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Autore: Giuls_breath    11/10/2014    1 recensioni
Elena Gilbert era una ragazza come le altre almeno fino a che la sua vita non si è incrociata a quella dei fratelli Salvatore.
Tratto dal secondo capitolo:
"Mamy" sussurra addormentata.
"Amore, torna a dormire" le rispondo con dolcezza "Fai tanti bei sogni, ti voglio bene".
"Secondo te anche il mio papà me ne vuole?"
Sento il mio cuore sbriciolarsi a quella domanda così innocente e una lacrima mi riga il volto.
"Ma certo che te ne vuole. E ora fa' la nanna".
Prima storia sulla mia coppia preferita.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Never Let Me Go

Capitolo V

 



Bussano alla porta.
Kol che mi dovrà dire adesso?
Apro la porta e non è Kol l’uomo che ho davanti a me, due occhi azzurrissimi mi fissano attenti. Cerco di chiudere la porta, ma il suo movimento fulmineo m’impedisce di chiudergli la porta in faccia.
Lo guardo confusa per qualche istante, ma poi i miei occhi diventano rabbiosi.
“Cosa ci fai qui?” sputo a denti stretti.
“Posso entrare?”
“No!” esclamo acida.
“Grazie.” dice entrando e chiudendo la porta sulla quale poi si posa.
Mi fissa, non dice niente.
Si guarda in giro.
“Bella casa!” indica qualcosa alle mie spalle e chiede “Hai una nipotina? Caroline si è fatta mettere sopra ed è rimasta incinta?”
“Damon, che cosa vuoi?” dico ignorando la sua arroganza e maleducazione.
“E’ una bimba tua nipote?” chiede avanzando e prendendo la Barbie di mia figlia.
Gliela strappo quasi di mano e dico: “Non sono affari tuoi e ripeto, che cosa vuoi Damon?”
Si ricompone e per un attimo, solo per un attimo, mi sembra abbia riposto la sua maschera di ragazzaccio arrogante e mi dice: “Volevo poterti parlare tranquillamente.”
“Adesso? Io ho sonno, Damon. Tu forse hai ritmi diversi dai miei, sei abituato a fare come ti pare e a non avere assolutamente considerazione per gli altri, ma ti ricordo che – per fortuna – esistono persone normali su questa terra e che hanno delle regole.” poso la Barbie sul divano “Io non ho tempo da perdere. Non voglio ascoltarti. Francamente… avrei voluto sentire la tua voce molto, ma molto tempo fa. Ora solo sentirla mi fa venire la nausea.”
Spero che queste mie parole dure lo facciano desistere, ma lui non si muove.
Mi guarda e posso giurare che per un secondo sul suo volto ci sia stata un’espressione triste, incupita.
“Non sai perché l’ho fatto…”
“E non voglio saperlo!” lo fermo.
“Oddio dimenticavo che sei così testarda e quando ti convinci di qualcosa niente e nessuno ti ferma!”
“E io dimenticavo che sei uno stronzo senza scrupoli, menefreghista, invasore della privacy altrui e terribilmente noioso.”
Non mi risponde subito, ma poi ribatte con una sola parola che mi fa stizzire “Finito?”
Digrigno i denti.
Vorrei poterlo prendere a morsi e cacciarlo a calci nel sedere.
“Stai combattendo contro la voglia di buttarmi fuori?” dice posando le mani sui fianchi.
Ero quasi riuscita a dimenticare il suo piacere nel provocare gli altri.
Piacere tutto suo ovviamente.
Lo ignoro.
Vado in cucina e prendo un bicchiere d’acqua, forse se lo ignoro se ne andrà, ma non succede. Lo trovo seduto al tavolo e guarda qualcosa, ha una carta sgualcita tra le mani, la fissa e sorride.
Il cuore batte forte, quanto cavolo mi è mancato il sorriso di questo stronzo?
Mi siedo al tavolo e lui allora alza lo sguardo su di me e dice: “Io non ho mai smesso di pensarti, mai. Mi sei mancata terribilmente, Gilbert.”
Mi sei mancato anche tu, sono tentata dal dirgli, ma mi limito ad abbassare lo sguardo. Gli occhi sono tristi e cupi, non voglio che li veda e capisca quanto ancora sono fragile a questa storia.
“Vorrei che vedessi una cosa.” me la porge è sgualcita “L’ho aperta e chiusa talmente tante volte che si è quasi del tutto logorata, ma i ricordi di quei momenti… beh, quelli sono ancora molto vividi.”
Tutte belle parole, ma i fatti?
“Con le parole ci sai fare ancora, Damon, ma con i fatti… con quelli sei un disastro.”
“Lo so.” ammette in un sussurro “Se solo mi lasciassi spiegare.”
“Non voglio.” dico decisa e apro quella che si rivela una foto.
E’ logora in particolare al centro e ai lati, segno che è stata piegata continuamente a metà orizzontalmente o verticalmente. Siamo io e lui.
Felici.
Insieme.


