Eccomi qui con il primo cap. spero di non avervi fatto aspettare
troppo.
Sono felice che questa storia piaccia gia
dall’inizio.
Ci vediamo a fine capitolo.
Baci…Baci…Rain!!!
1. Sangue di tenebra.
Plic…plic…plic…
Gocce
scarlatte cadevano sul pavimento un tempo immacolato, gocce scarlatte che
sapevano di tradimento e morte.
Non sarebbe
mai dovuto succedere. Mai!
Invece era
successo…e ora qualcun altro ne avrebbe pagate
le conseguenze.
Qualche
innocente…!
Plic…
Un’ultima
goccia, stavolta diversa, dal colore limpido e cristallino, dal sapore salato e
non ferroso, dal significato triste e malinconico: una lacrima!
Dove avesse trovato la forza di piangere, in quel momento,
rimaneva un mistero anche per lei; tra tutto quel sangue, proprio un goccia
cristallina aveva deciso di scendere dai suoi occhi…
…l’ultima
che avrebbe pianto…forse…
Un urlo
lacerò il silenzio che s’era creato quella mattina.
La ragazza,
inginocchiata a terra, gli occhi asciutti dall’orrore e il corpo tremante
per il dolore straziante, teneva lo sguardo ormai vitreo fisso sul corpo appeso
davanti a lei.
Una mano si
allungò esitante verso il cadavere, ma quando fu ad un centimetro da lui
il braccio ricadde senza forza sul suo fianco, la testa ciondolò sul
collo e le lacrime presero a scorrere impetuose dai suoi occhi; si portò
le mani sul volto è singhiozzò, gemette ed urlò
finché qualcuno non la prese per le spalle e la portò via con la
forza. Ma prima di andarsene del tutto,
un’ultima occhiata le sfuggì sul corpo violato e martoriato di
quella che era stata la sua migliore amica, la sua compagna
d’avventura…l’unica che conosceva la verità…
Era appesa
per i polsi, tenuti uniti da una liana robusta su cui
crescevano grosse spine che erano finite per conficcarsi nella carne di
lei, e che avevano fatto uscire il sangue che ora scorreva ancora lungo le sue
braccia come un fiume; le testa ricadeva scompostamente all’indietro a
causa, forse, del collo rotto così come gran parte delle ossa; gli occhi
erano spalancati, vitrei, privi di quel bellissimo colore ch’era solito
caratterizzarli, ma non v’era alcuna espressione di paura o dolore sul
volto candido ora incrostato di sangue; le labbra un tempo rosse e succose
erano ora violacee, dipinte sempre dallo stesso sorriso che tutti le avevano conosciuto,
come se quello si rifiutasse di scomparire da quel bel volto, o lei avesse
voluto sorridere anche alla peggiore delle nemiche, quella che tutti temono e
dalla quale sanno di non poter scappare: la morte!
Il bel corpo un tempo agile e flessuoso non portava la divisa
scolastica. Era invece fasciato da una maglia lunga fino alla vita, con il
collo alto, nera e con le maniche leggermente più larghe, che ora
ricadevano lungo le braccia snelle; una minigonna con le pieghe, a quadrati, nera e arancione; in vita una grossa cintura di
pelle nera strappata in più punti, come se qualcuno si fosse affrettato
a toglierle via qualcosa; ai piedi un paio di stivaletti di pelle nera, con i
lacci e con un piccolo tacco; i capelli che prima dovevano essere legati in una
coda alta, ora ricadevamo scialbi e scombinati.
Era vestita
male, in modo strano…un modo che non si addiceva
né all’epoca in cui viveva, né all’ambiente in cui si
trovava, né tantomeno al suo carattere solare e gentile, remissivo in
alcuni casi, quasi timido.
Gambe e
braccia erano scoperte, e dai molteplici tagli che vi erano inferti sopra
scendeva lento ma instancabile il sangue scarlatto;
era come se fosse stata tagliuzzata dappertutto con un taglierino o con un
pezzo di vetro.
Chi mai
aveva potuto fare quello scempio!?
Ovviamente
la notizia che una studentessa era stata trovata morta in condizioni terribili fece il giro della scuola, e nell’arco di
un’ora tutti conoscevano, più o meno, la situazione; nemmeno a
parlarne iniziarono a circolare strane leggende: spiriti maligni che di notte
si svegliavano e attiravano nella scuola ragazzine innocenti per poi nutrirsi
del loro sangue, fantasmi pieni di rancore antico ecc…
Insomma…se
ne sentivano di tutti i colori!
Si
può ben immaginare l’effetto che queste leggende ebbero sul clima
della scuola!
Fu un
processo lento e graduale, qualcosa di cui non ci si rese conto subito, ma pian
piano la situazione divenne insostenibile, e si fu costretti a correre ai
ripari.
Gli
studenti (prima uno o due), iniziarono a non venire
più a scuola, alcuni restavano addirittura rannicchiati nei loro
letti per giorni, borbottando frasi senza senso e parole sconnesse tra loro.
