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Autore: Rain e Ren    11/10/2008    0 recensioni
Un caso semplice:
una studentessa trovata impiccata nella palestra della sua scuola: stress post-esami!
Il corpo viene portato via e il caso è risolto ma, da quel momento, strane ed inquietanti storie iniziano a girare per la scuola: pare che il suo spirito sia stato visto aggirarsi per i corridoi nella notte!
Le solite storiellina dell’orrore per spaventare i primini!
Leggende metropolitane!
Nessuno ci crede e così, dopo i primi tempi di scalpore, la storia viene dimenticata e gli anni passano veloci senza più strane leggende a spaventare gli studenti…almeno fino a quando Marlene Ichieda non scompare improvvisamente.
Nessuna traccia che porti a lei o a cosa l’è successe. Niente!
Cosa può fare, ora Natsumi, la sua migliore amica?
E chi è la voce misteriosa che continua a chiamarla nel buio della notte?
ATTENZIONE: la mia prima storia originale. Vi prego di essere clementi e di dirmi che ne pensate, così so che continuarla oppure no. E ora…buona lettura. Baci…Baci…Rain!!!
Genere: Fantasy, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Eccomi qui con il primo cap

Eccomi qui con il primo cap. spero di non avervi fatto aspettare troppo.

Sono felice che questa storia piaccia gia dall’inizio.

Ci vediamo a fine capitolo.

Baci…Baci…Rain!!!

 

 

1. Sangue di tenebra.

 

Plic…plic…plic…

Gocce scarlatte cadevano sul pavimento un tempo immacolato, gocce scarlatte che sapevano di tradimento e morte.

Non sarebbe mai dovuto succedere. Mai!

Invece era successo…e ora qualcun altro ne avrebbe pagate le conseguenze.

Qualche innocente…!

Plic…

Un’ultima goccia, stavolta diversa, dal colore limpido e cristallino, dal sapore salato e non ferroso, dal significato triste e malinconico: una lacrima!

Dove avesse trovato la forza di piangere, in quel momento, rimaneva un mistero anche per lei; tra tutto quel sangue, proprio un goccia cristallina aveva deciso di scendere dai suoi occhi…

…l’ultima che avrebbe pianto…forse…

 

 

Un urlo lacerò il silenzio che s’era creato quella mattina.

La ragazza, inginocchiata a terra, gli occhi asciutti dall’orrore e il corpo tremante per il dolore straziante, teneva lo sguardo ormai vitreo fisso sul corpo appeso davanti a lei.

Una mano si allungò esitante verso il cadavere, ma quando fu ad un centimetro da lui il braccio ricadde senza forza sul suo fianco, la testa ciondolò sul collo e le lacrime presero a scorrere impetuose dai suoi occhi; si portò le mani sul volto è singhiozzò, gemette ed urlò finché qualcuno non la prese per le spalle e la portò via con la forza. Ma prima di andarsene del tutto, un’ultima occhiata le sfuggì sul corpo violato e martoriato di quella che era stata la sua migliore amica, la sua compagna d’avventura…l’unica che conosceva la verità…

Era appesa per i polsi, tenuti uniti da una liana robusta su cui crescevano grosse spine che erano finite per conficcarsi nella carne di lei, e che avevano fatto uscire il sangue che ora scorreva ancora lungo le sue braccia come un fiume; le testa ricadeva scompostamente all’indietro a causa, forse, del collo rotto così come gran parte delle ossa; gli occhi erano spalancati, vitrei, privi di quel bellissimo colore ch’era solito caratterizzarli, ma non v’era alcuna espressione di paura o dolore sul volto candido ora incrostato di sangue; le labbra un tempo rosse e succose erano ora violacee, dipinte sempre dallo stesso sorriso che tutti le avevano conosciuto, come se quello si rifiutasse di scomparire da quel bel volto, o lei avesse voluto sorridere anche alla peggiore delle nemiche, quella che tutti temono e dalla quale sanno di non poter scappare: la morte!

Il bel corpo un tempo agile e flessuoso non portava la divisa scolastica. Era invece fasciato da una maglia lunga fino alla vita, con il collo alto, nera e con le maniche leggermente più larghe, che ora ricadevano lungo le braccia snelle; una minigonna con le pieghe, a quadrati, nera e arancione; in vita una grossa cintura di pelle nera strappata in più punti, come se qualcuno si fosse affrettato a toglierle via qualcosa; ai piedi un paio di stivaletti di pelle nera, con i lacci e con un piccolo tacco; i capelli che prima dovevano essere legati in una coda alta, ora ricadevamo scialbi e scombinati.

Era vestita male, in modo strano…un modo che non si addiceva né all’epoca in cui viveva, né all’ambiente in cui si trovava, né tantomeno al suo carattere solare e gentile, remissivo in alcuni casi, quasi timido.

Gambe e braccia erano scoperte, e dai molteplici tagli che vi erano inferti sopra scendeva lento ma instancabile il sangue scarlatto; era come se fosse stata tagliuzzata dappertutto con un taglierino o con un pezzo di vetro.

