Una macchina
grigia procedeva a ritmo spedito lungo una strada extraurbana, che prima di
raggiungere la città costeggiava ampie distese di campagne coltivate; in
lontananza si distinguevano il caratteristico verso dei grilli, unico suono nel
silenzio della notte, e le sagome di alcuni casolari messe in evidenza dal
contrasto tra il fondo scuro del cielo e le luci che illuminavano l’interno.
Il conducente della vettura non poteva fare a meno di pensare che tutto
sembrasse tranquillo, perfettamente nella norma, e avrebbe anche continuato a
crederlo, se non fosse stato per gli improvvisi colpi di pistola che colpirono
la parte alta del veicolo, rendendo la sua guida meno stabile. Gli spari e
l’alterato andamento dell’auto strapparono al sonno la donna e la giovane
ragazza dai capelli rosa che erano insieme all’uomo.
“Che cosa sta succedendo, Isoshi?”
“Papà, ma sono degli spari?”
“Non preoccupatevi, ci penso io, voi restate giù” le ammonì, cercando di
tranquillizzare loro e nello stesso tempo se stesso.
Le due donne obbedirono immediatamente alle sue parole e si abbassarono il più
possibile sui sedili per sfuggire alla traiettoria delle pistole.
Nel frattempo Isoshi Haruno tentò di seminare gli inseguitori, ma il suo
tentativo risultò vano; ben presto si accasciò sul volante e la vettura uscì
fuori strada. L’ultima cosa di cui si
rese conto la figlia fu lo schianto
contro il riparo al lato della strada, poi seguì il buio totale.
Sakura
si svegliò di soprassalto, gli occhi verdi sbarrati, il respiro affannato e il
cuore che martellava rapido contro il petto, e come ogni volta attese
pazientemente il ritorno alla normalità; ormai quella routine si ripeteva da
due mesi.
Sei anni fa suo padre, commissario di polizia, aveva lavorato su un caso di
spaccio di droga, e le sue indagini lo avevano reso un elemento scomodo per la
malavita organizzata, che aveva pensato bene di eliminare il problema con un
attentato in piena regola, un attento che aveva causato la morte d’entrambi i
sui genitori. Per sopportare il dolore dovuto alla loro scomparsa ingiusta,
all’età di diciotto anni aveva maturato la decisione di entrare in polizia;
consegnare i criminali alla giustizia le dava l’impressione di punire quelle
persone che, per i propri interessi, non avevano avuto il minimo scrupolo a
portarle via le persone più importanti della sua vita.
In tal modo aveva creduto davvero di riuscire a superare il proprio passato, ma
la sua era stata solo una convinzione illusoria; infatti, da quando si era
trovata ad indagare su un caso di droga, i ricordi e gli incubi legati alla
notte dell’attento erano tornati prepotentemente, e allontanarli era stato
impossibile. Per sua fortuna aveva però trovato qualcuno in grado di darle la
forza per andare avanti e non cedere di nuovo alla sofferenza, ed era
perfettamente consapevole che non l’avrebbe mai ringraziato abbastanza.
A quel pensiero rivolse lo sguardo alla sveglia sul comodino e si rese conto
che tra non molto sarebbe arrivato; pensò allora ad un modo per mostrargli la
sua gratitudine e il primo che le venne in mente fu quello di preparare un
caffé.
Forse era una scelta molto semplice, ma in fondo anche i piccoli gesti hanno la
loro importanza.
Naruto
Uzumaki, capelli biondi e occhi azzurri, guidava per raggiungere la collega diventata
negli ultimi mesi qualcosa di più.
Se gli avessero chiesto come erano nati i sentimenti che provava verso di lei,
avrebbe risposto che tutto era successo senza un motivo logico; infatti la
prima volta in cui l’aveva vista il suo cuore aveva accelerato inspiegabilmente
i battiti, e da allora non era più riuscito a rallentare quel ritmo.
Si era tratto, insomma, del tradizionale colpo di fulmine, e quando il loro
rapporto si era trasformato in qualcosa di più dell’amicizia, aveva creduto che
mai sarebbe stato più felice.
Non appena raggiunse la sua destinazione, uno degli appartamenti di un palazzo
al centro di Konoha, parcheggiò nel primo posto trovato, prese i cornetti
comprati nel bar più vicino a casa sua, e scese dall’auto spinto da un
impellente desiderio di vederla; infatti, quando giunse sul pianerottolo e
bussò, i pochi minuti che fu costretto ad aspettare gli sembrarono un’eternità.