                                                               

“Ti ricordi quando è stata scattata?”
Non aspetta una mia risposta.
“Marzo 2002. Avevi 18 anni ed eravamo andati a vedere la nostra prima partita di basket. Tu desideravi tanto vedere i Lakers e io pur di vedere sulle tue labbra quel meraviglioso sorriso avrei fatto di tutto.
Anche assistere ad uno sport che non mi piaceva!”
“Non ti piaceva?” chiedo confusa “Dicevi di amarlo.”
“Era solo perché vedevo come ne parlavi e volevo renderti felice.”
“Un’altra bugia.” sussurro.
“Una bugia non grave.” puntualizza.
“Già a confronto di altre!” esclamo.
Gli restituisco la foto rovinata, non posso fare a meno di vedere la mia espressione rilassata e un po’ pazza, espressione che di lì a poco tempo sarebbe sparita.
“Elena?” mi chiama, alzo lo sguardo su di lui “Io veramente non ho mai smesso di pensarti e di amarti.”
 
Mi alzo e incrociando le braccia al petto dico: “Io una volta ti amavo. Ma ormai è una storia finita. Finita per sempre. Adesso sei fuori dalla mia vita.” concludo decisa, ma non riuscendo a fissarlo negli occhi.
Si alza, sento strusciare la sedia contro il pavimento.
“Non vuoi neanche provare ad ascoltarmi?
Provare a capire?”
Roteo gli occhi.
Guardo altrove e quei gesti forse gli fanno comprendere il mio assoluto disprezzo nell’averlo davanti, nel non volerlo ascoltare, nel non voler sentire le sue scuse perché ormai tutte le sue parole sono e resteranno delle scuse.
Io non lo posso perdonare.
“Okay.” dice solo.
Mi sfiora le spalle, leggero come una piuma, mi guarda di nuovo e questa volta alzo gli occhi che restano incatenati ai suoi. Se mi avesse guardato così intensamente ancora per qualche istante penso mi sarei gettata addosso a lui e lo avrei abbracciato, ma non lo ha fatto: si è voltato e a testa bassa è uscito.
Solo adesso mi rendo conto che stavo trattenendo il respiro, del resto con lui è sempre stato così. Mi ha sempre provocato un continuo stato di agitazione, un sentirmi quasi trapassare da parte a parte da quegli occhi, come se avesse il potere di leggermi dentro. Temevo intuisse qualcosa dai giocattoli, fortunatamente non è così.
 