Chi mai aveva potuto fare quello scempio!?

 

Ovviamente la notizia che una studentessa era stata trovata morta in condizioni terribili fece il giro della scuola, e nell’arco di un’ora tutti conoscevano, più o meno, la situazione; nemmeno a parlarne iniziarono a circolare strane leggende: spiriti maligni che di notte si svegliavano e attiravano nella scuola ragazzine innocenti per poi nutrirsi del loro sangue, fantasmi pieni di rancore antico ecc…

Insomma…se ne sentivano di tutti i colori!

Si può ben immaginare l’effetto che queste leggende ebbero sul clima della scuola!

Fu un processo lento e graduale, qualcosa di cui non ci si rese conto subito, ma pian piano la situazione divenne insostenibile, e si fu costretti a correre ai ripari.

Gli studenti (prima uno o due), iniziarono a non venire più a scuola, alcuni restavano addirittura rannicchiati nei loro letti per giorni, borbottando frasi senza senso e parole sconnesse tra loro.

Si era creato un piacevole clima di panico e mistero, tanto che nessuno voleva fare i turni delle pulizie per paura dello spirito della ragazza uccisa che (si diceva) di notte tornasse per i corridoi di quell’edificio piangendo lacrime di rancore e covando vendetta contro che metteva piede nella scuola al calare del sole.

Insegnati, psicologi e il preside decisero di correre ai ripari, e così in breve tempo rassicurarono ai ragazzi che non c’era nulla da temere, e che nessun fantasma infestava la scuola; gli studenti tornarono nuovamente e la vita riprese normalmente -più o meno- per tutti.

Solo una ragazza non fece mai ritorno a scuola: Essie Whites, migliore amica della ragazza trovata morta, sparì nel nulla! 

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Natsumi Black correva a perdifiato lungo le strade affollate di Tokio.

Era in ritardo come al solito!

Come minimo si sarebbe beccata l’ennesima lavata di capo prima dalla prof…e dopo, sicuramente, anche la preside si sarebbe impegnata per ricordarle che lei era in ritardo un giorno si e…l’altro anche!

“ Uffa!” borbottò mentre attraversava velocemente la strada senza guardare dove andava. “ Mica è colpa mia se la mattina non riesco a connettere…!”

Era talmente assorta che non si rese conto che il semaforo era ormai diventato rosso…e lei si trovava proprio in mezzo alla strada.

Una macchina arrivava velocemente dalla direzione opposta, e l’avrebbe di sicuro messa sotto se i suoi riflessi non fossero stati migliori  di quelli dell’autista; l’automobile era ad un centimetro da lei quando i suoi occhi saettarono verso di lei, senza smettere di correre si piegò sulle ginocchia per poi spiccare un salto verso l’alto. La macchina frenò con un suono terribile e lei inarcò la schiena in un capriola e toccò dolcemente terra, come se fosse stata in grado di controllare la gravità.

“ MI SCUSI!” urlò al conducente che quasi l’aveva investita e che, in quel momento, aveva un’espressione frastornata in viso.

“ Ma chi accidenti era quella ragazza???” sbottò ancora fermo in mezzo alla strada.

Natsumi continuò la sua corsa verso scuola incurante di aver attirato su di se tutti gli sguardi.

Arrivò quando la campanella stava suonando, ma per sua sfortuna la professoressa era gia in classe.

Black!” disse esasperata appoggiando il registro sulla cattedra. “ È mai possibile che tu sia sempre in ritardo? Cosa bisogna fare per buttarti giu dal letto la mattina?”

“ Non lo so, signora.” Affermò la ragazza con fare interessato. “ Ad essere sincera è quello che si chiede anche mia madre più o meno ogni mattina.”

La tempo della donna pulsò pericolosamente mentre tutta la classe tratteneva le risate per quella risposta: meglio non farsi beccare da quella, altrimenti sarebbero volati votacci a destra e a manca!

BLACK!” urlò la donna ormai al limite. “ FILA IMMADIATAMENTE IN PRESIDENZA! E NON OSARE RIMETTERE PIEDE IN QUESTA CLASSE FINO A CHE CI SONO IO!” e la sbatte fuori dall’aula con la sola forza dell’ugola.

Natsumi si chiuse la porta alle spalle e sospirò prima di scoppiare a ridere.

Certo ch’era proprio incredibile quanto poco ci volesse per far sclerare quella donna!?

Ah, e pensare che ogni mattina era sempre la stessa storia: sua madre la chiamava per più di mezz’ora e lei se ne infischiava, e così arrivava in ritardo, si beccava una sgridata dall’insegnate che la spediva a calci in presidenza.

Eppure, per quanto ripetitiva e, per certi versi, priva d’interesse, quella routine era qualcosa che non avrebbe mai cambiato, era qualcosa di suo, qualcosa che la faceva sentire a casa, che la rassicurava, che le dava fiducia…eppure…

…nel suo profondo, nascosto nel suo cuore, c’era l’impellente desiderio di evadere, di fuggire da quella monotonia quotidiana. La voglia di nuove avventure, la curiosità di sapere cosa c’è al di fuori delle quattro mura in cui era nata e cresciuta...l’eccitazione per qualcosa di nuovo e pericoloso che sentiva di dover…di voler provare…!