Nel momento in cui Sakura aprì la porta, si trovò di fronte un Naruto
sorridente e con la busta dei cornetti in bella mostra, e non poté non
contraccambiare con un altro sorriso.
“Ciao, ti stavo aspettando” furono le prime parole che gli rivolse.
“E io non vedevo l’ora di vederti”disse il poliziotto, facendo qualche passo in
avanti e posandole un leggero bacio sulle labbra. “Ho anche portato dei
cornetti caldi, e adesso li mangiamo tutti. Non dobbiamo lasciarne nessuno a
quel baka di Sasuke” continuò entrando nell’appartamento.
“Certo che non lo sopporti proprio” osservò Sakura, mentre richiudeva la porta
alle loro spalle.
Ma no, il nostro è uno splendido rapporto d’amicizia” replicò Naruto in tono
semiserio.
“Beh, se lo dici tu?” disse l'altra con una leggera nota di scetticismo nella
voce” Comunque vieni che ho messo su un caffè per noi due” continuò.
“Sul serio! E’ davvero un pensiero carino, Sakura-chan. E poi con i cornetti è
perfetto!” esclamò l’altro.
“Già, è vero” affermò la ragazza sorridendo e dirigendosi verso la cucina.
Solo in quel momento Naruto si rese conto che Sakura indossava ancora il
pigiama e che i suoi capelli erano leggermente in disordine, e capì che doveva
essere successo di nuovo; allora la raggiunse e, fermandola per un polso, la
fece girare e l’attirò dolcemente a sé.
Sulle
prime la ragazza risultò alquanto sorpresa, poi notò lo sguardo preoccupato del compagno e lasciò che le sue braccia le cingessero i fianchi.
“Quell’incubo è tornato ancora,non è vero?” sussurrò Naruto a pochi centimetri
dal suo volto.
“Si… ma ora ci sei tu ed è tutto a posto. Non preoccuparti” replicò l’altra
cercando di tranquillizzarlo.
“Come faccio a non preoccuparmi. Io ti amo”.
Quest’ultime
parole, pronunciate in modo così semplice e diretto da risultare disarmanti,
indussero la giovane ad accennare un sorriso.
“Anch’io ti amo, ma ora sto bene. Sul serio” disse con tono deciso.
“Va bene” disse Naruto dopo qualche istante, appoggiando la fronte a quella
della ragazza e socchiudendo gli occhi.
Sapere che aveva sofferto e che lui non si era trovato al suo fianco per
aiutarla era sempre difficile da sopportare, e pur di rimediare avrebbe voluto
non sciogliere quell’abbraccio, farle capire in tal modo che lui c’era.
La stessa Sakura, indubbiamente rassicurata dal contatto con Naruto, desiderava
in cuor suo che non s’interrompesse, ma ben presto la caffettiera iniziò a
fischiare e l’aroma del caffè a diffondersi nella stanza, costringendo i due a
separarsi.
“A quanto pare dobbiamo darci una mossa”affermò il poliziotto, mentre la ragazza si
dirigeva verso i fornelli. “ Anche perché rischiamo di arrivare allo stesso
orario di Kakashi”
“Ma se dovrebbe essere già in ufficio?” chiese Sakura senza capire cosa
intendesse dire il compagno.
“Beh, certo. Sarebbe così se la sua mente funzionasse secondo i meccanismi dei
comuni mortali” rispose Naruto, strappandole un sorriso amaro.
Uno starnuto può essere dovuto a diverse motivazioni, ma le uniche che in quel
momento vennero in mente a Kakashi Hatake furono due: la prima il principio di
un raffreddore, la seconda che qualcuno stesse parlando male di lui.
Si trattava d’ipotesi entrambe credibili se si consideravano le condizioni
atmosferiche dei giorni precedenti e la sua irreparabile attitudine al ritardo,
tuttavia essere un poliziotto lo spinse a considerare solo quella che poteva
essere spiegata razionalmente; quindi scartò la prima possibilità e optò per la
seconda. E pensò che sicuramente avrebbe dovuto prendere le opportune
precauzioni, perché con le indagini in corso giorni di permesso erano
totalmente fuori discussione.
Era ancora immerso in tali pensieri, quando il suono improvviso del cellulare
lo distolse da essi; non potendo rispondere liberamente, aprì la telefonata e
attaccò il viva voce.
“Si può sapere che fine hai fatto?” chiese una voce piuttosto alterata.
“Come sempre buongiorno Sasuke”
ribatte l’altro per nulla sorpreso dall’atteggiamento del collega.