Qualcuno bussa alla porta.
Mi irrigidisco di nuovo.. è lui?
Chi è?
Apro la porta cautamente e un ciclone dai capelli biondissimi e liscissimi mi travolge abbracciandomi e stringendomi forte nella sua morsa, Caroline.
“Care! Ehi.” la saluto cercando di trovare un po’ di fiato vista la forza con cui la piccoletta mi stringe.
Mi lascia, permettendomi così di respirare.
“Ciao, El.”
Le sorrido.
“Mi sei mancata.” le dico.
“Anche tu.” tace, i suoi occhietti mi squadrano da testa ai piedi, a cosa pensa?
“Come stai?” alla fine mi chiede.
Abbasso lo sguardo e picchietto le dita sulle braccia “Beh… diciamo bene, mh.”
Non è convincente il mio tono di voce e credo lo abbia capito, ma per ora non approfondisce.
“Hai cenato?” mi chiede alzando di un’ottava la voce.
“Sì, Kol, un collega mi ha portato a cena fuori.”
“Ah!” esclama, mi guarda curiosa e quella luce furba e curiosa che le anima gli occhi “E com’è questo collega?”
“Carino!” esclamo accennando un sorrisino.
“Mh, è successo qualcosa?”
“Caaare!” la rimprovero spintonandola bonariamente.
“Lo sai che io devo essere aggiornata sempre su tutto!!” protesta agitando le braccia e agitandosi sulla sedia.
Sorrido.
“Ti va una tisana alla fragola così ti parlo di tutto?”
“Sì, okay. Ma la mia nipotina?” chiede guardandosi in giro.
“E’ da un’amichetta.”
Si incupisce un pochino, so che lei ci tiene tantissimo ad Astrid. Ci tiene talmente tanto che ogni volta che le vede le porta un vestitino diverso, vestito che alla fine Astrid mette solo quando sappiamo che viene a trovarci.
“Le avevo portato una cosa.” dice delusa.
Come avevo detto!
“Cosa le hai preso?” chiedo curiosa.
“Un paio di ballerine.”
“Grazie Care.” le dico “Quando domani la vado a prendere le dirò che sei passata e…”
“E cosa? Io per almeno tre o quattro giorni resto con te, sia chiaro!”
Oh cavolo!
“Beh, insomma…” è in difficoltà, Caroline Forbes in imbarazzo?
Questa data, il 28 settembre 2014, è da segnare.
“Care” la richiamo “sputa il rospo!”
“Quale rospo?”
“Non fare la finta tonta con me, non attacca. Dai che succede?” le chiedo prendendole la mano.
Si lecca le labbra “Ecco, io e Klaus abbiamo deciso di prenderci un periodo di riflessione..”
“Cosa? Ma… voi due siete perfetti, siete una coppia molto solida.”
“Così credevo, Lena.” dice delusa.
“Ma perché? Che è successo?”
Mi guarda seria in volto, sta per sganciare la bomba quando mi guarda così “Damon è andato nel suo ufficio due settimane fa.”
“Damon? E cosa ci è andato a fare?”
“Non ne ho idea. So solo che da allora le cose sono andate male e Klaus è diventato nervoso, irritabile, ha detto di non volermi tra i piedi.” conclude singhiozzando.
L’abbraccio “Care, dai, le sue saranno state sicuramente parole dettate dalla stanchezza, dallo stress.”
“No” tira su col naso “sai temo si sia stufato di me.”
Le lacrime e i singhiozzi le impediscono di continuare a parlare, l’abbraccio conscia che in questo momento ha bisogno solo di un abbraccio e non di domande o consigli.
“Posso stare qui?”
“Ma certo.” rispondo solo stringendola più forte a me.
 
Vedere così debole e fragile mia sorella mi spezza il cuore.
Lei è sempre stata la ragazza forte e coraggiosa, la ragazza dalla parola facile, quella che vuole essere lei a concludere una conversazione e fa di tutto per esserlo, la ragazza che ruba il gelato dal congelatore alle due del mattino, colei che non tradirebbe mai un mio segreto, ma con me è pronta a dirmi i mille e uno segreti dei nostri amici e/o conoscenti. La ragazza che ha cercato di farmi conoscere gente prima dell’arrivo di Damon e dopo la sua scomparsa, colei che mi ha costretta ad assistere alla prova di trenta vestitini per un compleanno di una persona a cui non teneva neanche particolarmente, la persona con cui restavo a parlare per ore nel letto a confidare le mie difficoltà e i miei momenti dolorosi, colei che finché guardavamo un film o ci facevamo delle confidenze mi voleva nel suo letto dopodiché mi spingeva quasi fuori. Colei che comunque è e resterà mia sorella.
Per sempre.
Tra i suoi alti e bassi.
 
