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Autore: Musca    12/10/2008    2 recensioni
Dall'Epilogo
“Gennaio deve a lui il suo nome perché Gennaio è proprio così. Sul ciglio, sai, sempre evasivo, il più freddo e miserabile mese dell’anno, eppure il primo dell’anno nuovo. Non proprio una fine, ma neppure un inizio, o forse entrambi”
Era stata un’idea stupida fin dall’inizio, questo lo sapeva. Ma per una volta, solo una volta, sapere come sarebbe finita, sapere dove dirigersi, cosa fare. Come diversamente sarebbe potuta andare rispetto agli insanguinati, sparpagliati bandoli della guerra che lui continua a tenere in mano, sperando che gli mostrino una via verso la vita."
La guerra è finita, ma qual'è il confine tra vincitori e vinti? E' possibile ritrovare la gioia di vivere quando così tanti non lo sono più? Cosa è sopravvissuto della vita di un tempo? Le risate e la speranza, il coraggio e l'amore? E può la magia, a poco a poco, trasformarsi in ciò che ci lega ad una vita che non abbiamo scelto, ritorgersi contro chi la usa, svanire?
Genere: Generale, Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Il trio protagonista | Coppie: Harry/Hermione
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Ed ecco qua

Ed ecco qua, siamo arrivati di nuovo ad un epilogo.

January mi mancherà molto, davvero, davvero molto.

La mia January.

Come sempre vi ringrazio tantissimo, e spero di aver fatto un buon lavoro.

Qualsiasi cosa, mi trovate QUI

Scusate il ritardo e buon capitolo,

Snivella.

 

*

 

I inhabit a sacred wound

I inhabit imaginary ancestors

I inhabit an obscure will

I inhabit a long silence

…I inhabit an abandoned cult

…I inhabit from time to time one of my wounds

each minute I change apartments

and any peace frightens me.

Aime Cesare; from Lagoonal Calendar

 

[ La mia casa è una sacra ferita

La mia casa sono antenati immaginari

La mia casa è un oscuro volere

La mia casa è un lungo silenzio

… la mia casa è un culto dimenticato

… la mia casa di quando in quando è una delle mie piaghe

Ogni minuto io cambio dimora

Ed ogni pace mi terrorizza.]

 

--Epilogo--

Dove prima era gelata e immobile, l’aria diviene translucida di vapore; una membrana dietro la quale puoi avvertire la frivolezza dei germogli e delle foglie che trovano la via del ritorno, anche quest’anno. Harry spinge fuori la moto dalla sua nuova casa sulla cima del tetto. Per evitare la necessità di levitarla, cosa che, ad ogni modo, può presto non essere più così possibile, avevano costruito una specie di  rimessa per la motocicletta su, contro il camino. Tutti sono d’accordo sul fatto che è davvero piuttosto brutta. Sono in attesa di vedere se la casa abbia intensione di ribollire, ma da tempo sembra che tutto vada bene. Il numero dodici è svuotato dei letti d’ospedale ma riempito di vari altri propositi; una biblioteca agli inizi, un ampliamento del dipartimento Auror e il quartier generale del rinato Ordine. Nessuno lo ammette ad alta voce, ma tutti nutrono un affetto particolare per questa casa che non avevano mai consapevolmente considerato casa, eppure era sempre stata esattamente ciò di cui avevano avuto bisogno, al momento più giusto. Una Casa delle Necessità.

Hermione segue Harry su nel tetto. Si ferma sulla botola, adocchiando un pannello e un cardine allentati. Ci sarà bisogno di un po’ di tempo per abituarsi a questo, questo giudicare col senno di poi, questo continuo preoccuparsi degli sprechi. Ha sorpreso Harry a farlo decine di volte, più spesso di ogni altro — stare fermo in piedi e fissare, aggrottare le sopracciglia, con velata, confusa tristezza, prima di  afferrare la bacchetta o semplicemente usare le proprie mani per aggiustare qualcosa con la magia. La magia gli aveva dato la vita, questa vita. Lei continua a chiedersi quanta paura deve aver provato quando ne era stato improvvisamente a corto nel bel mezzo dell’incendio. Continua a chiederselo, perché Harry, nel pieno del suo stile, non sembra voler parlare delle cose che fanno più male.