“Sarebbe un buon giorno se tu fossi
già in ufficio, Kakashi”
“Si, lo so, ma c’era un incidente e quindi…”
“Non inventarti scuse, Hatake” l’interruppe bruscamente ”Grazie al tuo ennesimo
ritardo ho dovuto consegnare ancora una volta, al posto tuo, il rapporto
sull’ultimo caso”
“Beh, pensa al lato positivo” cercò di sdrammatizzare l’uomo “La tua diligenza
ti farà notare agli occhi di Tsunade e, credimi, la sua stima è un ottimo
lasciapassare per un futuro posto da commissario”
“Tsunade conosce già le mie capacità; non c’è bisogno d’altro. Piuttosto vedi
di sbrigarti” replicò Sasuke in tono asciutto e lapidario, chiudendo senza
preavviso la telefonata.
Kakashi capì che aveva sbagliato completamente mossa; lavorava in coppia con
Sasuke da più di un mese e non aveva ancora la minima idea di come
prenderlo.
Nel
suo ufficio il commissario di Konoha, una donna sui quarant’anni, capelli
biondi e occhi nocciola, leggeva il rapporto che le era stato appena consegnato
e pensava con soddisfazione che si trattava di un ennesimo caso risolto
brillantemente.
Tale osservazione nascondeva però anche un fondo d’amarezza: Tsunade sapeva
perfettamente che la cosa non avrebbe riscosso il minimo interesse presso le
alte sfere, considerando che da alcuni mesi a quella parte le indagini sullo
spaccio di droga erano diventate la priorità assoluta.
Tutto aveva avuto inizio dopo che alcuni studenti del liceo scientifico di
Konoha si erano sentiti male, e soprattutto dopo che una ragazza era morta per
overdose, episodi che avevano arrecato gravi danni all’immagine perfetta che il
sindaco Danzou intendeva dare della città, in vista di una sua prossima
candidatura alle elezioni regionali.
Poiché quest'ultima rappresentava un’opportunità che un tipo ambizioso come lui
non si sarebbe mai lasciato sfuggire, immediatamente erano cominciate le
pressioni affinché la faccenda si risolvesse velocemente, cosa che era
risultata molto difficile.
Il primo mese d’indagini era stato speso tra inutili tentativi di raccogliere informazioni,
lottando contro la diffidenza e la paura degli studenti, e piste che si erano
rivelate un buco nell’acqua, senza contare che con i casi di cui avevano dovuto
occuparsi giornalmente era stato impossibile concentrare l’attenzione su un
solo problema.
Ciò aveva generato inevitabilmente critiche in merito alla sua conduzione delle
indagini e alla competenza dei suoi uomini, almeno fino a quando l’idea di
Shikamaru d’infiltrarsi sia tra gli studenti sia tra il corpo docente era
riuscita a tranquillizzare la situazione.
La calma così raggiunta era però durata ben poco; infatti la trovata di Nara,
pur essendo geniale, aveva bisogno di tempo per dare dei buoni risultati, una
riflessione che purtroppo per i suoi nervi sfuggiva alla mente di Danzou.
Ormai n’aveva la certezza assoluta: detestava i politici.
Possedevano, forse innata, la pessima abitudine di costruire castelli di
sabbia, e di scaricare la propria frustrazione sugli altri nel momento cui tali
castelli erano sul punto di crollare miseramente insieme alla rispettabilità
che su di essi si basava.
Rendendosi conto di uscire da tali riflessioni gravemente demoralizzata,
Tsunade pensò che parlare con Jiraiya, per quanto a volte riuscisse ad
irritarla ancora di più, in quel momento non potesse che esserle d’aiuto;
infatti, qualunque cosa accadesse, lui non smetteva mai di credere in lei e
nelle sue capacità. E forse questo era uno dei motivi per cui l’amava.
Mentre
faceva oscillare leggermente la matita e lanciava degli sguardi furtivi fuori
dalla finestra, Ino Yamanaka sapeva di aver sbagliato completamente
valutazione.
Inizialmente aveva creduto che indossare nuovamente le vesti di studentessa del
liceo sarebbe stato divertente, ma non aveva considerato che per rendere la
recita perfetta avrebbe dovuto seguire le lezioni, e soprattutto sostenere
interrogazioni e compiti in classe. Quest’ultimi rappresentavano degli incubi
che avrebbe preferito non dover rivivere, anche se per finta, tuttavia ormai
era lì e non poteva più tirarsi indietro.