Il giorno dopo mi alzo in punta di piedi: non voglio svegliarla.
Non le piace essere disturbata quando dorme, la conosco troppo bene!
Preparo il caffè e dopo averlo bevuto, faccio una doccia veloce e mi preparo per andare a lavoro. Scrivo un biglietto per la mia biondissima sorella e mi lancio giù per le scale. Faccio appena in tempo a prendere l’autobus che questo parte.
Mi siedo all’unico posto libero dell’autobus in quanto la mia fermata è la precedente allo stazionamento. Mi mordicchio il labbro leggermente nervosa, il tempo sui mezzi sembra non passare mai. Tamburello entrambi i piedi e quando non ne posso più il bus si ferma cento metri prima dell’imponente azienda presso cui lavoro.
Scendo e con passo spedito entro.
Kol mi saluta affettuosamente porgendomi un bicchierino di plastica con dentro del caffè con poco zucchero come piace a me, mentre sto per chiedergli come sta, Bonnie ci interrompe dicendo: “Elena, finalmente ti ho trovata! Marcel vuole vederti immediatamente!”
Quando Bonnie è agitata in questo modo vuol dire che c’è qualcosa nell’aria.
 
La seguo a passo svelto domandandomi cosa l’agita tanto.
Si ferma davanti la porta e mi augura buona fortuna, la guardo interrogativa e poi busso.
“Avanti.”
Apro la porta e non noto subito il sorriso smagliante di Marcel – come capitava da quasi tre anni – ma un paio d’occhi azzurri intenso. Resto di sasso.
“TU.” sputo a denti stretti.
“Vi conoscete già?” chiede Marcel.
Damon lo guarda e gli sorride “Sì, signore.”
“Marcel, cosa posso fare per lei?”
“Damon da oggi lavorerà qui. Ho esaminato il suo curriculum ed è invidiabile.”
Stringo le labbra rabbiosa.
“Quindi” prosegue Marcel “da oggi sarà alle tue dipendenze, guidalo e se sbaglia ovviamente riporti tutto a me personalmente. Controlla che sia produttivo perché ovviamente se non lo è lo manderemo via.”
Damon a quelle parole non si scompose minimamente, anzi con grande tranquillità rispose: “Farò di tutto per dimostrare il mio valore a lei, a tutta l’azienda” mi guarda dritto negli occhi “e ad Elena.”
Deglutisco, colpita da queste parole.
Ho paura.
 
“Ti do’ la responsabilità di indirizzarlo nei lavori. Mi fido di te, Gilbert. Non deludermi.”
“Non lo farò.” rispondo pacata, ma determinata “Andiamo!” invece dico in tono duro a Damon e con un cenno del capo mi congedo dall’ufficio di Marcel.
Cammino velocemente precedendo Damon onde evitare di sentire una sua parola giungere alle mie orecchie e sperando di arrivare presto. Gli indico la sua scrivania e cerco di andare, di scappare via, ma lui mi blocca per un polso bruscamente.
“Ahi, mi fai male!”
“Non mi hai detto cosa devo fare.” odio quando parla in questo modo così dannatamente suadente.
“Ah sì.” faccio il giro della scrivania e prendo tre blocchi di riviste e gli dico “Per oggi scannerizza questi. Domani se avrai completato il tutto ti dico cos’altro puoi fare.”
Gli passo accanto sfiorandolo appena e lui ne approfitta di nuovo per bloccarmi, lo guardo dritto negli occhi sfidandolo quasi con lo sguardo.
“Prendiamo un caffè insieme?”
“No.” dico “Già preso.”
“Dovremmo parlare io e te prima o poi.”
“Diciamo mai, Damon. Siamo stati così.. in silenzio per sei anni, direi che possiamo anche continuare così!”
Lo supero, mi blocca di nuovo e questa volta stringendomi più forte delle precedenti.
“Rifallo” dico puntandogli il dito contro “e vado da Marcel dicendo che mi molesti.”
Molla subito la presa e ne sono felice.
Gli lancio un’ultima occhiataccia e giro le spalle per correre via alla mia postazione, vicino a quella di Kol che mi osserva preoccupato. Lo guardo di sfuggita notando lo sguardo di Damon Salvatore ancora sulla mia figura.
 
