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Autore: elisa salvatori    10/10/2014    0 recensioni
Mandava giù. Continuava a mandare giù, senza pietà per la sua gola, per la sua testa. Non voleva pensarci, non voleva pensare più.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mandava giù. Continuava a mandare giù, senza pietà per la sua gola, per la sua testa. Non voleva pensarci, non voleva pensare più. Era l’una passata, e lei stava seduta in quel balconcino ad aspettare. Aspettare cosa? Probabilmente solo che la bottiglia finisse. Beveva, beveva, beveva e cercava di non pensarci. Ma in un momento, eccola, di nuovo. La sua voce. Quella voce che aveva tanto amato, ma che ora non poteva più sentire. Basta, si diceva. Se ti concentri non la sentirai più. Bevi, bevi un altro po’. Ma la bottiglia era finita. Si accese una sigaretta. Le piaceva osservare come il fumo uscisse dalle sue labbra, fino a quanto potesse mandarlo lontano. Era carino lì. La Turchia le piaceva, perchè lì era caldo. E quel paesino le dava un senso di rilassatezza che nell’ultimo periodo aveva totalmente smarrito. La sigaretta era quasi finita, le tegole del tetto del palazzo di fronte iniziavano a moltiplicarsi e lei finalmente non sentiva più la sua voce. Si era isolata, c’era riuscita. Una macchina sfrecciò per la strada. Chi cazzo passa così veloce a quell’ora della notte in un paesino della Turchia? Rise. Rise, stava bene. Non la sentiva più. Lei non c’era più. E se non c’era lei, non c’era più nemmeno il problema. Il problema di lei e delle sue labbra che si posavano su quelle di lui. Non li aveva mai visti insieme. Eppure se li immaginava benissimo. Come se li avesse visti, come se l’avesse sempre saputo. Avrebbe voluto tanto odiarli. Ma ora, ora non ci pensava più. Adesso rideva, rideva per la macchina, per le tegole, per il paesino, per la sigaretta. Rideva e basta. Rideva e aveva paura che finisse. Ma prima o poi sarebbe finita. Lo sapeva. Non voleva, le veniva da piangere. Finiva anche la quarta sigaretta. Magari, se fosse rimasta per sempre in Turchia, a lungo andare non ci avrebbe più pensato. Non voleva rientrare. Non voleva mai più vederla, né sentirla. Le avrebbe dato la vita, prima. Prima di lui, che si era innamorato prima dell’una, e poi dell’altra. E adesso, cosa restava? A loro l’amore, a lei il dolore. Soffrivano anche loro? Le dicevano che lei stava male. Non voleva che lei stesse male. Ma non avrebbe potuto più aiutarla, se voleva aiutare se stessa. Era ora di rialzarsi, di andare avanti. Non sapeva come avrebbe fatto, né quando l’avrebbe fatto. Né se ci sarebbe mai riuscita. Aveva paura. Certe ferite non si rimarginano, certe ferite sanguinano un po’ per sempre. Non voleva fosse una di quelle. Voleva sopravvivere, anche stavolta. Alzarsi e camminare. Alzarsi e camminare. Alzarsi e camminare. Ce l’aveva sempre fatta, ce l’avrebbe fatta ancora. Alzarsi e camminare. Alzarsi e camminare. Si alzò. Barcollava per quanto era ubriaca. Camminare. Camminare. Camminare. Camminò. Un passo. Due passi. Al terzo passo, il balcone finì.
   
 
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