A volte si trovava a fare pensieri proprio strani!

Scosse la testa facendo muovere la sua lunga chioma nera come la notte; si stiracchiò senza voglia e sbadigliò annoiata preparandosi all’ennesima ramanzina della preside.

- Uff…- sbuffò passandosi una mano tra i capelli. - Se almeno non fosse ripetitiva…-

Incrociò le braccia dietro alla testa e camminò lungo i corridoi silenziosi lanciando di tanto in tanto un’occhiata ad una classe che stava facendo lezione di fisica in cortile; quella era forse la materia più noiosa tra tutte. Non che non fosse brava! Per l’amor di Dio…ma semplicemente non aveva voglia.

Punto! Fine della storia!

Senza nemmeno rendersene conto, assorta com’era nei suoi pensieri, non si rese conto di aver sbagliato totalmente strada.

Era arrivata all’ultimo piano. Quello sempre silenzioso e tetro, quello che gli studenti evitavano, quello che persino gli insegnati preferivano far finta che non esistesse.

Giravano strane leggende su quel piano, come quella della studentessa trovata morta, impiccata per i polsi e coperta di sangue; anche se la polizia, a suo tempo, aveva assicurato che si era suicidata a causa dello stress post-esami e che i tagli che aveva sul corpo se li fosse inferti da sola in un raptus di follia, tutti erano convinti che fosse invece stata torturata e uccisa da qualche strano essere che ancora si annidava nella scuola. Raccontavano perfino che lo spirito della giovane vagasse ancora per l’edificio, senza meta e senza pace, piena di rancore e in cerca di qualcuno su cui sfogarlo.

Leggende metropolitane!

Era questo che gli insegnanti continuavano a ripetere ogni volta che questa storia iniziava a gironzolare nuovamente sulle bocche degli studenti. Eppure anche loro preferivano non toccare l’argomento, come se fossero convinti che, vietando di parlarne, avrebbero scatenato la sua rabbia.

Natsumi sbuffò sonoramente al pensiero di tutte quelle dicerie che, sicuramente, erano state messe in giro da qualche studente dell’ultimo anno che voleva spaventare i primini appena arrivati.

Si guardò intorno prima di alzare le spalle e girarsi per andarsene.

“ Mah…io non ci trovo nulla di strano.” Borbottò piano.

Plic…plic…plic…

Si voltò di scatto verso il corridoio e spalancò gli occhi: cos’era quel suono, come qualcosa che gocciola sul pavimento?

- Me lo sarò immaginato?-

I suoi occhi saettarono velocemente su tutte le porte che c’erano. Come sempre erano chiuse e, dentro, le aule erano sicuramente piene di polvere: nessuno metteva più piede su quel corridoio!

Allora com’era possibile che qualcosa gocciolasse?

- Forse è solo una tubatura che perde…- azzardò per niente sicura continuando a far saettare gli occhi.

Plic…plic…plic…

No, a quanto pare non se l’era immaginato.

Si diresse verso la porta dalla quale era sicura arrivasse quello strano suono che, per qualche motivo, la metteva in soggezione.

Poggiò una mano sulla maniglia e…

“ Natsumi…”

Ritrasse la mano quasi fosse stata scottata: chi aveva pronunciato il suo nome?

“ Natsumi…vieni…”

Un altro flebile sussurrò. La sua mano si poggiò nuovamente sulla maniglia in un gesto istintivo, come se fosse stato qualcun altro a guidare i suoi movimenti.

Abbassò la maniglia.

Plic…plic…plic…

“ Natsumi…”

I suoi occhi si sgranarono e le pupille si dilatarono davanti a ciò che aveva davanti.

Un corpo!

Non riusciva a vederne il viso a causa del buio, ma era sicuramente una ragazza quella appesa al soffitto per i polsi. La gonna spiegazzata, gli abiti laceri inzuppati di sangue, braccia e gambe ricoperte di sangue e tagli…

“ No…n-non può essere…non…può…” sussurrò mentre faceva vagare gli occhi su quel corpo.

Eppure non sentiva paura, o orrore, o nausea…!

Niente! Sembrava immune a quel spettacolo raccapricciante.

Allungò una mano e sfiorò le gambe scarlatte di sangue incrostato.

La porta sbatté con un tonfo secco!

Sbattè le palpebre confusa e, quando cercò nuovamente il corpo della giovane, questo non c’era più. Era scomparso, sparito…e non c’era nemmeno una traccia della sua reale esistenza.

Si guardò intorno confusa e scosse la testa: la stanchezza e le urla di quella pazza della professoressa le avevano giocato qualche brutto scherzo!

Uscì come se niente fosse…

…senza rendersi conto della macchia di sangue sul pavimento.

 

 

 

 

Fine del prima capitolo!

Che ne dite? Come vi sembrava?

Fatemi sapere!

Grazie a quelli che hanno commentato!!!

Baci…Baci…Rain!!!

 

 

 

   
 
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