Faccio fatica a concentrarmi quella mattina, tra telefonate e un paio di occhi azzurri limpidi e profondi a turbarmi ogni due ore per un qualche chiarimento. Sospetto che lo faccia nel vano tentativo di parlarmi, ma io non gli ho detto più di una parola necessaria ai fini della conversazione.
Alla fine – forse – ci ha rinunciato.
 
“Tesoro, io vado via.” dice Kol sporgendosi verso di me e dandomi un bacio sulla guancia. Aveva finito il suo orario di lavoro “Se vuoi ti aspetto e ti do’ un passaggio io.”
“No, grazie, finisco tra un’ora e poi non mi va che tu aspetti sarai stanco! Prendo il bus.”
“Sicura? Posso aspettare, ripeto.”
Poso entrambe le mani sulle sue posate sulla mia scrivania “Davvero, va’. Non preoccuparti. Nessuno mi mangerà.”
In quel momento Damon passa davanti alla mia scrivania lanciando uno sguardo eloquente prima alle nostre mani e poi si posa sul mio viso, lo seguo fino a quando non scompare oltre le porte dell’ascensore.
Faccio un respiro profondo.
“E’ finita, almeno per oggi.”
“Non riesco a capire perché sia venuto qui! Insomma non mi sembra sia mai stato interessato alla moda o al fare lo stilista.”
Kol scrolla le spalle “Magari ha cambiato gusti!”
“Damon?” sbuffo “Si vede che non lo conosci.”
Damon che cambia qualcosa, un sapore, un abitudine non sarebbe più Damon.
“Mi parlerai un giorno con calma di lui, okay?”
“Se mi va!” esclamo di getto.
Con Kol mi va di parlare, ci sto bene, mi diverto, è un ottimo confidente, ma l’argomento Damon è e resterà un mio capitolo. Un capitolo archiviato nel mio cuore e segreto.
“Okay, buonanotte.”
“Ciao.” dico semplicemente.
Anche lui va via, ormai sono rimaste solo due scrivanie con la luce accesa oltre la mia, quella di Bonnie che è al telefono con non so chi e si sta innervosendo e quella di Andie Star aspirante al titolo di disegnatrice e attualmente in competizione con Damon per quel posto.
Mi è difficile ammetterlo, ma tra i due perfino Damon è migliore.
Almeno lui non si crede – almeno in ambito lavorativo – il migliore pur essendo un incompetente presuntuoso!
 
Respiro profondamente.
Oggi ho solo cominciato a fare qualche schizzo, ma niente di entusiasmante infatti temo di doverci lavorare presto di notte se voglio consegnare puntualmente il lavoro.
Prendo la borsa, spengo la luce della mia scrivania e augurando buonanotte alle due donne prendo le scale e scendo.
Esco e sono rimaste solo un paio di macchine nel parcheggio.
Io mi avvio verso la fermata dell’autobus in quanto la mia macchina è dal meccanico per un problema con il Solenoide, mi pare abbia detto.
Aspetto, ma dell’autobus non c’è traccia, oh no e adesso come faccio?
Sento un clacson e poi una macchina accosta al marciapiede, mi stringo la borsa al petto e m’irrigidisco, quando il guidatore abbassa il finestrino capisco che si tratta di Damon. Sbuffo.
“Vuoi un passaggio?”
Guardo avanti verso la direzione da cui dovrebbe arrivare il pullman “No, grazie. Aspetto l’autobus!”
“L’ultimo autobus è passato un quarto d’ora fa.”
“E tu che ne sai?” chiedo guardandolo.
“Ho sentito una vecchietta chiederlo all’autista.”
“E chi ti dice fosse il mio?”
“Perché passava da Uptown Street dove abiti tu.”
Sbianco “E adesso che faccio!” esclamo ad alta voce disperata prima di rendermene conto.
“Ti posso dare io un passaggio.” dice cordiale Damon.
“No, grazie.”
“Dai, non pretenderai che ti lasci qui da sola!”
“Se è per questo hai fatto anche di peggio.”
“Ho sbagliato. Dai, adesso sali.”
“Piuttosto vado a piedi!”
“Ma smettila di essere così tanto orgogliosa e sali in macchina!” dice in tono seccato.
Guardo verso la strada di nuovo sperando di vedere l’autobus, ma alla fine devo arrendermi e salire nella Camaro di Damon.
 