In quel momento stava ascoltando distrattamente la lezione d’inglese, che si
svolgeva tra brevi accenni alla letteratura e continui riferimenti alla vita e
ai miracoli del professore, e fu immensamente grata al suono della campanella
per essere giunto ad interrompere quella piacevole tortura.
Mentre tra i banchi iniziavano a diffondersi i consueti mormori di fine ora,
puntuale come sempre partì la pillola di saggezza del professore.
“Ragazzi ricordate: la campanella non è la fine di un incubo, ma l’inizio di un
altro*” disse riponendo i libri nella propria borsa e apprestandosi a lasciare
l’aula.
Passati alcuni istanti a chiedersi il motivo per cui lo ripetesse ogni santa
volta visti i risultati, Ino rivolse i propri pensieri all’ora successiva,
sorridendo con un pizzico di malizia.
A breve sarebbe arrivato Shikamaru, e già pregustava l’idea di metterlo in
difficoltà; non sarebbe stato facile, ma almeno avrebbe avuto un passatempo con
cui divertirsi. E sapeva che Shika non se la sarebbe presa, in fondo erano
amici da una vita e lui era perfettamente consapevole che non lo faceva con
cattiveria.
Negli stessi momenti, fuori da un’aula non molto lontana, la persona in
questione, che era stata costretta a spiegare per la terza volta il grafico di
una funzione goniometrica, malediceva se stesso e le sue idee geniali.
Quando era stato scelto l’infiltrato tra il corpo docente, l’unico ad esserne
ritenuto in grado era stato lui, perché aveva frequentato la facoltà di
matematica, cosa che non aveva potuto nascondere in alcun modo anche grazie al
gentile intervento di Ino.
Ciò che però nessuno aveva voluto considerare era che solo dopo un anno aveva
abbandonato gli studi a causa della sua congenita pigrizia, quella stessa
pigrizia che aveva reso la spiegazione e le correlate risposte fornite agli
studenti un onere insopportabile.
Anche Shikamaru aveva quindi considerato la campanella una gran liberazione;
l’unico problema consisteva nel fatto che, non avendo quel giorno nessun ora
libera tra una lezione e l’altra, possibilità che durante il resto della
settimana gli era stata concessa per agevolarlo nelle indagini, non aveva modo
di recuperare le forze necessarie per continuare ad affrontare tutto quello
sforzo.
Tale situazione lo rendeva molto nervoso e sentiva l’immancabile bisogno di una
sigaretta; era proprio sul punto di accenderla, quando la voce di Sabaku no
Temari l’interruppe bruscamente.
La conosceva da poco, ma già aveva capito che quella donna era un’incredibile
seccatura.
“Non azzardarti a fumare nei corridoi, Nara. Fino a prova contraria siamo dei
professori e dobbiamo dare il buon esempio. E se proprio non vuoi degnarti di
uscire, avvicinati almeno alla finestra. Non è molto lontana da dove ti trovi
in questo momento”
“Non dovresti essere ad insegnare quella splendida lingua che è il francese,
Sabaku?” ribatté Shikamaru in tono pacato, mentre riponeva al loro posto
accendino e sigaretta.
“Così come tu dovresti essere già in
Rendendosi conto che discutere con lei non avrebbe portato a nessun risultato
se non a peggiorare la sua situazione neurologica, il novello professore di
matematica evitò di replicare e si avviò verso la propria aula, mentre Temari,
per nulla indignata dal suo comportamento, lo seguiva, o perlomeno questo era
la convinzione di Shikamaru.
“Si può sapere perché adesso mi stai seguendo?” le chiese lanciandole una breve
occhiata.
“Non mi sognerei mai di fare una cosa simile. Semplicemente la mia classe è
vicina alla
Dopo una simile risposta Shikamaru comprese che quel mese da infiltrato gli
stava davvero facendo perdere colpi e preferì non aggiungere altro.
Mentre i due raggiungevano le rispettive mete completamente indifferenti di
fronte alla presenza dell’altro, Ino, uscita durante l’attesa, non riuscì a non
provare un irrazionale moto di gelosia misto a rimpianto e delusione.
Tra
il telefono che squillava spesso, cittadini che giungevano per i motivi più
disparati, porte che si aprivano e si chiudevano, e le parole scambiate tra i
vari poliziotti, o per distrarsi o per questioni strettamente lavorative, non
si poteva per nulla affermare che al commissariato di Konoha regnasse la calma
e il silenzio.