Si era
creato un piacevole clima di panico e mistero, tanto che nessuno voleva fare i
turni delle pulizie per paura dello spirito della
ragazza uccisa che (si diceva) di notte tornasse per i corridoi di
quell’edificio piangendo lacrime di rancore e covando vendetta contro che
metteva piede nella scuola al calare del sole.
Insegnati,
psicologi e il preside decisero di correre ai ripari, e così in breve
tempo rassicurarono ai ragazzi che non c’era nulla da temere, e che
nessun fantasma infestava la scuola; gli studenti tornarono nuovamente e la
vita riprese normalmente -più o meno- per tutti.
Solo una
ragazza non fece mai ritorno a scuola: Essie Whites, migliore amica della ragazza
trovata morta, sparì nel nulla!
¤•.¸¸.•´¯`•.¤•.¸¸.•´¯`•.¤•.¸¸.•´¯`•.¤•.¸¸.•´¯`•.¤•.¸¸.•´¯`•.¤•.¸¸.•´¯`•.¤•.¸¸.•´¯`•.
Natsumi Black correva a perdifiato lungo le strade affollate di
Tokio.
Era in
ritardo come al solito!
Come minimo
si sarebbe beccata l’ennesima lavata di capo prima dalla prof…e
dopo, sicuramente, anche la preside si sarebbe impegnata per ricordarle che lei
era in ritardo un giorno si e…l’altro
anche!
“
Uffa!” borbottò mentre attraversava
velocemente la strada senza guardare dove andava. “ Mica è colpa
mia se la mattina non riesco a connettere…!”
Era
talmente assorta che non si rese conto che il semaforo
era ormai diventato rosso…e lei si trovava proprio in mezzo alla strada.
Una macchina
arrivava velocemente dalla direzione opposta, e l’avrebbe di sicuro messa sotto se i suoi riflessi non fossero stati
migliori di quelli dell’autista;
l’automobile era ad un centimetro da lei quando i suoi occhi saettarono
verso di lei, senza smettere di correre si piegò sulle ginocchia per poi
spiccare un salto verso l’alto. La macchina frenò con un suono
terribile e lei inarcò la schiena in un capriola
e toccò dolcemente terra, come se fosse stata in grado di controllare la
gravità.
“ MI
SCUSI!” urlò al conducente che quasi l’aveva investita e
che, in quel momento, aveva un’espressione frastornata in viso.
“ Ma
chi accidenti era quella ragazza???”
sbottò ancora fermo in mezzo alla strada.
Natsumi
continuò la sua corsa verso scuola incurante di aver attirato su di se
tutti gli sguardi.
Arrivò quando la campanella stava suonando, ma per sua sfortuna la
professoressa era gia in classe.
“ Black!” disse esasperata appoggiando il registro sulla
cattedra. “ È mai possibile che tu sia sempre in ritardo? Cosa bisogna fare per buttarti giu dal letto la mattina?”
“ Non
lo so, signora.” Affermò la ragazza con fare interessato. “ Ad essere sincera è quello che si chiede anche mia
madre più o meno ogni mattina.”
La tempo
della donna pulsò pericolosamente mentre tutta la classe tratteneva le
risate per quella risposta: meglio non farsi beccare da quella, altrimenti sarebbero volati votacci a destra e a manca!
“ BLACK!” urlò la donna ormai al limite. “
FILA IMMADIATAMENTE IN PRESIDENZA! E NON OSARE RIMETTERE PIEDE IN QUESTA CLASSE
FINO A CHE CI SONO IO!” e la sbatte fuori
dall’aula con la sola forza dell’ugola.
Natsumi si
chiuse la porta alle spalle e sospirò prima di scoppiare a ridere.
Certo ch’era proprio incredibile quanto poco ci volesse per
far sclerare quella donna!?
Ah, e
pensare che ogni mattina era sempre la stessa storia: sua madre la chiamava per
più di mezz’ora e lei se ne infischiava, e così arrivava in
ritardo, si beccava una sgridata dall’insegnate
che la spediva a calci in presidenza.
Eppure, per
quanto ripetitiva e, per certi versi, priva d’interesse, quella routine
era qualcosa che non avrebbe mai cambiato, era qualcosa di suo, qualcosa che la
faceva sentire a casa, che la rassicurava, che le dava
fiducia…eppure…
…nel
suo profondo, nascosto nel suo cuore, c’era
l’impellente desiderio di evadere, di fuggire da quella monotonia
quotidiana. La voglia di nuove avventure, la curiosità di sapere cosa
c’è al di fuori delle quattro mura in cui era
nata e cresciuta...l’eccitazione per qualcosa di nuovo e pericoloso che
sentiva di dover…di voler provare…!
A volte si
trovava a fare pensieri proprio strani!