Ma lei sa, e lui glielo lascia fare.

È già sulla moto, sul ciglio del tetto. Lei lo raggiunge, avvolge con le braccia la sua schiena, vicina e stretta, e bacia di lato il suo collo.

Lui si gira indietro per guardarla, felice.

“Occhio al traffico,” gioca lei, annuendo all’improvviso fiotto di storni nell’aria.

Harry sorride. Le sue mani si piegano intorno al manubrio, ma lui sembra non aver fretta di muoversi.

“Hermione, “ inizia pensieroso. “Non mi hai mai detto come facevi a sapere dove ho trovato la moto. Come sapevi che era stata nascosta dove c’era quella vecchia statua?”

Lei appoggia il mento sopra la sua spalla. Gli storni si radunano nel cielo, sopra la città che ancora si muove rigida, scrutandosi dietro le spalle.

“È quel talismano che hai lì. È chiamato Giano, Harry. È il dio a due facce, una che guarda indietro, l’altra in avanti.”

Le dita di lui si muovono verso il viso di legno.

“Gennaio deve a lui il suo nome perché Gennaio è proprio così. Sul ciglio, sai, sempre evasivo, il più freddo e miserabile mese dell’anno, eppure il primo dell’anno nuovo. Non proprio una fine, ma neppure un inizio, o forse entrambi. Sirius dover aver chiamato la moto Giano. Forse …” si interrompe, sbattendo le palpebre nella luce.

“Forse cosa?”

“Oh, beh, è solo che mi piace pensare che il primo viaggio che Sirius ha fatto con questa moto è stato verso la casa di tuo padre, quando è andato là per restarci. Lo sai, quando ne ha avuto abbastanza dei Black. Un inizio, per lui.” Sfregando con la guancia la sua maglia, lei pensa che potrebbe restare là tutto il giorno, le spalle contratte attorno a lui. “Hagrid ha portato te dai Dursley sempre con questa moto.”

Lui non dice niente.

“Quando Hagrid l’ha riportata dopo averti dato ai Dursley, Silente deve averla nascosta nel castello, trasfigurata nella statua di Giano. Ecco come mi sono immaginata tutto.”

Sotto di loro, attraverso la foschia mattutina, un semaforo rosso lampeggia il verde. Premuta contro la sua schiena, il suo orecchio e la sua pelle trovano i battiti del cuore di lui, dall’altro lato. Gli occhi chiusi, lei sorride; dall’altro lato, come se fossero emersi su fuori da qualche posto sottoterra,si fossero spazzolati via di dosso il buio e si fossero guardati intorno l’uno in cerca dell’altro. Quando finalmente si sollevano nell’aria, racchiusi da un fragile incantesimo dell’invisibilità, lei si sta sempre tenendo forte, guancia contro spalla.

*

In piedi nel sentierino in fronte alla casa, lui è riluttante. Una mano sugli occhi a scudo contro il sole, lei alza un sopracciglio. Le dita di lui le afferrano anche l’altro polso. Il parafango splendente della moto ammicca da dietro il ruvido recinto.

“Non so se ti piacerà. Voglio dire, io … mi è davvero piaciuta quando l’ho vista la prima volta, ma lo sai, se a te non piace, possiamo sempre trovare qualche altro posto.”  

Lei sta per fare una battuta, ma c’è qualcosa di così estremo nel modo in cui la sta tenendo bloccata di fronte allo sgangherato cancellino, una questione di vita o di morte.

A lui piace questa qua.

Quando finalmente la fa passare, attraverso il giardino coperto di erbacce, oltre la piscina per uccellini rotta e i quattro pioppi burrascosi, lei sa il perché. Di tutte le case che avevano visto da tempo, questa è la più tetra. Hermione non è poi così sorpresa; aveva percepito il tema da tempo. Era stata al numero quattro di Privet Drive una volta e visto sia la camera di Harry che il ripostiglio nel sottoscala. Hogwarts non era in condizioni di luce o aria per gran parte dell’anno, neanche. E naturalmente Grimmauld Place procreava ombra dopo ombra.