La macchina procede in modo lento e costante, guardo davanti a me, ma mi è inevitabile lanciargli qualche occhiata di sfuggita. Dopo cinque minuti di silenzio, trovo la forza – e il coraggio – di rivolgergli la parola per la prima volta: “Perché sei tornato?”
Guardo verso di lui e lo vedo fissare la strada sereno.
“Avevo voglia di stare un po’ a New Orleans prima andare a Mystic Falls da mio fratello.”
“Quindi tuo fratello sa che sei qui!” esclamo prima di ricordarmi che Stefan aveva confessato di aver sempre saputo dov’era il fratello.
“Lui sa.” dice solo.
“Perché proprio adesso? Perché sei venuto a lavorare dove lavoro io?”
La macchina rallenta e poi accosta a destra.
Osservo Damon aspettando una risposta che spero arrivi presto. Damon mi guarda negli occhi intensamente e non posso fare a meno di schiudere le labbra per mancanza d’aria e sentire il mio cuore battere forte.
“Devo fare una cosa molto importante e pericolosa, parlarne ti metterebbe in pericolo e… quindi mi dispiace non posso dirtelo.”
Delusa mi volto verso la strada poco trafficata davanti a me, con Damon il passato e la sua vita sono sempre un’incognita e mai un buon argomento per fare conversazione, e la cosa alla luce di ciò che è accaduto negli ultimi anni mi irrita profondamente.
Mi ammutolisco incrociando le braccia sotto il seno, lo guardo solo di tanto in tanto con sguardo offeso.
Sbuffa esclamando: “Non ci credo, lo fai ancora!”
Non dico niente.
“Ehi.” dice sollevandomi il mento verso il suo viso.
“Lasciami in pace.” sbotto cercando di liberarmi da quella sua presa ferrea, ma il tentativo fallisce poiché lui velocemente mi blocca le mani con cui volevo liberarmi di lui e così ci troviamo con i visi a un palmo di distanza.
Il mio respiro si blocca.
Mi è impossibile non fissare quelle labbra carnose, fortunatamente alzo subito gli occhi nei suoi, ora come ora ho solo una gran voglia di baciarlo, ma ricaccio quel desiderio: bacerei un uomo che non conosco, che credevo di conoscere e che alla fine si è rivelato l’opposto. Non posso.
Non posso.
Non posso.
“Non posso.” sussurro leggendo nei suoi occhi il mio stesso desiderio.
“Perché?”
Abbasso lo sguardo e poi lo rialzo fissando attentamente quegli occhi profondi.
“Perché non so più chi sei. Sempre che ti abbia mai conosciuto.” aggiungo.
Abbassa lo sguardo, molto probabilmente ferito, e allenta la presa fino a lasciarmi i polsi.
Non parla per un po’ fino a quando non dice: “Pensavo che tu sapessi quanto ti amavo.”
“Come puoi esserne così sicuro visto che sei sparito così da un giorno all’altro? Il giorno prima sono l’amore della tua vita, quello dopo sparisci come un fantasma! Ho provato a cercarti, ma è stato tutto inutile, Damon! Io ti amavo veramente, per te cosa sono stata io?
Un divertimento? Una conquista?
Una delle tue donne da aggiungere alla tua lista?”
“L’amore della mia vita.” dice con un tono di voce così basso e pacato che mi sembra di averlo solo immaginato.
“Cosa hai detto?” chiedo incredula.
Mi guarda negli occhi e ripete deciso, ma con quel tono dolce con cui mi parlava anni fa “Sei stata l’amore della mia vita.”
“E allora perché mi hai abbandonata e lasciata da sola? Se ero così importante per te, perché mi hai lasciata come se non contassi nulla per te?”
“C’è una ragione ed è legata al motivo per cui sono qui… non posso dirtelo.”
“Va’ al diavolo, Damon Salvatore!” sbotto “Ti trinceri dietro il ‘non posso’, ma la verità è che sei un gran codardo. Ti odio.” sibilo voltandomi verso la strada “Riportami a casa.” ordino furiosa e delusa.
Riaccende il motore e la macchina riparte, nell’abitacolo serpeggia la rabbia, la delusione, il mistero e domina il silenzio.
 
