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Autore: eniiif    10/10/2014    3 recensioni
Nico ha bisogno di una babysitter.
Percy ha bisogno di un lavoretto pomeridiano.
[percico | babysitter!percy & babysitted!nico]
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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LONG STORY SHORT, BABYSITTERS AIN'T THAT BAD




1
Nico sbatté i piedi per terra, furioso. Non poteva crederci.
Come si permettevano i suoi genitori di chiamare una babysitter per lui? Aveva quattordici anni, mica dieci, e di sicuro era in grado di badare a se stesso. Come se non bastasse, Bianca aveva avuto il permesso di andare a dormire da quella sua amica, Zoey qualcosa... da sola! Senza il bisogno di una babysitter!
«Smetti di fare il bambino» lo fulminò suo padre, che stava finendo di allacciarsi la giacca, mentre la moglie si sistemava gli orecchini allo specchio.
Nico lanciò un'occhiataccia a sua volta.
«Per l'ennesima volta, papà... sono in grado di badare a me stesso, non ho bisogno di una stupida babysitter!» protestò pestando i piedi per terra.
«Ora basta! Comportati bene mentre siamo via» disse suo padre in tono definitivo. Nico si morse le labbra per non urlare, e sentì gli occhi pizzicargli. Strofinò via le lacrime dovute alla frustrazione con una manica e fece del suo meglio per non buttare giù tutti gli insulsi soprammobili dalla vetrinetta in camera dei suoi genitori.
H. P. (come si faceva chiamare suo padre)  strinse le labbra e lo ignorò, passandogli accanto per uscire. Maria roteò gli occhi al comportamento del marito e si rivolse al figlio.
«Tesoro, non è perché non ci fidiamo di te, ma sette giorni sono troppi per stare da solo...» disse, carezzandogli i capelli.
Nico sbuffò e increspò le labbra.
«Ma ci sarebbe la signora Hudson...» tentò per l'ultima volta, speranzoso.
Maria sorrise e scosse la testa.
«Sei già fortunato che Carrie ti prepari da mangiare per questa settimana, figurati se ha tempo di star dietro a te con tutto quello che ha da fare! E poi, tesoro, ormai abbiamo trovato una babysitter! Non preoccuparti, tuo padre conosce bene i suoi genitori, credo che siano cugini di secondo o terzo grado...» divagò sua madre.
Nico lanciò un'occhiataccia anche a lei.
Maria roteò gli occhi per l'ennesima volta.
«Comportati bene!» lo salutò con un bacio. (Nico si scostò).
«Ciao, figliolo» lo salutò suo padre, che portava le valigie di entrambi, poi i suoi genitori uscirono dalla villa.
Nico si lasciò cadere sul divano, imbronciato, rialzandosi però quasi immediatamente con un gemito, e mentre si massaggiavala schiena dolorante, raccolse l'oggetto che l'aveva ferito.
Quando lo riconobbe, lo scagliò per terra: un portachiavi che gli aveva portato Bianca dalla sua ultima gita scolastica, una piccola freccia d'argento.
Bianca frequentava una scuola privata, il collegio d'élite Saint Artémis, e tornava a casa soltanto due domeniche al mese. Nico era ancora arrabbiato con lei per averlo lasciato indietro.
Mentre divagava col pensiero, il campanello squillò.
Nico si avviò ad aprire di malavoglia, e attese che la babysitter salisse la scalinata per arrivare alla porta d'ingresso.
Quando finalmente Nico si decise ad aprire il portone, rimase di sasso.
Davanti a lui c'era un ragazzo sui diciassette, diciotto anni, alto almeno quindici centimetri più di lui, con un sorriso smagliante sulle labbra.
«Ciao... Nico, giusto? Io sono Percy!» si presentò tendendo una mano.
Nico era ancora troppo scioccato per stringerla. Il ragazzo la tirò indietro dopo qualche secondo, senza perdere il sorriso troppo bianco per essere vero.
Nico continuò a fissarlo inorridito, senza riuscire a spiccicare parola.
Non solo era costretto ad avere una babysitter, ma la babysitter in questione era un maschio?!  
«Quindi... cerco da solo la mia stanza?» fece il ragazzo dondolandosi sui piedi.
Nico, ripresosi, lo gelò con un'occhiataccia.
«Quella lì» disse soltanto, indicando la prima porta a destra nel corridoio.
Il babysitter — Percy — annuì e infilò il borsone dentro alla camera, poi tornò da Nico con quel suo insopportabile sorriso.
«Allora, c'è qualcosa che hai voglia di fare, Nico?» gli chiese.
Il ragazzino alzò gli occhi al cielo.
Sarebbe stata una settimana molto lunga.
 