Cammina lenta tra le fredde stanze. Dopo averla seguita per un po’, lui va fuori in giardino come se incapace di sopportare altro. È una spaziosa, solida casa con logore panche sotto le finestre e una porta d’ingresso di vetro macchiato. Ci sono ragnatele tutt’intorno, e ciò che resta di un formicaio in cucina. Un’imbiancatura scadente nasconde il disegno di un bambino su di un muro. Un traliccio di qualche inebriante, sfrenato rampicante attenua la luce del salotto e di altre due stanze sul lato nord. Un castagno dietro la parete nord, soffocata dall’edera, si prende cura delle altre stanze, al pianterreno e di sopra. In piedi alla finestra della stanza che ha già deciso sarà il suo studio, lei sforza gli occhi per vedere, oltre il vasto giardino spalleggiato dai pioppi e in fondo ad una scogliera nascosta, il mare lontano. Il giardino era andato avanti come se niente fosse cambiato dopo che i precedenti proprietari se ne erano andati, e il mare non si era mai fermato.

Come se noi fossimo entrati qua proprio nel bel mezzo di qualcosa.

Le mani nelle tasche, lei scivola di sotto. Ne ha avuto abbastanza degli inizi per un bel po’—un lungo ininterrotto intermezzo l’avrebbe resa davvero felice.

È una bugia, naturalmente; non ci sarà mai nessun intermezzo. Il piano di Harry sembra in ordine, finora; il Wizengamot aveva ascoltato sia lui che Sally, quindi si era ritirato per deliberare. Scrimgeour, a labbra serrate e mascella legata, aveva stretto la mano con Harry. Dopo, aveva incontrato il primo Ministro Babbano e Kingsley aveva testimoniato che entrambi si erano comportati impeccabilmente. Tutto bene e benissimo, ma nessuno si fa abbindolare—la magia non è destinata a durare. Appartenendo ad entrambi i mondi, lei ed Harry dovrebbero essere a posto per la maggior parte, ma avevano già visto il terrore sul viso della Signora Weasley quando i suoi incantesimi di pulizia non volevano funzionare, e la disperazione di Ron verso sé stesso, quando né il suo corpo né la magia volevano ubbidire. Lei si sente come seduta al centro di un’arena in silenzio, per guardare un combattimento brutale già sbilanciato in un senso. Il loro mondo stava perdendo le proprie membra, una ad una. Non ci sarà mai nessun intermezzo, ma una fine in vista, uno sconosciuto inizio dietro di lei.

Eppure, uno può far finta. Raggomitolati in questa casa con la sua luce verde pallida e bordi consunti, sarebbe stato possibile trascorrere qualche pomeriggio con il mondo troppo lontano per poter essere sentito.

Lo trova nel cortile sul retro, che ispeziona un quadrato di ambiziose erbacce.

“Okay.”

Lui la fissa attraverso un guazzabuglio di crescione e menta. Ci vuole qualche istante.

“Okay?”

“Già.”

“Sul serio?”

È dura guardarlo quando splende in questo modo, ma uccide distogliere lo sguardo.

“Si, sul serio. Ci vorrà un bel po’ di strofinio, e, um, rassettio, ma … si.”

Improvvisamente, l’aria è piena di timo spremuto. Lei ride contro la sua bocca, ma ben presto resta in silenzio. Gli occhi pieni di lui e che scivolano chiusi, il corpo perso nel suo calore, lei fa una scoperta che progetta di ripetere in futuro. Quando sono completamente silenziosi in questo modo ma l’uno per l’altra, e i pioppi che fremono al più leggero vento sono fermi, lei può sentire il mare lontanissimo piegarsi nel caldo abbraccio della sabbia, ancora e ancora.     

 

* * * * *Testo Originale QUI

 

  
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