Arriviamo davanti al palazzo e proprio lì davanti c’è… la macchina di Hayley.
Sbianco.
Senza dire niente scendo. Lo sportello della macchina di Hay si apre e mia figlia mi corre incontro, la stringo forte sollevandola e stringendola forte a me, sento altri due sportelli, l’uno è di Hay che scende e mi saluta sollevando solo la mano, l’altro è di Damon.
Oddio.
Mia figlia si stringe a me accorgendosi di Damon, mi volto verso il padre di mia figlia e lui si avvicina.
“E chi è questa bella bambina?” chiede provando ad accarezzare i capelli di Astrid, la quale però scansa la mano.
“Gli estranei non mi piacciono!” esclama con quella vocina squillante.
“Ma io sono un amico della mamma!” esclama Damon con un tono tranquillo.
“Io non ti conosco, quindi per me sei un estraneo!”
Mia figlia che tiene inconsapevolmente testa al padre è uno spettacolo.
“Io sono Damon.” dice tendendole la mano.
Hayley sentendo quel nome sbianca.
Mia figlia la stringe guardando con sospetto prima la mano e poi lui in viso, ma ribatte subito: “Questo non vuol dire che ti conosco! Un nome non basta!”
“Ha un bel caratterino la bambina!” commenta Damon guardandomi, lo guardo fulminandolo appena e pensando che quel carattere in parte lo ha preso da me, ma dall’altro è anche simile al suo.
“Io non sono una bambina! Mi chiamo Astrid!” urla quasi mia figlia.
“Oh che bel nome, Astrid!” dice Damon sorridendole.
Astrid lo guarda ancora con sospetto e diffidenza.
“Okay, signorina, è ora di andare a cena. Ti va?” le dico e lei annuisce “Hay, vuoi fermarti?” chiedo alla mia amica che ha fatto da muta spettatrice.
“Grazie un’altra volta, Hope non si sente bene e non voglio lasciarla sola a lungo.”
“Mi dispiace, salutamela.” le dico.
“Grazie.” dice salendo in macchina, accendendo il motore e andando via.
Per la prima volta – noi tre – restiamo da soli.
“Ora vai, Damon.” dico.
“Non m’inviti a salire?” chiede serio.
“No.” rispondo decisa “Penso tu sappia perché.”
Mi giro pronta a salire quando Damon ci saluta con “Ciao, bellissime.”
Lo guardo contrariata mentre scorgo mia figlia a cacciargli la lingua.
 
Entrate in casa, Astrid mi chiede: “Chi era quel tipo così antipatico?”
“Un amico della mamma, sai, l’ho conosciuto quando andavo a scuola ed è il fratello di zio Stefan.”
La sua boccuccia si apre sconvolta “A proposito” dice “mamma, perché non andiamo a trovare lo zio?”
Sospiro.
Almeno lui DEVE darmi delle risposte.
 
Il giorno dopo io, Astrid e Caroline siamo a Mystic Falls lì dove tutto è iniziato e probabilmente finirà.
Ho detto alle due di restare in macchina prima di devo parlare con Stefan. Da sola.
Busso alla porta e Stefan mi apre.
“Elena.” dice pacatamente, come se si aspettasse di trovarmi alla sua porta.
“Ho bisogno di avere risposte su Damon e non te lo sto chiedendo per favore!*” sibilo afferrandolo per la camicia.


*frase adattata e presa dal primo episodio della sesta stagione

___________


 
Buonanotte!
Lo sapete io sono notturna xD
Anyway, commenti, critiche sul capitolo?
A proposito della sesta stagione di TVD ma avete visto cosa è successo?
Io sono sconvolta e sono in piena fase denial, non so se mi capite.
Cooomunque, fatemi sapere cosa ne pensate e spero alla prossima! xoxo
  
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