Qualcuno bussò alla porta della sua camera. Nico sbuffò e non rispose.
«È arrivata la signora Hudson con la cena!» esclamò Percy dall'altra parte della porta.
Nico ragionò. Per la cena avrebbe anche potuto fare un'eccezione e interagire con il babysitter — dei, soltanto quella parola gli faceva venire i brividi.
Il ragazzino uscì dalla sua stanza cercando di evitare il babysit-Percy in ogni modo possibile.  
In cucina, si sedette a capotavola per primo e non degnò l'altro ragazzo di uno sguardo (ebbe però la decenza di arrossire lievemente quando trovò la tavola apparecchiata e il cibo disposto sulla tovaglia). Si riprese subito - in fondo, era il lavoro di Percy, il ragazzo aveva fatto soltanto il suo dovere.
«Allora, dove vai a scuola, Nico?» gli chiese Percy addentando le lasagne ai carciofi della signora Hudson.
Nico considerò se rispondergli, e dopo un boccone decise di dirglielo.
«Westover Hall».
Percy annuì.
«Io alla Goode, sono all'ultimo anno... tu sei una matricola, giusto?» gli chiese.
Nico notò stupefatto che aveva già finito un piatto di lasagne - lui era ancora alla seconda forchettata.
Annuì in risposta, senza sprecarsi a parlare.
Ma evidentemente Percy era molto ottuso, oppure molto temerario.
O entrambe.
«Hai una sorella più grande, no? Papà mi ha detto che va alla Saint Artémis e—»
Nico sentì una stretta all'altezza dello stomaco. Nessuno poteva parlare di Bianca, dopo che lei lo aveva lasciato a casa da solo per starsene con le sue amiche. Tuttavia, Nico sapeva che sotto sotto non poteva veramente prendersela con lei – cosa che lo portava ad adirarsi con se stesso. Furioso (sia verso di lui che verso Bianca), si alzò in piedi e sbatté le mani sul tavolo.
«Non parlare di mia sorella!» esclamò, e tornò in camera sua senza nemmeno finire la cena. Chiuse la porta con forza, sperando che Percy capisse che significava che non voleva parlargli. Né vederlo.
Il ragazzo sembrò aver capito l'antifona e Nico rimase in camera sua senza essere disturbato per un'oretta.
Quando si stancò di leggere vecchi numeri degli Avengers, uscì per andare in bagno, e nel tornare nel suo rifugio vide Percy in cucina, con la testa tra le mani e il viso appoggiato al tavolo.
Per un secondo, provò un'infinitesimale senso di colpa e fu tentato di scusarsi.
Non appena il momento di buonismo gli passò, tornò in camera a sistemare il raccoglitore di Mythomagic - un gioco di carte sugli dei dell'Olimpo che andava per la maggiore tra i suoi amici. Quando ebbe riposto anche tutte le statuette in ordine sulla mensola (gliene mancava soltanto una, introvabile - correva voce che ne avessero prodotte soltanto tre in tutto il mondo), si voltò verso il letto e per poco non gli venne un colpo.
Percy, appoggiato allo stipite della porta, lo guardava con una strana espressione, a metà tra il demoralizzato e l'incazzato.
Nico portò una mano al petto e prese un respiro profondo per calmarsi dallo spavento. Per poco non insultò l'altro ragazzo.
«Senti, mi dispiace se ho fatto qualcosa che ti ha dato fastidio» iniziò a dire Percy. Nico alzò un sopracciglio «ma ti giuro che non volevo. Possiamo ricominciare da zero?».
Il ragazzino, preso in contropiede, sgranò gli occhi. Non se l'aspettava, era sicuro che Percy fosse intenzionato a rimproverarlo (e sotto sotto non avrebbe potuto dargli torto).
«Non sei tu... avere un babysitter alla mia età... e tutto il resto...!» mugugnò Nico, come se gli stessero tirando fuori le parole a forza. 
Il babysitter in questione sbatté le palpebre.
«Ehm, scusa, non ho sentito» disse strofinandosi la nuca con aria imbarazzata. 
Nico sospirò.
«Ho detto che tu non hai fatto niente... sono soltanto arrabbiato con i miei genitori. Perché penso di essere capace di badare a me stesso» disse, a fatica.
Questa volta Percy capì.
«Oh. Oh» disse, poi tirò un sospiro di sollievo e sorrise di nuovo. 
«Meno male! Pensavo di averti fatto arrabbiare» disse, ed evidentemente interpretò le parole del ragazzo più piccolo come un invito a sedersi sul suo letto.
(Lo hai fatto, pensò Nico. Con quello stupido sorriso da pubblicità del dentifricio e quegli stupidi occhi verdi e quella stupida abbronzatura. Ebbe il buonsenso di non dirglielo).
«Questo non significa che siamo amiconi» puntualizzò incrociando le braccia al petto, infastidito.
Percy ridacchiò e gli mostrò l'ennesimo sorriso.
«Capito. Preferisci stare per i fatti tuoi. Ma giuro che non voglio darti fastidio, vorrei soltanto provare a conoscerti, visto che, come dire, vivremo assieme per una settimana» disse.
Nico strinse gli occhi.
«Questo non cambia niente, preferisco continuare a ignorarti, e adesso puoi andare a guardare la tv di là o qualcosa del genere» fece.
Percy roteò gli occhi.
«OK, OK, vado» disse alzandosi dal letto e dirigendosi fuori dalla camera con le braccia tese davanti a sé, come per fargli segno di calmarsi.
Poco mancò che Nico lo spingesse fino al corridoio.
Quando decretò che fosse arrivata l'ora di andare a letto, spense la luce e appoggiò la testa sul cuscino.
«Buonanotte!» sentì Percy urlargli dalla sua camera.
«Notte» borbottò Nico per riflesso.
Proprio come aveva pensato, una lunga, lunghissima settimana.


---nda
Salve!
É la prima fanfiction che scrivo in questo fandom e, cosa dire, ovviamente è una percico. Arriva più o meno a undici capitoletti, lunghi più o meno tutti come questo. 
Mi sembra che nessuno abbia ancora scritto una babysitters!au, in caso contrario non esitate a farmelo sapere!
Ah, il titolo significa “in breve, i/le babysitter non sono così male”.
E, niente, spero che non sia uno schifo totale, lasciatemi qualche commento (ノ◕ヮ◕)ノ*:・゚✧
  
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