venerazione, nella speranza di aggraziarsi qualche divinità regalando loro l’unico luogo in cui regnava l’equilibrio.
I popoli dell’eterno giorno, fautori della grande immobilità, vi costruirono un altare di marmo con una solida statua, poiché la loro unica dea era la parola. I popoli dell’eterna notte, fautori del grande silenzio, vi lasciarono un bimbo muto, poiché il loro unico dio era il silenzio.
Le genti continuarono ad adorare i propri dei ed a nutrire le proprie speranze fino a quando, anni dopo, a causa dei lievi spostamenti del sole, l’abbraccio cambiò posizione; il bambino investito dalla luce fuggì e l’altare coperto d’ombra fu murato. Fu così che i popoli del giorno abbandonarono le speranze. Fu così che i popoli della notte abbandonarono le speranze. Fu così che scoppiò una guerra.
Non fu compreso tuttavia che l’abbraccio non era ultimato fino a quando silenzio e parola non sarebbero stati conciliati. Non fu compreso che il dio del silenzio e la dea della parola non dovevano essere venerati nella solitudine delle proprie convinzioni. Non fu compreso che Angelus Silentii e Angelus Verborum dovevano incontrarsi. Quest’incontro avvenne poi; quest’incontro avvenne grazie alla guerra.
Il bimbo, Angelus Silentii, crebbe. Così come uomo e donna sono complementari poiché sono nati per unirsi, così Angelus Silentii, il dio mobile del silenzio, sviluppò il dono di avere la parola che muove il mondo e Angelus Verborum, la dea marmorea della parola, aveva il dono di avere il silenzio che parla agli animi.
Il bimbo, Angelus Silentii, crebbe. Nulla di diverso aveva dagli altri suoi coetanei, eccetto che ogni sua parola era un cataclisma, ma egli odiava ogni parola e mai ne aveva proferita una. Doveva accettare il suo destino: era nato nel lato oscuro e silenzioso del mondo e doveva combattere assieme a chi lo abitava e lo aveva venerato. Rapido e furtivo come un serpente velenoso, il ragazzo divenne il più letale e spietato degli assassini che il popolo della notte avesse mai conosciuto. Uomini, donne, bambini ed animali: nessuna creatura poteva sopravvivere alla letale lama ondulata di Angelus Silentii, colui che uccide nella notte. Ma come ogni altro suo coetaneo, anche Angelus Silentii un giorno ebbe un amico. Un unico amico e rivale, conosciuto in guerra ed appartenente alla fazione opposta. Un unico amico e rivale, che l’assassino tradì, in modo oscuro e silenzioso, così come la sua gente lo venerava. Quell’unico amico fu colui che salvò il mondo quando condusse Angelus Silentii da Angelus Verborum, per pregare la dea marmorea di dargli il soffio di vita che a causa di Angelus Silentii si era visto sfuggire di mano. E allora il bimbo cambiò. Da bimbo divenne ragazzo, maturò e sorse. Nel momento in cui tradì l’amico, la notte in lui finì ed iniziò la sua alba. Nel momento in cui vide Angelus Verborum, la notte in lui finì ed iniziò la sua alba. Le due divinità si incontrarono e si completarono. L’immortalità, la capacità di sfuggire alla fine ultima che solo gli dei potevano avere, era elargita a chi metteva alla prova il proprio corpo, vincendo l’immobilità, o la propria parola, vincendo lo spergiuro. Quell’unico amico fu colui che salvò il mondo.
Angelus Verborum, la dea di pietra, si chiamava Aurora perché proteggeva l’eterna alba.
Angelus Silentii, il dio sinuoso, nacque senza nome, perché nacque fra gli uomini della notte. Fu l’amico, Marcus Luthfeldt, a dargli un nome: lo chiamò Kadas, come il suo fragile fratello minore, scomparso aldilà del confine. Kadas, nella lingua dei suoi avi, significava Crepuscolo. E ora, dopo il sacrificio di Marcus, il giovane e completo Crepuscolo era pronto a muovere di nuovo il mondo.
 
  
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