Tuttavia, secondo Sasuke Uchiha, niente era tale da ostacolare il normale
svolgimento delle attività giornaliere, niente tranne la voce squillante che
spesso risuonava nei corridoi, e a proposito della quale non era ancora
riuscito a darsi una spiegazione, pur non essendo una persona stupida.
Non capiva cosa avesse tanto da urlare, e soprattutto cosa avesse fatto di male
per ritrovarsi come collega Naruto Uzumaki, dopo averlo già sopportato alla
scuola di polizia.
Conscio del fatto che i suoi interrogativi difficilmente avrebbero trovato una
risposta, Sasuke giunse alla conclusione che non gli restava altro da fare se
non porre fine a quello strazio il più in fretta possibile. Uscì quindi dal suo
ufficio, raggiunse l’ingresso del commissariato ed individuò la fonte dei suoi
problemi immersa in una conversazione con un agente, mentre Sakura sceglieva
uno snack al distributore.
A parte un falso allarme di rapina quella mattinata si stava svolgendo in modo
piuttosto piatto.
“Abbassa il volume, baka. Anche se oggi non c’è molto da fare, non hai il
diritto di attentare alla mia sanità mentale” disse Sasuke in tono atono.
Colto alla sprovvista Naruto non seppe inizialmente cosa replicare e, quando
era sul punto di farlo, ogni sua parola fu troncata sul nascere dall’arrivo di
Kakashi
“Ragazzi, abbiamo il primo caso della giornata” esordì l’uomo dai capelli
argentati ”Se n’occuperanno Naruto e Sakura. Tsunade ha pensato che la cosa
renderà contento qualcuno dato che si tratta di un omicidio” continuò.
“Sul serio? E’ interessante!” esclamò Naruto.
“Naruto, un omicidio non è interessante, è drammatico!” ribatte Sakura
scioccata, dopo aver abbandonato ogni proposito di uno spuntino.
“Già, hai ragione, scusa tesoro. Mi sono lasciato prendere dall’entusiasmo”
disse il poliziotto sinceramente dispiaciuto. Si era reso conto che parlare in quei
termini di un omicidio, soprattutto davanti a lei, era stato un comportamento
decisamente indelicato e stupido. Più tardi avrebbe dovuto trovare
assolutamente un modo con cui farsi perdonare. “ Comunque di chi si tratta?”
continuò.
“Un imprenditore della zona: Hiashi Hyuga. E’ stato trovato morto nel suo
ufficio” rispose Kakashi in modo breve e conciso.
“Hiashi Hyuga, ma non si tratta di uno degli uomini più influenti di konoha?”
chiese Sakura.
“Già e non è difficile che abbia avuto dei nemici, ma non possiamo restare qui
a formulare ipotesi, Sakura. Quindi andate. E’ nella zona nord della città,
vicino al cinema Zeus” replicò l’uomo asciutto.
“Ovvio che andiamo, Kakashi, ma non c’è bisogno di essere così bruschi, tanto
il morto non scappa” disse Naruto afferrando per un braccio Sakura, turbata
dalla risposta dell’uomo, e avviandosi verso l’uscita.
Mentre i due si allontanavano, Kakashi pensò allo sguardo offeso della ragazza
e si diede mentalmente dell’idiota. Se voleva davvero recuperare un rapporto
con lei, stava sbagliando completamente: aggiungere incomprensioni a quelle già
esistenti non avrebbe portato da nessuna parte.
Personaggi
comparsi nel capitolo
Sakura Haruno:anni 23,
agente al commissariato
di Konoha da 2 anni, lavora in coppia con Naruto
Naruto Uzumaki: anni 25, ispettore al commissariato
di Konoha, lavora in
coppia con Sakura.
Kakashi Hatake:anni 29, ispettore sostituto di
Shikamaru,
lavora in coppia
con Sasuke.
Sasuke Uchica: anni 25, ispettore al commissariato
di Konoha,
lavorava in
coppia con Shikamaru e attualmente con kakashi.
Tsunade:anni 40, commissario di Konoha, fidanzata
con Jiraiya.
Ino Yamanaka: anni 23, agente al commissariato di
Konoha, lavorava con
Naruto e Sakura, infiltrata tra gli studenti, amica
d’infanzia di Shikamaru.
Shikamaru Nara: anni 25, ispettore al commissariato
di Konoha,
infiltrato tra i docenti, amico d’infanzia di Ino
Angolo
dell’autrice
Detto questo, non aggiungo altro perché credo di avervi già tediato abbastanza ^_^