Scosse la
testa facendo muovere la sua lunga chioma nera come la notte; si
stiracchiò senza voglia e sbadigliò annoiata preparandosi
all’ennesima ramanzina della preside.
-
Uff…- sbuffò passandosi una mano tra i capelli. - Se almeno non
fosse ripetitiva…-
Incrociò
le braccia dietro alla testa e camminò lungo i corridoi silenziosi
lanciando di tanto in tanto un’occhiata ad una classe che stava facendo
lezione di fisica in cortile; quella era forse la materia più noiosa tra
tutte. Non che non fosse brava! Per l’amor di Dio…ma semplicemente
non aveva voglia.
Punto! Fine
della storia!
Senza
nemmeno rendersene conto, assorta com’era nei
suoi pensieri, non si rese conto di aver sbagliato totalmente strada.
Era
arrivata all’ultimo piano. Quello sempre silenzioso e tetro, quello che
gli studenti evitavano, quello che persino gli insegnati preferivano far finta
che non esistesse.
Giravano
strane leggende su quel piano, come quella della studentessa trovata morta,
impiccata per i polsi e coperta di sangue; anche se la polizia, a suo tempo,
aveva assicurato che si era suicidata a causa dello
stress post-esami e che i tagli che aveva sul corpo se li fosse inferti da sola
in un raptus di follia, tutti erano convinti che fosse invece stata torturata e
uccisa da qualche strano essere che ancora si annidava nella scuola.
Raccontavano perfino che lo spirito della giovane vagasse
ancora per l’edificio, senza meta e senza pace, piena di rancore e in
cerca di qualcuno su cui sfogarlo.
Leggende metropolitane!
Era questo
che gli insegnanti continuavano a ripetere ogni volta che questa storia
iniziava a gironzolare nuovamente sulle bocche degli studenti. Eppure anche loro preferivano non toccare l’argomento,
come se fossero convinti che, vietando di parlarne, avrebbero scatenato la sua
rabbia.
Natsumi
sbuffò sonoramente al pensiero di tutte quelle dicerie che, sicuramente,
erano state messe in giro da qualche studente dell’ultimo anno che voleva
spaventare i primini appena arrivati.
Si
guardò intorno prima di alzare le spalle e girarsi per andarsene.
“
Mah…io non ci trovo nulla di strano.” Borbottò piano.
Plic…plic…plic…
Si
voltò di scatto verso il corridoio e spalancò gli occhi:
cos’era quel suono, come qualcosa che gocciola sul pavimento?
- Me lo
sarò immaginato?-
I suoi
occhi saettarono velocemente su tutte le porte che c’erano. Come sempre
erano chiuse e, dentro, le aule erano sicuramente piene di polvere: nessuno
metteva più piede su quel corridoio!
Allora
com’era possibile che qualcosa gocciolasse?
- Forse
è solo una tubatura che perde…- azzardò per niente sicura
continuando a far saettare gli occhi.
Plic…plic…plic…
No, a quanto pare non se l’era immaginato.
Si diresse
verso la porta dalla quale era sicura arrivasse quello
strano suono che, per qualche motivo, la metteva in soggezione.
Poggiò
una mano sulla maniglia e…
“ Natsumi…”
Ritrasse la
mano quasi fosse stata scottata: chi aveva pronunciato
il suo nome?
“
Natsumi…vieni…”
Un altro flebile
sussurrò. La sua mano si poggiò nuovamente sulla maniglia in un
gesto istintivo, come se fosse stato qualcun altro a guidare i suoi movimenti.
Abbassò
la maniglia.
Plic…plic…plic…
“ Natsumi…”
I suoi
occhi si sgranarono e le pupille si dilatarono davanti a ciò che aveva
davanti.
Un corpo!
Non
riusciva a vederne il viso a causa del buio, ma era sicuramente una ragazza quella appesa al soffitto per i polsi. La
gonna spiegazzata, gli abiti laceri inzuppati di sangue, braccia e gambe
ricoperte di sangue e tagli…
“
No…n-non può essere…non…può…” sussurrò mentre faceva vagare gli occhi su quel
corpo.
Eppure non
sentiva paura, o orrore, o nausea…!
Niente!
Sembrava immune a quel spettacolo raccapricciante.
Allungò
una mano e sfiorò le gambe scarlatte di sangue incrostato.
…
La porta
sbatté con un tonfo secco!
Sbattè
le palpebre confusa e, quando cercò nuovamente
il corpo della giovane, questo non c’era più. Era scomparso,
sparito…e non c’era nemmeno una traccia della sua reale esistenza.
Si
guardò intorno confusa e scosse la testa: la
stanchezza e le urla di quella pazza della professoressa le avevano giocato
qualche brutto scherzo!
Uscì
come se niente fosse…
…senza
rendersi conto della macchia di sangue sul pavimento.
Fine del prima capitolo!
Che ne dite? Come vi sembrava?
Fatemi sapere!
Grazie a quelli che hanno commentato!!!
Baci…Baci…Rain!!!